Salve, io sono Eva e sono ex di un mucchio di cose.
Sono, nell’ordine:
ex la più carina di tutto il liceo
ex miss spiaggia
ex aspirante miss Italia (veramente mi sono fermata alle selezioni regionali)
ex modella di costumi da bagno (solo un servizio per una piccola fabbrica)
Sono anche mancata attrice di cinema.
Quando come me si ha passato lo spartiacque dei quaranta, è facile essere ex.
Veramente, di recente, ho ripreso a lavorare come (diciamo) attrice, per rimpinguare i magri introiti del mio lavoro part time di cameriera di bar.
Ho dovuto farlo perché non avevo un soldo ed ero sola come un cane.
Quando due anni fa un cliente del bar mi ha fatto la proposta, stavo per mandarlo al diavolo, poi, mi ha detto quanto mi dava ed ho accettato.
Sotto sotto sono sempre stata un po’ porca ed ho faticato meno del previsto a girare il primo servizio fotografico di Eva.
Ah, già, dimenticavo, Eva non è il mio vero nome, però mi piace.
Eva, la prima donna.
Ho cominciato tre anni fa, avevo appena compiuto quarantanni quando ho fatto il mio primo servizio.
Roba normale, una quindicina di scatti di nudo legata ad un letto con la spalliera d’ottone.
Ho ancora un bel corpo, snello e senza smagliature e mi sono pure divertita, passato il primo momento di imbarazzo.
Ne ho fatti diversi altri e la sera, ogni tanto, andavo a guardarmi su internet.
Il tizio che mi faceva le foto mi aveva dato una password per entrare nel sito a pagamento dove c’erano i servizi di Eva.
Sei mesi fa è entrato uno nel bar, un bel tipo giovane e moro, ha cominciato a fissarmi e mi sono chiesta che cavolo volesse da me.
Quando mi sono avvicinata al tavolo per prendere l’ordinazione mi sono accorta che guardava insistentemente la mia caviglia sinistra.
Ho un tatuaggio lì, una piccola farfalla blu, che ho fatto fare tanti anni fa.
‘Eva …’
Mi è passato un brivido per la schiena, lo sapevo che prima o poi sarebbe successo, sarebbe entrato qualcuno che mi aveva visto in quelle foto e che mi avrebbe riconosciuta.
Io ho fatto finta di niente ed ho impugnato la penna, accingendomi a scrivere l’ordinazione sul blocchetto.
‘Tu sei Eva, stesso viso, stesse gambe e stesso tatuaggio.’
Mi ha fatto una proposta di lavoro, diversa da quella dei servizi di foto.
Una proposta strana ed inquietante, che una donna normale avrebbe rifiutato sdegnata, ma io non sono evidentemente una donna normale e mi sono limitata a prendere tempo per pensarci, sapendo che alla fine avrei accettato, e poi si trattava veramente di tanti soldi.
Oggi tornata a casa, dopo il lavoro al bar, mi sono fatta una doccia e mi sono cambiata.
Abiti comodi, pantaloni di cotone larghi, mocassini neri bassi e sopra una camicetta fresca e leggera.
Quest’abbigliamento mi sarà utile per il dopo.
Prima di vestirmi mi sono guardata nello specchio del bagno, il mio corpo si è ben conservato in questi anni, le gambe sono rimaste snelle, con appena un accenno di muscolo sui polpacci, colpa del continuo andirivieni che è costretta a fare la cameriera di un bar.
Le mie dita sfiorano la pelle liscia ed abbronzata, i seni sono ancora sodi, il mio culetto non manifesta il minimo cedimento e la mia pancia non ha ancora smagliature.
Mi è sempre piaciuto, toccarmi, carezzarmi ed un piccolo brivido mi passa per la schiena, pensando al programma del pomeriggio.
Passo più di un quarto d’ora a truccarmi, infine mi pettino i capelli lunghi e mossi.
Ho dovuto cambiare colore, per questo nuovo lavoro, e, al mio castano scuro solito, è subentrato un biondo molto caldo, con riflessi ramati.
Non mi sta affatto male, e poi, visto che sono comparsi i primi capelli bianchi, mi sarei comunque dovuta tingere.
Le indicazioni per raggiungere il posto sono molto precise e dopo una ventina di minuti, la mia vecchia utilitaria imbocca il viale d’ingresso di quella che sembra una grande fattoria abbandonata.
Mi stanno aspettando, fuori dal furgone bianco, Marco, il tizio che mi ha riconosciuta tempo fa al bar, ed i suoi due aiutanti.
Io mi infilo dentro al furgone ed inizio a prepararmi.
Mi spoglio velocemente e ripiego con cura i miei abiti, poi comincio a spalmarmi con l’olio.
L’olio è fondamentale perché da lucentezza alla pelle.
Lo spalmo su ogni centimetro del mio corpo e sento già una certa eccitazione, poi prendo il vestito appeso dietro al sedile di guida del furgone.
è un abito bianco, semplice, leggero ed un po’ trasparente, abbottonato sul davanti.
Mi guardo nello specchio appeso alla parete, arriva appena sopra al ginocchio ma siccome i bottoni finiscono subito sotto l’inguine, mi è sufficiente allargare un po’ le gambe per scoprire completamente le cosce.
Per ultimo metto le scarpe, sono nere, chiuse sul davanti ma aperte completamente dietro, con il tacco bello alto.
Le mie gambe abbronzate, con le caviglie fini e la farfalla tatuata, fanno proprio una bella figura con quelle calzature.
Esco dal furgone e mi dirigo verso la mia auto, mentre il terzetto prende posizione a qualche metro di distanza da me.
Proviamo diverse volte l’apertura dello sportello e la manovra di uscita, alla fine il regista è soddisfatto ed il cameraman inizia a riprendere.
Mi fa fermare, primo piano della gamba con dettaglio della scarpa e del tatuaggio sulla caviglia.
Finisco di scendere dall’auto, chiudo lo sportello e mi metto davanti al muso dell’auto.
Ho in mano un rotolo con delle carte, lo apro e lo stendo sul cofano, piegandomi in avanti per studiarne il contenuto.
Il vestito sale, scoprendo in parte le cosce ed aderisce al mio bel culetto.
Anche se non lo vedo so che il cameraman mi sta riprendendo, poi, all’improvviso, qualcuno mi afferra da dietro.
è Marco.
Mi ha bloccato le braccia e mi tiene sollevata da terra, mentre io grido e muovo disperatamente le gambe, nel tentativo di liberarmi, finché non mi rimette giù e mi trascina verso il centro del piazzale, dove c’è un vecchio pozzo in pietra.
Stop.
Il regista non è soddisfatto e giriamo di nuovo l’ultimo pezzo, poi mi dice di sdraiarmi sul pozzo, a pancia in giù.
La grata di ferro arrugginito che ricopre il buco, per evitare che qualcuno possa cadervi dentro, da molte ore sotto i raggi del sole, è bella calda e sento il suo calore anche attraverso la stoffa del vestito.
Marco mi fa stendere le braccia e mi lega insieme i polsi con una corda, stringendola bene, che poi blocca ad un anello di ferro alla base della muratura del pozzo.
Ora che sono piegata a novanta gradi ed immobilizzata, può iniziare lo show.
La camera mi inquadra da vicino ed io faccio un’espressione terrorizzata, quando Marco mi solleva il capo, tirandomi per i capelli e mi passa sulla guancia il manico di una frusta.
Sono tutti e tre intorno a me: Marco con la frusta, il cameraman con la telecamera e l’assistente con un pannello riflettente con cui cerca di schiarire le ombre del mio viso.
Sono spariti, si sono spostati alle mie spalle.
Sento il vestito che dietro si solleva ed i raggi caldi del sole che battono sulle mie chiappe.
Fra poco sentirò ben altro calore.
Il cameraman mi dice di muovermi ed io comincio a dimenarmi, sono la farfalla prigioniera della tela del ragno che sbatte disperatamente le ali nell’inutile tentativo di sfuggire al suo destino.
Sento la ruvida carezza della frusta, seguita dal bruciore che attraversa la mia carne.
Anche se Marco non mi ha colpita con forza, fa comunque un male cane.
Lo so bene e mi sono presa un giorno di riposo al bar, perché quando tornerò a casa sarò abbastanza malconcia.
Mi colpisce ancora e grido, me lo hanno suggerito loro, ma mi riesce abbastanza spontaneo.
Altri colpi arrivano sulle gambe e sento la frusta che si attorciglia intorno alle cosce ed ai polpacci.
Si è fermato, avverto un tocco leggero proprio nei punti in cui la frusta ha colpito la mia pelle, è l’assistente che sta aggiungendo un po’ di colore, per migliorare l’effetto.
Io ho sempre trovato i segni abbastanza rossi da essere credibili, ma loro dicono che un rinforzo, senza esagerare, migliora di molto il risultato.
Riprende a colpirmi sul culo, mi sembra di andare a fuoco e forse è anche l’effetto dei raggi del sole che battono sulla mia pelle, poi comincia ad arrivare.
Mi sto eccitando, sì, se non mi piacesse, avrei molte più difficoltà a sopportare questo trattamento.
Lentamente, il mio sesso si sta aprendo e la sensazione di fresco, che contrasta con il bruciore delle frustate e del sole, mi fa capire che inizio ad essere bagnata.
Ha finito, il terzetto si posiziona nuovamente davanti a me, l’assistente ha in mano un contagocce, per mettermi qualche lacrima sulle guance, ma non occorre, perché il mio viso è già solcato da diverse strisce che si stanno portando appresso il trucco.
Fanno diversi primi piani del mio viso sofferente, poi Marco mi scioglie le braccia e mi rimette in piedi.
Io barcollo un po’, mi appoggio al bordo del pozzo e faccio per andarmene, ma lui mi trattiene e mi fa girare di 180 gradi.
‘Dai, per favore, sono stanca e piena di dolori, per oggi può bastare.’
Ma lui non è d’accordo e mi costringe a sdraiarmi nuovamente sul pozzo.
Ora è la mia schiena a contatto con il metallo bollente della grata.
Sono troppo stanca per reagire e poi una parte di me vorrebbe continuare.
Questa volta mi allarga le braccia e lega i polsi separatamente, poi inizia a sbottonarmi il vestito.
Quando anche l’ultimo bottone è stato aperto apre i due lembi di stoffa, lasciandomi completamente nuda.
Mi colpisce subito sulla pancia. Diverse volte.
Vedo la pelle, nel punto in cui si è abbattuta la frusta, diventare rossa.
I segni sono in rilievo e penso che stanotte avrò difficoltà a dormire.
‘Marco, per favore …’
Ma lui continua, anzi mi rifila qualche colpo anche sui seni.
Il mio viso è ormai completamente zuppo di lacrime, ma mi sento bagnata fradicia anche in mezzo alle gambe.
L’assistente si avvicina con un pennellino da trucco e comincia a ripassare le ultime frustate.
Ha ragione lui, con un po’ più di colore l’effetto è decisamente drammatico.
‘Apri le gambe!’
‘No! Lì no, per favore!’
‘Allarga!’
Io ubbidisco spaventata. Ho paura che Marco si faccia prendere la mano, non sono disposta a farmi frustare sulla fica, c’è un limite a tutto.
Invece si limita a colpirmi l’interno delle cosce e, quando ha finito e lascia di nuovo il posto all’assistente con il pennellino, in mezzo alle mie gambe c’è un vero e proprio lago.
Se ne sono accorti anche loro e la telecamera si avvicina per riprendere il mio sesso.
Tiro su la testa, forzando sul collo, per controllare la situazione: la mia fessura è completamente aperta e si vede benissimo il rosso della carne viva, fradicio di umori e pulsante.
Quando Marco ci poggia sopra in verticale il manico rigido della frusta io non posso fare a meno di emettere un grido.
Comincia a strofinarlo in su ed in giù. Il manico affonda nella mia fica, lo sento spingere contro la mia carne, strusciare sul mio clitoride gonfio e duro e prendo a gemere senza ritegno.
‘Marco ‘ basta ‘ ora basta …’
Ho la voce spezzata, non ce la faccio più, sento che sto per venire e non vorrei che fosse ripreso anche questo momento, poi capisco il finale che lui ha in mente.
Grido con tutto il fiato che ho, quando mi accorgo che si sta aprendo i pantaloni.
Su questo ero stata categorica: sono disposta a mostrare ogni centimetro del mio corpo, mi faccio legare, incatenare, accetto di essere frustata (con una certa moderazione), ma scopo solo con chi dico io ed in privato.
‘Marco ‘ maledizione ‘ questo no …’
Il cameraman fa un bel primo piano dell’uccello di Marco, dritto, duro e bello scappellato, poi riprende il mio viso, rosso, con il trucco sfatto ed i capelli spettinati.
Mi rendo conto che non posso impedire quello che sta per accadere, sono legata e troppo stanca per tentare una reazione.
Il suo cazzo entra in una lampo dentro di me, sono così aperta e bagnata che non incontra la minima resistenza.
Il cameraman ha ripreso da vicino la penetrazione ed ora si è spostato sul mio viso, perché io me ne sto a bocca aperta a gemere come una cagna in calore, mentre Marco mi scopa.
Sotto le sue spinte, i miei seni, segnati dalla frusta, oscillano leggermente, finché io non raggiungo l’orgasmo.
Subito dopo è la volta di Marco, sento le sue spinte farsi più decise e più profonde, poi le contrazioni e lo sperma che mi riempie.
La camera riprende anche la sua uscita, soffermandosi poi sulla mia fica aperta e gocciolante di sperma.
Mi slegano ed io, lentamente, scivolo a terra.
Rimango per un po’ accoccolata, con le braccia strette intorno alle ginocchia ed il capo chino.
Mi è tornato di colpo il bruciore di tutte le frustate che Marco mi ha rifilato e penso che passerò una brutta notte.
Alla fine mi rialzo in piedi lentamente, a fatica. Mi dicono di fare così ed io eseguo.
Panoramica sul mio corpo pieno di segni, poi mi abbottono il vestito mentre mi incammino verso l’auto, tenendomi una mano tra le gambe, come per difendere la mia fica da ulteriori assalti.
L’ultima scena è la mia auto che si allontana lungo il viale sterrato.
Dopo essermi ripulita con un asciugamano ed essermi cambiata, dentro al furgone, mi sono incazzata con Marco, anche se devo ammettere che è stata una bellissima scopata.
Lui ha ammesso che i patti non erano questi, però, non ha saputo resistere, e poi il filmato è venuto benissimo, una vera bomba.
Mi ha dato il doppio della cifra stabilita per questi servizi e questo forse compenserà la nottataccia che mi aspetta, visto che non potrò dormire né di pancia e né di culo.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…