Servo delle donne di Tom
Non ricordo quando ebbe inizio, probabilmente è sempre stato lì in agguato. Anche quando non si faceva sentire così prepotentemente, ai tempi del liceo ed ancor prima, durante le scuole dell’obbligo. Per lo meno non urlava forte come adesso. Di chi sto parlando?
Ma del mio senso di sudditanza nei confronti di tutte le donne del mondo, naturalmente.
Detta così può sembrare un’esagerazione’forse un po’ lo è. Non di tutte le donne mi sento lo schiavo, ma sicuramente di una buona parte di loro.
Cominciò attorno ai diciotto anni (per non dire prima’). Era estate e navigando in rete incappai in un sito che pubblicava inserzioni a tema feticista e sadomasochista. Non dico che fu una folgorazione per me, poiché già avevo letto riviste del settore, ma la voglia di provare a contattare una delle padrone presenti sul sito era tanta. Lo feci e non ne rimasi deluso. La cosi detta ‘prima volta’ non fu, come di consueto, un esperienza terrificante o imbarazzante. Al contrario, mi rivelò per quello che ero. Uno schiavo delle donne.
Perché si, immaginare di leccare gli stivali della propria padrona dei sogni è un conto’ci si può masturbare mentalmente sopra finché si vuole, la si può far divenire persino un’ossessione’ma la realtà è tutta un’altra dimensione, anche se la padrona di fronte alla quale si sta strisciando non ha il fisico da consumata modella da passerella che si è sempre aspettata.
Lei si chiamava (ed uso il passato perché da molto tempo non vive più in Toscana) Lara ed aveva circa ventisette anni. Era una studentessa universitaria. Una studentessa un po’ lenta a terminare gli studi, a ben vedere, ma per me questo contava poco. Era un palmo più bassa di me, capelli a baschetto biondo scuri, occhi azzurri e fisico curato. Non le piaceva che la guardassi dall’alto in basso e siccome eravamo a casa sua ed eravamo soli (abitava in un appartamento che condivideva con un’altra laureanda) non impiegò molto a mettermi al mio posto.
‘Inginocchiati!’ mi ordinò ancora sulla soglia della porta.
Io obbedii prontamente. Mi disposi a quattro zampe di fronte a lei, osservando fin nei minimi dettagli le sue ginocchia, le caviglie ed i polpacci abbronzati. Dato che era estate indossava pantaloncini corti e ciabattine infradito. Un body nero a completare il tutto.
Ero lì in silenziosa venerazione, quando Lara sfilò un piede dalla ciabattina e me lo pose sul collo. Non premeva con troppa energia ma il mio corpo vibrò. Il suo piede era bello, forte ma morbido al tempo stesso, sfrontato ed irresistibile.
‘Come ti chiami?’ chiese.
‘Stefano’ dissi.
‘Non mi piace’
‘Mi scusi, padrona’ Avevo imparato subito come ci si comporta al cospetto di una Dea. La prima cosa da fare è evitare di contraddirla, la seconda rivolgersi a lei impiegando l’etichetta adeguata. Avrei potuto anche leccarle i piedi, o per lo meno le ciabatte che indossava, ma senza sua specifica disposizione non mi sarei mai arrogato tale onore. Perché baciare i piedi della propria padrona non rappresenta una dimostrazione d’umiltà per lo schiavo. Al contrario, è un privilegio.
‘Sei più alto di me, quindi quando saremo a casa mia, da soli, per non farmelo pesare ti muoverai a quattro zampe come sei ora!’
‘Si’
‘Come un cane’
Premette più intensamente il suo piede sul mio collo e mi strofinò il tallone sulle vertebre. Sentivo la pianta di quella inarrivabile estremità schiacciarmi la testa. La sua pelle era leggermente sudata.
‘Si, padrona Lara’ dissi, quasi sfiorando il pavimento col viso.
‘E dal momento che sei un cane avrai un nome da cane’ mi anticipò ‘Ti chiamerò’Pippo? No, è stupido. Tom! Si, Tom! Ti chiamerò proprio così’
‘Si, padrona Lara’ risposi, e come segno della mia gratitudine mi sporsi sull’altro piede saldamente appoggiato a terra e ne baciai il dorso e l’alluce. Il dorso era ricoperto da un velo di sudore e le dita avevano un sapore salato sulle unghie. Lara’padron Lara, da qui in avanti’si lasciò omaggiare come il suo rango le permetteva di fare. Non ne vedevo il volto e non so con quale espressione mi stesse osservando. Mi piace immaginare che la mia splendida sovrana mi stesse osservando con aria annoiata, mostrando un sorriso simile ad una smorfia carica di disprezzo per quell’infame prostrato ai suoi piedi. In realtà credo stesse cercando di trattenere una risatina.
Mi fece sollevare la testa e mi ordinò di seguirla in salotto. Obbedisci felice camminando quattro zampe dietro di lei. Lara mi precedeva di qualche passo, apparentemente indifferente alla mia presenza. Era straordinaria. Se avessi voluto ribellarmi avrei potuto farlo benissimo. Lei questo lo sapeva. Allora perché non era minimamente preoccupata di quest’eventualità? Lei era più debole di me. Cos’era che le dava tanta sicurezza? Cos’era a trattenermi lì in ginocchio?
Non mi concesse il tempo di riflettere. Una volta in salotto si accomodò sul comodo divano e si sdraiò sui cuscini. Tolse le ciabatte lasciandole cadere disordinatamente sul pavimento. Io le raccolsi immediatamente e le posai per benino a fianco del sedile.
‘Sai per quali mansioni ti impiegherò, cagnetto?’
‘No, padrona’
‘Tutti gli schiavi pensano solo ad una cosa. Da principio giocano un po’, poi vogliono andare a letto. Se è così anche per te mi spiace ma hai sbagliato indirizzo’
‘Capisco’ risposi ‘Ma non è il mio caso’
‘Tu cosa cerchi, allora?’
Bella domanda. Non lo sapevo neppure io. M’ero deciso a cercare una padrona proprio per quello, per scoprire come soddisfare quell’attrazione che provavo per una donna dominanate.
‘Cerco solo una padrona’ dissi dopo un momento di riflessione ‘Servirla. Ciò che lei vuole che io faccia, io lo farò’
‘A si?’
‘Si, padrona’
Padrona Lara sorrise e m’appoggiò nuovamente un piede sulla spalla. Io le baciai la caviglia.
‘Posso?’ chiesi dopo averlo fatto.
‘Sei un cane. Puoi fare di più, Tom. Lecca’
Un brivido attraverso la pelle e la testa. Questa era una delle cosa che andavo cercando. I piedi della padrona. Raccolsi quello sulla mia spalla sostenendolo fra le mani neanche si fosse trattato dell’oggetto più delicato e fragile del mondo (per me, senza dubbio, era il più importante). Lo baciai sulle dita, sul dorso e sulla pianta, poi iniziai a leccarlo. Il tallone era la parte più ruvida, su di esso la mia lingua provava un solletico appena accennato, invece il resto della pianta era liscio come seta. Succhiai le dita ad una ad una, ingoiando quanto più possibile quell’estremità abbronzata. Ne approfittai anche per leccare gli spazi fra le dita. Mentre lo tenevo ancora in bocca padrona Lara, muovendo la caviglia, mi graffiò l’interno della guancia con l’unghia dell’alluce.
Non lo aveva fatto apposta, infatti non appena avvertì l’unghia premere eccessivamente sulla bocca ritrasse la gamba.
‘Ti ho fatto male?’ chiese con un accenno d’allarme nella voce.
‘No, padrona’ dissi ‘assolutamente’
Sorrise.
‘Va bene’ disse ‘Continuerai più tardi, vedo che ti piace molto’
‘Lei è bellissima’ affermai, suscitando la sua ilarità. Non era vero che padrona Lara fosse bellissima. Era graziosa, certo, ed il suo viso sembrava molto più giovane dell’età che lei denunciava, tuttavia’posso dirlo in tutta franchezza? C’era di meglio, in giro. Ma chissà perché, in quel momento, le ‘altre’ non rappresentavano più nulla. La più quotata fotomodella delle più blasonate sfilate di moda’l’avrei veduta volentieri qui accanto a me, inginocchiata di fronte alla Dea sdraiata sul divano. L’avrei voluta in ginocchio, intenta a leccare le suole delle ciabatte della padrona. Leccare per bene, intendo, avendo cura di rimuovere ogni granello di polvere ed ogni bruscolo di sudiciume da quelle calzature consunte e logore. E se ciò le avesse provocato disgusto pazienza. Anzi, meglio così. E’ giusto che una schiava soffra per la propria padrona. Ed ecco un altro brivido lungo la colonna vertebrale: ecco svelarsi un altro di quei sogni a cui cercavo di dare un volto. Una padrona che sottomette la sua schiava. Due donne di pari dignità, ma una svende la propria ai piedi dell’altra.
‘Adesso fai il bravo schiavetto, Tom’ disse la padrona.
‘Si’
‘Prendi la scopa e spazza i pavimenti’
‘Spazzare?’
‘Certo! Pensi che fare lo schiavo consista solo nel leccarmi i piedi?’ chiese sollevando entrambe le gambe e strofinandomi le dita sul viso come se quello fosse per lei un atto consueto.
‘Tu sei il mio schiavo e mi obbedirai in tutti i compiti che io vorrò!’ esclamò ‘Sai quelle noiose faccende da fare per casa? Lavare, spazzare, spolverare e tutto il resto? Bene, perché dovrei farli io se ci sei tu, schiavo?’
‘Certo, padrona!’
‘Coraggio, vai. Dopo, se avrai fatto un buon lavoro, ti farò leccare di nuovo i miei piedi’
Dissi proprio così. Anzi, no. Disse ‘i miei piedini’. Insomma, trascorsi l’intero pomeriggio a casa sua. Io lavoravo come lo sguattero che sono e lei guardò per quasi tutto il tempo la televisione. Si concesse un sonnellino fra le quattro e le cinque del pomeriggio ed una lettura rilassante prima di cena.
Quando ebbi finito erano le sei. Padrona Lara mi congedò.
‘Padrona, se posso farle una richiesta” balbettai.
Lei sorrise ‘Sei stato bravo, perciò te la meriti. Che cosa vuoi?’
‘Posso restare qui a cena? Naturalmente solo per essere il suo cameriere. Potrei stare sotto al tavolo mentre mangia e nel frattempo leccarle le ciabatte’i piedi”
Padrona Lara sospirò e guardò il soffitto. Aveva quell’espressione in volto che dice ‘Piacerebbe anche a me” e per un attimo pensai fosse andata bene. Pensai d’averla convinta.
Invece lei raffreddò i miei propositi con poche parole.
‘A cena torna Fabiana’ La sua coinquilina, per la cronaca ‘Dovrai essertene andato prima che lei torni’
‘Fabiana potrebbe essere mia padrona? Obbedirei anche a lei!’
Padrona Lara rise.
‘No, non credo che lei sia come me’ disse ‘No, guarda, è meglio se te ne vai. Ma come schiavo sei bravo. Ti richiamerò presto’
Ci lasciammo lì, per quella sera e quella chiamata, quella che promise di farmi presto, dovette attendere all’incirca una settimana.
Quella che vi ho raccontata, lavorando anche un po’ di fantasia, fu la mia prima esperienza da schiavo delle donne. Da allora ho incontrato un’altra dozzina di padrone, alcune molto belle, altre meno appariscenti. Alcune disprezzavano veramente gli uomini e li trattavano peggio di zerbini con vera soddisfazione. Ed era proprio a quelle che avrei dato la mia vita perché noi uomini siamo veramente i loro zerbini. Altre padrone erano più rispettose. Padron Lara, ad esempio, non ha mai abusato del potere che aveva su di me, ma ve ne fu una’una impiegata di quasi quarant’anni di Pistoia che’
Beh, questo è materiale per un’altra volta, perché la storia è lunga ed in un solo racconto rischierebbe d’annoiare. Un saluto alle donne ed alle ragazze che leggeranno queste righe, sempre e solo dal loro devoto servo.
Tom2075@hotmail.it
Grazie Rebis
Bellissima storia, molto realistica
Pisellina… fantastico! Un buon mix di Femdom e umiliazione
Storia molto intrigante. Per favore, continua! :)
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