Era una calda estate, io avevo 22 anni ed ero a Lignano Sabbiadoro con i miei genitori in vacanza.
Avevano affittato un appartamento in uno dei raggi, si chiamano così alcune vie in quella località, ed era abbastanza vicino al mare.
Lignano in effetti è più stretta che larga e ci vuole poco da ogni suo punto per arrivare al mare.
Io avevo la bicicletta e spesso la usavo per fare dei giri nella cittadina, il mare mi piace ma non avevo la compagnia dei soliti amici e quelli che avevo conosciuto non mi interessavano più che tanto, da qualche mese frequentavo Paola, una mia ex compagna di scuola, lesbica, e ora avevo pensieri solo per lei, be quasi solo per lei.
Così una mattina decisi che volevo cambiare spiaggia, indossai un bikini di colore rosso, ma tutto sommato tranquillo, niente concessioni particolari alle zone erogene, era sgambato sì, ma non certo un perizoma e il reggiseno a triangolo faceva intuire ma non era troppo spinto, misi nello zainetto della frutta, una bottiglia d’acqua, lo spray abbronzante e un asciugamano, indossai dei pantaloncini di spugna e una camicetta che tenevo per lo più aperta, i sandaletti e via.
Insomma ero libera come l’aria e mi sentivo in gran forma, inforcai la mia bicicletta e mi fiondai nella frescura mattutina alla ricerca della mia spiaggetta.
La trovai vicino alla pineta, incatenai la bici ad uno dei sostegni che il comune, gentile, aveva disseminato nella cittadina e andai a sistemarmi vicino al mare, mi tolsi camicetta e pantaloncini, stesi l’asciugamano, mi spruzzai di olio solare e mi misi a guardare attraverso gli occhiali da sole la fauna della spiaggia.
Ragazzini vocianti, mamme non troppo preoccupate che parlavano tra loro e papà che controllavano i figli a vista e guardavano le mamme sicuramente con più interesse, ma ragazzi e ragazze poco o nulla; era presto, probabilmente erano ancora a dormire dopo essere stati in discoteca. Mi sdraiai a prendere il sole.
Ci stetti poco però, verso le dieci scottava e così decisi di fare un bagno, uscendo dall’acqua vidi che vicino a me si era sistemata una signora, la salutai cortesemente e mi misi a pancia sotto per prendere il sole ed asciugarmi un poco.
Girai la testa di lato appoggiandola ad un braccio e mi addormentai; mi svegliai di soprassalto con la sensazione che qualcuno mi osservasse, e vidi il viso della signora che avrà avuto si e no trentacinque anni secondo me, che a pochi centimetri dal mio mi osservava in modo molto diretto, non parlava ma trovai i suoi occhi dritti nei miei, io imbarazzata dissi: Ciao! E avrei voluto girarmi ma lei mi chiese se volevo fare il bagno con lei.
Non so perché ma accettai, certe persone hanno un magnetismo naturale che non si può non subire e così mi alzai per tuffarmi, lei si mise in ginocchio per rimettersi il reggiseno che aveva tolto e le vidi il seno, bello e pesante come piace a me che avevo una terza piena ma a punta, bella sì, ma quei seni pesanti e prosperosi per me erano come una calamita e li avrei volentieri scambiati con i miei.
Ci tuffammo schizzando l’acqua e ridendo, la sentii ridere per la prima volta ed era una risata simpatica non volgare, risi anche io e la guardavo, non so cosa mi prendeva, nemmeno la conoscevo, non sapevo chi era. A occhio potevamo quasi essere madre e figlia, ma insomma accantonai i pensieri, anzi al momento nemmeno pensavo risi e giocai con lei nell’acqua come da bambina a schizzarci.
Uscimmo dopo un bel po’ esauste, lei si mise seduta sul suo asciugamano e io la imitai, mi disse di chiamarsi Giulia, io ricambiai dicendole che mi chiamavo Lucrezia, si tolse il reggiseno e si sdraiò a prendere il sole, io ero di nuovo ipnotizzata da quel seno pesante che ora ricadeva lateralmente; io ero di schiena per osservarla un po’ di nascosto, fu allora che iniziò a parlare, mi disse che aveva quarantaquattro anni, complimenti pensai, avevo pure sbagliata la sua età, mi disse anche che era sposata ma che il marito non c’era perché aviere doveva stare in caserma e lei da sola a casa si annoiava, così veniva a prendere il sole a Lignano sperando in qualche compagnia per non annoiarsi troppo.
Così le chiesi a bruciapelo con la candidezza innocente di una ragazza di ventidue anni: ma sei lesbica per caso?
Mi guardò e scoppio a ridere, mi disse che no non aveva mai provato con una donna anche se le piacevano e che si era avvicinata a me solo perché in un qualche modo l’avevo attirata, ero magnetica; pensai, io magnetica, lei era magnetica.
Le chiesi scusa, poi lei rivolse a me la stessa domanda e io le dissi che mi consideravo bisessuale; avevo avuto molte storie con ragazzi ma che ora stavo con una ragazza e ci stavo bene, ma che non avevo ancora capito di che pasta ero fatta, insomma ci stavo bene ma non era amore secondo me.
Mi propose di prendere qualcosa al bar, mi alzai e mi infilai i pantaloncini di spugna sul costume ancora bagnato, lei si mise il reggiseno, prendemmo su la nostra roba e ci avviammo verso un bar sulla strada.
Durante il tragitto i miei pantaloncini di spugna assorbirono l’umidità del costume e si bagnarono, lei invece aveva un pareo e ovviamente questo non si bagnò, anzi se lo fece non lo notai.
Ridemmo molto della cosa, io le dissi che ero in bicicletta e mi piaceva stare sgambata, con il pareo avevo sempre paura che mi finisse sui raggi delle ruote e quindi i pantaloncini erano comodi, anche se avevano quell’inconveniente.
Ridemmo e ci guardammo negli occhi, poi lei con fare malizioso mi disse che ovviamente se avessi avuto un costume di ricambio non sarebbe successo, ovvio risposi io, ma anche se me lo fossi semplicemente tolto; le brillarono gli occhi, io capii e risi, andai in bagno e tolsi il sotto del costume, rimisi i pantaloncini che ora aderivano ancor meglio se possibile, quindi tornai da lei ridendo, appoggiai lo zaino aperto a terra con lo slip in bella vista, lei rise e mi disse che ero proprio matta, pagò e uscimmo.
Davanti alla mia bicicletta le proposi di fare un giro, sapevo che anche lei aveva la bicicletta, mi guardò e ridendo mi rispose che non aveva un paio di pantaloncini, io le dissi che se voleva poteva togliere il pareo così non le sarebbe finito tra i raggi delle ruote, rise e accettò.
Mettemmo tutto nel mio zainetto che stava per scoppiare e inforcammo le biciclette, ridevamo, correvamo o ci affiancavamo parlottando e ridendo, ad un certo punto mi chiese come stavo con solo i pantaloncini, io di rimando le corsi avanti sollevandomi sulla sella, il mio culo doveva essere uno spettacolo, i pantaloncini facevano uscire le guanciotte di sotto e sopra si iniziava a vedere una bella fessura, sentivo l’aria calda che mi accarezzava il corpo, i capezzoli sotto il reggiseno erano eretti e quando mi ributtai sulla morbida sella sentii una piacevole staffilata salire dal perineo fino a perdersi verso la pancia, morsi le labbra di goduria.
Giulia mi superò e fece lo stesso, le guardai il culo, una parte del costume del si era infilata nel sedere e ora aveva una chiappa un po’ scoperta, guardavo i suoi glutei alzarsi durante la pedalata e ne ero attratta, poi anche lei ricadde sulla sella e rise di gusto, la affiancai e la guardai con uno sguardo carico di voglia e tenerezza, lei mi chiese se mi era piaciuto lo spettacolo e io di rimando le chiesi se le era piaciuto il mio.
Mi disse che quei pantaloncini mi stavano d’incanto e che doveva procurarsene un paio anche lei, io risi e cambiai direzione, mi seguì fino ad un negozietto che vendeva per l’appunto abbigliamento da spiaggia.
Ne comprò un paio rossi, disse all’uomo che voleva provarli e lui le indicò un brutto sgabuzzino pieno di scatole, io la guardavo dalla tenda per non far entrare nessuno, almeno così le dissi ma non ci credevamo nessuna delle due ovviamente, lei si girò di schiena e si sfilò il sotto del bikini, aveva un sedere molto bello, con poca cellulite, infilò i pantaloncini che essendo elastici si adattarono alla sua figura, si girò e mi chiese di dirle come le stavano, io ero ipnotizzata le si vedeva chiaramente la figa, modellata dalla stoffa, lei capì e rise tirandoseli ancora un poco e accarezzandosi sedere e gambe, aderivano perfettamente e le lasciavano intravedere il sotto del sedere come i miei, ero eccitata, uscimmo dallo sgabuzzino, pagò il negoziante e uscimmo.
Per un po’ camminammo parlando di noi, la gente ci guardava, sapevo che anche i miei pantaloncini avevano modellato il mio fisico e la figa doveva essere visibile quanto la sua, non me ne fregava nulla anzi stavo bene, mi stavo esibendo e ci stavo proprio bene in quel ruolo, poi non ero sola in quel gioco e questo mi dava coraggio.
Camminando arrivammo alla fine del raggio, verso l’interno, inforcammo le biciclette e pedalammo senza meta e silenziose verso l’interno, guardando i campi e il mais in crescita, avevo fame, glielo dissi, così ci fermammo ad una frasca sulla strada per un panino, lei aveva rivoltato il bordo di sopra dei pantaloncini che ora erano davvero corti, scesa dalla bici feci lo stesso anche io, ci sedemmo e prendemmo due panini e una coca, insistetti per pagare io; parlammo dei nostri rispettivi, insomma lei mi parlò un poco di suo marito e poi mi chiese com’era la vita con una donna, parlammo quasi solo di me.
Decisi che lei mi piaceva e che ci stavo bene, ma compresi che seppur eccitata dal sottile gioco di seduzione e di esibizionismo non ci avrei fatto nulla.
Dopo un po’ mi chiese se volevo tornare al mare per un tuffo, faceva decisamente caldo, dissi di sì e pensai che dovevo cambiarmi ma lei prese la bici e si avviò; la raggiunsi e le dissi che dovevamo rimetterci il sotto del costume, ma lei mi sorrise e mi disse solo: perché?
Al mare distendemmo i nostri asciugamani, la spiaggia si stava svuotando alle quattro del pomeriggio, guardai in giro e poi lei, andammo verso il mare e ci tuffammo di nuovo schizzandoci, quando riemersi mi accorsi che il pantaloncino intriso d’acqua mi era scivolato fino a metà coscia, uffa, lo rialzai e ne risi, anche il suo le era arrivato alle caviglie, stava ridendo come una scema, io mi misi a fare “il morto” e lei mi venne incontro dalla parte delle gambe, in mezzo alle gambe, mi disse che mi si vedeva la “patata”, io risi ma allargai ancora le gambe e lei si appoggio alla mia pancia buttandomi sotto, quando riemersi ci abbracciamo guardandoci negli occhi, volevo baciarla ma esitavo, lei mi disse che la turbavo e molto, che mai aveva provato quelle sensazioni con una donna e giovane come me per giunta, io mi passavo la lingua sulle labbra, erano diventate asciutte nonostante tutto, nonostante l’acqua del mare, fu lei a rompere l’incanto ridendo e tuffandosi di nuovo, io feci in tempo a prenderle il pantaloncino e a sfilarglielo del tutto.
Lei si girò verso di me con il busto mezzo sott’acqua, e ridendo mi chiese di ridarglieli, ovviamente, io dissi di no e mi tuffai per passarle tra le gambe.
Lei le allargò bene, la porca, e io guardai la sua figa ben curata, mi girai col corpo proprio mentre passavo sfiorandola con i piedi e sfilandomi a mia volta i pantaloncini, riemersi e risi tenendo però le braccia sott’acqua.
Dai Lucrezia ridammi i miei pantaloni, io alzai le mani e le feci vedere tutti e due i pantaloncini ridendo, poi le tirai i miei e indossai i suoi.
Dai Lucrezia non ci entro, prova le dissi di rimando, e lei provò a infilarli, le stavano un po’ stretti ma le entrarono, la differenza tra me e lei era di una taglia e i pantaloncini erano molto comodi ed elastici, i suoi li sentivo un po’ larghi ma mi stavano.
Uscimmo dall’acqua tenendoci per mano, ci sdraiammo ad asciugarci e restammo così sdraiate tenendoci per mano, mi tolsi il reggiseno e lei fece altrettanto, poi quando oramai il sole non scottava più ci alzammo, le dissi che dovevo tornare a casa dai miei che non mi vedevano dalla mattina, lei anche mi disse che doveva tornare, ci abbracciamo e sentii il suo seno sul mio.
Le sfiorai una guancia con una carezza e le chiesi scusa, poi mi staccai, presi la mia camicia dallo zaino e la indossai sopra il seno nudo, lei mi guarda ride e mi da un bacino sulle labbra, bacino salato che io assaporo con la lingua voluttuosa.
Respiro forte, ma non la tocco oltre, decido che è meglio così, le chiedo solo se la rivedrò e lei mi da il suo numero di cellulare.
Ci lasciamo così, l’ho rivista e siamo andate oltre.
La mattina dopo mi alzai dal letto assonnata, avevo dormito poco e male, un poco per colpa delle zanzare che non danno tregua, molto per il caldo appiccicoso, ma soprattutto perché non facvo altro che pensare a Giulia, la bella mamma che avevo conosciuto il giorno prima alla spiaggia e con cui avevo scambiato i pantaloncini.
Quei pantaloncini erano lì sulla sedia, li guardai e mi venne in mente il culo di Giulia che si alzava sulla sella della bicicletta mentre pedalava, li guardai ancora e mi toccai il seno; quindi sbuffando mi alzai dal letto e mi feci una doccia.
Avevo voglia di rivederla ma ero scettica sul fatto che l’avrei ritrovata, mi vestii per il mare come il giorno prima indossando i pantaloncini di Giulia, scesi per fare colazione e poi dopo i soliti saluti di circostanza con i miei inforcai la bici in direzione della stessa spiaggia del giorno prima.
Non c’era, guardai in ogni direzione, mi ero messa vicino al bordo verso il marciapiede proprio per avere una buona visuale e cercare di scorgerla mentre prendeva il sole o che so andava in bagno ma nulla, non la vedevo.
A mezzogiorno avevo fame ed ero annoaiata, non presi la frutta che avevo portato con me ma andai sulla terrazza del bar della spiaggia, da lì potevo osservare meglio la spiaggia e un po’ la strada, non demordevo nel mio intento, avevo deciso che se dovevo avere una delusione almeno dovevo anche aver fatto di tutto per cercarla.
Ero appoggiata alla balaustra, indossavo i pantaloncini rossi sul costume pure rosso, mi si sarebbe notata pensavo e bevevo un buon bicchiere di the freddo, guardavo verso la strada quando mi parve di vedere la sua bicicletta appoggiata al palo della fermata, cavoli sì poteva proprio essere la sua e mi si illuminò lo sguardo e il cuore, forse non tutto era perduto, bevvi d’un fiato e pagai all’istante, quindi scesi le scale a due a due cercando di non inciampare, arrivai sulla strada ma la bicicletta non c’era più. Delusione.
Andai nel negozio di articoli di mare per nascondere la delusione, guardai svogliata gli articoli e poi uscii.
“Ciao ma che ci fai qui?” era lei, cavoli era lei, feci un sorriso da bambina e dissi: “ti aspettavo”.
Ci sorridemmo e andammo dentro sulla spiaggia passando per il bar, io non stavo più in me, sembravo una ragazzina alla prima cotta, forse lo ero, sicuramente mi ci comportavo.
In spiaggia vidi che aveva i miei pantaloncini, le stavano leggermente stretti e le modellavano le forme, ci guardammo un attimo negli occhi e mi chiese se mi andava di andare in un posto meno affollato, io ero con le mie cose in mano, e dissi di sì, certo che sì, io e te sole sì.
A dire il vero dissi solo sì, ma la mia testa era leggera e non so esattamente cosa pensai, uscimmo sulla strada e lei l’attraversò dirigendosi verso una grossa auto, che mi spiegò in seguito essere di suo marito; le dissi che avevo visto la sua bici, ma lei oggi non era in bici, be forse era uguale alla sua, ce ne sono molte di quel modello in fondo.
Con l’auto andammo verso Lignano Pineta, un tragitto breve in fondo, io la guardavo, sandali ai piedi, i miei pantaloncini che come il giorno prima quando li avevamo indossati senza nulla sotto le modellavano le labbra della vagina, e il reggiseno di un costume, nero con le coppe a fascia intrecciata sul davanti, senza spalline, che coprivano ma non sorreggevano quel seno che le ricadeva pesantemente in avanti, capelli con le meches ariosi, occhiali da sole e un leggero rossetto rosa sulle labbra.
Io ero sua figlia, mi resi conto che potevo esserlo per differenza d’età, ma ero vestita come lei, be quasi, i pantaloncini c’erano, li avevo un po’ arrotolati come il giorno prima e si vedeva il tanga rosso sporgere, anche il reggiseno era rosso a triangolini, ma avevo lagato anche la parte dietro il collo delle spalline dietro la schiena, così sembrava che anche il mio fosse a fascia, ovviamente non era così e mi sorreggeva il seno in modo molto relativo, decisi di lasciarlo così per fargli notare il mio seno, non avevo occhiali da sole in quel momento e i miei capelli denotavano un recente bagno nel mare.
Andammo dentro la pineta con l’auto e ci fermammo in uno spiazzo, scendemmo dall’auto e presi solo gli asciugamani arrivammo fino in prossimità del mare dove ci distendemmo a prendere il sole.
Fu Giulia a parlare, fino ad ora non avevo quasi aperto bocca, si era tolta il reggiseno a fascia e io ero assorta a guardarla girata su un lato; “Lucrezia tu cosa vuoi da me?” – “non lo so”.
“Giulia, tu mi piaci ma mi rendo conto di molte cose, non sei lesbica, abbiamo un’età per la quale potremmo essere madre e figlia e la tua auto denota sicuramente un altro stile di vita rispetto al mio, ma mi piaci, sei magnetica, ieri mi sono proprio divertita e quello che abbiamo fatto l’abbiamo fatto senza che apparentemente ci sia stato tra noi un qualsiasi tipo di accordo se non quello che hanno gli innamorati” – “insomma è innegabile che abbiamo feeling”.
“Anche tu mi piaci, non so perché ma mi piaci, mi piace il gioco che sto facendo con te, ci pensavo questa notte e ci pensavo questa mattina mentre venivo qui” – “Lucrezia io non sono lesbica, le donne non mi hanno mai attirato sessualmente e meno che meno una ragazza che come giustamente dici tu potrebbe essere mia figlia, ma mi piaci proprio per questo nostro gioco”.
“ieri è stato divertente ed eccitante e come vedi porto ancora i tui pantaloncini, tra l’altro senza null’altro sotto, mi eccita questo gioco e non so dove mi porterà, ma ho deciso di seguirlo per un po’ perché sono in vacanza e lo sono anche da me stessa, la mia mente ora è in vacanza e chi se ne frega di tutto”, mentre diceva questo le sorrisi e piano mi avvicinavo al suo viso, la baciai teneramente non con ardore e lei sostenne il mio bacio.
“Ti ha fatto paura baciare una donna, anche se innocentemente?” – “No lo rifarei subito!”.
Mi tuffai su di lei, le nostre bocche si scontrarono, sentii la sua lingua subito dopo le labbra e fu un intreccio godurioso di sapori il mescolarsi delle nostre lingue, sentire la resistenza che faceva la sua seguita da un’arrendevole indietreggiamento, le solleticavo il palato con la punta della mia lingua.
Poi le presi la lingua fra le mie labbra simulando un pompino, avevo il suo viso attaccato al mio e potevo percepire l’estasi di quei baci ardenti, le succhiai la lingua e poi lei contraccambio, ma io ero su di lei e la mia saliva colava nella sua bocca rendendo la mia lingua scivolosa, ansimavamo di passione, mi morse cercando di trattenere la mia lingua e io le morsi e tirai un labbro quindi ci ritrammo guardandoci negli occhi, gli sguardi ardenti, ansimanti, ero serissima in quel momento.
Lei ansimava almeno quanto me, e quando le infilai la mano dentro i pantaloncini passando dalla gamba, afferrandole il monte di venere chiuse gli occhi mordendosi platealmente il labbro la dove l’avevo già morso io.
Inalò dal naso l’aria carica di noi e allargò un poco le gambe per farmi toccare di più, io però non volevo andare ancora oltre e strinsi ancora un poco la mano premendo sul suo punto focale, appena sopra il clitoride.
Aprì gli occhi e mi abbracciò felice, ma era una mossa strategica per afferrare i lacci del mio reggiseno e togliermelo, quindi si alzò di scatto con il trofeo in mano e ridendo corse verso il mare, io la raggiunsi togliendomi i miei pantaloncini ci tuffammo.
In acqua lanciò via il mio reggiseno ridendo e dicendomi che stasera voleva vedere come sarei tornata a casa, io seria le dissi che per lei sarei andata anche nuda e mi tuffai seguita da lei e da un’onda.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…