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Trio

Sant’Andrea

By 16 Marzo 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Taaxi! Taaxxiii!’. Ecco: sono sull’orlo dell’esaurimento nervoso. Da quanto sto aspettando un taxi? Un quarto d’ora? Venti minuti? Non ce la faccio più. Io non ce la faccio più: mi butterei per terra battendo i pugni sul marciapiede, se questo potesse essermi d’aiuto. Sono le dieci meno venti di mercoledì e questo &egrave il premio che mi merito per aver passato le ultime quattordici ore della mia vita tappata in ufficio dietro a quella ennesima causa di divorzio. Certo, se non mi concentrassi a calcolare tutti i soldi che sto spendendo al cellulare per ascoltare la loro irritante musichetta, potrei anche mantenere la calma e non perdere completamente le staffe. Mentre la mia mente &egrave impegnata con questa diatriba interna, avvisto un agognato puntino bianco avvicinarsi: non me lo lascerei sfuggire per tutto l’oro del mondo. Piuttosto mi faccio investire. Mi getto letteralmente davanti a lui, in modo che inchiodi. Ignorandolo completamente mentre mi insulta, apro la portiera dell’auto snocciolandogli il mio indirizzo. Il tassista, che nel frattempo ha smesso di sbraitare improperi che non ho neppure sentito, mi guarda attonito, come se fossi una vecchia pazza e così sono costretta ad accorgermi di non essere l’unica cliente. Una coppia &egrave già nell’abitacolo, lei siede al mio fianco e lui di fronte a me. Li guardo e, sfoderando uno dei miei migliori sorrisi, correlato da relativo sbatter di ciglia, chiedo loro se &egrave un problema dividere il taxi; mi offro addirittura di pagare l’intera corsa. I due si limitano a squadrarmi, ma alla fine, dopo essersi scambiati uno sguardo di intesa, accolgono la mia richiesta. Il taxi può finalmente partire alla volta di quelle che immagino siano solo due destinazioni: dal curioso cerchietto d’oro che entrambi portano con una certa disinvoltura all’anulare sinistro, deduco infatti che siano sposati. Solita fortuna: lui &egrave pure un bell’uomo. Sì. Un. Bel. Uomo. Sposato. Visto che però dobbiamo fare il viaggio insieme, e considerato che sono ancora un po’ in imbarazzo per la scenata di prima, mi sforzo di cominciare una conversazione e, per trovare un argomento generale e facile, attacco a parlare del tempo e di altre facezie. Pronuncio parole leggere, che mi permettono di studiarli senza distrarmi troppo e senza perdere il filo del discorso. Lui stranamente &egrave un po’ più giovane di noi signore, dall’aspetto prestante e avvenente. Porta lunghi capelli neri e le sue ciglia schiudono grandi occhi verde-azzurri. Il suo naso &egrave perfettamente diritto e, seguendolo, non riesco a evitare di soffermarmi sulle sue labbra carnose color ciliegia, messe in risalto da una lieve abbronzatura, che sfoggia anche lei. E, a giudicare dal loro abbigliamento, escludo categoricamente che sia dovuta al mantenimento dell’orto. Entrambi indossano cappotti di cachemire e lei, sotto al suo, mostra un vestitino nero di seta molto leggera a pois bianchi, assolutamente fuori stagione, e non porta le calze. Lui &egrave più cordiale di lei e così cominciamo a scambiarci qualche opinione generica sugli avvenimenti della settimana, dal cinema allo sport, mentre lei si limita ad osservarmi, o, al più, mi sorride tiepidamente. Tipico comportamento educato di circostanza. Un’improvvisa frenata interrompe il piacevole flusso dei nostri discorsi e ci smuove da una sorta di torpore. Cercando di nascondere il mio evidente disappunto, chiedo gentilmente spiegazioni all’autista, che prontamente risponde che un ciclista ci ha tagliato la strada, e inizia ad insultare la categoria. Il marito &egrave conciliante e sdrammatizza l’argomento: iniziano così a disquisire tra loro sull’urbanistica e le difficoltà del traffico. Io ne approfitto per astrarmi un po’ e mi metto a guardare fuori da finestrino, ma di colpo sono costretta a interrompere i miei pensieri, perché mi sento osservata, e istintivamente mi giro a guardare lei, sempre seduta al mio fianco. Due occhi penetranti, circondati da lunghe ciglia perfettamente truccate, mi stanno fissando, e io, per istinto, sorrido e ricambio lo sguardo. Ha occhi strani, profondi, scuri, che risaltano e contrastano con il rossetto rosso che brilla sulle sue labbra morbide. Mi sento invadere da un misto d’imbarazzo ed eccitazione. E mi accorgo che il mio sorriso si sta pian piano spegnendo, quando la vedo muoversi lentamente e mi sento toccare la mano. Il suo indice sfiora delicatamente il mio mignolo, per poi risalire su tutta la lunghezza del dito, fino all’incavo delle nocche, dove si ferma, rimarcando dolcemente la divergenza delle ossa. Io non muovo un muscolo: l’unica cosa che faccio &egrave deglutire, mentre il mio battito cardiaco aumenta a dismisura e uno strano calore invade le mie guance, raggiungendo rapidamente l’interno delle mie cosce. D’un tratto smette di accarezzarmi la mano, ma i miei occhi, che si sono completamente dimenticati della presenza del marito, del tassista e della situazione, non riescono a smettere di scrutare ogni suo singolo movimento. Adesso, molto lentamente, sta tirandosi su la gonna leggera, e io inizio a intravedere le ginocchia, bianche e lisce, come il suo viso. Il suo vestito, intanto, sale e si ferma un attimo prima che io possa intravedere la sua biancheria, che immagino essere in tinta con l’abito. Forse indosserà un elegante e sensuale, perizoma di pizzo nero, sicuramente in completo con il reggiseno. Non faccio in tempo ad alzare lo sguardo per controllare se effettivamente porta il reggiseno, che intravedo le sue labbra schiudersi quel tanto che basta per permettere alla punta della lingua di trovare un passaggio, e di scorrere lentamente sul labbro superiore, inumidendolo. Quando io riabbasso lo sguardo lei sta divaricando le gambe. L’ombra che interrompe il bianco delle sue cosce non mi permette di vedere quello che mi interessa, mentre sento il mio respiro aumentare. Un irrefrenabile desiderio di qualcosa di nuovo che non so come definire mi spinge ad accarezzare e a far scorrere la mano sopra i morbidi sedili del taxi, fino a toccare la leggera seta del suo vestito che comincio a tirare verso di me. Cosi facendo, incomincio a intravedere qualcosa che cattura la luce e la riflette, come fosse un bagliore metallico, qualcosa che senza dubbio va contro ogni mia precedente fantasia. Le mie riflessioni in proposito vengono completamente interrotte dall’improvviso tacere degli altri presenti – che fortunatamente non si sono accorti di nulla – e dal rallentare della macchina, che mi fa intuire l’avvicinarsi della mia destinazione. Ho pochissimi secondi per inventare uno stratagemma per conoscere meglio il mistero di questa donna, che rapida e con gesti eleganti si ricompone. Dopo i rituali discorsi di saluto, appena prima di uscire, fingo incidentalmente di rovesciare la borsa all’interno del taxi, in modo da poterle passarle il mio biglietto da visita, mentre lei gentilmente asseconda il mio piano e si offre di aiutarmi. Tornando a casa rifletto sull’incredibile sensazione che mi ha dato quest’esperienza: non riesco quasi a spiegarmi l’eccitazione che questa donna &egrave riuscita a provocare in me, io che fino ad oggi non ho mai nutrito alcun tipo d’interesse verso il mio stesso sesso. Sto cercando di ricomporre i pezzi del mio ultimo quarto d’ora, quando tutto diventa più faticoso, il ricordo rallenta, e le immagini sfumano, a causa della stanchezza che inizia a prendersi gioco della mia intelligenza, mischiando e confondendo quello che fino a pochi secondi fa credevo essere reale. Un sottile filo nero tiene insieme, per non so quale miracolo sartoriale, due triangoli di pizzo finemente lavorato, che esalterebbero e renderebbero affascinante qualsiasi figura: persino il manichino che li indossa riesce a essere sexy. Questo prezioso perizoma &egrave esattamente quello che a mio giudizio avrebbe dovuto portare lei, durante quella confusa sera di quattro mesi fa. Sono imbambolata davanti alla vetrina dove l’articolo di biancheria fa bella mostra di sé, quando la suoneria del mio telefonino mi risveglia: qualcuno mi sta chiamando. Vedendo un numero privato, mi nutro della speranza che possa essere lei, ma un attacco di panico m’impedisce di rispondere, finch&egrave il telefono cessa muto di disturbare i miei pensieri. ‘Perché non ho risposto?’ mi chiedo, ma la risposta &egrave molto semplice: perché non so che cosa voglio, e soprattutto non saprei gestire la situazione. Ma ormai il tarlo della curiosità si &egrave nuovamente impadronito di me, e nemmeno il rientro in ufficio riesce a farmi tornare un briciolo di concentrazione: per quanti sforzi faccia per fingere, non riesco minimamente a lavorare. &egrave quasi sera quando, finalmente il mio telefono si decide a riprendere a suonare. Non faccio neanche in tempo a pensare che sento la mia voce pronunciare il ‘pronto’ più carico d’aspettativa che io abbia detto da un bel po’ di tempo a questa parte. ‘Via sant’andrea 7. Ti sto aspettando.’ Mi sento solo rispondere: ‘Arrivo’. In taxi improvvisamente mi sento rigida; tutta la sicurezza me la sono giocata con una risposta pronta: ora sono solo invasa da domande che aumentano a dismisura la mia curiosità sul da farsi in un rapporto con una donna. Cerco quindi di rivivere le mie esperienze immedesimandomi negli uomini che ho avuto e mi conforto pensando che sicuramente non potrò essere peggio di loro. Poi inizio a interrogarmi sulla reazione che un incontro a vis-a-vis con quella musa ispiratrice potrà provocarmi, e di nuovo un misto di imbarazzo ed eccitazione mi assale. Di nuovo quel calore, che mi aveva invasa in un altro taxi, si fa strada sulle mie guance, e tra le mie cosce. Non posso poi non chiedermi che sapore lei possa avere; quello dell’uomo sa di acqua di mare, ma quello di una donna mi &egrave completamente sconosciuto. Ora sono davanti al portone di questo palazzo signorile in una via del centro. Solo sei nomi sul citofono, di cui due sono di uffici notarili: mi restano dunque solo quattro possibilità tra cui scegliere. Il primo che provo non risponde, e mentre sto per suonare un altro bottone a caso, sento una voce di donna che mi indica il piano e la porta. Mi viene ad aprire una cameriera straniera con tanto di crestina e che mi informa che i signori mi attendono di sopra. L’informazione mi lascia basita: non mi aspettavo un gioco a tre, ma la curiosità mi conduce dritta nella tana del ragno. Apro una porta e a darmi il benvenuto ci sono le note di Sogno d’Amore di Schubert. La stanza &egrave in penombra e vicino alla finestra scorgo il bagliore rosso di una sigaretta accesa e due sagome scure, che mi vengono incontro: sono loro. Lei per l’occasione ha rimesso l’abito del nostro primo incontro e lui, a differenza dell’altra volta, mi sembra molto più freddo e distaccato. Io mi sento a disagio, ma, per mia fortuna, &egrave lei a condurre le danze. Mi invita a sedere e mi offre del cognac, che io accetto, e mi dice che sono stata molto cara a raggiungerla dopo il lavoro, per parlare della causa di divorzio di una sua amica. Io, fingendomi per nulla sorpresa, sto al gioco, ma dopo poche battute il marito c’interrompe per scusarsi: se ne sta andando. Mi stringe la mano e rivolge un bacio casto sulla tempia della moglie, prima di uscire di scena. Nella stanza cala il silenzio: niente sembra più frapporsi tra noi. Lei si alza e incomincia a slacciarsi lentamente il vestito, senza levarselo se lo tiene su, completamente aperto, facendomi intravedere l’attaccatura dei seni piccoli e tondi, la completa assenza del reggiseno, il ventre piatto, con un riflesso di luce dorata data dai suoi peli, che vedo spegnersi nella penombra, al di sotto dell’ombelico. Io mi alzo col solo desiderio di baciare le sue labbra rosso fuoco. Ma la mia passione viene interrotta dalla sua mano che comincia ad accarezzarmi il viso, dalle sue dita che scorrono sul mio naso, percorrendone la lunghezza, scendendo fino all’insenatura delle labbra per insinuarsi provocatrici all’interno dei denti, giocherellando subito con la punta della lingua. E ora usano il trampolino del labbro inferiore per saltare il mento e scorrere nella scollatura della mia comincia, scendendo e slacciando tutto ciò che c’&egrave intorno. Io sono immobile, come ipnotizzata. Sento la sua mano che rapida mi sposta i lembi della camicia, scoprendo il mio pallore e il mio reggiseno, che ora le sue mani mi afferrano e tirano fuori i miei seni esponendo i turgidi capezzoli a quella bocca che prima si era negata. La mano destra giocherella col capezzolo mentre lei con la sinistra tiene l’altro seno tra i denti, forte, e lo succhia con tanta energia da farmi gridare, riportandomi improvvisamente alla necessità di baciarla. Così le afferro i capelli e glieli tiro, in modo che istintivamente lei porti indietro il viso e io prenda il mio primo bacio saffico. Il primo istante &egrave di qualcosa di stonato, come se improvvisamente la sinfonia che ci accompagna s’inceppasse. Ma poi sento lo sbloccarsi di questa rigidità e la mia lingua insinuarsi nella sua bocca, fino a trovare una morbidezza inimmaginabile e una delicatezza del tutto nuova. Non smettiamo di baciarci per un tempo interminabile. Le nostre lingue sembrano nutrirsi l’una dell’altra, e la mia eccitazione del suo respiro. Spingo la mia lingua più infondo che posso e mi stupisco delle dimensioni ridotte della sua bocca, confrontata con quelle degli uomini che ho baciato. Rimango stupefatta dalla mia capacità attiva nel bacio: evidentemente &egrave qualcosa che ho sempre avuto dentro di me, ma che fino ad oggi era rimasto sopito. Provo un’esaltante eccitazione all’idea del continente che andrò a scoprire. Ora sono le mie mani indagatrici che percorrono il suo corpo e che afferrano i suoi seni dall’adolescenza mai finita. Tondi, piccoli, perfetti e sodi. Scendo a baciarle il collo, così lungo e bianco da giustificare l’ispirazione di alcuni pittori. Le sfioro le clavicole e con le labbra accolgo ogni sporgenza del suo magro sterno, fino all’altezza dei suoi seni, capeggiati da due minuscoli capezzoli, che sfioro con la punta dell’indice. Li tocco per controllare che siano veri, che tutta la situazione sia vera. E loro docili si lasciano prima toccare e poi torturare dalle mie mani e dai miei denti, che li afferrano per far fare alla lingua voluttuosi cerchi concentrici sull’aureola. Unisco i seni e mi ci tuffo in maniera infantile, come mille volte ho visto fare a me, e ora capisco. &egrave qualcosa di antico e atavico. Resto così e aspiro il profumo della sua pelle dentro di me. Non riesco a uscire da questo paradiso, e continuando a leccarle i capezzoli, faccio scorrere le mie mani dai seni alla stretta vita, quando improvvisamente vengo a contatto con un materiale freddo, che mi risveglia dal torpore della passione. Mi scosto e la guardo stupita, mentre dal suo viso &egrave sparita ogni espressione di piacere, per lasciar posto a un velo di tristezza, che presto si trasforma in durezza. Improvvisamente un rumore attira la mia attenzione: di scatto mi giro verso una porta a muro rivestita di specchio, da cui esce la figura un uomo, avvolta dalla penombra e dal mistero. Io, completamente disorientata, mi giro a chiedere spiegazioni, quando lei mi afferra entrambe le mani e con occhi dilatati mi ordina di stare ferma. La sua voce sempre calda e sensuale, ora però &egrave molto ferma e decisa e mi dice di non aver paura, che non mi succederà niente e mi porta in un angolo buio della stanza dove c’&egrave un inginocchiatoio di legno scuro e antico, come quelli che si possono trovare nelle vecchie sacrestie. Io oppongo resistenza, ma in realtà entrambe sappiamo che &egrave solo una momentanea reazione all’inatteso. Quindi mi inginocchio ubbidiente con le braccia sempre bloccate da lei, che mi lega i polsi con una ruvida corda. Le uniche due posizioni che posso assumere sono o a braccia distese con i gomiti che poggiano sull’inginocchiatoio, o piegate, come in preghiera. Mi ritrovo a torso nudo con solo su la gonna e le calze. Lei mi accarezza la testa e i capelli, spostandomeli dal collo, dove inizia a baciarmi, scendendo poi sulle spalle, dietro le quali sento sopraggiungere un uomo, presuppongo quello di prima, che si aggiunge ai suoi baci e alle sue carezze. Sento la mano di lui, grande e calda, scendere delicata sulla mia schiena soffermandosi solo per slacciarmi la gonna e lasciandomi così in autoreggenti e slip, completamente bagnati. Lei completa l’opera spostando l’elastico delle mutande in modo da esporre il mio sesso. Sento delle dita entrarmi dentro, piccole delicate, e immagino essere quelle di lei. Prima una, poi due. La sento spingere fino in fondo, e le sue nocche battono contro le mie ossa. Una volta dentro, indagatrici, toccano ogni mia parte ruvida. Escono veloci e mi allargano le labbra per far spazio e agevolare lui. Avverto il ticchettio della sua cintura che si apre e lo sbottonarsi veloce dei pantaloni e a questo punto sento il suo torace sulla mia schiena e la voce di lei, che calda e sensuale, dietro a entrambi comincia a dire: ‘Amore mio sono, io ti piace? Quanto tempo che desideravo farti provare questo piacere che nessuna altra parte del mio corpo ti può regalare. Non aver paura: rivendicati di tutte le volte che non hai potuto soddisfare a pieno le tue voglie. Lo senti quanto ti desidero? Lo senti quanto sono bagnata? Non sono stata di nessun altro per tutti questi anni: &egrave solo te che voglio.’ La sua voce ora si abbassa solo in un sussurro e io riesco vagamente a intuire alcune parole che lei dice. Improvvisamente e senza alcun preavviso, lui entra dentro di me e se i primi colpi sono leggeri, presto diventano talmente forti e irruenti da far sobbalzare anche l’inginocchiatoio che scricchiola ad ogni suo affondo. Lei &egrave di fianco a me e mi tira i capelli tenendomi la testa indietro, e cerca di tenermi ferma per fare più attrito, mentre con l’altra mano giocherella con il mio clitoride. Un dito me lo schiaccia e si muove velocemente, a tempo con lui, e nel mezzo di questa sinfonia, un’ondata d’immenso piacere mi fa gridare, raggiunta subito da lui. L’estasi che finalmente si propaga mi fa urlare, del tutto inaspettatamente, ‘Ancora’. Sto riprendendo fiato, ma non riesco che lui subito, senza alcuna variazione sul tema si rimette a riempirmi le reni di colpi. E io ringrazio il cielo di averli conosciuti, perché in cuor mio so che nessun fino ad ora mi aveva mai scopato così, e ne sono felice. Ma il dolore alle ginocchia e ai reni, mi fanno iniziare a mugugnare, chiedendo loro un trattamento migliore. Così lui si leva di colpo da me, mentre lei mi risistema le mutandine, mi fa tirare su e mi porta poco distante sopra un tappeto, dove mi fa mettere di lato, in una posizione fetale e incomincia a riempire la mia faccia di baci, mentre lui si adagia dietro di me e mi riuncina, avvolgendomi con le sue lunghe gambe. La testa sta di lei, a forza, si &egrave messa in mezzo alle mie gambe e ci lecca entrambi, attaccandosi poi come un neonato al mio clitoride. Aggiunge alle dimensioni di lui un dito e poi due, e io non faccio nessun tipo di opposizione: mi piace sentirmi riempire. Aumenta a tal punto il mio piacere, che rivengo all’improvviso. Ma questa volta senza compagnia e pertanto lui non cessa di diminuire la violenza dei suoi colpi. Quando lei tira su la faccia ha tutto il mento e la bocca bagnata, ma ciò non sembra infastidirla e mi dice ‘Vedi, quello che ti sta scopando &egrave il mio amante, che hai conosciuto in taxi con me, ma che non può avere il piacere di possedermi perché questo diritto ce l’ha solo mio marito. Così, vedendoti, ho deciso che tu saresti stata la fortunata a godere dei suoi enormi favori, per tutta la notte.’ Commenti? Domande? Scrivimi: pu.pa@hotmail.it

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