Skip to main content
Trio

Sesso in corsia

By 8 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Faceva davvero caldo quel sabato pomeriggio di luglio, in città non si respirava e i più ‘ chi poteva ‘ erano fuggiti al mare o ai laghi. Mi preparavo a farlo anch’io, ma indugiavo, non c’era fretta. Infermiere professionale, lavoravo in una lussuosa clinica privata, la cui hall era degna di un albergo a cinque stelle. Avevo finito il mio turno ed ero rimasto a far compagnia a Loredana, la giovane infermiera addetta alla reception. La frescura dell’aria condizionata era gradevole, certo, così come il caffè offertomi da Lory, inoltre l’atrio era deserto e la musichetta della filodiffusione alquanto rilassante: tutto vero, ma sicuramente non sufficiente a trattenere uno che ha “staccato” da 8 ore filate di corsia’ Ad inchiodarmi lì era naturalmente lei, Loredana, una troietta tutto pepe con una deliziosa zazzeretta bionda a caschetto e un corpo da fotomodella maggiorata. Non equivocate, per carità: a cinquant’anni suonati non sono certo il tipo che corre dietro alle ventenni, anzi, per la verità non lo sono mai stato’ Sì, perché fin da ragazzino ho preferito guardare: guardare le donne nude a loro insaputa, guardare le coppie (o altre combinazioni’ numeriche) che scopano, insomma eccitarmi guardando e, nel frattempo, senza restare con le mani in mano! Avrete capito che sono un guardone, o voyeur per dirla alla francese. Non so se Lory fosse a consocenza del mio vizietto, certo non potevano sfuggirle i miei fugaci sguardi di cupidigia rivolti ogni tanto alle sue belle cosce sode, generosamente scoperte dalla divisa mentre era appollaiata sullo sgabello accanto al mio, o alle grosse poppe a melone (naturali, ci teneva a sottolineare) che si intravedevano senza troppo sforzo sbirciando nella scollatura del camice’ Se n’era sicuramente accorta, la puttanella, e le piaceva, altroché, tanto che, mentre rispondevo al telefono essendo lei era impegnata sull’altra linea, l’avevo sorpresa a sbottonarsi di nascosto il camice per mostrarmi così un’altra porzione delle sue generose curve! Lory scherzava e rideva, mi considerava un po’ come un padre (ero il decano degli infermieri della clinica) e gradiva la mia compagnia, perché so essere simpatico e spiritoso. Sarebbe stata forse assai meno affabile se avesse saputo che, qualche giorno prima, avevo discretamente seguito col mio scooter lei e il suo fidanzato, che era passato a prenderla in macchina a fine turno. Li avevo spiati a lungo, nascosto dietro un cespuglio, mentre se la godevano appartati in un boschetto poco lontano. Lory era una gran pompinara, aveva leccato e succhiato a lungo il grosso cazzo del suo ganzo, poi gli si era impalata sopra a spegnimoccolo dopo essersi spogliata nuda, offrendogli le belle tette da palpare e ciucciare mentre andava su e giù col cazzo nella fica. Lo smidollato era venuto subito (non lo biasimo, anch’io avevo sborrato poco dopo godendo come un pazzo mentre mi riempivo gli occhi con lo splendido corpo nudo luccicante di sudore della troia!), costringendo la povera Loredana a sditalinarsi freneticamente per venire dopo di lui mentre la sborra le colava lungo le cosce. Quei goduriosi ricordi mi avevano piacevolmente eccitato: seduto accanto a Lory, mentre annuivo divertito ai suoi pettegolezzi sui nostri colleghi, le guardavo la bella boccuccia dalle labbra carnose, immaginandola piena del cazzo e della sborra del suo amichetto. Avevo infilato distrattamente la mano in tasca e mi toccavo il pisello duro attraverso il sottile tessuto di lino, pregustando già un bel segone nell’intimità della mia auto o, magari, nella toilette del piano terra riservata ai visitatori’ Le mie fantasie furono interrotte dall’arrivo di un omuncolo grondante sudore, calvo e tracagnotto, che asciugandosi con un fazzoletto spiegazzato la pelata gocciolante si rivolse con fare deferente a Loredana. Questa lo squadrò altezzosa e con una punta di disprezzo: dall’aspetto, il tizio non doveva essere certo un parente di qualche danaroso paziente! Restammo comunque ambedue sorpresi quando si presentò come il marito della signora Marina, l’infermiera caposala. Costei era stata assunta l’anno prima come semplice infermiera ma, in pochi mesi, si era resa protagonista di una carriera a dir poco travolgente e’ chiacchierata. A parziale discolpa delle malelingue, c’è da dire che il fisico della signora era di quelli che non passano inosservati: quarant’anni ben portati a dispetto delle gravidanze, somigliava molto a Stefania Orlando di viso e di corpo, non so se rendo’ Indossava sempre camici corti e aderenti, che ne risaltavano le lunghe gambe dalle cosce ben tornite modellando culo e tette da maggiorata su un corpo snello e palestrato. Sempre sulle sue pur senza essere mai sgarbata, ossequiosa ma non servile verso i medici e i dirigenti, la bionda Marina aveva dato oggettivamente prova di ottime capacità professionali, che però non bastavano ‘ sempre a detta dei soliti maligni ‘ a spiegarne la fulminea carriera, che l’aveva vista in pochi mesi a capo di tutto il personale paramedico della clinica, complice un improvviso e sospetto “prepensionamento” della vecchia caposala’ Nessuno di noi aveva mai visto il marito della “capo” prima d’allora, sapevamo solo che era disoccupato e faceva praticamente il “casalingo”, certo sia il sottoscritto che Loredana ce lo immaginavamo assai diverso dall’ometto sudaticcio e impacciato, dalla vistosa pancetta, che ci spiegava con un filo di voce di essere passato a prendere la moglie per andare a trascorrere il fine settimana nella loro casetta al mare insieme ai bambini, che attendevano in macchina. Lory, addolcitasi un po’ (in fin dai conti era sempre il marito della “capo”, perbacco!), cominciò le ricerche dal suo centralino, senza successo: la caposala non era da nessuna parte, e nessuno l’aveva vista. Loredana non poteva lasciare il suo posto e il signor Franco (così ci aveva detto di chiamarsi) non conosceva la clinica, così mi offrii di buon grado di andargli a cercare la moglie. Sottolineo “di buon grado”, perché ‘ lo avrete capito ‘ la caposala Marina era già un’habituée delle mie fantasie erotiche, protagonista di successo di molte mie seghe! Una volta, durante un turno di notte, ero riuscito a intrufolarmi nello spogliatoio delle infermiere e ad aprire il suo armadietto con un passepartout: il tubino appeso alla stampella mi aveva confermato ciò che si mormorava in giro, e cioè che la caposala era solita girare per i reparti indossando sotto il camice la sola biancheria intima’ Nell’armadietto c’era anche un piccolo campionario di quella biancheria: minuscoli reggiseni a balconcino senza spalline, perizoma sottilissimi, calze nere autoreggenti’ Arrapatissimo, mi ero masturbato proprio lì, davanti all’armadietto aperto, con il rischio di essere sorpreso e denunciato! Ripensavo a quella notte, mentre giravo per i corridoi alla ricerca della signora Marina, e il ricordo contribuiva a mantenere viva la mia erezione, intrecciandosi piacevolmente con le immagini in flashback di Loredana nuda chiavata dal fidanzato. Perso nelle mie piacevoli divagazioni erotiche, ero arrivato nell’ala nuova della clinica, ancora in costruzione, destinata ad ospitare dei costosi macchinari diagnostici. Davanti a me si apriva un corridoio buio, ingombro di mattoni e mobilia coperti da cellofan, da cui veniva un forte odore di vernice e di plastica nuova. Alcune delle stanze che vi si aprivano erano completate e parzialmente arredate: da una proprio in fondo al corridoio, la cui luce era accesa, giungevano delle voci. Incuriosito, vi sbirciai dentro. C’era solo un lettino medico, proprio al centro della stanza, di quelli con le rotelle e i piedini idraulici. Seduti ai capi opposti del lettino c’erano due giovani medici, il dottor Cristian e il dottor Riccardo, entrambi figli di noti baroni nonché azionisti e membri del consigli d’amministrazione della clinica. Mi stavano proprio di fronte, a gambe penzoloni, il camice aperto sulle costose cravatte allentate e le camicie firmate, lo stetoscopio infilato nel taschino. Non si erano accorti di me, impegnati com’erano a godersela alla grande. Oggetto del desiderio dei due giovanotti era la signora Marina, in piedi in mezzo loro, il fondoschiena poggiato al bordo del lettino: anche lei mi stava proprio di fronte, anche lei però aveva ben altro da fare che accorgersi della discreta presenza del sottoscritto. Il camice completamente aperto sul davanti, offriva alle mani e alle bocche dei due giovani porcelli le sue fantastiche mammelle, pesanti ma sode e abbronzate (“ma guarda, prende il sole in topless'” mi era venuto curiosamente da pensare mentre ammiravo la scena a bocca aperta), letteralmente schizzate fuori dal piccolo reggiseno a balconcino arrotolato sotto il petto. Intanto, masturbava Cristian con la destra e Riccardo con la sinistra, impugnandone i grossi cazzi duri che i due avevano snudato dalla patta sbottonata dei calzoni. Era una scena selvaggia, incredibile, sensualissima: le teste dei giovani medici erano chine sulle tettone di Marina, ognuno di loro ne sorreggeva una da sotto con la mano a coppa palpandola di gusto, ciucciandone e leccandone avidamente i lunghi capezzoli scuri. Da dietro la porta, sentivo distintamente l’osceno sbrodolìo delle loro lingue e della saliva che luccicava sulle tette cosparse di nei sotto la fredda luce dal soffitto, i due si interrompevano ogni tanto solo per scambiarsi commenti e scurrilità.

“Che belle pere la nostra Marina, vero? Chi se la immaginava mai una caposala così?!?”

“Già, è bona e pure troia, ‘sta tettona! Mmmmhhh, slap! slap! Che gusto’ io ormai passo più tempo in clinica che con gli amici, mi diverto di più!!

Intanto, l’irreprensibile caposala girava la testa a destra e a sinistra, leccandosi golosamente le labbra a bocca aperta mentre si guardava masturbare i cazzi che teneva in mano.

“Che bei piselloni duri che hanno i miei dottorini cazzuti!!” mugolava con la vocina in falsetto come una bimba che gioca con i suoi bambolotti, “Mmmhh, sììì’ che bello! Non vedo l’ora che me li infilate dentro, tutti li voglio ‘sti cazzi super, pure le palle!!!”

I suoi stalloni non si erano fatti pregare: inginocchiatisi alle estremità opposte del lettino, uno di fronte all’altro con i cazzi in resta, l’avevano guardata in silenzio, sogghignando, mentre si masturbavano con studiata lentezza per tenersi in tiro. La signora Marina si era girata verso di loro, dandomi le spalle. Lentamente, si era sfilata il camice lasciandolo cadere in terra, seguito da slip e reggiseno, restando completamente nuda tranne un filo di perle e la cuffietta bianca sui capelli severamente raccolti a chignon: passandomi la lingua sulle labbra, mi stavo sparando una fantastica sega godendomi la visione del bel culone sodo su cui spiccava il triangolo bianco lasciato dallo slip sull’abbronzatura.

“Mi mettete allo spiedo, eh, sporcaccioni?!?” aveva sussurrato con voce roca mentre saliva sul lettino, inginocchiandosi in mezzo ai due giovani medici. Questi non avevano perso tempo: il dottor Crstian l’aveva afferrata senza tanti complimenti per la cuffietta, costringendola a piegarsi in avanti per ficcarle in bocca l’uccello che impugnava con l’altra mano; il suo amico dottor Riccardo aveva allungato il collo per godersi il pompino, tirandosi una sega, poi si era posizionato fra le cosce della troia messa a quattro zampe, sbattendole il cazzo sul culo a pizzo che ondeggiava al ritmo del bocchino.

“Mmmhh’ ggghh’ slurp, lap, lap! Che buono il tuo cazzo, Cris!” aveva mugolato Marina sfilandosi il pisello di bocca per riprendere fiato senza però smettere di leccarlo con gusto, intanto si era rivolta a Riccardo che le stava aprendo le chiappe per chiavarla da dietro: “Dài Ricky, sfondami con quel bastone, infilaci pure le palle nel culo, tutto lo voglio sentire, tutto!!!”.

“Ok, troiazza, eccoti soddisfatta!!” le aveva risposto il dottorino con la bava alla bocca per l’eccitazione, stringendola per i glutei e inculandola con un violento colpo di reni. Il gemito di piacere e di dolore della caposala era stato soffocato da Cristian che, afferratala nuovamente per lo chignon ormai disfatto, aveva ripreso a pomparle il cazzo in bocca.

Godevo come un porco, ero già venuto una volta restando sempre in tiro e continuando a farmi una stupenda segona con la mano appiccicata di sborra, divorando con gli occhi di fuori quella incredibile scena di cui cercavo di non perdere neanche un fotogramma. Tutta nuda, sudata e scarmigliata, il trucco disfatto e i capelli biondi sciolti sulle spalle con la seriosa cuffietta comicamente sulle ventitré, la signora Marina si dimenava scompostamente, stantuffata dai violenti colpi di cazzo somministratigli in perfetta sincronia dai suoi giovani e viziosi stalloni. Mentre mi masturbavo, mi godevo i particolari: le guance della sporcacciona deformate dal pisellone di Cristian sulle quali scorrevano lacrime di dolore e di piacere, le sue tettone ballonzolanti avanti e indietro contese dai due porci che la scopavano (uno ne titillava avidamente i lunghi capezzoli con la mano libera da sotto, l’altro si chinava ogni tanto sulla schiena di Marina mungendole il seno mentre la inculava), il cazzo tosto e nerboruto del dottor Riccardo che entrava e usciva con un lascivo risucchio dallo sfintere spanato della vacca’

“Succhia pompinara!! Dài, ciuccialo tutto, così’ aaahhh, che bello’ che gustooo!!! Come pompa bene ‘sta ciucciacazzi!!!”

“Forza, rottainculo, muovi ‘ste chiappe, così, brava’ lo senti il cazzo in pancia, eh?!? Diglielo a quel cornuto del maritino come ti piace prenderlo in culo, zoccola!!!”

Alle oscenità degli illustri accademici facevano eco i mugolii soffocati della caposala, impegnata a masturbarsi freneticamente con ambo le mani mentre fungeva da manicotto di carne ai tosti manganelli dei nostri superiori. Venimmo tutti insieme. Il dottor Cristian con un “Sborooooo!!!!” urlato con la faccia al soffitto: i primi fiotti di sborra avevano inondato la gola di Marina, poi il cazzo le era sgusciato di bocca mentre il giovane si accasciava all’indietro, schizzandole di sperma tutta la faccia e il petto. Il dottor Riccardo con un “E’ tutta tua, troia!!!” pronunciato con voce rotta dal piacere mentre sfoderava il cazzo dal culo di Marina e annaffiava la schiena della puttana schizzandola fin sui capelli. Infine, l’insospettabile caposala con un “Sììììì, goodoo!!! Mi piaceee, ooohh sssììì, dài, sporcatemi tutta’ tuttaaaa!!!!” mentre rantolava di piacere con gli occhi chiusi, la lingua di fuori e le dita in mezzo alle cosce, sbrodolandosi fra i sussulti dell’orgasmo. Dimenticavo il sottoscritto: avevo goduto con tale intensità da non accorgermi di aver imbrattato la vernice ancora fresca del muro di fronte a me! Ancora scosso, mi ero rapidamente ricomposto dopo essermi asciugato alla meglio. Ero poi tornato in fondo al corridoio e, schiaritomi la gola, avevo chiamato a gran voce la caposala, chiedendo se fosse lì perché il marito la aspettava all’entrata. Avevo udito un “S-s-sì, arrivo, vada pure!” urlato con voce acuta dall’interessata e subito dopo un bel trambusto provenire dalla stanza in cui avevo spiato fino a poco prima. Sorridendo avevo atteso, figurandomi la scena: i due smidollati che si ricomponevano velocemente cercando di darsi un contegno, imprecando a denti stretti, e l’austera caposala che saltava nuda dal lettino e tra un “Oddio, che scandalo!!” e un “Cielo, mio marito!” raccoglieva freneticamente camice e biancheria intima, rivestendosi alla bell’e meglio mentre con una salviettina igienica cercava di ripulire la pelle liscia e abbronzata dalla sborra con cui era stata copiosamente innaffiata . Avevo poi raggiunto nuovamente Loredana e il cornuto nella hall, ancora deserta a parte loro due.

“Beh, l’hai trovata finalmente? Ma quanto ci hai messo?!?” mi aveva accolto Lory, visibilmente scocciata di aver dovuto intrattenere il cervo per tutto quel tempo.

“Arriva, arriva!” avevo risposto sorridendo, poi rivolgendomi al cesto di lumache che mi guardava con un sorriso placido “Sua moglie è tanto impegnata, sa? Non si riesce a staccarla dalla clinica, con tutto quello che ha da fare'” Il cornutone aveva annuito, sollevando le sopracciglia come per dire “Eh sì, la conosco bene'”. Poi si era illuminato, abbracciando scodinzolante come un cagnolino la consorte che, nel frattempo, era arrivata trafelata e ansante, ancora in camice ma senza cuffietta (ahi, ahi!), capelli sciolti e profonde occhiaie scure da “troppo lavoro”‘

“Ciao caro, scusami se ti ho fatto aspettare, ma ero con dei dottori a discutere l’arredamento della nuova ala appena finita’ I bambini sono in macchina? Non vedo l’ora di abbracciarli, finalmente stiamo insieme questo fine settimana’ Su, sbrighiamoci, non mi sono neppure cambiata per far presto! Arrivederci a tutti, ci vediamo lunedì!” Ritrovato il piglio autoritario dopo le umiliazioni subite con insospettabile piacere dai suoi stalloni in camice, la signora Marina aveva letteralmente sospinto fuori il marito, senza smettere di chiacchierare con voce acuta e petulante.

“Certo che quel tizio è proprio fortunato ad avere una moglie come la caposala: lavora come un’ossessa, ma porta anche a casa bei soldini'” aveva commentato Lory, guardandoli uscire.

Avevo sorriso, pensando che il dottor Cristian e il dottor Riccardo erano considerati da tutti i futuri titolari della clinica: offrendo le sue generose grazie alle voglie dei due giovani viziosi, la signora Marina aveva davanti a sé una luminosa carriera’

“Già”, avevo risposto mentre guardavo allontanarsi l’auto con l’allegra famigliola, “è proprio fortunato!”.

Leave a Reply