Skip to main content
Racconti di DominazioneRacconti Erotici

I RACCONTI DELL’AVVOCATO: uno sconto in fattura ed un incidente del cazzo

By 27 Febbraio 2023No Comments

Per suggerimenti, critiche o altro, potete contattarmi a: fabridm77_2022@libero.it
cerco inoltre una donna scrittrice con cui impostare un racconto “a due mani”, se ci fosse qualcuna interessata…potremmo parlarne!

“avocato, ma non es un poquito tropo?” mi chiese la Sig.ra M. con un eccitante accento sudamericano.
Sbuffai, perché va bene l’accento sudamericano, ma onestamente non ne potevo più di dover sempre discutere con tutti sui soldi.
Guardai la parcella che avevo fatto alla cliente, che era seduta davanti a me nella sala di ricevimento dello studio, con le gambe accavallate e la camicetta sbottonata in modo da far intravedere il reggiseno.
“signora” le dissi per la centesima volta “la parcella è stata fatta secondo le tabelle ministeriali, le ho già fatto un po’ di sconto, poi occorre anche considerare che grazie al sottoscritto un po’ di soldini se li è messi in tasca, no? Soldi che, aggiungo, non è che le erano proprio dovuti, no?” conclusi, a ricordarle che il risarcimento che le avevo fatto prendere dall’assicurazione in seguito ad un incidente era frutto del mio sapiente utilizzo di testimoni e documenti falsi.
Nessun rimpianto e nessuna remora, perché rubare alle assicurazioni non dovrebbe essere considerato reato, quanto un comportamento meritorio, trattandosi di una equa redistribuzione della giustizia.
“si si lo comprendo” riconobbe lei “pero… questi soldi mi servono proprio, non potrebbe aiudarme ancora un po’?”
Mi guardò.
“opure troviamo altra soluzione per pagare…” concluse ammiccante, mettendo il petto in fuori e sporgendosi verso di me.
La M. era una bella figa del sud America, credo venezuelana, venuta in Italia sposando un pollo che aveva ovviamente lasciato non appena presa la cittadinanza, e campava abbastanza bene perché oltre all’assegno mensile che prendeva dal predetto pollo, si era anche fatta aprire un centro di estetica, che fra alti e bassi stava però resistendo sul mercato.
Era anche una donna di una certa classe, si era vestita molto elegante per venire da me e, anche se alcuni tatuaggi che lasciava intravedere denotavano una origine non proprio illibata, nel complesso si presentava bene e non avrebbe sfigurato a mio fianco in nessuna occasione.
Me la aveva mandata un comune amico, noto puttaniere della città, con cui avevo trascorso alcune belle serate.
“non è propriamente una puttana” mi disse al telefono “ma non è nemmeno una santarellina ed ogni tanto qualche scopata per avere qualche soldo in più se la fa volentieri”.
Ripensai a quella chiamata e guardai la M., che continuava a sorridere ed ammiccare.
“e che soluzione proporrebbe?” chiesi stando al gioco.
“non se, lei ha qualche idea?” rispose maliziosa.
La guardai meglio e decisi di stare al gioco: uno sconto di denaro in cambio di figa non è mai una brutta idea.
“guardi che posso essere molto esigente” le dissi.
“ah si?” rispose
Mi alzai, andai verso di lei e la sollevai dalla sedia, ammirandole platealmente il culo ed il seno.
“si” confermai, passandole le mani sul corpo.
Lei si strofinò su di me, ma la bloccai subito.
“vai contro la finestra” ordinai.
“ma avvocato…” fece finta di protestare
“se vuoi lo sconto, e sottolineo la parola sconto, devi fare come ti dico. Altrimenti, 3500 erano e 3500 restano” le spiegai deciso.
Fece un paio di smorfie, poi si mise contro la finestra, guardandomi con aria di sfida: la faccenda si faceva interessante…
“togliti la camicetta e fammi vedere le tette” ordinai.
“non c’ è nesuno qui verdad?” mi chiese titubante.
“si si tranquilla sono tutti andati a casa” risposi sperando fosse vero.
La M. eseguì allora l’ordine, togliendosi l’indumento con movenze sensuali e restando solo col reggiseno, che si tolse non appena mi vide annuire.
“les gustan?” mi chiese prendendosele nelle mani e leccandosi i capezzoli.
Aveva due tette magnifiche, in effetti: una quarta abbondante, che lei mi aveva detto fossero naturali ma che si vedeva palesemente che erano rifatte, con due curiosi tatuaggi tribali che scendevano dalle spalle e finivano proprio sopra i seni.
“girati e mettiti a novanta gradi” ordinai.
Lei sospirò, poi si girò e, appoggiandosi con le mani sul vetro, spinse il culetto in fuori.
“alzati la gonna” ordinai.
Sempre con movenze sensuali, la M. si sollevò la gonna, rivelando un bel perizoma blu scuro, dello stesso colore del reggiseno: non aveva un culetto perfetto, forse era un po’ abbondante, ma nel complesso non ci si poteva proprio lamentare, anzi! L’impressione era che quel culo avrebbe retto ad ogni assalto, così come la figa che si intravedeva dalla posizione in cui la M. era.
Restai in contemplazione, appoggiato alla scrivania, del fisico della mia cliente, che percependo il mio sguardo aveva iniziato a muoversi e a fremere, immagino pregustandosi quello che sarebbe capitato dopo; mi accorsi anche di un altro tatuaggio, che aveva proprio sotto la schiena e appena sopra al sedere, anche questo un tribale che mi sembrava raffigurasse una specie di freccia che indicava appunto quello che c’era sotto.
Mi avvicinai a M. e le misi un dito in bocca, che iniziò avidamente a ciucciare.
“adesso vediamo di esplorare un po’ questi territori, eh?”
Tolsi il dito dalla bocca e lo appoggiai sull’ano, poi iniziai ad inserirlo piano piano, finché non fu tutto dentro ed allora iniziai a muoverlo su è già nel suo culetto; con l’altro dito presi a stuzzicargli la fighetta, che nel frattempo si stava bagnando a dovere.
“avvocato, pero che fa?” mi chiese finta ingenua col suo accento sudamericano che tanto mi stava eccitando.
Non le risposi, ma la girai e la misi accovacciata davanti a me.
“succhiamelo per bene, vediamo se voi venezuelane siete brave!” le ordinai togliendomi il cazzo già barzotto dai pantaloni.
“soy colombiana!” protestò
“frega un cazzo” risposi, mettendoglielo davanti e spingendo la sua testa verso il mio pisello.
Lei aprì la bocca ed iniziò a lavorarselo, prima leccandolo tutto poi succhiandolo per bene: la M. aveva una bocca calda ed accogliente, avvezza al lavoro che stava facendo perché se lo prendeva senza problema alcuno tutto dentro.
Glielo lasciai succhiare per un po’, poi le tenni ferma la testa ed iniziai a scoparla in bocca: mi è sempre piaciuto farlo e non vedevo motivo alcuno per non sfruttare la M. in questo modo, del resto lo sconto in fattura doveva guadagnarselo no?
Visto che la M. non solo non protestava ma anzi sembrava a suo agio, continuai a scoparmela senza pietà alcuna in bocca, infilando tutto il mio cazzo nella sua gola e, una volta dentro, muovendomi con forza, poi toglievo il cazzo, la lasciavo respirare e dopo glielo rimettevo tutto dentro, ripetendo l’operazione per un paio di volte.
La M. tossì ed ansimò, ma non mi bastava, così la sollevai e la misi sulla scrivania, di schiena di modo che la testa fosse leggermente fuori dal bordo della scrivania.
“lo vuoi lo sconto?” chiesi “allora succhiamelo per bene”
La M. si avventò sul mio cazzo che le avevo avvicinato alla bocca, poi ripresi a scoparla in bocca in quella posizione: in questo modo il cazzo entra tutto in gola, in profondità, e la donna non ha possibilità alcuna di sottrarsi ai sapienti colpi che le arrivavano.
Nel mentre che la scopavo, le toccavo le tette e la figa, schiaffeggiandole entrambe quando ne avevo voglia.
La M. un po’ mugulava, un po’ gemeva, un po’ po’ ansimava, un po’ sputacchiava, ma nel complesso stava reggendo tutti i colpi che riceveva.
Tolsi il cazzo grondante della saliva della cliente e mi girai di schiena, di modo che il mio culo fosse all’altezza della bocca della M.
“leccamelo per bene” ordinai.
“serà un buono sconto avvocato” disse la M., aprendomi le chiappe ed iniziando a lavorare di lingua sul mio ano, prima leccandolo ai bordi, poi infilando sempre più in profondità la lingua dentro, per poi appoggiarci un dito.
Visto che stavo zitto, la M. inserì il suo dito nel mio buco del culo, muovendolo prima piano poi sempre più forte, e accompagnando il tutto con sapienti ed utili leccate.
“si cosiii” quasi urlai.
Poi mi tolsi, la presi e la girai sulla scrivania, di modo fosse seduta sul bordo della scrivania, a gambe divaricate.
“Ora tocca a me” dissi gettandomi con voracità sulla sua figa bella bagnata.
Gliela leccai tutta, poi quando avevo il cazzo molto duro, mi misi in piedi e la penetrai in profondità, affondando il cazzo nella sua figa con ritmo e velocità.
La M. godeva come una cagnetta in calore, sollevandosi di tanto in tanto con le mani e guardandomi fisso negli occhi per dirmi qualche sconceria in spagnolo, di cui capivo benissimo il senso ed apprezzavo.
Le tette della M. si muovevano al ritmo dei miei colpi ed io ero quasi al limite, ma a lei non bastava perché, ad un certo punto, tolse le gambe dai miei fianchi per mettermele intorno al collo, sollevando il bacino e permettendomi così di continuare a scoparla in profondità e con soddisfazione.
“metimelo nel culo avocato” mi intimò.
La posizione non era delle più comode, ma riuscii dopo qualche tentativo a trovare la seconda entrata e ficcarglielo dentro, dopo aver spinto e forzato un po’ di più di quello che mi aspettavo.
“te piace il culo colombiano avocato?”
“molto” confermai, aumentando la velocità di penetrazione.
La M. si godeva l’inculata ed anche io apprezzavo la posizione, i piedi intorno al collo la costringevano ad inarcare i fianchi proprio verso il mio cazzo, che apprezzava lo sforzo ed entrava duramente dentro il culetto ormai aperto della cliente.
Poi volli strafare.
Non contento, invece di venire e chiuderla lì, decisi di scoparmela anche a pecorina, che era e sempre sarà la mia posizione preferita.
Glielo tolsi dal culo, mi guardai intorno e presi una sedia, col senno di poi sbagliando perché aveva le ruote ed era abbastanza stretta, la appoggiai al bordo della scrivania, poi afferrai la M., le feci appoggiare le ginocchia sulla sedia e le mani sulla scrivania e, dopo aver goduto della mirabile vista che mi si parava davanti, le infilai il cazzo dentro il culo, incurante delle sue perplessità.
La M. non aveva grande mobilità in quella posizione, per cui da dietro la penetravo come meglio volevo, accarezzandola su tutto il corpo e facendo presa sul bacino con le mani.
Però, dopo un paio di colpi troppo forti che la fecero gridare, provai a mettere una gamba sul bracciolo della sedia, che a causa delle ruote si mosse improvvisamente, facendomi perdere l’equilibrio; cercai di compensare reggendomi sul corpo della M. che, sorpresa, non riuscì a tenersi alla scrivania e, sempre per colpa di quelle cazzo di ruote, partì abbastanza velocemente verso destra, dove centrò in pieno una cazzo di pianta messa lì da qualche idiota e cadde rovinosamente a terra.
Ci fu un rumore assordante, che richiamò subito l’attenzione di tutti quelli che erano rimasti in studio, ovvero e per mio grande culo solo la R., fidata segretaria che entrò nella stanza e, vide la M. stesa a terra mezza nuda e dolorante nel sedere, io col cazzetto di fuori e una pianta rotta.
“secondo me è rotto” mi disse non appena vide il mio cazzo.
“come rotto?” piagnucolai
R. scosse la testa ed andò verso M.
“non voglio sapere” disse non appena mi vide aprire di nuovo bocca.
Fece alzare la M., la aiutò a vestirsi ignorando le scuse di quest’ultima e la accompagnò all’uscita.
“e la parcella?” provai a chiedere io quando la vidi andar via.
Mi beccai una serie di insulti, mezzo in italiano mezzo in spagnolo, ed un eloquente dito medio.
R. scosse la testa, poi mi lasciò col mio cazzo moscio, forse rotto, e la sensazione di essere veramente l’ultimo dei cretini.

Leave a Reply