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Galeotta fu la spiaggia nudista

By 5 Dicembre 2023No Comments

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GALEOTTA FU LA SPIAGGA NUDISTA

Alla fine Sofia mi aveva convinto a provare l’esperienza nudista.
La cosa non mi appassionava affatto, anzi ne avrei fatto volentieri a meno: un po’ perché la sola idea di stare nudo in mezzo a tanti sconosciuti di tutte le età mi imbarazzava e disgustava, un po’ perché non avevo un fisico davvero invidiabile e mi sarei sentito a disagio con gente sicuramente più prestante. Però Sofia aveva trovato un paio di argomenti sufficienti a farmi cedere: conosceva, per sentito dire di alcuni amici, una spiaggetta poco frequentata, e se fossimo andati lì in un giorno infrasettimanale ci sarebbero state ancora meno possibilità di incontrare qualcuno.
Per tutta la durata del tragitto in macchina rimasi silenzioso, inquieto. Sofia invece era tranquilla, serafica, con un perenne sorrisetto soddisfatto stampato in volto. A un certo punto mi dissi che forse mi stavo facendo troppi problemi e cercai di rilassarmi, di pensare che in fondo andavamo solo a prendere il sole e fare il bagno senza vestiti, nulla di più. Nel caso ci fossero stati altri bagnanti, avrei fatto finta che non esistessero. Semplice.
Arrivati alla spiaggia in questione, i miei timori cominciarono a svanire. Era mattina inoltrata, ma non c’era praticamente nessuno, proprio come aveva detto Sofia, e poi il posto era stupendo, l’acqua era limpida e calma e la sabbia finissima. Sistemammo i teli, poi ci spogliammo.
Nonostante non fosse certo la prima volta che vedevo la mia ragazza nuda, quello spogliarello in mezzo alla natura ebbe l’effetto di ipnotizzarmi. Sofia è stata benedetta dalla natura con un fisico a dir poco stupendo, pieno di curve al punto giusto, con un culo alto e sodo e un’abbondante terza di seno. A volte mi chiedo come sia finita con uno come me, senza muscoli e con un lieve accenno di pancetta, ma poi mi dico che non serve a niente perdersi in certi pensieri e che sono l’uomo più fortunato del mondo.
«Adesso non fai più storie, eh, Mattia?» mi fece lei.
Sulle prime non capii, poi lei indicò in basso e mi accorsi che il mio membro – di dimensioni normali, nulla di che, ma lei non ha mai avuto problemi al riguardo – era diventato duro.
«Forse dovrei rimediare» continuò lei.
Feci per protestare, ma quando le sue dita mi avvolsero il cazzo non trattenni un gemito e la lasciai fare. Non mi preoccupavo nemmeno che qualcuno potesse vederci in quella situazione, da bravo uomo arrapato quando mi toccano il cazzo non capisco più nulla. La mia ragazza sa come darmi piacere con qualsiasi parte del suo corpo e anche in quell’occasione non ci mise molto a farmi esplodere; poi, senza dire nulla, mi rivolse un’occhiata lasciva e si diresse ancheggiando sensualmente verso l’acqua, per darsi una ripulita sicuramente ma soprattutto per concedersi una bella nuotata. E io ovviamente la seguii.
Non sono mai stato un gran nuotatore, quindi dopo un po’ la lasciai libera di andare al largo a fare qualche bracciata e rimasi nell’acqua più bassa ad ammirare la mia splendida nereide. Dopo poco sentii delle voci e mi voltai verso la spiaggia: otto schiamazzanti ragazzi, che a occhio e croce potevano avere dai venti ai venticinque anni, erano spuntati come dal nulla e si stavano sistemando accanto alla nostra postazione. Un brivido corse lungo la mia schiena al solo pensiero che vedessero me e soprattutto Sofia nudi. E se la… no, non siamo nel Far West, mi dissi, non si sarebbero messi a stuprarla di punto in bianco. Al massimo avremmo dovuto incassare qualche commento volgare, qualche apprezzamento sulle sue tette e sul suo culo, ma nulla di più. Almeno avrei avuto la scusa per evitare qualsiasi futura esperienza di nudismo.
«Abbiamo visite, vedo»
Mi voltai verso Sofia, che mi aveva appena raggiunto alle spalle. Non le dissi nulla, sapevo già che se avessi aperto bocca avremmo finito per litigare perché era stata lei a voler venire in spiaggia. La mia ragazza dal canto suo si limitò a dire: «Andiamo, su! Di certo non mordono!» e poi si diresse verso la riva.
La segui ancora, non volevo lasciarla completamente sola in mezzo a otto ventenni arrapati. Una volta a riva uno dei ragazzi si avvicinò a noi, sorridendo con aria cordiale. A quel punto potevo vedere che aveva un fisico davvero scultoreo e una rapida occhiata ai suoi amici mi fece capire che non era il solo. Dovevano essere forse membri di una squadra di calcio o di qualche altro sport, o magari dei semplici cultori della palestra… di certo, in confronto ai loro imponenti pettorali e alle loro tartarughe scolpite, il mio fisico da maratoneta di serie tv era poca cosa. Ma il confronto più inclemente era quello tra il mio pisello e le loro nerchie: nonostante fossero a riposo, era chiaro che una volta erette avrebbero superato abbondantemente quello che mi ritrovo tra le gambe.
«Ciao» ci salutò intanto il tizio. «Io mi chiamo Mario»
Ci presentammo, Sofia con altrettanta cordialità, io con un tono molto meno amichevole, anche se il tizio non sembrò percepire la mia ostilità. Gli altri sette palestrati lo seguirono a ruota, anche se non riuscii a memorizzare tutti i nomi e mi limitai a stringere le loro mani ripetendo il mio. Avevano strette forti, anche se sospettai che ci mettessero un po’ di forza in più per farmi sentire inferiore, per umiliarmi; quando strinsero la mano di Sofia, invece, sembrarono così delicati. Quello che si chiamava Astolfo – questo almeno lo ricordo, sarà perché è un nome così inusuale – si esibì pure in una sorta di baciamano, tra le risate dei compagni e soprattutto della mia ragazza.
«Se creiamo disturbo possiamo spostarci» disse ancora Mario. «Non vorremmo mettervi in imbarazzo…»
«Ma no!» replicò Sofia, mentre io constatavo con una certa apprensione che non si faceva il minimo problema a stare con le tette e la patata al vento di fronte a quei maschioni. Dovevo preoccuparmi?
«Che ne dite di una partitella a beach volley?» propose uno dei ragazzi. «Non abbiamo la rete, ma possiamo comunque tracciare le linee sulla sabbia»
Non sono mai stato uno sportivo e Sofia lo sapeva, visto che disse prontamente: «A Mattia non piace la pallavolo, quindi saremmo dispari…»
«Neanch’io ho voglia di giocare» replicò uno dei ragazzi. «Quindi sareste comunque pari»
Volevo intervenire per dir loro di lasciarci in pace, ma tutto quello che riuscii a fare fu lanciare un’occhiata di disapprovazione a Sofia, che per tutta risposta mi ignorò bellamente. Sconsolato mi diressi verso i nostri teli, mi ci siedo e mi rassegnai a osservare la partita in silenzio, sperando che quel calvario finisse presto. Ne approfittai anche per sgranocchiare qualche snack, il nervosismo mi mette appetito.
Sofia non se la cavava male a pallavolo, dovevo ammetterlo. Il problema è che a ogni minimo movimento le sue tette ballonzolavano in maniera a dir poco ipnotica e il mio sguardo non era l’unico a fissarsi su di esse. Il ragazzo che non giocava, intanto, decise di sedersi accanto a me. Almeno ebbe l’accortezza di chiedermi: «Posso?» prima di posare le sue terga sul telo che avevo steso prima per la mia dolce metà.
Devo ammettere che all’inizio la sua compagnia non mi dispiacque affatto. Parlando del più e del meno, scoprii che si chiamava Aldo e che non era un ammasso di muscoli senza cervelli, ma uno studente d’ingegneria che nel tempo libero suonava in una band rock. Quasi quasi inizia a starmi simpatico, pensai tra me e me. Peccato che subito dopo rovinò tutta l’ottima impressione fatta fino a quel momento commentando: «Certo che la tua ragazza ha proprio delle belle tette… senza offesa… non sai quanto ti invidio, chissà quante spagnole ti fa…»
Ero scioccato. Non so se fosse peggio la naturalezza con cui ha parlato dei seni della mia donna o il fatto che avesse dato per scontato che Sofia facesse certe cose.
E rincarò pure la dose: «Chissà cosa ci fai con quel culo, invece…»
Ora è troppo, mi dissi. Feci per aprire bocca, ma con la coda dell’occhio vidi che uno dei ragazzi in squadra con Sofia si chinava su di lei e le sussurrava qualcosa nell’orecchio, facendola ridacchiare divertita. Non ci sarebbe stato nulla di male, se non fosse che chinandosi sfiorò la coscia di lei col proprio membro moscio e l’espressione che assunse Sofia fu tutt’altro che disgustata o infastidita!
Feci per alzarmi, ma Aldo mi afferrò un braccio. «Rilassati e non fare il geloso, offenderesti tanto noi quanto la tua ragazza»
A malincuore obbedii e tornai a osservare la partita. Aldo non aveva tutti i torti. Sofia in tutti questi anni non mi aveva mai tradito né mi aveva dato modo di sospettarlo. Se fossi piombato lì in mezzo facendo una scenata avrei rischiato di giocarmi il suo amore per sempre. Dovevo avere fiducia.
Entro breve avrei scoperto che la mia fiducia in Sofia era mal riposta.
La partita di beach volley improvvisato si concluse poco dopo con la vittoria della squadra di cui faceva parte Sofia. La ragazza trotterellò trionfante verso di me, facendo ondeggiare i morbidi seni, e quando mi raggiunse disse con un non so che di tenero e di infantile: «Abbiamo vinto, hai visto, tesoro?»
«Sì, ho visto» le risposi.
Avevo anche visto il cazzone di uno dei palestrati contro la sua coscia e lei che lo lasciava fare, ma non dissi nulla per non rovinare l’atmosfera. Non dissi nulla nemmeno quando gli altri sette piselloni decisero di avvicinarsi alla nostra postazione, trascinando borse e teli da mare in modo da stare tutti vicini, anche se avrei voluto volentieri mandarli al diavolo e andarmene. Non che sia un tipo asociale, sia chiaro, ma un conto è fare amicizia con gente interessante, un altro intrattenersi con un branco di cazzoni arrapati e cerebralmente ancora adolescenti.
Nei minuti seguenti nacque spontaneamente una conversazione tra di noi, o meglio tra gli otto ragazzi e Sofia, perché io partecipavo poco e niente, perso nei miei pensieri e poco interessato a quelle chiacchiere. La mia ragazza era cordiale con tutti, rideva alle loro battute – per lo più idiote, almeno quelle a cui badai – e parlava del più e del meno.
Poi, dal nulla, uno dei palestrati tirò fuori un commento sul fisico di Sofia: «Sai che sei molto bella? Hai un corpo perfetto. Il tuo ragazzo è proprio un bastardo fortunato!»
La mia ragazza incassò il complimento sorridendo con aria civettuola.
«Dovresti fare la modella» continuò il ragazzo. «O l’attrice»
«Sì, l’attrice porno!» aggiunge Mario, il ragazzo che si era presentato per primo e uno dei pochi di cui ricordassi il nome.
A quelle parole io sgranai gli occhi, poi cercai lo sguardo di Sofia e scoprii con un certo raccapriccio che lei non solo non era indignata, ma sorrideva pure con soddisfazione! E visto che non c’è il due senza il tre, disse anche: «Nemmeno voi siete messi male, però…»
«Dici?» Mario fece il finto tonto.
Sofia ridacchiò con aria birichina. «Beh, dico che ce l’avete moscio ed è già bello grosso, così, a prima vista… immagino che da duro sia ancora più lungo…»
Non potevo crederci! La mia ragazza parlava dei cazzi di altri uomini con una tale naturalezza, come se stesse commentando il tempo atmosferico! Non era certo una verginella, ma non avrei mai creduto possibile sentirla fare certi discorsi, con me presente per giunta!
Gli otto ragazzi, invece, sembravano spronati a osare ancora di più dal comportamento della mia donna. Uno di loro si alzò di scatto in piedi e disse, con fare tracotante: «Se vuoi ti faccio vedere com’è da duro»
Era troppo, dovevo intervenire. Esclamai: «Eh no, questo è troppo!» ma Sofia mi pose la mano sinistra sulla coscia, come a dirmi tacitamente di stare calmo, e abbassò lo sguardo sul membro che il ragazzo stava iniziando a menarsi, per farselo venire duro. Eh sì, invece di darmi ragione, la mia ragazza preferiva vedere un perfetto sconosciuto che si segava davanti a lei!
Eppure, se devo essere sincero, c’era qualcosa di eccitante in tutta quella situazione. Per una frazione di secondo, trovai meno sgradevole del previsto l’idea che la mia ragazza potesse… ma no, cosa mi veniva in mente? Ero un depravato? Ero uno di quei deviati che godono nel vedere la propria compagna scopata da un altro?
«Sofia, andiamocene…» feci per dire, ma lei nemmeno mi degnò di uno sguardo.
Fissava lo scettro di carne davanti a sé in estasi, come se stesse assistendo a un miracolo. E in effetti un cazzo di 30 centimetri – perché tanto era lungo da eretto – si può considerare un miracolo che non si vede tutti i giorni. Persino io fui per qualche secondo ipnotizzato da quell’asta così perfetta, sotto cui penzolavano due testicoli perfettamente depilati, pieni e sodi.
«Bello spettacolo, vero?» incalzò il palestrato, rivolgendosi a Sofia ovviamente. E un attimo dopo le rivolse la fatidica domanda: «Vuoi toccarlo?»
Invece di rispondere subito, la mia ragazza cercò il mio sguardo. Non disse nulla, si limitò a fissarmi intensamente negli occhi. Capii che era eccitata ma non avrei saputo dire se era merito maggiormente della prestanza di quei ragazzi o del semplice brivido della trasgressione, visto che ci trovavamo in un luogo pubblico, per quanto deserto. Dopo un paio di secondi arrivò la fatidica risposta: «Sì, fammelo toccare»
Mi sentii il cuore esplodere, non so se di gelosia o di eccitazione o di chissà quale altro sentimento, poi iniziò a battere all’impazzata. Sofia si alzò in piedi, colmò la distanza che la separava dal ragazzo col cazzo eretto e avvolse le sue dita affusolate intorno a quell’asta di carne pulsante, per poi farle scorrere lentamente su e giù. Per il momento più che masturbarlo sembrava stesse esplorando col tatto la sua nerchia, e intanto lo fissava dritto negli occhi con un’espressione che le avevo visto fare solo raramente e solo quando eravamo a letto, nei momenti in cui era più eccitata. Anche Aldo si alzò in piedi e allungò una mano verso le sue natiche, per palpargliele sotto i miei occhi gelosi e increduli, e altre mani pensarono di occuparsi del suo seno.
Feci appello a tutto il mio orgoglio e scattai in piedi, deciso a fermarli. Mario mi si parò di fronte. Non feci in tempo a fermarmi e andai a sbattere contro quella montagna di muscoli, per poi finire indietro col culo per terra, umiliato ancora una volta.
«Adesso stai lì a guardare, pisellino» mi disse con un tono perentorio. «Ci prenderemo cura di Sofia, tranquillo»
Digrignai i denti e spostai lo sguardo nuovamente su Sofia, appena in tempo per vederla inginocchiarsi sulla sabbia e prendere in bocca il membro del ragazzo che si era masturbato. Provai ad alzarmi ancora, ma questa Mario mi afferrò per i capelli e mi costrinse in ginocchio.
«Perché devi rendere tutto così complicato, pisellino?» mi domandò, poi afferrò per la base il proprio membro, ancora moscio ma già enorme, e iniziò a schiaffeggiarmi con esso! Non erano certo sberle, del resto se ci avesse messo più forza si sarebbe fatto male lui, ma erano comunque colpi dolorosi per il mio orgoglio: non solo la mia ragazza stava spompinando uno sconosciuto, non solo sarebbe stata quasi sicuramente al centro di una gangbang, ma uno di quei ragazzi mi stava pure sbattendo il suo pisellone in faccia! E mentre lo faceva ci teneva ad informarmi di quanto stesse accadendo lì vicino: «La tua ragazza sta facendo una bella pompa a Roberto… succhia davvero bene, sai? E contemporaneamente riesce a menare i cazzi di Aldo ed Edoardo…»
«Schifosi pezzi di merda!» ringhiai. «Lasciatela stare!»
«Parli come se la stessimo stuprando!» replicò Mario, tra una pisellata in faccia e l’altra. «Invece lo sta facendo di sua spontanea volontà… vero, Sofia?»
Sofia non rispose verbalmente, ma emise un gemito soffocato piuttosto eloquente, di puro piacere. Evidentemente si stava godendo così tanto la pompa a Roberto che non voleva interromperla per rispondermi.
Per me, fu il colpo di grazia. Per gli otto ragazzoni, l’ennesima occasione per scoppiare a ridere, godendosi la mia umiliazione. Umiliazione che, tra parentesi, era solo iniziata, perché subito dopo Mario mi disse, con un tono deciso che non ammetteva repliche: «Adesso fai come la tua fidanzata, succhiami il cazzo!»
Lo fissai intontito, incapace di credere alle mie orecchie. La situazione stava prendendo una piega che non mi sarei mai aspettato e che decisamente non volevo prendesse. Io mettermi a succhiare il cazzo di un altro uomo? Ma dai! Dovevo ribellarmi, e magari liberare pure Sofia da quella selva di cazzi!
Quando feci per oppormi, però, Mario replicò ancora, col solito tono autoritario: «Non temere, non sono un frocio… anzi, dopo che me l’avrai succhiato per bene farò personalmente il culo a quella troia… ma lei è da sola, noi siamo otto, non può prendersi cura di tutti i nostri uccelloni e tu da bravo fidanzato devi darle una mano. E poi mi sembra chiaro che il tuo posto sia questo, in ginocchio, a succhiar cazzi!»
Cercai lo sguardo di Sofia. Stava spompinando Astolfo con passione, mentre menava altri due cazzi con la professionalità degna di una pornostar o di una puttana consumata. Tuttavia interruppe volentieri la fellatio, questa volta, per dirmi con un tono in parte autoritario e in parte sorprendentemente dolce: «Dai, tesoro, fai come dice… condividiamo questa esperienza insieme…»
Non stavo capendo più nulla. So solo che istintivamente aprii la bocca e Mario ne approfittò per spingermi tra le labbra la cappella e i primi centimetri di quel palo di carne ancora moscio. Lo sentii crescere rapidamente, farsi sempre più duro, sempre più lungo… stavo succhiando il cazzo che avrebbe violato l’ano della mia dolce metà, ed era solo la prima di tante umiliazioni della giornata.
Il giro di pompini durò parecchio, ma nessuno venne. Ognuno se lo fece succhiare sia dalla mia ragazza sia da me, anche se era chiaro che nel mio caso lo facevano per godersi la mia umiliazione, più che per la mia bravura. Del resto non avevo mai succhiato un cazzo prima d’allora, non avevo esperienza, e non avevo nemmeno la voglia di impegnarmi; eppure una parte di me, una parte che non avrei mai creduto potesse esistere, si stava eccitando per quel trattamento e il cazzo duro e pulsante che mi ritrovavo tra le gambe ne era la prova. Benché fosse un uccello nella norma, era comunque poca cosa rispetto ai pali di carne dei palestrati, sicché l’epiteto “Pisellino” finì presto sulla bocca di tutti.
A un certo punto, Mario decise che era giunto il momento di passare alla fase successiva e mi disse, col solito tono autoritario e perentorio: «Spero tu non ci abbia preso troppo gusto a succhiare i nostri cazzi, perché adesso devi leccare il culo della tua troia… devi prepararglielo per bene, così possiamo scoparcelo senza farle male»
Sofia si sistemò a quattro zampe sui teli da mare stesi sulla sabbia, mentre uno dei ragazzi le divaricava le gambe scoprendo il suo buchetto. Sospirai rassegnato ma obbedii, mettendomi carponi dietro di lei e leccando quell’orifizio di cui avevo goduto già tante volte, ma di cui adesso avrebbero goduto otto stalloni. Mi sembrava anzi giusto essere io a preparare il culo della mia dolce metà dopo aver succhiato i cazzi che l’avrebbero posseduto: almeno partecipavo attivamente alla gangbang invece di rimanere in disparte.
Dopo un po’, infilai la lingua nello stretto buchino, mentre non si contavano gli epiteti ingiuriosi che piovevano addosso a me e a Sofia: io ero il succhiacazzi, il leccaculo, il cornuto col cazzetto, lei era la troia da sfondare, la baldracca, la puttana affamata di cazzi. Io li lasciavo parlare, un po’ perché avrei dovuto interrompere quello che stavo facendo per controbattere, un po’ perché non avevano tutti i torti su entrambi. Stavo scoprendo un lato di Sofia totalmente inaspettato e sarà stata la rassegnazione, sarà stata l’eccitazione, gradualmente cominciava a non dispiacermi.
A un certo punto, mi sentii afferrato per i capelli e costretto a ritrarmi. Sentii la voce di Mario: «Hai leccato abbastanza, miserabile succhiacazzi!» e un attimo dopo lo vidi puntare il suo cazzone di trenta e passa centimetri contro l’ano di Sofia.Volli rimanere in quella posizione, accucciato dietro i due, per vedere meglio la sua cappella che violava lo sfintere, poi la sua asta che centimetro dopo centimetro si spingeva dentro. Sofia emise un lungo rantolo di piacere, mentre Mario si lasciò andare a un gemito sonoro, bestiale, solo quando i suoi testicoli batterono contro la fica di Sofia.
A quel punto iniziò l’inculata: dapprima lenta, per far abituare la mia ragazza a quell’ingombrante presenza; poi rude, selvaggia, vigorosa. Da quella posizione non potevo vedere le tette né il volto di Sofia, ma potevo immaginare che le prime stessero ballonzolando vigorosamente a ogni affondo e che il secondo fosse contratto in una smorfia di piacere, anche perché i gemiti che la mia ragazza emetteva con cadenza quasi perfettamente regolare erano di puro piacere, non certo di dolore o di fastidio.
«Oh sì, sbattimelo tutto in culo, rompimi il culo!» cominciò a incitare a un certo punto. «Fammi il culo, avanti! Così, con forza! Fammi sentire com’è un cazzo extralarge!»
E Mario, dopo aver ulteriormente intensificato forza e velocità delle spinte, le rispondeva: «Ti sto sfondando il culo, puttana! Non riuscirai a sederti per un mese, quando finirò! Senti il mio bel cazzo duro che scorre nel tuo culo sfondato! Te lo infilo dentro fino alle palle!»
Le palle, in verità, battevano a ogni affondo contro l’intimità fradicia di Sofia, producendo un “ciap ciap” continuo e gradevole. Io ero come ipnotizzato da quella vista, ma all’improvviso Mario si ritrasse completamente fuori, lasciandomi ad ammirare inebetito l’ano dilatato della mia ragazza.
«Cazzo fai? Ti fermi?» sbraitò lei, fuori di sé dalla rabbia per l’interruzione di quell’inculata. «Rimettilo dentr… ohhh!»
Un altro aveva preso il posto di Mario. E anche lui, dopo una monta selvaggia, si ritrasse prima di venire lasciando il posto a un compagno. E così via, e così via. Come prima con la sua bocca, adesso ognuno si tolse lo sfizio di sfondare il culo di Sofia, ma tutti stettero attenti a non venire, come se volessero riservarsi l’orgasmo per il gran finale.
Sofia rimase carponi tutto il tempo, incassando un cazzo dietro l’altro. Non doveva essere una passeggiata, ma l’eccitazione e il piacere fisico superavano sicuramente la fatica e la stanchezza. Pur non toccandosi e pur prendendolo sempre e soltanto nel culo, venne almeno un paio di volte.
Concluso anche il giro delle inculate, Sofia venne fatta stendere a pancia in su, con le gambe divaricate. Ancora una volta Mario volle essere il primo: si inginocchiò tra le sue cosce, puntò il membro contro la sua fica e senza troppe cerimonie glielo ficcò dentro con un affondo deciso, non incontrando la minima resistenza in quel buco fradicio di umori.
«Guarda come si scopa davvero una donna, pisellino!» mi disse a un certo punto in tono di scherno e io incassai quell’ennesima offesa sospirando rassegnato ma anche guardandolo eccitato.
Questa volta il palestrato non volle trattenersi e dopo un amplesso di almeno cinque minuti – come cazzo faceva ad essere così resistente? – raggiunse l’orgasmo. Lo capii perché piantò tutto il membro nella passera di Sofia e smise di muoversi col bacino, mentre faceva riecheggiare nell’aria un gemito poderoso.
«Mi è venuto dentro…» mi disse Sofia, in tono estatico. «Tutto dentro… mi sento così piena di sborra…»
«Ed è solo l’inizio!» la avvertì Mario.
Poi, come se nulla fosse, si ritrasse e lasciò il posto ad Aldo. Ancora una volta, tutti e otto i ragazzi muscolosi si servirono uno dopo l’altro di un orifizio della mia dolce metà, la fica in questo caso, e tutti e otto vi svuotarono dentro le proprie palle. Era una fortuna che prendesse la pillola, ma a quei porci non sembrava importargliene molto, visto che nessuno chiese a Sofia se potevano farlo senza rischi. Quanto agli orgasmi, la mia fidanzata stavolta ne ebbe almeno il doppio rispetto a prima.
Quando anche l’ultimo del gruppo ebbe eiaculato nella fica di Sofia, tirai un sospiro di sollievo. Adesso sono soddisfatti e ci lasceranno andare, pensai. E invece no, l’incubo non era ancora finito.
«Adesso tocca a te scopare, succhiacazzi!» mi fece Mario. «Ti abbiamo preparato per bene la fica, entrerà sicuramente!»
Gliel’avevano preparata, eccome! Il mio cazzo non ebbe il minimo problema ad entrare, visto che già otto nerchie più larghe si erano fatte strada in quella passera. L’interno era traboccante di sperma altrui, il frutto di otto poderose sborrate. Se succhiare cazzi e vedere Sofia usata da quei porci era stato tutto sommato e inaspettatamente eccitante, sentire il mio pene che affondava in quel mare di seme era a dir poco rivoltante, ma non volevo dare ai miei torturatori la soddisfazione di vedermi frignare e cominciai a scopare la mia donna senza lamentarmi, senza lasciare trapelare il mio disgusto.
Gli otto palestrati osservavano quella scena con quei loro odiosi sorrisetti compiaciuti stampati in volto, in piedi ai lati di Sofia. Mi avevano umiliato su tutta la linea, avevano calpestato la mia virilità e il mio orgoglio, si erano scopati la mia ragazza in ogni orifizio. E non avevano ancora finito.
A un certo punto, un getto di calda urina partì dal cazzo di uno di loro e inondò i seni di Sofia. I suoi compagni lo imitarono presto, svuotandosi le vesciche sul petto, sul ventre, sulle gambe di lei così come si erano svuotati le palle nella sua fica. Nessuno puntò su di me, ma immancabilmente gli schizzi di piscio mi colpirono. Imperterrito continuai a stantuffare la fica della mia donna con sempre più vigore, sfogando in quel modo la rabbia che sentivo salire dentro di me.
Quando finalmente raggiunsi l’orgasmo, aggiungendo la mia sborra a quella di quegli otto porci, mi lasciai andare a un gemito liberatorio, poi scoppiai a piangere. Ormai non c’era più bisogno di trattenersi, mi avevano portato via qualsiasi residuo di dignità.
«E’ tardi, noi andiamo» annunciò a quel punto Mario, come se nulla fosse. «Noi veniamo spesso qui, quindi… ci si vede»
E se ne andarono così, senza nemmeno degnarsi di aiutare la mia ragazza a ripulirsi dalla stessa urina con cui l’avevano sporcata. Io rimasi inginocchiato sul telo, come in uno stato catatonico. Non versavo più nemmeno lacrime. Sofia invece si tirò su a fatica, stremata dopo tutto quel sesso, e andò a darsi una bella ripulita.
Mi riscossi dal torpore in cui ero caduto quando sentii la mano della mia donna sulla spalla.
«Tesoro…» mi disse, con un tono tenero. «Mi dispiace se sono andati un po’ troppo oltre…»
Un po’ troppo oltre… le avevano farcito la fica di sborra come un bignè, mi avevano costretto a infilare il cazzo in mezzo a quello schifo e alla fine le avevano pisciato addosso! E lei non si era opposta, li aveva lasciati fare! Avrei dovuto urlare, avrei dovuto dirle che era una donnaccia e che dopo quello che era successo non dovevo più stare con lei, e invece non riuscii a spiccicare una parola di senso compiuto. Tutto sommato, tolte le ultime fasi, mi ero eccitato molto. Non volevo ammetterlo, con me stesso prima ancora che con Sofia, ma essere in balia di quei maschioni dai fisici statuari e delle loro possenti virilità mi era piaciuto, tutto sommato. E non volevo certo dire a Sofia che una parte di me contava di ripetere quell’esperienza al più presto, così rimasi in silenzio, sperando che lei capisse le mie voglie senza obbligarmi all’imbarazzo di dirgliele a parole.
Per fortuna la mia ragazza era intelligente e concluse quel discorso con un semplice ma eloquente: «Torniamo qui anche domani, allora»
Al solo pensiero, il mio cazzo moscio e sporco di sperma ebbe un sussulto.

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