Simona
Parte 2
Simona ha acconsentito alla pubblicazione della sua e-mail nel caso qualcuno volesse porle domande: orchideadelnord@gmail.com
La mia: wikyzu@gmail.com
Passarono circa cinque giorni dal nostro ultimo incontro. Passarono perché volevo darle il tempo di riflettere se volesse continua, dopo aver toccato con mano cosa intendo per “sottomissione”.
Quando arrivai a casa sua mi accolte con un “buongiorno padrone”. Era esattamente come le avevo detto di essere, un’ennesima conferma che era una schiava nell’animo, un’identità nascosta ma ben presente in lei. Un abitino a piccoli fiorellini colorati con la gonna che scendeva appena sopra le ginocchia, capelli raccolti a cosa e niente monili o trucco, scalza.
Su mio ordine mi servì un caffè, lo servì velocemente e in maniera impeccabile, posizionandosi al mio fianco in attesa che le dessi altre disposizioni.
Dal canto mio fui molto lento nel berlo poiché volevo osservarla mentre attendevo. Stava immobile testa bassa, solo il leggero tremolio della gamba sinistra, che avevo notato anche la prima volta, faceva trasparire imbarazzo o tensione.
Ruppi il silenzio chiedendole di mostrarmi se avesse provveduto alla depilazione. Lei, dopo una breve esitazione, dovuto probabilmente al fatto che non sapeva esattamente che gesti compiere, si abbassò gli slip alle ginocchia e alzò la gonna, rimanendo così. Vidi che si era depilata, non avevo dubbi, anche se la depilazione era molto recente poiché il pube era arrossato. Ora era ancor più indifesa, esposta, con i genitali glabri da cui sporgevano appena un po’ le piccole labbra. Io manifestai la mia soddisfazione con un “E brava schiava, sono contento di te”. In lei vidi uno sguardo più rasserenato, meno teso, lo sguardo di chi vorrebbe dire “Hai visto che sono brava? Che sono ubbidiente?”.
Simona si è da subito dimostrata un pezzo di creta malleabile, a cui avrei potuto darle la forma che desideravo, ma dovevo stare attento, non avere fretta, perché un bravo padrone sa che se all’inizio plasmi male la tua creta poi è faticoso tornare indietro.
Nel nostro primo incontro l’avevo sculacciata, una punizione moderatamente dolorosa, per una mancanza, una punizione circoscritta in tempo relativamente breve. Ora volevo farle provare un dolore meno intenso, poco più che un fastidio e un’umiliazione, ma per un periodo più lungo in un contesto diverso. Doveva poi sapere che non subiva tutto questo per punizione ma per dilettarmi, per mio esclusivo piacere.
Tirai quindi fuori due cordini che a casa avevo annodato in alcuni punti regolarmente distanziati. Le dissi di togliersi gli slip e di tenere alzata la gonna. Quindi le fissai un cordino attorno alla vita, non strettissimo ma comunque ben saldo. Quindi le fissai l’altro cordino passando tra le natiche e in mezzo alla vulva, assicurandomi che un nodo cadesse all’altezza dell’ano e un altro in corrispondenza dell’apertura vaginale. Le estremità erano annodate al cordino sulla vita. Le feci fare qualche passo per la stanza per sincerarmi che la mia opera non fosse visibile da altri. In effetti non si notava nulla se non un passo leggermente rallentato e legnoso, probabilmente le dava fastidio ma non credo dolore. Me ne andai nel dirle che ci saremo visti fra mezz’ora fuori dal bar del primo incontro e nel frattempo di non togliersi le mutandine di corda ne indossarne altre sopra.
Simona arrivò puntuale nel luogo designato, il portamente era rimasto rallentato e rigido, lo sguardo era basso e circospetto. La rassicurai che non si vedeva nulla all’esterno e le chiesi se le facesse male. Mi rispose che bruciava un po’ quando camminava. Io con finta aria comprensiva ribattei “Bene, ora vediamo come va da seduta” e le indicai la panchina. Sedendosi fece una smorfia, segno che non gradiva la sensazione. “Guarda schiavetta. Tutte queste persone danno per scontato poter indossare le mutande che preferiscono. Tu invece no. Tu devi indossare questo cilicio di corda e lo devi fare semplicemente perché a me diverte, lo trovi giusto?” le chiedi. E lei “Si padrone”. “E perchè lo trovi giusto?” ribattei. “Perché sono una schiava, una proprietà, loro no” rispose. Ero soddisfatto.
Una volta rientrati a casa sua le tolsi le cordicelle. Rimanevano dei segni rossi ben marcati in vita, tanto da notare distintamente i nodi. La vulva era, come mi aspettavo, arrossata tra le labbra e così pure tra le natiche.
Nel vedere l’ano arrossato che occhieggiava fra le sue natiche mi venne voglia di sodomizzarla. Desiderio acuita dal sapere che non era mai stata penetrata in quel modo, prima.
Ma mi trattenni perché decisi di riservarmi quel piacere per la prossima volta, magari in un contesto adatto.
Magari la prossima volta.
Mamma mia ruben, mamma mia... Ti prego, scrivimi a gioiliad1985[at]gmail.com , mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze…
ciao ruben, mi puoi scrivere a gioiliad1985[at]gmail.com ? mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze...
Davvero incredibilmente eccitante, avrei qualche domanda da farvi..se vi andasse mi trovate a questa email grossgiulio@yahoo.com
certoo, contattami qui Asiadu01er@gmail.com
le tue storie mi eccitano tantissimo ma avrei una curiosità che vorrei chiederti in privato: è possibile scriverti via mail?