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RICATTO Cap.7 esperienze anali

By 15 Gennaio 2025No Comments

Quella stessa sera, finito di cenare, mi fa spogliare completamente nudo e mi ordina di massaggiarle i piedi: ormai sono in castità da quasi due mesi, il mio desiderio sessuale è fortissimo e ogni sollecitazione mi eccita a dismisura.
Ho un perenne desiderio di godere e lei si diverte a stuzzicarmi, osservando le dolorose conseguenze ai miei genitali, che subito si gonfiano assumendo, intrappolati come erano, una colorazione bluastra causata dall’afflusso di sangue.
S- Guarda come sono gonfie e dure queste palline, credo che sia arrivato il momento di farti sfogare.
Io resto in silenzio. Le sto massaggiando un piede con le mani tenendo il naso tra le dita per sentirne l’odore, a lei piace quando mi umilio annusandole i piedi, e con l’altro stuzzica sadicamente il mio scroto e la gabbietta, aumentando la mia eccitazione. Il cazzo rinchiuso mi sta per scoppiare ma ormai sono rassegnato e non ci spero quasi più.
S- Stasera faremo sesso, sai? Non come credi tu, ma lo faremo. Forse non lo sai, ma la castità forzata sviluppa una maggiore sensibilità in altre parti erogene del corpo, come ano e capezzoli. Ti titilli mai i capezzoli? Mi chiese beffardamente.
L- No Simona, non l’ho mai fatto.
S- E dimmi la verità, ti sei mai fatto un ditalino anale?
L- No Simona, non provo piacere la. Ti prego, perché mi fai queste domande? Io non sono gay.
Lei sorride, è raggiante quando esercita il dominio, ha una luce perversa negli occhi che mi fa impazzire, la scoperei all’istante, la prenderei così sul divano e la sbatterei fino a sborrarle dentro.
Ma è lei che comanda.
S- Sei un bugiardo. Sono sicura che il tuo buco del culo brama la penetrazione. Lo so che stai impazzendo di voglia. Non devi vergognartene, è normale, il tuo corpo cerca il piacere, in un modo o nell’altro. Mettiti a quattro zampe come una cagnetta, adesso proviamo.
Obbedisco arrossendo come una ragazzina, mi ha chiamato cagnetta e mi è anche piaciuto. Inarco la schiena per offrirmi meglio, so che è inutile resistere, ed in effetti desidero le sue attenzioni, il mio corpo sembra chiederle urlando.
Adesso il mio buco è completamente esposto, sento qualcosa di sottile farsi strada nell’ano e poi quello che percepisco essere un gel. Me ne spara dentro parecchio e subito dopo inizia a penetrarmi con un dito. Va e viene lentamente, ma in profondità. Lo scopro piacevole, sono ancora eccitatissimo nonostante la vergogna che provo, miagolo come una liceale alla sua priva volta. Poi accelera il ritmo e le dita diventano due, ma il mio ano si apre e non capisco perché il mio corpo reagisca così alla stimolazione anale.
S- Se mi sporchi le dita te le faccio leccare.
Vorrei non aver sentito, è tutto così umiliante e prego che non accada. Ora le dita sono tre e comincio a sentirle aprirmi. Le gira in un verso e nell’altro, come a dilatarmi.
E’ umiliantissimo, ma non è doloroso, almeno fino a che non le affonda con forza. Si, mi stà dilatando sempre di più, cerco di non opporre resistenza, mi rilasso ma mi sento pieno. Con l’altra mano mi afferra lo scroto e solo allora mi accorgo di quanto sono eccitato. Mi stringe con forza lo scroto e inizia a scoparmi con tre dita, entra ed esce furiosamente, velocissimo. Comincio a belare, forse perché sono a pecora, sono sensazioni sconvolgenti, il mio sfintere pulsa, si dilata sempre più e sembra gradire, non posso crederci, in qualche modo mi da piacere, un piacere morboso, perverso, umiliante e depravato che la mia mente rinnega ma il mio corpo desidera.
Lei ha il pieno controllo della situazione e mi stantuffa senza ritegno.
S- Apri il culo, aprilo ho detto, apri quel culo da cagna che ti ritrovi e godi.
Sono eccitatissimo ma molto distante da un orgasmo. Quel ritmo frenetico comincia ad irritarmi il retto, quello che provo adesso è un senso di umiliante sottomissione che il mio corpo accetta e subisce allo stesso tempo, senza reagire.
Mi sento violato nel profondo, offerto in una posizione indecente e degradante, un mix di sensazioni sconosciute e sconvolgenti.
Dopo un pò si stanca e sfila le sue dita dal mio culo. Non l’ho sporcata, sono sicuro che avrebbe attuato la sua minaccia, ma comunque mi porge le dita che mi hanno violato per farsele leccare e pulire.
S- Sei frigida. – mi dice stizzita.
Quel suo modo di appellarmi al femminile è veramente degradante. Vorrei piangere ma non ne ho la forza. Il sederino mi brucia tanto, sento il buco pulsare ma non oso toccarmi, mi vergogno immensamente di scoprirmi così… disponibile.
Finalmente se ne va a dormire, lasciandomi in quella posizione sconcia con il buco aperto.
Mi ricompongo, raccolgo i vestiti da terra e me ne vado in lavanderia con la netta sensazione di averla delusa.
La mattina dopo non parliamo, preparo la colazione, mi vesto e quando sono sul punto uscire mi ferma:
S- Aspetta, togliti i pantaloni.
Evito di chiedere spiegazioni, non oso più, ormai; quindi, obbedisco e rimango nudo dalla cintola in giù. Lei mi osserva, mi sento ridicolo e osceno con la gabbietta. Dio com’è umiliante farmi guardare così da lei.
S- Mettiti a 90 gradi, è necessario aprirti e c’è un solo modo.
Senza aggiungere altro mi infila un plug su per il culo facendomelo prima inumidire con la saliva. Dovrei essere stupito che possieda oggetti del genere, ma non lo sono. Non è enorme, ma abbastanza grosso per farmi sentire pieno. Poi mi passa un perizoma di almeno tre taglie più piccolo e mi impone di indossarlo.
S- La mutandina eviterà che lo espelli. Da oggi in poi andrai al lavoro con questo giocattolo nel culo e con mutandine da donna. Ti proibisco di toglierla per qualsiasi motivo. Adesso rivestiti e fila allo studio, che c’è Donata che ti aspetta. E ride di gusto.
Se non avete mai provato, non potete capire cosa significhi tenere una spina nel culo per ore ed ore. Dopo neanche 30 minuti la necessità di espellerlo diventa impellente. Avevo ininterrottamente lo stimolo a farla. Quando camminavo era anche peggio, ad ogni passo lo sentivo come muoversi nel colon, il disagio è fortissimo, devastante fisicamente e mentalmente.
Per fortuna quando torno a casa posso toglierlo, ma la mattina seguente devo rimetterlo e così tutti i giorni dalle 7:30 fino alle 15:30 di pomeriggio quando rientro a casa.
Purtroppo devo fare il tragitto in bici e questa è la parte peggiore, perché stando in sella lo sento spingere più su e la pedalata rende tutto più straziante.
Nonostante le rassicurazioni di Simona non riesco proprio ad abituarmici, è una presenza quasi intollerabile ma il mio sfintere comincia a cedere, a dilatarsi, e per mia moglie è ciò che conta.
Le giornate allo studio sembrano passare più lentamente, tutti mi danno degli ordini e pretendono che svolga i compiti assegnati all’istante. Corro da un ufficio all’altro cercando di mascherare le fitte di dolore che a tratti mi impediscono di camminare ed ho come l’impressione che mi leggano in faccia che ho il culo aperto da un cuneo.
Dopo un paio di settimane Simona mi annuncia le sue intenzioni:
S- Stasera si scopa. Credo che sia arrivato il momento di farlo.
Per un attimo spero che…. ma subito stronca ogni speranza.
S- Ormai sei abbastanza aperto per un rapporto anale. Sei contento?
Non rispondo, ogni risposta sarebbe più umiliante della domanda stessa. Ma lei insiste.
S- Mi hai sentita? Stasera scopiamo.
Vorrei dirle quanto la desidero, vorrei pregarla di liberarmi, ma non servirebbe a niente. Mi ordina di seguirla in camera da letto dove mi mostra uno strapon che giudico enorme, ma in realtà non lo è.
Mi fa spogliare mentre lo indossa sopra le mutandine, stringe le cinghie e mi fa salire sul letto. Stiamo per scopare, solo che sarà lei a possedere me, e lo fa senza curarsi minimamente del mio stato d’animo, della mia frustrazione e della mia vergogna.
Inizia mettendomi alla pecorina, mi spara dentro una generosa dose di gel e senza esitare affonda tre dita che entrano con estrema facilità.
Mi rendo conto che la spina anale ha fatto bene il suo lavoro. Il mio culo è cedevole e si apre quasi senza opporre resistenza. Tutto è incredibilmente imbarazzante, quando appoggia la punta sull’ano e spinge emetto un gemito e la prima metà entra come nel burro, ma è un dildo da 20 centimetri e quando lo infila per intero mi sento come sfondare l’intestino.
Mia moglie, la mia Simona, mi ha appena infilato un grosso dildo nel culo e mi stà scopando lentamente ma inesorabilmente.
S- Adesso di scopo puttanella, stai ferma e lasciami fare.
Adesso la monta si fa più veloce e Simona sembra instancabile, entra ed esce dal mio culo che si apre e, ancora una volta, il mio corpo reagisce come non avrei creduto. Essere posseduto così da lei mi procura uno strano senso di piacere, perverso, intenso e coinvolgente, che mi porta a gemere e indecentemente, ma quando il ritmo aumenta ancora inizia il mio calvario
Adesso mi sbatte tenendomi per i fianchi, ansimando e sudando, entra e esce rapidamente come se volesse sfondarmi ed io inizio a supplicarla.
L- nooo ….. ohhh noooo , cosi mi spacchiiiii tutttooooo pianooooo, ti preeeee…. goooooo
Ma lei non si ferma, non rallenta, continua a penetrarmi con impeto incredibile, dentro mi brucia tutto, ormai la supplico disperatamente ma lei insiste. Mi fa distendere con le gambe aperte, si posiziona sopra di me e di nuovo mi penetra riprendendo a martellarmi forsennatamente. In questa posizione è anche peggio, esce quasi completamente per poi riaffondarlo in profondità con tutto il suo peso, gemendo e ansimando fino a che, sorprendentemente, arriva all’orgasmo. Un urlo roco, seguito da spasmi, sussulti e spinte violente che mi fanno sobbalzare e tremare.
Sono stremato, mi ha sodomizzato per almeno 30 minuti, fin quasi a lacerarmi l’ano. Quando finalmente esce mi dilata le natiche con le mani e come ammirasse una sua opera mi dice:
S- Dovresti vedere com’è ridotto il tuo culo. Toccati, toccati il buco.
Crepo letteralmente di vergogna ma lo faccio: mi infilo due dita ma ce ne starebbero sei, sono bagnato di umori che sento fuoriuscire e il bruciore che non accenna a diminuire.
Lei invece ride divertita, ha raggiunto un orgasmo ed è soddisfatta.
Non riesco ancora a crederci, la guardo sperando in un po di tenerezza, ma lei mi copre il volto con un lenzuolo e mi dice:
S- Ora togliti dai piedi e vai a lavarti quel buco rotto che ti ritrovi, schifoso pervertito.
Mi alzo dal letto e con passo incerto me ne vado. Mi ha usato come oggetto di piacere nel più umiliante dei modi, e ora mi getta via come un panno sporco.
Mi sembra di essere diventato la sua puttana.
La mattina dopo mi informa che ha un regalo per me e mi si apre il cuore. Le sorrido, dopo tanto tempo il primo segno di affetto, specie dopo quanto è successo ieri sera penso sia una svolta positiva e faccio per baciarla, ma lei mi allontana in modo freddo, quasi schifata.
S- Cosa hai capito deficiente?
Dovevo immaginarlo. Da quando ci siamo lasciati non mi ha più dato un bacio. Però ha un regalo per me. Si, significa che mi vuole ancora bene.
Prendo la scatola che mi porge, la apro e …..
S- Da oggi metti questo. – e se ne va.
Sono impietrito: il nuovo plug è solo un paio di centimetri più lungo dell’altro, ma molto più largo. A spaventarmi è il diametro del cono che nella parte più larga misura un diametro di almeno sei centimetri. Prima di uscire devo inserirmelo e devo farlo sotto lo sguardo severo di mia moglie che mi incita a spingerlo, osservando divertita le smorfie di dolore sul mio viso fino a che, con una fitta lancinante, riesco ad infilarlo.
Sento il mio sfintere dilatato a dismisura, è quasi insopportabile e capisco che portandolo per intere giornate mi aprirà definitivamente il culo. Mi infilo un perizoma strettissimo, i pantaloni ed esco per andare allo studio. Ancora una volta in bici, cercando di resistere come posso alle fitte di dolore.
Mi sento completamente pieno, aperto, non so come ma devo riuscire a sopportarlo, chiederle pietà non servirebbe a niente, ma dopo un paio d’ore sono realmente provato.
– Ma che cosa ha Luca stamattina? – si chiedono i colleghi, ridacchiando. Avevo come l’impressione che tutti sapessero quello che nascondevo sotto i pantaloni, la paura di essere scoperto mi stava logorando. A peggiorare la situazione l’atteggiamento di Simona: sempre molto distaccata nei miei confronti, non faceva altro che alimentare gli interrogativi dei suoi dipendenti sul nostro rapporto.
Tutti avevano notato un cambiamento nel nostro rapporto, l’atteggiamento duro e sprezzante che teneva nei miei confronti non poteva passare inosservato, era palese chi portasse i pantaloni a casa, ma comunque non perdeva occasione per umiliarmi.
La giornata trascorre tra mille difficoltà, prima fra tutte lo sforzo per trattenere quella spina nel culo che in più di un’occasione mi aveva costretto a correre in bagno per inginocchiarmi e trattenerlo con le mani, tanto era forte ed impellente lo stimolo a evacuarlo.
Quando torno a casa sono stremato. Appena chiusa la porta dietro di me mi abbasso i pantaloni, scosto il filo del perizoma strettissimo che indosso ed espello
violentemente l’odioso oggetto dallo sfintere, seguito purtroppo da materiale semi liquido dall’odore nauseabondo. Mi affretto a pulire, apro le finestre per rinfrescare l’aria, un odore terribile aveva invaso tutta la sala. Non sono riuscito a raggiungere il bagno e devo far sparire quell’odore prima del ritorno di Simona.
In bagno posso finalmente farmi la doccia. Porto una mano insaponata tra le natiche per lavarmi e mi rendo conto di come il mio ano è aperto: è come se il muscolo dello sfintere si fosse allentato lasciandomi il buco dilatato e dolorante.
I giorni seguenti furono veramente difficili. Ogni mattina mi inserivo quella grossa spina dentro e andavo allo studio, dove immancabilmente trovavo Donata, che un paio di giorni dopo mi dette la terrificante notizia.
D- Ciao leccapiedi, Lo sai che tua moglie mi ha chiesto di venire qualche pomeriggio a casa vostra? Oggi ci accordiamo. Vedrai che ci divertiremo – Mi dice dandomi una pacca sul culo. Quella donna mi spaventava, odiava gli uomini e avrebbe sfogato la sua rabbia su di me. Così decisi parlare a Simona per cercare di convincerla a non farla venire e la raggiunsi nel suo ufficio.
L- Ciao Simona, posso parlarti un momento.
S- Veloce, tra poco devo uscire, ho una udienza importante.
L- Certo, certo. E’ per Donata, è cattiva con me, da quando mi hai…. insomma, da quando mi hai umiliato e punito davanti a lei mi ha preso di mira. Ti prego, ti supplico, non farla venire. Farò tutto, tutto ciò che chiedi, qualsiasi cosa ma non farla venire, ti prego.
Lei mi guardò e si rilassò sulla sedia, pensando un attimo. Poi con una smorfietta sulla bocca e la solita determinazione disse:
S- Facciamo così. Se ti comporti bene la prendo solo in prova, per un mese. Ma non dovrà lamentarsi di te. Ora sparisci.
Per me fu una sentenza e una condanna a nuove umiliazioni.

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