Liberamente ispirato all’universo de La Notte del Giudizio.
È iniziato tutto come un gioco, un gioco tra adulti. Tra adulti consenzienti, s’intende.
Ma si sà, un bel gioco dura poco. Così dovrebbe essere, no?
Invece no: il nostro di gioco ci ha messo davvero molto poco a superare le regole più basiche.
Ma andiamo con ordine. È più difficile raccontare proprio ora che sono in fuga, no?
Direi che posso partire da una notte, non questa, ma quella in cui affrontammo il problema.
Diedi gli ultimi colpi. Due, tre, poi capii di essere al limite.
Victoria mi guardò con occhi sbarrati. Piacere? No, conoscevo le espressioni che faceva quando godeva, non erano così.
Neanche i suoi gemiti mentre le affondavo dentro avevano quel qualcosa che invece mi aveva inebriato durante la nostra notte di nozze, due anni prima.
Era cambiata, non aveva più quella scintilla, quel brivido.
Avevamo due anni di matrimonio alle spalle, e pareva che il nostro amore fosse giunto al capolinea.
Così, mentre raggiungevo l’orgasmo eiaculando nella vagina di mia moglie, mi risolsi a parlargliene.
È stupefacente come, dopo il sesso, giunga una chiarezza che, pur durando pochi istanti, permette di affrontare problemi che non si affronterebbero durante le normali conversazioni…
Mi distesi accanto a Victoria. I capelli castani erano corti e incorniciavano un bel viso e degli occhi azzurri che un tempo parevano un caleidoscopio di emozioni, la punta di diamante di una bellezza che aveva conquistato il mio cuore. Il fisico era nella media, e ben tenuto, e i seni non avevano nulla da invidiare a quasi nessuno.
Il nostro era stato un autentico colpo di fulmine. Incontro, bacio, sesso, appuntamenti, altri baci, sesso, scelta.
Ma quello era avvenuto due anni prima.
Poi c’era stato lo stabilirsi della routine, il sesso era divenuto sporadico. Figli? Non ne potevamo avere, perché Vicky era sterile, ma questo non aveva mai diminuito l’amore che provavo per lei, né Vicky l’aveva mai visto come un problema, casomai come la possibilità di concentrarsi maggiormente sul proprio lavoro come infermiera.
Di contro, io ero un ex marines. Lavoravo in fabbrica.
Insomma, lei era quella che portava i soldi, tanti soldi, a casa. E io ero quello che si spaccava la schiena, ma andava bene: a dare linfa al nostro rapporto erano ben altre cose.
-È stato bellissimo…-, sussurrò lei.
-Non mentire.-, mormorai io, -Lo vedo che non è come un tempo.-.
Lei non negò, ma non annuì neppure.
-Servirebbe se invocassi il Quinto Emendamento?-, chiese.
-No. Perché voglio capire cos’é cambiato. Cos’abbiamo perso?-, chiesi io. La fissai, accarezzandole il viso e scendendo verso il petto e il seno.
-Io… non ne sono sicura. Forse… è tutto routine…-, mormorò Vicky. Nonostante fosse una donna forte e risoluta, in quel momento mi pareva fragilissima, -Merda…-, imprecò lei con rabbia.
In realtà, potevo vederlo, aveva paura di perdermi. La fissai.
-Vicky, io ti amo, ma allora qui dobbiamo fare qualcosa. Mi rifiuto di credere che il nostro amore stia semplicemente morendo.-, dissi.
-TI credo, Jhon, e ti amo anche io…-, sussurrò lei. Mi baciò. Sulle labbra. Un bacio casto. Come una promessa.
Ci sedemmo a tavolino e buttammo giù idee.
Il lunedì seguente eravamo a San Francisco, poi a vedere il Gran Canyon. In viaggio.
Ma… niente. Bellissimi paesaggi, stupende città, ma tra noi l’abisso pareva ancora lì.
Sia per me che per lei.
Non me lo spiegavo. Non ce lo spiegavamo. Ne parlammo a un terapeuta di coppia, tre sedute durante le quali la signora Anne Pattersmith s’immerse nella nostra intimità, ci pose domande, sviscerò il nostro rapporto.
Concluse sostenendo che, pur essendo una fase, il problema era fondamentalmente ridotto alla sfera emotiva e sessuale.
-In altre parole… ci siamo semplicemente annoiati?-, chiesi.
-Non esattamente. Avete entrambi personalità particolarmente forti, da quanto mi è stato detto, e questo non vi permette di introdurre un elemento di debolezza nell’equazione.-, spiegò lei.
-“Introdurre un elemento di debolezza”?-, ripeté Vicky, perplessa quanto me.
-Esattamente.-, annuì la dottoressa.
-Ci sta chiedendo di coinvolgere qualcuno nella nostra vita privata?-, chiesi a muso duro.
-No. Sto semplicemente dicendovi che il vostro problema nasce precisamente da questo. Voi non sentite più quel fuoco perché avete bisogno di qualcosa di nuovo. È un problema molto più frequente di quanto immaginiate. Numerose coppie lo vivono. Inevitabilmente, anzi, posso dire che tutti, prima o dopo, si trovano a farci i conti.-, disse Anne.
-Ma… come?-, chiese Vicky.
-Beh, l’essere umano è tendenzialmente monaogamo, ma tale prerogativa non è naturale: è il risultato di norme sociali volte a limitare la poligamia, sia in un senso che nell’altro, affinché non causi squilibri tra i componenti di una società. Tuttavia, in numerosi casi, la poligamia è considerata come fattore decisivo per una relazione più aperta ed equilibrata.-, spiegò la dottoressa, -Chiaramente non è la sola soluzione. Potreste tentare con il BDSM, con i rapporti aperti, con quel che ritenete più opportuno, a patto che vi dia modo di smuovere la staticità della situazione.-.
-È un’immane vaccata.-, dissi mentre scendevamo dall’auto rientrando a casa.
-Sì, sono d’accordo.-, disse Vicky.
-Poligamia stocazzo, quella vuole darci a bere la storiella dell’amore libero… Hippie che non è altro…-, bofonchiai.
-Mi fa venire l’orticaria dal nervoso.-, annuì mia moglie.
Ma anche quella sera, nulla. Il sesso tra noi era… sempre uguale. E sempre monotono.
Uscii in veranda dopo essermi messo una vestaglia. Era estate.
Presi un bicchiere d’acqua e bevvi a grandi sorsi.
“Forse non ha tutti i torti, alla fine. Ma sarebbe giusto? Non sarebbe tradire letteralmente mia moglie? No… lei dovrebbe essere presente e…”, ragionavo a ruota libera, senza riflettere.
-Jhon?-, chiese lei affacciandosi.
-Sono qui.-, dissi con un sorriso.
-Tesoro… senti, stavo pensando… Forse… forse non ha tutti i torti.-, disse lei.
-Già. Ci stavo pensando anche io. È che…-, iniziai.
-È che non voglio che mi tradisca. Non voglio che tu…-, Vicky esitò.
-Ehi, non esiste. Se facciamo questa cosa la facciamo insieme.-, dissi io, -E la facciamo solo ed esclusivamente se entrambi, tu ed io, siamo d’accordo.-. Le accarezzai il viso, lei sorrise.
-Potrei starci. Ma… chi ti dice che debba essere una donna?-, chiese.
-Preferiresti davvero un uomo? La conosci la legge del pompino?-, chiesi tra il serio e il faceto.
-No.-, ammise lei.
-Gli uomini sono scientificamente più bravi a fare pompini delle donne.-, dissi, impassibile.
-Cosa?-, chiese lei a metà tra riso e perplessità da anatologia.
-È vero. Pensaci. Un uomo sa dove toccare, dove stimolare, dove andare a colpire un altro uomo.-, continuai.
-E questa chi te l’ha detta?-, chiese Vicky.
-Marble, Aaron Marble. Dio, mi manca quell’idiota.-, dissi ripensando al mio amico. Era morto pochi mesi prima. Infarto.
-Quindi… secondo la stessa logica… le donne sono più brave a leccarla ad altre donne?-, chiese Victoria. Annuii.
-Non è che tutta questa teoria è solo un gran bluff per assicurarti che scegliamo una donna?-, chiese lei.
-Vuoi che facciamo una volta uno e una volta una?-, chiesi.
-Lo faresti?-, domandò lei. Scossi il capo. No. Non ci sarei mai riuscito. Una volta un gay c’aveva provato con me, ma non mi aveva suscitato nulla. Ero etero, vecchia scuola. Punto.
-Purtroppo non ci riuscirei. Tu?-, chiesi.
-Credo dipenda dalla donna.-, ammise Vicky stringendosi nelle spalle.
Una delle meraviglie di internet erano i siti d’icontri. Bastava digitare poche righe e si trovava di tutto.
Uomo con uomo? C’era. Donna con donna? C’era.
Donna per uomo con donna? Più difficile, ma non impossibile.
-Questa sembra una dominatrice sadomaso.-, fece Vicky scartando una tipa rasata a zero.
-Probabilmente lo è. Questa sembra tedesca. Nah, troppo dura di sguardo.-, dissi depennando una biondona teutonica.
-Questa potrebbe quasi starci… Asiatica.-, disse Vicky.
Ovviamente quando la vedemmo ci trovammo davanti una persona ben diversa dalle foto. Inutile dire che la cosa morì sul nascere. Cercammo ancora. Trovammo amanti del piscio, gente con complessi strani, sadomasochisti…
-Dio, solo una cosa chiedo…-, sussurrò Vicky dopo giorni che cercavamo invano.
-Una donna normale?-, chiesi io come a indovinare.
-Sì.-, sussurrò lei, -Perché è così difficile?-.
-Beh…-, osservai un profilo, vedendo foto e dati.
-Lei chi è?-, chiese Vicky.
-Si chiama… Louise. Americana, trentacinque anni. Ex modella. Nessuna tendenza particolarmente disagiante…-, dissi.
Vicky fissò la foto di un’afroamericana dai capelli lunghi fino alle scapole, viso piacevole, fisico asciutto e sexy.
-Mh. Sta a vedere che sarà il solito bidone se la incontriamo.-, disse.
L’incontro si tenne al Paco’s, un bar ristorante gestito da un messicano.
Noi arrivammo con largo anticipo, impeccabili. Io in jeans e camicia, Vicky in abito da sera senza troppi fronzoli.
Improvvisamente la vidi. Era lei. Perfetta, identica alla foto.
Il fisico snello pareva valorizzato enormemente dal tubino nero che indossava mentre entrava, calzando scarpe col tacco con disinvolutra notevole. Gli occhi color nocciola parevano profondissimi ed espressivi. Sorrise vedendoci
-Salve. Siete JhoneVickForThird?-, chiese.
-Siamo noi.-, disse Vicky con un sorrisetto timido.
-Ordiniamo da bere?-, chiesi deciso a rompere il ghiaccio.
Era ora da apertivo. Un margarita on the rocks, un mojito e un cuba libre. Ci accomodammo al tavolo esterno.
-Devo dire che sono… sorpresa.-, ammise Vicky.
-Già. Sei… esattamente come nelle foto.-, mormorai io.
-Ah, so come ci si sente: su quel sito circolano profili falsi, adescatori, truffatrici… Pensate che una volta sono stata contattata da uno di trentasei anni. Vado all’appuntamento e viene fuori che di anni ne aveva trenta in più….-, raccontò Louise con un sorriso. La vedeva timida, impacciata, o almeno sembrava.
-Tu… hai mai… fatto questa cosa? Insomma…-, iniziai andandoci cauto.
Prima regola dei Marines: entrare con cautela.
-Mai senza voltarmi fuggendo verso l’uscita.-, ammise.
Io e Vicky ci scambiammo uno sguardo. Era insicura, nonostante tutto.
-Ex modella?-, chiese Vicky mentre sorseggiava il cuba libre.
-Ex. Ma è meno importante di quanto sembri: ho provato, non ha funzionato. Fine.-, ammise Louise.
-Il fisico non mi pare un problema.-, azzardò Vicky.
-No. Ma l’attitudine sì. Molte ragazze erano quasi aggressive danvanti alle foto, sprigionavano qualcosa che a me manca.-, disse la nera con un sorriso timido, quasi a volersi scusare.
Io e Vicky ci scambiammo nuovamente un colpo d’occhio.
-Voi invece?-, chiese lei.
-Coppia sposata da due anni. Infermiera lei e impiegato in fabbrica io. Poco da dire.-, ammisi.
-Di solito questi annunci li fanno coppie più… stagionate.-, notò Louise.
-Noi… abbiamo bisogno di ravvivare il rapporto, se capisci cosa voglio dire.-, ammise infine Vicky.
-E pensate che una terza persona…-, iniziò la nera.
-Possa sbloccare la situazione.-, ammisi io.
Per un istante, il solo suono che udimmo a parte le conversazioni tra clienti ai tavoli vicini fu il risucchio dalla cannuccia del margarita di Louise.
-Wow.-, disse, -Io… sono… stupita. Insomma… mi ero immaginata altro ma…-.
-Ma non ti va a genio?-, chiese Vicky.
-No, al contrario… voi sembrate un sacco sicuri!-, esclamò lei.
Sorrisi. Era l’esatto opposto, ma andava bene ugualmente.
-Quindi… vogliamo buttare giù un paio di idee?-, chiesi cercando di prendere il coraggio a due mani.
Farmi sparare addosso mi era parso infinitamente più semplice da affrontare…
-Prima regola: se è no, è no.-, disse Louise, -Quindi niente stramberie.-. Annuimmo.
-Seconda regola: o tutti o nessuno.-, disse Vicky, -Se io non ci sono, non si fa niente. Se Jhon non c’é, non si fa niente.-.
-Mi sembra giustissimo.-, annuì la nera.
-Terza regola.-, dissi, -Finisce quando finisce. E se finisce, niente legami.-.
Tutti e tre annuimmo. Andava bene. Finii il mojito. il Rhum era piacevolissimo.
-Mi sembra tutto chiaro.-, disse Louise, -Ora… quando vogliamo fare il primo incontro?-.
Io e Vicky ci guardammo.
-Beh, domani non lavoriamo…-, dissi.
Già. Un gioco tra adulti.
I giochi si fanno duri… e i duri iniziano a giocare.
Ma chi sono i duri, poi?
CONTINUA…



Promette molto bene!