Andrea arrivò a casa che era quasi mezzanotte, come il solito spense il motore della Vespetta smarmittata prima di scendere nei sotterranei dei palazzi dove abitava. Alcuni vicini si erano lamentati con sua madre del rumore del motorino. L’abbrivio che aveva, prima di spegnere il motore, e lo scivolo che portava nei sotterranei gli permisero di arrivare al posto dove di solito lasciava il mezzo.
Si diresse alla porta che portava alla tromba delle scale. Però quella sera si diresse verso la porta che dava alla scala A e non, come solito, a quella che dava alla scala B, dove abitava al primo piano.
Aprì la porta che dava alle scale e senza accendere la luce e cercando di fare il minor rumore possibile iniziò a salire i gradini. La conformazione delle scale di quei tre palazzi popolari era identica e pertanto non fece nessuna fatica, nella penombra e silenziosamente a salire fino al secondo piano. Arrivato al pianerottolo spinse la prima porta sulla destra ed entrò. L’appartamento era completamente al buio salvo che da una stanza filtrava una tenue luce azzurra di una televisione. Silenziosamente si chiuse la porta alle spalle e si addentrò nel corridoio.
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Per capire cosa stesse succedendo bisogna riavvolgere il nastro di una settimana.
Il venerdì prima, Andrea era a casa da solo, i suoi genitori erano andati via per il week end. Niente di esotico, si erano recati solo a trovare sua nonna e i suoi zii.
Pioveva e di andare al bar con la Vespa ed infradiciarsi Andrea non aveva voglia. Aveva già mangiato una parte di quello che sua madre gli aveva lasciato nel frigorifero. Era sul divano a guardare la TV e gli venne voglia di farsi una cannetta. L’erba e le cartine le teneva nascoste sotto la sella della Vespa. Doveva scendere a prenderle.
Scese le scale e, quando entrò nel sotterraneo dove si aprivano le cantine, sentì delle voci, dei bisbigli. Non stava facendo niente di male, ma non voleva essere visto. Come diceva sua madre, in quei palazzi anche i muri avevano occhi e orecchie. Si bloccò dietro un pilastro e sbirciò.
Vide il Carlo, un tipo strambo che viveva da solo nella scala C, che chiudeva la porta di una cantina. Andrea capì che c’era qualcosa di strano. Quella fila di cantine era assegnata alla scala A, che ci faceva Carlo lì? Si ricordò che sua madre aveva detto che c’erano stati dei furti nelle cantine e a pensare male si fa peccato ma …
Andrea era cresciuto in quei palazzoni di periferia e seppur giovane era un tipo tosto. Si avvicinò alla porta della cantina che era rimasta accostata e l’aprì di botto.
Quello che vide lo lasciò di stucco, sbalordito. All’interno c’era Maria, la moglie di Gino. Lei era nel posto giusto, la cantina era la sua. Maria si stava sistemando la blusa della tuta e sotto … sotto niente a parte le mutande arrotolate su una caviglia.
Maria guardò Andrea sorpresa, pietrificata. Il viso stava arrossendo a vista d’occhio, cercò di coprirsi con le mani l’inguine. Non ci potevano essere dubbi su quanto era successo in quella cantina.
“Hops scusa, ma ho visto uno strano – non menzionò Carlo di proposito- uscire da qui.” disse Andrea, tenendo lo sguardo sulle parti basse di Maria. Lei aveva una cinquantina d’anni, ma per un ragazzo di ventuno il buco è buco, figa è figa.
Maria aveva capito di essere stata messa in un angolo e doveva uscire da quella situazione imbarazzante e pericolosa.
“Senti, non è come stai pensando” iniziò Maria.
Andrea guardò le mutande sulla caviglia e sbottò: “Non c’è niente da pensare, è tutto chiaro.”
Lei capì che doveva cambiare tattica. “O.K. va bene. Sono sposata, lo sai. Cosa vuoi per mantenere il segreto? Sai anche che qui nei palazzi la voce corre.” e aggiunse: “non sono ricca, però ….”
Andrea ci pensò per un po’, lasciando Maria in attesa. Poi chiuse la porta della cantina, le si avvicinò e abbassandosi i pantaloncini e gli slip: “Fammi un pompino.”
Maria rimase lì sbalordita da quella richiesta, pensando di aver sentito male.
“Cosa?” chiese Maria.
“Mi hai sentito, ho detto di farmi un pompino, subito!” ripeté Andrea deciso.
“Sei pazzo! Non dirai sul serio, cosa stai dicendo?” boccheggiò Maria.
“Hai dieci secondi per obbedire, altrimenti vado a mettere i manifesti in giro.”
Rimase lì imbambolata, mentre i secondi scorrevano, a valutare le alternative. In realtà non ce n’erano, nei palazzi i pettegolezzi correvano veloci. Sarebbe bastata una mezza allusione per fare scoppiare un putiferio. Suo marito … i vicini.
Lentamente Maria allungò la mano, il suo respiro accelerò mentre la sua mano stringeva il pene del ragazzo, che si indurì ulteriormente.
Sussultò all’improvviso quando sentì “Succhialo!”. Come in trance, Maria si chinò e portò le labbra a toccare la punta del cazzo di Andrea, poi lo prese in bocca e iniziò a succhiare.
Andrea le prese la testa tra le mani e la tenne ferma. Maria sentì le mani di stringerle saldamente la testa. Le sue dita si intrecciarono tra i suoi capelli, completando la presa. Iniziò a spingere il suo cazzo più in profondità nella sua bocca. Poi, iniziò a scoparle la faccia. Pompando ritmicamente il suo cazzo avanti e indietro nella sua bocca.
Improvvisamente sentì Andrea spingerla via. Lasciò andare il suo cazzo con riluttanza, le stava piacendo.
“Alzati e girati,” ordinò Andrea.
Maria si alzò rapidamente senza protestare e lui la fece chinare sul tavolo da lavoro di Gino. Le sue emozioni erano fuori controllo. Non poteva fermare quello che stava succedendo.
“Piegati e allarga le gambe.” Un altro ordine perentorio che Maria eseguì.
Gemette in segno di resa quando sentì il cazzo di Andrea iniziare ad aprirle le labbra della vagina. Alzò una gamba per cercare di rendere più facile la penetrazione. Erano anni che non aveva un bel cazzo duro che la scopava e la stava appagando molto.
Andrea la teneva per i fianchi mentre si muoveva in lei. Maria era meravigliata. Si ricordava, quando era giovane, le prime scopate con i ragazzi della sua età. Sembravano dei conigli. Mentre ora questo ragazzo la stava scopando con calma e precisione, lasciandola godere del suo cazzo che la riempiva ripetutamente. Ha accelerato il ritmo non appena ha visto il primo segno che in Maria stava montando l’orgasmo; quindi con violenza e senza ritegno quando ha iniziato a venire, eiaculando in lei.
Quando Andrea si ritirò, Maria sentì il seme che le usciva dalla figa e scendeva lungo le sue gambe. Si alzò e si girò verso il ragazzo, che nel frattempo si era già alzato i pantaloncini.
“Come acconto va bene. Dobbiamo organizzarci per il saldo.” Sbottò Andrea.
Maria lo guardò con occhi interrogativi.
“Come acconto? Che saldo?”
“Non crederai di cavartela con una sveltina? Il mio silenzio costa almeno un’altra scopata come si deve.” e aggiunse “Mi è sembrato che ti sia piaciuto l’acconto, non è forse vero? … ci organizzeremo.”
Andrea uscì dalla cantina lasciando Maria soddisfatta dalla scopata, ma molto preoccupata per le conseguenze che sarebbero potute nascere.
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Per la gente dei palazzi Maria era considerata una brava moglie, una grande lavoratrice. Era entrata in fabbrica da giovane operaia ed aveva fatto carriera. Sul suo conto non c’era mai stato un pettegolezzo. Lei e Gino formavano una coppia tranquilla.
Ma la gente dei palazzi non sapeva e non immaginava che Maria, per diventare capo squadra in fabbrica, aveva aperto diverse volte le gambe per il suo capo e quel porco le aveva aperto anche il culo.
Non sapevano neanche che quando la fabbrica chiuse e Maria restò senza lavoro e si inventò domestica a ore. Il martedì pomeriggio andava a pulire lo studio di un giovane fotografo. Lo studio era piccolo, ma Maria finiva sempre che era sera. Un paio d’ore per le pulizie e il resto del tempo a farsi scopare dal grosso cazzo del fotografo. La prima volta Maria rimase senza fiato quando sentì la testa enorme farsi strada nella sua figa.
“Come sei stretta. Ma che cazzi hai preso fino ad ora? Piccoli e mosci?
La prendeva in giro il fotografo, mentre lei cercava di allargare le gambe il più possibile per accogliere quel cazzo enorme.
E neanche potevano immaginarsi che Maria quando andava a pulire il grande appartamento della Dottoressa Marini, lei e la Marini finivano sempre a letto a leccarsi la figa a vicenda.
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Erano passati diversi giorni dal fatto. Maria, sempre inquieta, cercava di notare dagli sguardi dei vicini se era trapelata qualche indiscrezione, molte volte gli sguardi dicono più delle parole. Per fortuna sembrava tutto tranquillo.
Andrea dal canto suo aveva altri problemi. Mirella, questa ragazza gli piaceva un sacco, ma per il momento non era ancora riuscito a uscire solo con lei. Quella cazzo di sua amica era sempre tra i piedi.
Domenica mattina lui tornava da calcio. Parcheggiata la Vespa si stava dirigendo verso le scale quando vede Gino, davanti alla fatidica cantina, che sta parlando con un vicino. E lo sente dire che la settimana successiva sarebbe stato via con il camion fino a venerdì.
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Andrea si mosse lungo il corridoio verso la luce. Si affacciò sulla porta del locale e vide Maria sdraiata a letto che guardava la TV. Indosso aveva una camicia da notte, niente di sexy, un camicione di cotone stampato. Si girò verso il ragazzo:
“Ti ha visto qualcuno?”
“Senza raggi X non credo proprio.” rispose Andrea
“Hai chiuso la porta a chiave?”
“No”
“Vai a chiuderla”
Andrea ritornò sui suoi passi e silenziosamente girò la chiave nella serratura. Poi tornò da Maria. Quando entrò nella stanza la vide, si era tolta la camicia, era completamente nuda. Per quanto apparisse assurdo quel corpo di donna matura gli toglieva il fiato. Guardò le cosce con i segni della cellulite, i fianchi ormai molli e i suoi meloni grandi come pompelmi ora pendevano bassi sullo sterno, leggermente allungati mentre si estendevano dal petto.
Maria aprì le gambe e gli espose la sua figa pelosa:
“Ti piace?”
Andrea annuì incantato.
“Allora vieni qui e leccala.”
Con quella mossa Maria fece capire al ragazzo che era lei che comandava il gioco.
Andrea non se lo fece ripetere, mise la testa tra le gambe della donna e inizio a leccare quella figa matura.
Stava facendo un buon lavoro perché Maria si mise a gemere e con la mano gli spinse la testa ancora più dentro di sé. Dopo qualche minuto di quel piacere inebriante lo scostò.
“Spogliati”, gli ordinò senza esitazione.
Lui si tolse i vestiti velocemente e si prese il cazzo in mano come se volesse porgerglielo. Maria lo squadrò, aveva veramente un bel fisico. Asciutto, giovane e con un bel palo ritto che puntava verso di lei.
Si mise seduta sul letto disse ad Andrea di avvicinarsi e, stordita dalla voglia, glielo prese in bocca e si mise a spompinarlo con bramosia. Non contenta gli avvolse il cazzo con le tette e cominciò a segarlo. Quel giovane e duro bastone la stava facendo impazzire.
Fece sdraiare Andrea e lo scavalcò, la figa all’altezza del viso del ragazzo. Lui non aveva mai fatto un 69, però imparò in fretta.
“Sii … così, non fermarti! Fammi godere! … Ooh Vengooo!!”
Mentre Maria lo incitava a farle avere un orgasmo, Andrea non riuscì più a trattenersi e svuotò il suo carico sul viso e sulle tette di lei.
Quando tutto finì si ritrovarono sdraiati sul letto. Maria si alzò e andò in bagno a ripulirsi sommariamente. Quando ritornò nella stanza lo vide sdraiato, il suo cazzo non era più come un pennone, si era adagiato di lato, però aveva mantenuto una bella consistenza.
“Sdraiati e allarga le gambe”, gli ordinò lui.
Lei obbedì immediatamente, stordita per quanto voleva il suo cazzo. Si afferrò la parte posteriore delle ginocchia. Le tirò verso di sé e le allargò, esponendosi completamente al ragazzo. Le sue grosse tette ora erano piatte contro il petto.
Maria sentì la testa del suo attrezzo muoversi su e giù lungo le sue labbra vaginali.
Questo ebbe l’effetto che Andrea sperava.
“Oh Andrea, è così bello, continua così per favore.”
Tuttavia lui le tolse il cazzo e disse: “Se vuoi che questo continui, se vuoi di più, allora chiedimelo adesso”.
“Oh sì, sì, sì, scopami.”
Andrea glielo mise dentro di botto. Appena la sua figa venne riempita Maria lanciò un urlo:
“Stronzo”.
Andrea si bloccò e la guardò.
“Non così di schianto, alle donne piace essere prese lentamente, vogliamo gustarlo poco alla volta.”
“Scusa.”
Poi cominciò a sbatterla per bene, a ritmo costante, godendosi quel corpo maturo, i grossi seni che saltellavano avanti e indietro, fremendo nel sentire quanto quella carne molle lo facesse godere.
I loro corpi si scontravano rumorosamente mentre lei gemeva e piagnucolava forte. I suoi grugniti echeggiavano nella stanza mentre il suono del cazzo che sbatteva nella figa bagnata riempiva la stanza.
“Oh Andrea, mi farai venire. Per favore, non smettere di fare quello che stai facendo, sì, più in profondità, più forte, oh mio signore, sto per venire, io, oh sìììì… godoooo!”
Detto questo, Maria urlò mentre l’orgasmo le prendeva il corpo e lei ebbe l’orgasmo più grande e forte della sua vita. Singhiozzò e ansimò per tutto il tempo, dimenandosi sotto Andrea, mentre lui continuava a penetrarle la figa.
Maria era in estasi, al punto che non si accorse che lui l’aveva girata e aveva cominciato a scoparla da dietro. Mugolando di piacere lo implorava di scoparla più forte e più a fondo. Andrea sollevò la mano e la fece scendere rapidamente sulle sue natiche increspate.
“Si, si così! Sculacciami!” gemette, mentre la sua mano le schiaffeggiava il culo più e più volte.
Ormai non capiva più nulla, era come se fosse precipitata in un vortice di beatitudine assoluta. Erano anni che non veniva scopata così.
“Sei fantastica, cazzo! – le disse lui – Ti scopo tutta, ti scopo tutta quanta!”
“Dammelo …dammelo. Senti come sono bagnata … fammi godere ancora.”
Maria venne di nuovo. Mentre il suo corpo era squassato dall’orgasmo, ancora col cazzo di lui dentro la figa, lanciò un gemito acuto, come la peggiore delle cagne in calore. Quando si placò lui la buttò sul letto, come se fosse un burattino nelle sue mani, e le si inginocchiò accanto cominciando a segarsi violentemente.
“Aprì la bocca, troia!”, gridò lui.
Maria obbedì eccitata. Spalancò la bocca più che poté e tirò fuori la lingua, lambendogli la cappella. Lui venne con dei gemiti d’animale, sborrandole in bocca e sul viso. Maria ingoiò tutto golosamente, mentre sentiva della sborra colargli deliziosamente sulle tette.
“Che scopata! Che puttanone!”, le disse lui carezzandole la figa.
“Non riesco ancora a credere che sia successo davvero”, gli rispose lei.
“Beh, magari se mi permetterai di continuare a scoparti, prima o poi ti convincerai…”, scherzò lui.
Angela gli sfiorò il cazzo con dolcezza, si strinse a lui e lo baciò sulla bocca:
“Diciamo che è’ stato un altro acconto?”



scusa, al quarto sono bloccato!
ti ringrazio, mi fa molto piacere sapere che ti sia piaciuto! il secondo capitolo l'ho completato. nel terzo sono bloccato.…
ne ho scritti altri con altri nick...spero ti piacciano altrettanto.
Vedi la tua posta indesiderata
Ti ho scritto, mia Musa....attendo Tue...