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Diario piccante di… Aida

By 10 Marzo 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Capita sempre nella vita di innamorarsi di qualcosa o di qualcuno. C’&egrave stato chi ha sposato un ricco mercante, chi ha preferito storielle saltuarie con amici e chi, come me, vive di piccole scappatelle. Scappatelle a volte interrotte da finte storie serie durante le quali castigo il mio corpo ad una struggente monogamia che poco ormai tollero.
Sono Aida, 23 anni. Statura normale per essere una ragazza, seno sodo ed equilibrato, fisico asciutto e leggermente palestrato, ventre piatto e fianchi armonici con delle accennate e ben volute maniglie dell’amore; capelli ramati lunghi fino a poco sopra il didietro, occhi azzurri – verdastri. ‘Una figona!’ direste, e infatti &egrave ciò che pensano la maggior parte dei ragazzi che conosco. Molti si innamorano del mio corpo, a molti fa piacere chiacchierare con me, ritenendomi, a detta loro, ‘dolce e gentile’. Tutti, però, restano increduli quando si tocca l’argomento che &egrave fra i più scomodi, non pochi infatti restano freddi nel venire al corrente dei miei gusti sessuali. Fin da ragazza, infatti, ho sempre saputo di essere lesbica. Vi chiedereste ‘Come si fa a saperlo?!’. Bella domanda! So solo che mentre tutte le altre ragazze si invaghivano del fighetto di turno, io mi invaghivo di loro, le guardavo con interesse, sognavo di baciarle, di toccarle, di essere fra le loro braccia, di stringerle fra le mie e coccolarle. Poi pian piano ho provato i miei primi amori, sempre di nascosto, con ragazze, lesbiche o bisex che siano, ed &egrave stato fenomenale. Mi sentivo me stessa con loro, non avevo da mentire. Era bellissimo. Molte mi spinsero a provare a stare con qualche ragazzo, come se la mia omosessualità potesse diventare reversibile, come se potessi scoprire dalla sera alla mattina di poter convivere con un uomo solo perché ‘&egrave normale’ o ‘&egrave giusto adeguarsi a volte’. Nonostante tutto io mi ci sono impegnata e ci ho provato. Ma i tentativi sono stati tutti pietosamente fallimentari. Ragazzi, beh. Magari non era male uscirci insieme, come amici però. Per quanto riguarda l’intimità’ Beh, non mi ha appagato più di tanto essere trafitta in maniera brutale e con così poca attrazione.
Son rimasta così ad accaparrarmi la prima che passa il sabato sera in disco, quelle rare volte in cui ci vado, a strappare languidi momenti ad amiche, a baciare quando ne ho bisogno, ad invaghirmi delle ragazze più belle e più sinuose, sensuali, splendide. La mia attività sessuale va a periodi, ci sono mesi in cui supero le dieci volte a letto e altri mesi in cui a stento ne raggiungo una, o due.
L’ultima storia di lunga durata &egrave stata con una ragazza bionda della mia stessa età, Barbara. Poco più alta di me, non fisicamente perfetta, ma provocante al punto giusto, sensuale, dolce, passionale. Era sempre decisa e sapeva prendermi, ormai conosceva tutti i miei bisogni e li soddisfaceva in maniera impeccabile. A letto era una vera maialina, sempre piccante e pronta a prendere le redini delle situazioni più ambigue, nonostante sono sempre stata io ad avere il ruolo di regista nella coppia e sotto le coperte.
Avevamo molti interessi in comune, andavamo in bici insieme, ci truccavamo a vicenda, patite per lo shopping e appassionate del buon vino e delle cenette ‘snob’ nonostante l’età. Amanti dei cavalli frequentammo anche un corso di equitazione per un periodo della nostra storia, fin quando un giorno tutto finì. Me lo disse un freddo giovedì sera, dopo che, come sempre, l’avevamo fatto rotolandoci e coccolandoci nel letto tra le lenzuola che accarezzavano i nostri corpi nudi ormai stremati dalla passione. Non fu un vero e proprio addio, fu più come un ‘arrivederci’. Ognuna per la propria strada, per un po’, senza mai perderci definitivamente di vista. Senza pensarci troppo, con delicatezza e scioltezza delle menti, con libertà di fare ciò che si voleva. Mandarci qualche messaggio di tanto in tanto, rivederci per qualche cenetta a lume di candela, anche se saltuaria, che ci riaccendeva, per qualche sera, come due piccioncine. Ero sempre più cotta di lei e Barbara lo sapeva. Quando la situazione le divenne sconveniente decise di non farsi sentire più. Di sparire. Non rispondeva neanche più ai messaggi. Ero in preda alla disperazione più buia’
L’unica scappatoia da quella becera depressione che mi teneva tra le braccia la trovai nel vino, quel buon vino che bevevamo insieme. Ne bevevo molto a casa, ne consumavo molto quando uscivo. Trovai delle osterie che ne vendevano a prezzi quasi stracciati. Ed ogni sera mi rifugiavo nella mia ormai solita nube rossa, un’aura di malinconia mista a fallace allegria mi coccolava e mi sbatteva, mi dilaniava dall’interno ma mi appagava. Era ormai una routine.
Una sera, però, accadde qualcosa di veramente strano. Seduta al bancone della locanda bevevo del vino, come al solito, osservando gli altri felici avventori giocare a carte o a carambola. Una ragazza, visibilmente più grande di me anche se non di molto, si sedette accanto a me e ordinò un cocktail. Quale cocktail? Beh, non che ricordi molto! Insomma la guardavo forse con molto interesse anche se non me ne accorsi, non riuscivo a far finta di nulla. Mora, capelli lunghi, seno prorompente e alto, abbondante, fisico mozzafiato. Viso addolcito, occhi scuri, naso a leggermente a punta ma ben proporzionato al viso e alla fronte incorniciata da qualche ciocca di capelli. Insomma, ‘Troppo perfetta per essere una donna naturale’ pensai fra me e me. Continuavo a guardarla, a fissarla, ad ammirarla. Credo che se ne accorse, mi sorrise. Girai subito il viso verso la parte opposta come risposta incondizionata a quel sorriso e sperai che non fosse vero, che non m’avesse notato, che quel sorriso era stato una semplice immaginazione.
Restai così girata a sorseggiare il vino per un po’, sguardo perso e pensieroso ‘ammesso che il grado alcolico mi permettesse ancora di pensare- .
Ad un tratto una voce femminea e sensuale si fece strada tra i miei capelli fino a penetrarmi nell’orecchio. Doveva essere la voce di quell’inno alla bellezza che era seduto accanto a me. ‘Comunque piacere di conoscerti, sono Pamela’ mi disse sussurrando. Sorrisi e con un filino di voce risposi ‘Aida” rimanendo a bocca aperta.
– Sei da sola? ‘ mi chiese.
– Si. ‘ le dissi.
– Abiti lontano da qui?
– In realtà non molto, sono venuta con il bus. ‘ Le risposi balbettando un po’.
– Si &egrave fatto tardi, devo andare ora. ‘ continuò ‘ Ma se vuoi posso accompagnarti.
Rifiutai. Non do filo agli sconosciuti o alle sconosciute a meno che non sia a caccia di qualche scappatella, ma date le mie condizioni alcoliche e depressive non ero capace di prendere decisioni e non mi sarei voluta trovare da sola con una ragazza così bella.
– Vieni spesso qui, Aida? ‘ Fu la sua domanda.
– Si’ – dissi con un fil di voce.
Mi sorrise ancora. ‘Bene, spero di rivederti presto. Buona serata!’ E con queste parole si allontanò ancheggiando. Il suo passo era uno spettacolo teatrale.
Tornai a casa frastornata da pensieri i più vari, di lei, della sua bellezza. Pamela, si chiamava’
Frequentai ancora per molti giorni quel bar sperando di rivederla, fin quando, alcune settimane dopo, sempre con un calice di vino tra le mani, la scorsi da lontano bere birra seduta ad un tavolo nascosto. L’istino mi prese all’istante e, più lucida della volta scorsa, mi avvicinai con prontezza.
‘E’ libero, sei da sola?!’ Le dissi con voce energica.
‘Siedi pure, mi fa piacere vederti!’ Disse e mi sorrise ancora, con l’altra volta. Era splendida.
Iniziammo a parlare del più e del meno, bevemmo molto tra una parola e l’altra. Confessò di essere la segretaria in uno studio di avvocati, di avere qualche altro lavoretto e di essere sola. Le parlai un po’ di me, della mia storia conclusa definitivamente ma che ancora mi trascinavo dietro, della mia inettitudine, ma non le dissi che si trattava di un amore omosessuale, non le dissi di esserlo in realtà. Si fece tardi e insistette per portarmi a casa. Accettai.
Quando si alzò notai l’abbigliamento di Pamela: Gonna al ginocchio, giacca di pelle abbottonata sul ventre a coprire, anche se parzialmente, un décolleté invitante e tacco. ‘Che figona’ pensai e le sorrisi.
Sculettò fino alla sua automobile, un’utilitaria, e mi aprì lo sportello per farmi salire. Si mise al volante e mi chiese dove abitassi. Le diedi l’indirizzo e con un sorriso disse ‘Oh, dobbiamo passare prima da casa mia, ti fermeresti per un caff&egrave?’ Titubante diedi risposta negativa, ma insistette e così, dopo molti tentativi di persuasione, accettai inebriata da quel corpo che mi stava accanto.
Casa sua era classica, qualche quadro, forse un paio di mobili d’antiquariato. Una cucina semi-abitabile ed un salotto, poi altre due stanze.
Sculettando ancora mise la moka sul fornello e sorridendo riprese a parlarmi della sua vita, delle sue abitudine, e mentre parlava toglieva via i vestiti. Si metteva comoda, diceva.
Non so se le sua movenze erano sensuali per davvero o era la mia mente ad immaginarle tali, so solo che quando restò solo in reggiseno a cercare qualcosa nell’armadio ero sul ciglio della porta a spiarla, a guardarla con sfacciatezza a volte e a contemplarne le natiche ancora coperte dalla gonna.
‘Cosa c’&egrave?!’ Disse girandosi verso di me e guardandomi. Ridacchiando le risposi: ‘Nulla, ti guardavo! Non posso?!’
‘Se tanto ci tieni” iniziò a dire, ma il fischio della moka ci interruppe, e fu lei ad andare a spegnere il fornello, camminando in casa con il reggiseno a contenerle quello spettacolo. Cercavo di starle il più vicino possibile per ammirarla. Versava il caff&egrave e intanto io le guardavo il seno, mi offriva una tazzina ed io ero ancora incantata dal reggiseno, nero come la pece.
‘Che fai?! Hai fame per caso?! Mi stai mangiando con gli occhi!!!’ Ci tenne ad esclamare un po’ ironica. Scoppiammo entrambe in una risata e bevemmo il caff&egrave. Ad un tratto spezzai il silenzio dell’atto dicendole: ‘Ti spiacerebbe essere mangiata, eh?!’ Mi sorrise ancora, ma non parlò.
Posammo le tazzine sul tavolo ed io, quasi involontariamente, allungai una mano a palparle un seno ancora trattenuto dalla coppa del reggiseno. Ci guardammo negli occhi un attimo, un attimo di imbarazzo, poi mi buttò le braccia al collo e mi baciò sulle labbra, leccandomele con la lingua. Il sapore era speciale, non saprei dire con precisione di cosa sapeva. Forse era Ambrosia! Il bacio fu lungo e appassionato, le lingue si intrecciavano, si cercavano, si toccavano, si abbracciavano. Quasi si scopavano!
Farneticò qualcosa, non capii, mi gettò sul divano e mi tirò via i vestiti, lasciandomi in intimo. Presi subito il controllo della situazione, le staccai il reggipetto e le succhiai i seni, glieli baciavo con avidità e urtavo i capezzoli ormai duri, le baciavo il ventre mentre i suoi gemiti mi eccitavano, sentivo gli umori pervadermi tra le cosce e il mio ventre era in fiamme. Era la mia donna, lo sentivo! Le leccavo l’ombelico, le accarezzavo le natiche, la sentivo gemere, godere, dare qualche urletto e ansimare di gusto. Una sinfonia celestiale. Continuavo a dirigere la scena, ma quando arrivai alla gonna cerò di bloccarmi senza successo: gliela filai via e notai una strana protuberanza tra le sue gambe. ‘Oddio &egrave un trans!’ Fu il mio primo pensiero e non feci in tempo a finirlo che già m’ero staccata da lei e la guardavo incredula. Cominciai a sillabare un ‘ma tu’ tu’ tu’ io”. Divenne rossa in viso e con aria abbattuta disse ‘Si, capisco. Lo so. Non fa niente, e scusa per la perdita di tempo’. E fece per iniziare a rivestirsi.
Mi dispiacque per la sua reazione e la guardai con occhioni dolci.
‘Senti ‘ dissi lei ‘ ma, funziona?’
Annuì ancora sfiancata e prese il reggiseno per indossarlo. La bloccai con un abbraccio, mi sorrise ancora visibilmente giù di morale. ‘Come un cazzo o come un clitoride?’ Le chiesi.
‘Normalmente &egrave un clitoride ‘ disse stringendomi forte ‘ ma con le giovani ragazze a volte si sveglia!’
Le tenni nascoste le mie insicurezze che ancora mi frenavano, mi inginocchiai da brava e le abbassai le mutandine di pizzo liberandole un membro non grandissimo, ma comunque di dimensioni notevoli. Lo presi in bocca, non era duro del tutto. Iniziai a farle un pompino, lei gemeva, ansimava; con le mani le facevo anche una sega mentre la lingua giocava con la cappella. Sussultava parole nel mezzo dell’amplesso, mi incitava a non smettere, mi spronava. Non durò molto, forse la resistenza da uomo le era venuta meno, sentii lo scroto pulsare, stuzzicai le palle con le mani, si concluse con un suo urlo liberatorio e qualche fiotto di sperma tra le mie labbra. Non lo ingoiai. Mi sedetti accanto a lei e la bacia trasferendogliene un po’. Ci coccolammo a lungo, era sfinita. Ci addormentammo così: l’una nelle braccia dell’altra, l’una nella bocca dell’altra.
Il mattino seguente mi risvegliai ancora su quel divano, con un plaid addosso mentre sentivo i suoi passi in cucina. Un po’ ancora stordita sentii l’odore del caff&egrave e mi stiracchiai. Mi portò la colazione e la posò sul tavolino di fronte al divano. Le sorrisi e lei mi baciò.
‘Scusami per averti trattenuta’.
‘Ti perdono!’. Le dissi un po’ da stronzetta e presi il caff&egrave. Lei scoppiò a ridere
‘Siamo pur sempre due nuove amiche!’ Esclamò, forse a giustificazione della situazione.
‘Ah, si! ‘ Ora si chiamano amiche?!’ Dissi con ironia e ridemmo entrambe.
Tavolo da scacchi, scacchi, bicchiere di whiskey, gambe accavallate e tanta sana concentrazione. Che bello passare le serate a studiare gli scacchi. E’ un gioco nobile, uno dei migliori. Ti insegna a pensare, ad essere uno stratega, a prevedere ciò che può accadere. Prevedere anche ciò che sarebbe successo nella vita? Beh, questo no di certo.
Proprio mentre imparavo qualche nuova mossa a scacchi, infatti, il telefono si mise a squillare. Era lei, Pamela, a chiamarmi.
– ‘Ciao Aida, buonasera! E’ da un po’ che non ci sentiamo, come stai?!’ iniziò a chiedermi con euforia.
– ‘Oi, ciao Pamela! Tutto bene, a te come va?’ le risposi.
– ‘Bene, grazie. Cosa stai facendo di bello?’
– ‘Oh beh, passo il tempo’ A cosa devo il piacere di questa telefonata?!’ le chiesi un po’ sorpresa.
– ‘Ti volevo dire’ Che noi dello studio, dove lavoro, siamo stati invitati ad un Galà. Ci hanno detto di portare una persona e’ come vedi ho pensato a te! Vogliono delle persone eleganti e garbate. Mi fido di te!’
– ‘Senti Pamela’ Non so cosa dirti, son titubante. Credi che ne possa essere all’altezza?’
– ‘Ehi, Aida. Ho tanta fiducia nelle tue potenzialità, sarai la migliore, vedrai!’
E con quel ‘vedrai’ a metà tra una raccomandazione e una provocazione che rimasi a bocca aperta, accettando la proposta. ‘Un Galà?!’ continuavo a chiedermi nella testa ‘Non vorrà mica presentarmi a tutti come sua fidanzata?!” ‘Oddio, che faccio!’, ‘Cosa indosso?!” Mi assalirono così una miriade di paranoie, di ansie, di paure, di sensi di inferiorità. E poi, la domanda principale: ‘Perché aveva chiamato proprio me?!’

Era qualche mese infatti che non vedevo Pamela. Lei &egrave sempre impegnata, tra lavoro e le svariate attività che tiene nel tempo libero, l’estetista, la sauna, il massaggio. Insomma, oltre a lavorare molto si prende anche molta cura del proprio corpo. E’ sempre impeccabile per quanto riguarda l’abbigliamento, sempre elegante, sempre gentile nei modi e nelle parvenze, spesso dolce e sensuale all’occorrenza. Cosa che di certo non si poteva dire di me. Non sono mai stata alla sua altezza, non ho mai raggiunto la sua eleganza. Perfino nei tagli di capelli ero sempre più semplice di lei. Beh, di me quasi si può dire che non abbia la vanità di una ragazza! Ma forse era questo che le piaceva e la spingeva a stare con me, era questo mio essere ancora incondizionata, ancora ingenua ‘ insomma, ancora naif ‘ che la divertiva, l’appagava, la estraniava da quel suo mondo molto chic e perbenista nel quale trascorreva, e trascorre tuttora, le sue giornate.
Era un po’ che non la vedevo, forse quasi un mese. Di certo non potrei dire che non mi mancasse. Pensavo spesso a lei, infatti; era un pensiero fisso, mi accompagnava a lavoro la mattina e a casa di sera, mi seguiva negli studi, mi coccolava a letto. In fin dei conti era la donna più donna che avessi incontrato fino ad allora, anche se donna, in termini rigorosi, ancora non le era del tutto. Ed era forse questo ad attrarre me. Questo suo lato maschile che ogni tanto veniva fuori, sempre e solo con me, e mi faceva sentire amata da una ragazza splendida e da un ragazzo meraviglioso.
Eravamo già uscite insieme in passato, al cinema, nei ristoranti, trascorso varie cene a lume di candela, ci siamo divertite in pub, raramente siamo andate anche in discoteca ‘ raramente per colpa mia, non la preferisco molto ‘; alle volte da sole, altre volte con le nostre comitive. Mi ero inserita bene tra i suoi amici così come lei si era inserita tra i miei. Ad un Galà, però, non c’ero mai stata, né tantomeno mi ci avesse portata qualcuno fino ad allora. Terminata la telefonata rimasi a guardare la scacchiera, whiskey nella mano sinistra, nella destra il telefono. Lo guardavo incredula, aspettavo che mi chiamasse ancora. Avevo voglia di sentire la sua voce, avevo bisogno di sentirmi sicura.
Fu un sorso, un solo lungo sorso e tutto il whiskey scese lungo la mia gola. La scacchiera ferma, ora che la guardavo bene, mostrava il re in scacco, proprio come mi sentivo in quel momento: una pedina da difendere eppure in scacco, dalla vita, dalla situazione, dal Galà.
‘E se non fossi stata il massimo, che figura avrebbe fatto Pamela? Che ne sarebbe stato di me? Cosa, ancora, del nostro rapporto??’ Incrinare una storia così per una sera’ non credevo ne valesse la pena.
Guardai l’orologio, era tardino. Mattino successivo sveglia alle 6.00. Mi spogliai, mi svestii ancora pensierosa, indossai il pigiama e mi fiondai sul letto, sopra le lenzuola, ad ammirare il soffitto, sguardo fisso, immobile, ghiacciato. Pensavo e ripensavo a quella chiamata, alla sua voce, alla sua proposta, al suo ‘vedremo’.
Non riuscivo a chiudere occhio, i pensieri mi martoriavano il cervello. La musica mi ha aiutato a prender sonno. Dopo solo quattro ore di sonno, mi destai.
Presi il telefono, 6.01. Composi ansiosa il numero di Pamela. Era troppo presto, non chiamai. Mi sono preparata per uscire, per cominciare la giornata. Ho aspettato di essere sul bus, alle 7.30. Rifeci il numero. I rintocchi del telefono mi facevano salire il cuore in gola.
– ‘Buongiorno!’ esordì Pamela rispondendo ‘A cosa devo il piacere di questa chiamata?! Dormito bene, cara?!’
– ‘Mica tanto’ buongiorno comunque, eh. Senti, mi aiuteresti a scegliere l’abito giusto, ad essere adeguata per la serata?’
La sentivo ridacchiare al telefono. ‘Ma certo, cara!’ mi disse ‘Oggi sono impegnata, se vuoi domani andiamo in una boutique, compriamo qualcosa da farti indossare. Ti va?!’.
Mi rassicurò molto e acconsentii. Mi rimase un sorriso stampato che trascinai dietro per tutta la giornata, sapevo che mi avrebbe fatto fare la scelta giusta, ero nelle mani migliori!!
Il giorno seguente, come promesso, Pamela suonò al citofono del mio palazzo. Scesi senza farla aspettare. Era una vera favola, vestita da vera donna di classe. Mi salutò con un bacio sulle labbra ed un abbraccio sensazionale, restai appiccicata al suo seno per un po’ cingendole il collo con le braccia e con agilità salii nella sua auto. Fare shopping con lei sarebbe risultato un vero stress anche per una donna, era instancabile, era assurdo vederla girare così tanti negozi e sfilare tra così tanto vestiti. Verso metà giornata entrammo in una sartoria, una di quella da abiti su misura, ma ne aveva qualcuno di già confezionato. Già dall’insegna e dalla vetrina si capiva che fosse uno dei migliori e uno dei più sofisticati, ed i capi esposti costavano una fortuna! A vedere cifre a quattro zeri il mio viso sbiancò, lei se ne accorse. MI abbracciò ancora e con un filino di voce mi sussurrava all’orecchio ‘Tranquilla, &egrave un mio regalo. Ci penso io!’. La sua voce così sensuale mi entrava dritta nel cuore, sapeva come prendermi, ormai l’aveva imparato bene. Era pur sempre la mia amica migliore, il mio migliore amico. Mi tornarono le forze e ricambiai l’abbraccio rispondendole con un energico ‘Grazie!’, entrammo.
Le commesse erano tutte belle, molto carine, vestite in modo elegante e con una postura impeccabile su dei tacchi anche abbastanza scomodi. Una di loro con fare molto professionale ci chiese se volessimo un vestito preconfezionato o se avessimo preferito prendere le misure per farne uno su misura, insomma, diceva di avere un ampio catalogo di stili. Pamela rispose al posto mio, disse di voler vedere prima qualcosa di finito. La ragazza annuì e ci chiese di seguirla in un’ala del negozio. La vista era immensa, abiti, vestiti interi, vestiti a pezzi, scarpe con tacchi e senza, cappelli. Vendevano praticamente di tutto!
La mia accompagnatrice se ne intendeva di quegli abiti, ne sceglieva la stoffa, la qualità, la taglia, persino il colore. Io ero lì, imbambolata, a guardarla operare in un settore che le si addiceva molto. Dopo non poche ricerche selezionò dei pezzi, me li mostrò, mi chiese di indossarli e di scegliere quale mi sarebbe potuto piacere in particolar modo. La commessa ci accompagnò ai camerini. Entrai. Il primo era un abito a tubo, azzurro, taglio classico, non male; il secondo, classico pure questo, rosa e con gonna principesca. Non mi stava male del tutto ma di certo non si addiceva a me. Il terzo fu un colpo di fulmine! Nero a sirena con perline. Sembravo davvero una donna di classe. Quando uscii dal camerino Pamela diede un ‘uuuuh uuh!’ di sorpresa e di gusto. Era fatta, era quello il mio vestito!
Scegliemmo anche le scarpe, naturalmente con il tacco 16. Come promesso pagò lei. Uscimmo dal negozio e, scrutata da lontano una gelateria, ci fermammo a prender qualcosa.
‘Ti ho vista abbastanza esperta con i vestiti, te ne intendi?!’ le chiesi con fare abbastanza disinvolto e senza celare una certa curiosità rispetto al suo passato.
‘Devo dire ‘ cominciò dicendo ‘ che ho lavorato in una di queste boutique, anche se non qui. E’ stato all’inizio della mia transizione. Erano le prime volte da Pamela.’
Rimasi sorpresa in realtà, non mi aveva mai accennato nulla della sua vita prima di essere Pamela, né tantomeno aveva mai parlato della transizione. Sentivo che qualcosa in lei voleva entrane in me, sentivo che si stava aprendo, che si fidava troppo. Sbagliava? Questo non saprei dirlo. Non ero nemmeno sicura se quello che stava succedendo fosse giusto o meno. Insomma, la nostra non era un vera e propria storia. Assomigliava di più ad un’avventura tra ragazze strane e irregolari, amanti dei giochi di ruolo e delle perversioni; giocavamo ad essere una coppia, ma quanto di coppia poi c’era effettivamente tra di noi?
Anche l’invito al Galà mi lasciava perplessa. Aveva una miriade di amiche e di amici, aveva una vita diversa dove io entravo solo nei rari momenti in cui ne avevamo voglia e nella quale ero entrata quasi per sbaglio. Avevo accettato quel pezzo di carne che aveva tra le gambe, &egrave vero, e forse era questo a spingerla ad appoggiarsi a me, a baciarmi ancora come la prima volta, a trasmettermi passioni sempre diverse. Cosa sarebbe diventato quel Galà nella nostra vita, beh, questo restava un vero mistero. Nemmeno un grande stratega o il campione di scacchi avrebbe saputo prevedere mosse così bislacche e irregolari.
La chiacchierata tornò sui soliti, banali, argomenti. Continuò così la nostra giornata: una passeggiata, un giro in auto e di nuovo a casa. Ci salutammo, consce del fatto che non ci saremmo viste prima della grande serata.
La ‘grande serata’, il Galà, non si fece aspettare. Passai la giornata a vestirmi e truccarmi per essere al meglio. Pamela, come ogni volta, suonò due volte al citofono. Scesi. Mai donna era stata così affascinante. Il suo vestito grigio le stringeva un po’ i seni gonfiandoli verso l’alto, il colore grigio topo e i brillantini risaltavano il suo corpo, le sue curve e le sue generosità.
Pur essendo vestita e truccata in modo elegante non potevo mai competere con lei. Il suo profumo riempiva la macchina e i miei polmoni. Era inebriante, forte, mi ero innamorata di lei come la prima volta che la vidi, come quando la conobbi. Il viaggio fu al più silenzioso, non avevo il coraggio di parlare e non volevo smettere di guardarla, di odorarla, di perdermi nella sua bellezza.
Arrivammo al Galà, scesi dall’auto e le aprii lo sportello, le porsi un braccio. Uscì, mi diede una pacca sulla spalla e ci incamminammo all’entrata. Presentò l’invito e quando fummo dentro una piacevole melodia ci accolse. C’era il piano bar, tanta gente, un buffet enorme e tanto champagne. Incontrai molte persone, molti dei quali suoi colleghi di lavoro. La serata era un inno all’eleganza, tutti così impaccabili, tutti così galanti. Quasi quasi la cosa iniziava a piacermi. I suoi collegi mi riempivano di complimenti, mi consideravano uno splendore e Pamela ne rideva, mi lanciava sguardi, sorrisi, occhiatine inequivocabili. Uno dei tanti mi invitò a sedere, mi offrì del vino, mi chiese della mia attività delle mie giornate, alla conversazione si aggiunsero altre persone, uomini e donne, l’ambiente era piacevole in fin dei conti. Ci fu anche un attimo per il ballo, mi invitarono in molti a partecipare ma desistetti. Pamela invece si fece trascinare da un imprenditore di bella presenza e anche molto fine. La guardavo volteggiare tra la gente e molti dei miei vicini non riuscivano a staccarle gli occhi di dosso.
Finì la festa, terminò lo spettacolo. Sorrisi alla mia Pamela e appena fuori la ringrazia con un abbraccio. Lei mi baciò di tutta risposta. Restammo così l’una nell’altra per un po’. Prese a passarmi una mano nei capelli e quasi quasi iniziai a fare le fusa. Salimmo in macchina, ero stanchissima, ma lei lo era di più.
Mi portò a casa, la invitai a salire. Accettò sorridendo e fu subito su, precedendomi nelle scale. Appena dentro mi accasciai di schiena sul divano, esalando un sospiro di stanchezza. Pamela sedette accanto a me, alla mia testa, e mi accarezzò il volto per un po’. Le sue mani liscissime mi regalavano un senso di protezione e amore, le sorrisi per tutta la durata del trattamento. Mi misi a sedere accanto a lei, ci coccolammo un po’, ci baciammo per molto. Le liberai il seno da quel vestito, era bellissimo, sodo, proprio per essere amato. Le diedi dei piccoli baci, poi iniziai a farle qualche succhiotto intorno ai capezzoli, gliele leccai, le stuzzicai i capezzoli oramai induriti. Lai sussultava e ansimava un po’, ma con moderazione, intanto io le accarezzavo il ventre senza scendere troppo, senza arrivare alle cosce. Lei allargava le gambe, si muoveva, inarcava la schiena; io le baciavo il ventre, le scoprivo il corpo. Scivolò giù il vestito e rimase solo in perizoma. Perizoma poi che conteneva un membro quasi in erezione, a cui stava piacendo il trattamento e le attenzioni che dedicavo alla mia dolce Pamela. Non glielo liberai subito, volevo sentirla godere da donna ancora per un po’, la riempivo di baci e la sfioravo nei punti più sensibili. Quei gemiti mi spingeva a continuare e a far di meglio. Poi il momento. Tolsi via il tessuto e presi tra le mani il pene. Glielo segavo con passione e gusto, davo dei baci su tutto il pube perfettamente depilato e curato, leccavo lo scroto fino a baciarle sotto il buchetto. Pamela impazziva, gemeva, ansimava, non ce la faceva quasi a parlare e dava dei segni di incitamento, mi teneva una mano tra i capelli mentre con l’altra si toccava i seni, se li stringeva, si strizzava i capezzoli. Le sue urla erano come musica. Quando il membro era ormai abbastanza duro mi fermai, mi misi ritta dinanzi a lei e con movimenti più mistici che seducenti tolsi via gli abiti restando in lingerie, la guardavo con occhi lucidi e piccanti. Giù il tanga ed eccomi, pronta ad essere penetrata.
Era la nostra prima volta, era la prima volta che m’avrebbe cavalcata. Fino ad allora c’eravamo fermata al pompino semplice, quello banale, che le praticavo anche in auto.
Mi misi su di lei e piano piano scendevo ad accogliere dentro quel suo arnese ormai marmoreo. Pamela tirò indietro la tesa e a ritmo emetteva gemiti, io intanto aumentavo quel ritmo, le sbattevo letteralmente i seni in faccia e continuavo. Non aveva il preservativo. Dopo qualche minuto in quella posizione mi afferrò per i fianchi e tra un urletto ed un altro disse ‘Sto’ per’ veni’ venire’. La cosa non mi preoccupò e continuai ancora a fare su e giù, sentivo il suo ventre pulsare e contrarsi. Un urlo di piacere. Pamela mi venne dentro, io mi fermai senza staccarmi da lei, anzi, aderendo col mio corpo sul suo la baciai. In un primo momento lei era troppo stordita, ma poi ricambiò con passione.
Restammo così per un po’, lei riprese conoscenza e si allarmò. ‘Tesoro! Ma” La bloccai subito’ ‘Da quando ti ho conosciuta prendo la pillola’ le dissi. Lei scoppiò in una tremenda risata. Mi staccai dal suo pene ormai tornato moscio. Accompagnata dalle sue mani mi stesi sul divano, la sua testa fra le mie cosce, iniziava a leccarmi e a ripulirmi del suo stesso seme. Era sensazionale, bellissimo. Ora ero io ad ansimare e a gemere ai suoi colpi di lingua. Continuò così per un po’, ma non raggiunsi l’orgasmo comunque. SI fece tardi, troppo tardi. Lei aveva pur sempre dei limiti, era pur sempre ancora un mezzo uomo. La obbligai a rimanere da me, avevo un letto a due piazze. Dormimmo così, entrambe nude, abbracciate a cucchiaio, io fra le sue braccia, tra le sue attenzioni, con il suo respiro sul collo.
Il giorno dopo mi svegliai tardi, lei non c’era più. Mi aveva staccato la sveglia. Sul comodino c’era un cofanetto con un foglio sotto. Presi il foglio, era la sua grafia.
‘Tesoro ieri sera al Galà avrei voluto dirti qualcosa di davvero importante per me. Con te sto bene, mi fai sentire una vera donna cosa che, a quelle come me, capita ben poche volte ancora. I momenti con te son sempre così magici, sai come farmi star su e sei sempre la persona giusta per confidarsi. Insomma, non saprei come dirtelo, ma dalla semplice attrazione fisica sento di essermi infatuata di te, o forse innamorata, non saprei ben dirlo. Nel cofanetto c’&egrave qualcosa per te, scusami.’
Presi il cofanetto, lo aprii con le mani un po’ tremanti. La sorpresa! Dentro c’era una fede in oro bianco. Gli occhi mi luccicavano a quella vista strepitosa, lo presi e notai un altro pezzetto di carta proprio sotto. ‘Vuoi essere la mia fidanzata?!’ C’era scritto.
Stavo per avere un mancamento. Era’ era’ era forse un sogno?!
Appoggiai l’anello sul comodino e rimasi a pensare ammirando il sole fuori dalla finestra…
Aver iniziato una relazione con Pamela era splendido. Era sempre gentile, cara, dolce. Mi faceva star bene sempre. Quando ero con lei quasi dimenticavo del resto, non mi interessava più nulla. C’eravamo solo io, lei e il nostro amore. Andavamo spesso in locali di classe, qualche volta si andava in qualche pub, ci incontravamo la sera per giocare a scacchi, a carte e per fare di meglio! La mia vita andava a gonfie vele, almeno così sembrava. Un giorno, però, tutto cambiò in qualche attimo. Dopo un litigio in ufficio fui licenziata dal lavoro, rimasi senza stipendio e iniziai ad avere problemi economici. Mantenere la casa, pagare l’affitto, mangiare. Non mi era più tanto facile. Pamela mi fu molto vicina, mi consigliava, si impegnò perfino per trovarmi un lavoro, ma nulla. A seguito dei continui rifiuti e delle difficoltà iniziai ad isolarmi dal mondo, stavo da sola, parlavo poco e raramente mi alzavo dal letto. Ero depressa insomma. Non rispondevo nemmeno più al telefono cosa che a Pamela non piacque anche se faceva di tutto per stimolarmi ad uscire, a riprendermi, a fare qualcosa. Io, però, non ci riuscivo. Mi era difficile pensare positivo. Passò il primo mese, poi un secondo. Al terzo lo sfratto. La mia ragazza era all’oscuro di tutto, io stavo per tornare dai miei. Mi telefonò, le dissi che cambiavo casa e lei capì subito la situazione. Insistette, mi obbligò quasi a trasferirmi da lei. Non volevo convivere con lei, l’amavo, si, ma non ero pronta a vivere con lei e poi sarei rimasta una parassita in casa sua. Non ci fu verso, venne a casa, prese tutto ciò che avevo e mi portò via con sé. Casa sua era abbastanza grande per entrambe, appena dentro ero stranita perché non c’era la stessa atmosfera solita. Ero più depressa che altro e non riuscivo più a vedere Pamela con occhi piccanti e vogliosi. Non eravamo più in intimità da mesi.
Potevo occuparmi della casa, mi disse, fino a quando non avrei trovato lavoro; poi avrei cercato una nuova casa e sarei andata via, ma fino ad allora ero sua ospite. E da ospite mi feci trattare. Dormivamo in camere separate, avevo paura a stare con lei. Era tutto così strano e controverso, tutta la mia vita era diventata strana e controversa.
Un sabato però qualcosa cambiò. Pamela era a casa come tutti i fine settimana, io sbrigavo qualche servizio per rendermi utile e lei era in bagno a farsi bella. Non la degnai nemmeno di uno sguardo, ero troppo indaffarata.
‘Aida” disse con tono di monito mentre guardava la sua immagine allo specchio ‘Non devi sentirti in obbligo in questa casa, non devi far per forza qualcosa. Non sei un peso, sei la mia ragazza e io ti amo. Capisco il tuo atteggiamento, anche io sono rimasta senza una dimora quando ho deciso di diventare Pamela, però tu non devi viverla così. Immagina di esserti presa una vacanza e di essere venuta qui in villeggiatura. L’ospite &egrave sacro, non &egrave di certo la cameriera!’
E sorrise allo specchio mentre con le forcine metteva a posto l’acconciatura. Il reggiseno le teneva alto il petto, indossò un lungo abito azzurro con le spalline bianche, rossetto, fondotinta, ombretto. Mi prese le mani bloccandomi e sorridendo esordì con un ‘Et voilà!’.
Non ero dello spirito giusto, non avevo proprio voglia. Le sorridi un po’ forzando il viso, se ne accorse ma lasciò correre. ‘Sei bellissima” le dissi un po’ svogliata e con molta invidia. Erano mesi, infatti, che non mi curavo così. Ero quasi diventata trasandata, l’aspetto ormai non mi interessava più. Volevo solo sistemarmi, era il mio unico scopo.
‘Se la mente non sta bene, il corpo non sta bene. Se non riesci ad uscire fuori da sola vuol dire che hai bisogno di aiuto.
Devo dirti che mi ha telefonato un’amica. Deve venire in città per fare colloqui di lavoro e mi ha chiesto di trovarle un hotel, io però l’ho invitata a casa. Sarà nostra ospite. Questo vuol dire che dormirà nel tuo letto e tu nel mio. Spero solo non ti spiaccia!’ L’ultima esclamazione la fece con vece energetica e mi stampò un bacio in fronte ed un altro sulla guancia. CI abbracciammo per la prima volta dopo così tanto tempo e, devo dire la verità, le sue braccia mi stuzzicarono un po’. Ancheggiando si avviò, aprì la porta e ancora al ciglio mi fece l’occhiolino mandandomi un bacio.
Appena uscì feci di tutto per aggiustare la casa al meglio, rilucidai i vetri e i pavimenti e rimisi a posto tutto. Non volevo far fare brutta figura alla mia ragazza. Sono state, forse, le due ore più lunghe. Ero incuriosita da questa sua amica, iniziai a pensare che l’avesse invitata solo per dormire con me. Forse era solo un gioco, uno stratagemma. Poi, quando mi affrancai dai miei pensieri e tornai alla realtà mi resi conto di non essere presentabile. Feci una doccia e mi aggiustai per essere il più presentabile possibile. Mi chiamò Pamela. Mi disse che tornava per ora di pranzo e mi chiese di preparare qualcosa di buono così come sapevo fare.
Guardai in frigo e cercai di arrangiarmi un po’, feci un primo e un secondo veloce per tre persone. Ero ancora ai fornelli quando cominciai a sentire le chiavi dall’altra parte della porta. Spalancò l’uscio Pamela ed esordì con un ‘Permesso!’.

– ‘Benvenute” dissi mentre ancora cucinavo.
– ‘Ecco, questa &egrave Aida, la ragazza di cui ti parlavo. La mia amata Aida.’ Disse sorridendo Pamela alla sua amica. ‘Aida, questa &egrave Fanta, la mia amica.’

Appena mi girai lo spettacolo fu tremendo. Una ragazza stupenda: scura di pelle, alta forse un metro e ottanta, labbra carnose, occhi nocciola, seno ben proporzionato, capelli lunghi e neri, magra ma non magrissima. Sorrideva. Aveva un lungo abito bianco che faceva contrasto con la pelle.
‘Piacere, Fanta.’ Mi disse con accento non del tutto italiano. Era straniera. Le sorrisi e me ne stupii. Ci stringemmo la mano e mi abbracciò in segno di saluto.

– ‘Allora, ragazze, si mangia?!’ Dissi.
– ‘Certo che si! Prendiamo posto.’ Pronta rispose Pamela.

Tutte sedute intorno al tavolo, servii tutto. C’era anche del buon vino rosso. Si parlava e si mangiava.
Fanta non era italiana, da come si poteva capire. Guineana con spiccato accento francese, parlava molto bene l’italiano, ci parlò del viaggio. Abitava in Francia ma era in Italia in cerca di lavoro visto che anche per lei le cose erano andate male. Si era anche appena separata dal fidanzato, disse, ma la cosa non la sconvolgeva più di tanto. ‘Ci sono amori che finiscono, &egrave la vita’ ripeteva a tavola. Poi quando il vino ci ebbe estraniate dalle conversazioni solite, vidi Fanta appoggiare la mano sulla spalla di Pamela e sentii l’altra appoggiarsi sulla mia gamba. La guardai in viso un po’ sorpresa e sorrisi. Ci alzammo da tavola, sparecchiai mentre le due si sedettero sul divano a chiacchierare ancora. Preparai il caff&egrave e lo portai da loro sedendomi accanto a Fanta.

– ‘Sei bellissima, Fanta, lo sai? Hai un fascino particolare. Come mai il tuo ragazzo non l’ha colto?’ le dissi con fare forse un po’ irriverente.
– ‘Oh, sai. A volte le cose belle sono anche le più difficili.’ Mi disse ridacchiando e bevendo il caff&egrave. ‘Noi donne siamo di cuore e sentimentali, a volte gli uomini non lo capiscono. Non siamo il loro strumento per i giochini dopo il lavoro.’
– ‘Hai ragione, Fanta. E’ per questo che ho scelto Aida ‘ disse Pamela ‘ E’ dolce, brava’ anche se ultimamente sta sempre un po’ giù”
– ‘Cos’&egrave successo??’ Mi chiese l’ospite.
– ‘Eh’ il lavoro mi ha scaricato e il proprietario di casa pure, insomma quasi come perdere il fidanzato” E sorrisi un po’, ma con molto sforzo.
– ‘Non ti preoccupare, tutto si sistema. CI riprenderemo!’ Disse e ridacchiò anche se in modo un po’ amaro.

La conversazione si spezzò quando Pamela chiese cosa fare nel pomeriggio. Un giro in centro e una visita in città sarebbe stata gradita alla nostra nuova inquilina, ma io proprio non volevo uscire e dissi loro di andare senza di me. Si impuntarono entrambe e non riuscii a desistere.
‘Sbrigati a prepararti’ mi dissero quasi in coro. Mi aiutarono entrambe con trucco e capelli. Alla fine del trattamento ero bella, quasi quanto loro. Passammo la giornata tra piazze e negozi, boutique, centri bellezza, profumerie e quant’altro. Mi ammiravo avidamente le due, sempre bellissime e solari, sorridenti, gioiose. Poi mentre Fanta era in un camerino a provare un top eccezionale che le scopriva ancora di più il seno e la linea divisoria Pamela mi sussurrò all’orecchio ‘Ti piace la mia amica, eh?’. Divenni rossa in viso e del tutto imbarazzata le risposi ‘Si, &egrave splendida” poi ripresi la situazione e continuai ”ma non la cambierei mai con la mia Pamela!’. La sonora risata della mai ragazza sfociò in un abbraccio. Ancora nessun momento di intimità, ancora nessun bacio. Sembrava che la nostra storia fosse tornata ad essere un’amicizia. Fanta fu fuori dal camerino, si guardò allo specchio. ‘Come sto??’ ci chiese. Io avevo gli occhi sgranati e puntati sul suo fisico mozzafiato. Gonna e top, gambe eccezionali e dritte, fondoschiena da urlo e seno attraente. ‘Cosa vuoi che ti rispondiamo? ‘ disse Pamela ‘ non ci sono parole per descriverti! Su, dai, sbrigati che si &egrave fatto tardino!’.
In effetti il negozio era in chiusura e a noi venne il dubbio su cosa fare la sera. Di tornare a casa non se ne parlava, dovevamo passare un sabato sera da urlo! Pensavo tra me e me. La mia dolce metà ci trascinò in un locale per l’aperitivo, pre-serata, poi a ballare!
Peccato che io ero un vegetale, avevo la vitalità sottozero. Guardavo le due accompagnatrici sempre belle e chiacchierone. Poi tre ragazzi si avvicinarono. Cominciarono ad attaccare bottone, si scherzava, si bevevano molti cocktail. Fanta non staccava gli occhi da uno loro. Era il classico fighetto palestrato di carnagione chiara e capelli biondi, classico tipo del nord Europa. Tra balli, alcol, risate e musica i due si allontanarono e per un po’ furono fuori dalla nostra vista. Gli altri due intrattenevano me e Pamela, o meglio era Pamela che intratteneva noi altri tre e ci animava gestendo la situazione da regista quale era. Fu solo a notte tarda che Fanta si ricongiunse a noi e ci chiese di tornare a casa. Lasciammo il locale. Durante il viaggio la stuzzicavamo, le chiedevamo del ragazzo, se fosse stato almeno bravo. ‘Peccato che sia durato poco!’ E risata generale.
Una volta a casa ero stanca e stremata, salutai le altre due e come convenuto mi stesi sul letto di Pamela. Loro rimasero ancora a parlare mentre io stavo per assopirmi tra le braccia di Morfeo. Pamela venne a letto, si spogliò e quando fu sotto le coperte mi strinse a sé. Tra sonno e veglia mi feci ancora più vicina al suo corpo. Ci baciammo con intensità. Di colpo mi accorsi che il suo sapore mi era mancato moltissimo, non volevo staccarmi più. Mi leccò le labbra. Istintivamente una mano prese a toccare l’arnese di lei, di colpo glielo stavo masturbando. Sorrideva e le piaceva, lo sentivo tra le mani e dai baci che mi dava. Continuavo. Erano forse 5 mesi che non lo facevamo. In un momento di eccitazione iniziai a baciarle il petto, i seni, i capezzoli ormai duri e tutto intorno. Il membro le venne duro, pulsava nella mia mano che non smetteva di dimenarlo. Volevo piacere e volevo darne tanto a lei. Con forza la stesi con la schiena su letto e immersa nelle lenzuola le baciavo il ventre, le leccavo l’ombelico, le accarezzavo il pube e le segavo il membro. La discrezione ci aveva forse abbandonate dal momento in cui Pamela ansimava e gemeva a voce alta. Seguì la pompa, il suo pene tra le mie labbra, la mia lingua ad avvilupparsi intorno per darle piacere, qualche piccolo morsetto sul glande e tanti baci sullo scroto. Pamela era in preda al piacere, gemeva, ansimava, godeva. Pulsava ormai dappertutto. Quando venne il seme si sparse su tutto il mio volto, sul seno, sul ventre. Qualche goccia anche fra i capelli; il momento era così frenetico che non ci fermammo, anzi fu lei che prese le direttive del gioco e mi leccò tutta, prima togliendo il suo sperma e poi succhiando i miei umori tra le gambe. Ora ero io ad urlare e cercare di smorzare i gemiti con le labbra. Le gambe cominciarono a tremare quando ormai la sua lingua si faceva strada tra le piccole labbra della mia fighetta, ci mise un dito, poi due. Spostò tutte le coperte e, quando ce l’ebbe duro abbastanza, mi penetrò sbattendomi con forza. Urlavo, avevo perso la cognizione dello spazio e del tempo. Venne ancora un volta, stavolta dentro di me. Ormai le era rimasto pochissimo sperma da riversarmi nelle viscere. Si accasciò su di me e mi accarezzò i capelli e il volto. La coccolai un po’. Ci alzammo entrambe e, cercando di non far rumore, ci mettemmo sotto la doccia per ripulirci. Questa volta io lavavo lei e lei lavava me. D’un tratto la luce del corridoio si accende, Fanta &egrave sul ciglio della porta del bagno che distrattamente avevamo lasciato aperta e ci guarda sorridendo. Era in intimo, lo notammo subito.

– ‘Beh! Finito il divertimento?’ Chiese con aria intimidatoria ma un po’ vogliosa. ‘Si può dormire in questa casa o devo trovarmi un hotel?’
– ‘Scusaci Fanta, non avremmo voluto svegliarti’ Dissi io ” Era da un bel po’ che’ ecco’ e abbiamo perso il freno inibitore.’
– ‘Oh, capisco capisco” E restò ritta a guardarci ancora un po’.

Eravamo nude, ma non ebbi vergogna. Uscimmo dalla doccia e prima che riuscissi a prendere l’asciugamano c’era Fanta a braccia aperte pronta ad asciugarci. Mise una asciugamano sulle spalle di Pamela e un’altra sulle mia. Ci massaggiava le spalle a turno, era bravissima. Asciugò le nostre schiene, ci palpava le natiche con interesse. Poi fu tra le mie gambe, mi massaggiava in maniera surreale, ero in trance. Ero di nuovo fradicia di umori e lei se ne era accorta, lanciava sguardi a Pamela. ‘Lo sa?’ Le chiese e Pamela negò.
Un brivido mi percorse la schiena quando le sua labbra carnose si fermarono e si appoggiarono alla mia vulva, con la lingua mi stuzzicava, prendeva il clitoride tra i denti, io inarcavo la schiena, avevo gli occhi chiusi, ansimavo. Pamela prese a toccarmi i seni e a baciarmeli mentre Fanta continuava il suo trattamento. La sua lingua era instancabile ed era molto più brava di Pamela con la figa, la mia amata mi succhiava la saliva dalle labbra e mi inumidiva i seni. Poi Fanta mi penetrò con un dito. Urlai. Poi il secondo, ce ne fu un terzo che mi fece digrignare i denti un po’ dolorante. Me la apriva per benino. Quando si fermò si alzò in piedi e facendo scivolare via la mutandina mostrò un pene mostruoso, almeno una volta e mezza quello di Pamela, se non due. Io rimasi a bocca aperta e, pronta a ricambiare il favore stavo per inginocchiarmi e prenderlo in bocca, qualcosa mi trattenne, erano le braccia di Pamela che mi stringevano e la sua testa sul mio seno. Fanta puntò l’arnese sulla mia vagina, lo sdrusciò con la cappella. Mise il preservativo e con un colpo iniziò a penetrarmi. Sobbalzai un po’, era bellissimo vederla da quella angolazione. Era così donna quando non le si vedeva il pene, stavo per essere spezzata da una nerchia nera, avevo le gambe e il ventre dolorante eppure ero affascinata da Fanta, era splendida. Una donna nonostante tutto, una bellissima donna. Pamela alzò la testa dal mio corpo, vide la scena e le scappò una risata. Baciò Fanta sulle labbra mentre quest’ultima me lo faceva entrare tutto dentro. Quando fu del tutto dentro si fermò e limonò Pamela, poi prese a stantuffare, il dolore scemava e il piacere sopraggiungeva. La mia bocca ansimava e urlava. Pamela me la tappò con il suo membro. Ero la cagna delle due trans, una mi sfondava le gambe e l’altra riceveva il mio amore dalla mia bocca.
Le mani di Fanta, affusolate e femminili, me presero ai fianchi, un colpo più forse e la sentii venire. Pamela pulsava e venne quasi in contemporanea, ma non tirò fuori che un fiotto di seme. Entrammo tutte e tre sotto la doccia di nuovo. Io lavavo i loro membri e loro si occupavano del mio seno. Andammo a letto e quasi non riuscivo a dormire per il bruciore tra le gambe.

Il giorno dopo ci svegliammo, o meglio mi svegliai. Era pomeriggio ormai, le altre due erano già sveglie e chiacchieravano. Sfatta e assonnata andai in cucina per il caff&egrave. ‘Buongiorno belle!’ Dissi.
– ‘E’ di ottimo umore la ragazza stamane!’ Disse Fanta
– ‘Non &egrave che si sarà trovata l’amante?!’ Ridacchiando disse Pamela

E tutto tornò normale, presi il caff&egrave e mi unii a loro ancora in intimo.

– ‘Fanta non sapevo tu fossi, cio&egrave’ anche tu fossi completa!’ le dissi
– ‘Beh, non lo direbbe nessuno, lo ammetto!’ mi rispose
– ‘Non dirmi che &egrave per questo che il tuo ragazzo ti ha lasciata?’
– ‘No anzi, a lui piacevo così. MI chiese anche di essere il suo uomo a letto’ Poi però a voluto dei figli e come vedi ha dovuto cambiare genere”
– ‘Mi spiace davvero” le dissi appoggiandole la mano su un braccio e accarezzandoglielo.
– ‘Anche io ed Aida avevamo in progetto un paio di figli!’ Disse ironica Pamela e scoppiammo in una risata generale.
Il lunedì tornò tutto normale, Fanta rimase da Pamela fino al giovedì, le fecero due offerte di lavoro ma voleva pensarci. Io non ne avevo trovato ancora uno.
In quei giorni imparai a conoscere meglio Fanta, diventammo amiche. Mi parlò anche di Pamela, la conosceva dai tempi della prima transizione, quando non aveva ancora un seno prosperoso insomma. Fanta sognava la vita da donna etero, ma non le dispiaceva qualche momento di bisessualità, mi disse; io le confessai di essere lesbica e che era la mia prima relazione fissa con un ‘uomo’ o meglio con un membro-dotato.
Quando partì mi dispiacque moltissimo. Speravo di rivederla, intanto mi aveva riavvicinato alla mia Pam, da quel giorno ci concedemmo più spesso attimi di amore.

Potevo occuparmi della casa, mi disse, fino a quando non avrei trovato lavoro; poi avrei cercato una nuova casa e sarei andata via, ma fino ad allora ero sua ospite. E da ospite mi feci trattare. Dormivamo in camere separate, avevo paura a stare con lei. Era tutto così strano e controverso, tutta la mia vita era diventata strana e controversa.
Un sabato però qualcosa cambiò. Pamela era a casa come tutti i fine settimana, io sbrigavo qualche servizio per rendermi utile e lei era in bagno a farsi bella. Non la degnai nemmeno di uno sguardo, ero troppo indaffarata.
‘Aida” disse con tono di monito mentre guardava la sua immagine allo specchio ‘Non devi sentirti in obbligo in questa casa, non devi far per forza qualcosa. Non sei un peso, sei la mia ragazza e io ti amo. Capisco il tuo atteggiamento, anche io sono rimasta senza una dimora quando ho deciso di diventare Pamela, però tu non devi viverla così. Immagina di esserti presa una vacanza e di essere venuta qui in villeggiatura. L’ospite &egrave sacro, non &egrave di certo la cameriera!’
E sorrise allo specchio mentre con le forcine metteva a posto l’acconciatura. Il reggiseno le teneva alto il petto, indossò un lungo abito azzurro con le spalline bianche, rossetto, fondotinta, ombretto. Mi prese le mani bloccandomi e sorridendo esordì con un ‘Et voilà!’.
Non ero dello spirito giusto, non avevo proprio voglia. Le sorridi un po’ forzando il viso, se ne accorse ma lasciò correre. ‘Sei bellissima” le dissi un po’ svogliata e con molta invidia. Erano mesi, infatti, che non mi curavo così. Ero quasi diventata trasandata, l’aspetto ormai non mi interessava più. Volevo solo sistemarmi, era il mio unico scopo.
‘Se la mente non sta bene, il corpo non sta bene. Se non riesci ad uscire fuori da sola vuol dire che hai bisogno di aiuto.
Devo dirti che mi ha telefonato un’amica. Deve venire in città per fare colloqui di lavoro e mi ha chiesto di trovarle un hotel, io però l’ho invitata a casa. Sarà nostra ospite. Questo vuol dire che dormirà nel tuo letto e tu nel mio. Spero solo non ti spiaccia!’ L’ultima esclamazione la fece con vece energetica e mi stampò un bacio in fronte ed un altro sulla guancia. CI abbracciammo per la prima volta dopo così tanto tempo e, devo dire la verità, le sue braccia mi stuzzicarono un po’. Ancheggiando si avviò, aprì la porta e ancora al ciglio mi fece l’occhiolino mandandomi un bacio.
Appena uscì feci di tutto per aggiustare la casa al meglio, rilucidai i vetri e i pavimenti e rimisi a posto tutto. Non volevo far fare brutta figura alla mia ragazza. Sono state, forse, le due ore più lunghe. Ero incuriosita da questa sua amica, iniziai a pensare che l’avesse invitata solo per dormire con me. Forse era solo un gioco, uno stratagemma. Poi, quando mi affrancai dai miei pensieri e tornai alla realtà mi resi conto di non essere presentabile. Feci una doccia e mi aggiustai per essere il più presentabile possibile. Mi chiamò Pamela. Mi disse che tornava per ora di pranzo e mi chiese di preparare qualcosa di buono così come sapevo fare.
Guardai in frigo e cercai di arrangiarmi un po’, feci un primo e un secondo veloce per tre persone. Ero ancora ai fornelli quando cominciai a sentire le chiavi dall’altra parte della porta. Spalancò l’uscio Pamela ed esordì con un ‘Permesso!’.
– ‘Benvenute” dissi mentre ancora cucinavo.
– ‘Ecco, questa &egrave Aida, la ragazza di cui ti parlavo. La mia amata Aida.’ Disse sorridendo Pamela alla sua amica. ‘Aida, questa &egrave Fanta, la mia amica.’
Appena mi girai lo spettacolo fu tremendo. Una ragazza stupenda: scura di pelle, alta forse un metro e ottanta, labbra carnose, occhi nocciola, seno ben proporzionato, capelli lunghi e neri, magra ma non magrissima. Sorrideva. Aveva un lungo abito bianco che faceva contrasto con la pelle.
‘Piacere, Fanta.’ Mi disse con accento non del tutto italiano. Era straniera. Le sorrisi e me ne stupii. Ci stringemmo la mano e mi abbracciò in segno di saluto.
– ‘Allora, ragazze, si mangia?!’ Dissi.
– ‘Certo che si! Prendiamo posto.’ Pronta rispose Pamela.
Tutte sedute intorno al tavolo, servii tutto. C’era anche del buon vino rosso. Si parlava e si mangiava.
Fanta non era italiana, da come si poteva capire. Guineana con spiccato accento francese, parlava molto bene l’italiano, ci parlò del viaggio. Abitava in Francia ma era in Italia in cerca di lavoro visto che anche per lei le cose erano andate male. Si era anche appena separata dal fidanzato, disse, ma la cosa non la sconvolgeva più di tanto. ‘Ci sono amori che finiscono, &egrave la vita’ ripeteva a tavola. Poi quando il vino ci ebbe estraniate dalle conversazioni solite, vidi Fanta appoggiare la mano sulla spalla di Pamela e sentii l’altra appoggiarsi sulla mia gamba. La guardai in viso un po’ sorpresa e sorrisi. Ci alzammo da tavola, sparecchiai mentre le due si sedettero sul divano a chiacchierare ancora. Preparai il caff&egrave e lo portai da loro sedendomi accanto a Fanta.
– ‘Sei bellissima, Fanta, lo sai? Hai un fascino particolare. Come mai il tuo ragazzo non l’ha colto?’ le dissi con fare forse un po’ irriverente.
– ‘Oh, sai. A volte le cose belle sono anche le più difficili.’ Mi disse ridacchiando e bevendo il caff&egrave. ‘Noi donne siamo di cuore e sentimentali, a volte gli uomini non lo capiscono. Non siamo il loro strumento per i giochini dopo il lavoro.’
– ‘Hai ragione, Fanta. E’ per questo che ho scelto Aida ‘ disse Pamela ‘ E’ dolce, brava’ anche se ultimamente sta sempre un po’ giù”
– ‘Cos’&egrave successo??’ Mi chiese l’ospite.
– ‘Eh’ il lavoro mi ha scaricato e il proprietario di casa pure, insomma quasi come perdere il fidanzato” E sorrisi un po’, ma con molto sforzo.
– ‘Non ti preoccupare, tutto si sistema. CI riprenderemo!’ Disse e ridacchiò anche se in modo un po’ amaro.
La conversazione si spezzò quando Pamela chiese cosa fare nel pomeriggio. Un giro in centro e una visita in città sarebbe stata gradita alla nostra nuova inquilina, ma io proprio non volevo uscire e dissi loro di andare senza di me. Si impuntarono entrambe e non riuscii a desistere.
‘Sbrigati a prepararti’ mi dissero quasi in coro. Mi aiutarono entrambe con trucco e capelli. Alla fine del trattamento ero bella, quasi quanto loro. Passammo la giornata tra piazze e negozi, boutique, centri bellezza, profumerie e quant’altro. Mi ammiravo avidamente le due, sempre bellissime e solari, sorridenti, gioiose. Poi mentre Fanta era in un camerino a provare un top eccezionale che le scopriva ancora di più il seno e la linea divisoria Pamela mi sussurrò all’orecchio ‘Ti piace la mia amica, eh?’. Divenni rossa in viso e del tutto imbarazzata le risposi ‘Si, &egrave splendida” poi ripresi la situazione e continuai ”ma non la cambierei mai con la mia Pamela!’. La sonora risata della mai ragazza sfociò in un abbraccio. Ancora nessun momento di intimità, ancora nessun bacio. Sembrava che la nostra storia fosse tornata ad essere un’amicizia. Fanta fu fuori dal camerino, si guardò allo specchio. ‘Come sto??’ ci chiese. Io avevo gli occhi sgranati e puntati sul suo fisico mozzafiato. Gonna e top, gambe eccezionali e dritte, fondoschiena da urlo e seno attraente. ‘Cosa vuoi che ti rispondiamo? ‘ disse Pamela ‘ non ci sono parole per descriverti! Su, dai, sbrigati che si &egrave fatto tardino!’.
In effetti il negozio era in chiusura e a noi venne il dubbio su cosa fare la sera. Di tornare a casa non se ne parlava, dovevamo passare un sabato sera da urlo! Pensavo tra me e me. La mia dolce metà ci trascinò in un locale per l’aperitivo, pre-serata, poi a ballare!
Peccato che io ero un vegetale, avevo la vitalità sottozero. Guardavo le due accompagnatrici sempre belle e chiacchierone. Poi tre ragazzi si avvicinarono. Cominciarono ad attaccare bottone, si scherzava, si bevevano molti cocktail. Fanta non staccava gli occhi da uno loro. Era il classico fighetto palestrato di carnagione chiara e capelli biondi, classico tipo del nord Europa. Tra balli, alcol, risate e musica i due si allontanarono e per un po’ furono fuori dalla nostra vista. Gli altri due intrattenevano me e Pamela, o meglio era Pamela che intratteneva noi altri tre e ci animava gestendo la situazione da regista quale era. Fu solo a notte tarda che Fanta si ricongiunse a noi e ci chiese di tornare a casa. Lasciammo il locale. Durante il viaggio la stuzzicavamo, le chiedevamo del ragazzo, se fosse stato almeno bravo. ‘Peccato che sia durato poco!’ E risata generale.
Una volta a casa ero stanca e stremata, salutai le altre due e come convenuto mi stesi sul letto di Pamela. Loro rimasero ancora a parlare mentre io stavo per assopirmi tra le braccia di Morfeo. Pamela venne a letto, si spogliò e quando fu sotto le coperte mi strinse a sé. Tra sonno e veglia mi feci ancora più vicina al suo corpo. Ci baciammo con intensità. Di colpo mi accorsi che il suo sapore mi era mancato moltissimo, non volevo staccarmi più. Mi leccò le labbra. Istintivamente una mano prese a toccare l’arnese di lei, di colpo glielo stavo masturbando. Sorrideva e le piaceva, lo sentivo tra le mani e dai baci che mi dava. Continuavo. Erano forse 5 mesi che non lo facevamo. In un momento di eccitazione iniziai a baciarle il petto, i seni, i capezzoli ormai duri e tutto intorno. Il membro le venne duro, pulsava nella mia mano che non smetteva di dimenarlo. Volevo piacere e volevo darne tanto a lei. Con forza la stesi con la schiena su letto e immersa nelle lenzuola le baciavo il ventre, le leccavo l’ombelico, le accarezzavo il pube e le segavo il membro. La discrezione ci aveva forse abbandonate dal momento in cui Pamela ansimava e gemeva a voce alta. Seguì la pompa, il suo pene tra le mie labbra, la mia lingua ad avvilupparsi intorno per darle piacere, qualche piccolo morsetto sul glande e tanti baci sullo scroto. Pamela era in preda al piacere, gemeva, ansimava, godeva. Pulsava ormai dappertutto. Quando venne il seme si sparse su tutto il mio volto, sul seno, sul ventre. Qualche goccia anche fra i capelli; il momento era così frenetico che non ci fermammo, anzi fu lei che prese le direttive del gioco e mi leccò tutta, prima togliendo il suo sperma e poi succhiando i miei umori tra le gambe. Ora ero io ad urlare e cercare di smorzare i gemiti con le labbra. Le gambe cominciarono a tremare quando ormai la sua lingua si faceva strada tra le piccole labbra della mia fighetta, ci mise un dito, poi due. Spostò tutte le coperte e, quando ce l’ebbe duro abbastanza, mi penetrò sbattendomi con forza. Urlavo, avevo perso la cognizione dello spazio e del tempo. Venne ancora un volta, stavolta dentro di me. Ormai le era rimasto pochissimo sperma da riversarmi nelle viscere. Si accasciò su di me e mi accarezzò i capelli e il volto. La coccolai un po’. Ci alzammo entrambe e, cercando di non far rumore, ci mettemmo sotto la doccia per ripulirci. Questa volta io lavavo lei e lei lavava me. D’un tratto la luce del corridoio si accende, Fanta &egrave sul ciglio della porta del bagno che distrattamente avevamo lasciato aperta e ci guarda sorridendo. Era in intimo, lo notammo subito.
– ‘Beh! Finito il divertimento?’ Chiese con aria intimidatoria ma un po’ vogliosa. ‘Si può dormire in questa casa o devo trovarmi un hotel?’
– ‘Scusaci Fanta, non avremmo voluto svegliarti’ Dissi io ” Era da un bel po’ che’ ecco’ e abbiamo perso il freno inibitore.’
– ‘Oh, capisco capisco” E restò ritta a guardarci ancora un po’.
Eravamo nude, ma non ebbi vergogna. Uscimmo dalla doccia e prima che riuscissi a prendere l’asciugamano c’era Fanta a braccia aperte pronta ad asciugarci. Mise una asciugamano sulle spalle di Pamela e un’altra sulle mia. Ci massaggiava le spalle a turno, era bravissima. Asciugò le nostre schiene, ci palpava le natiche con interesse. Poi fu tra le mie gambe, mi massaggiava in maniera surreale, ero in trance. Ero di nuovo fradicia di umori e lei se ne era accorta, lanciava sguardi a Pamela. ‘Lo sa?’ Le chiese e Pamela negò.
Un brivido mi percorse la schiena quando le sua labbra carnose si fermarono e si appoggiarono alla mia vulva, con la lingua mi stuzzicava, prendeva il clitoride tra i denti, io inarcavo la schiena, avevo gli occhi chiusi, ansimavo. Pamela prese a toccarmi i seni e a baciarmeli mentre Fanta continuava il suo trattamento. La sua lingua era instancabile ed era molto più brava di Pamela con la figa, la mia amata mi succhiava la saliva dalle labbra e mi inumidiva i seni. Poi Fanta mi penetrò con un dito. Urlai. Poi il secondo, ce ne fu un terzo che mi fece digrignare i denti un po’ dolorante. Me la apriva per benino. Quando si fermò si alzò in piedi e facendo scivolare via la mutandina mostrò un pene mostruoso, almeno una volta e mezza quello di Pamela, se non due. Io rimasi a bocca aperta e, pronta a ricambiare il favore stavo per inginocchiarmi e prenderlo in bocca, qualcosa mi trattenne, erano le braccia di Pamela che mi stringevano e la sua testa sul mio seno. Fanta puntò l’arnese sulla mia vagina, lo sdrusciò con la cappella. Mise il preservativo e con un colpo iniziò a penetrarmi. Sobbalzai un po’, era bellissimo vederla da quella angolazione. Era così donna quando non le si vedeva il pene, stavo per essere spezzata da una nerchia nera, avevo le gambe e il ventre dolorante eppure ero affascinata da Fanta, era splendida. Una donna nonostante tutto, una bellissima donna. Pamela alzò la testa dal mio corpo, vide la scena e le scappò una risata. Baciò Fanta sulle labbra mentre quest’ultima me lo faceva entrare tutto dentro. Quando fu del tutto dentro si fermò e limonò Pamela, poi prese a stantuffare, il dolore scemava e il piacere sopraggiungeva. La mia bocca ansimava e urlava. Pamela me la tappò con il suo membro. Ero la cagna delle due trans, una mi sfondava le gambe e l’altra riceveva il mio amore dalla mia bocca.
Le mani di Fanta, affusolate e femminili, me presero ai fianchi, un colpo più forse e la sentii venire. Pamela pulsava e venne quasi in contemporanea, ma non tirò fuori che un fiotto di seme. Entrammo tutte e tre sotto la doccia di nuovo. Io lavavo i loro membri e loro si occupavano del mio seno. Andammo a letto e quasi non riuscivo a dormire per il bruciore tra le gambe.

Il giorno dopo ci svegliammo, o meglio mi svegliai. Era pomeriggio ormai, le altre due erano già sveglie e chiacchieravano. Sfatta e assonnata andai in cucina per il caff&egrave. ‘Buongiorno belle!’ Dissi.
– ‘E’ di ottimo umore la ragazza stamane!’ Disse Fanta
– ‘Non &egrave che si sarà trovata l’amante?!’ Ridacchiando disse Pamela
E tutto tornò normale, presi il caff&egrave e mi unii a loro ancora in intimo.
– ‘Fanta non sapevo tu fossi, cio&egrave’ anche tu fossi completa!’ le dissi
– ‘Beh, non lo direbbe nessuno, lo ammetto!’ mi rispose
– ‘Non dirmi che &egrave per questo che il tuo ragazzo ti ha lasciata?’
– ‘No anzi, a lui piacevo così. MI chiese anche di essere il suo uomo a letto’ Poi però ha voluto dei figli e come vedi ha dovuto cambiare genere”
– ‘Mi spiace davvero” le dissi appoggiandole la mano su un braccio e accarezzandoglielo.
– ‘Anche io ed Aida avevamo in progetto un paio di figli!’ Disse ironica Pamela e scoppiammo in una risata generale.
Il lunedì tornò tutto normale, Fanta rimase da Pamela fino al giovedì, le fecero due offerte di lavoro ma voleva pensarci. Io non ne avevo trovato ancora uno.
In quei giorni imparai a conoscere meglio Fanta, diventammo amiche. Mi parlò anche di Pamela, la conosceva dai tempi della prima transizione, quando non aveva ancora un seno prosperoso insomma. Fanta sognava la vita da donna etero, ma non le dispiaceva qualche momento di bisessualità, mi disse; io le confessai di essere lesbica e che era la mia prima relazione fissa con un ‘uomo’ o meglio con un membro-dotato.
Quando partì mi dispiacque moltissimo. Speravo di rivederla, intanto mi aveva riavvicinato alla mia Pam, da quel giorno ci concedemmo più spesso attimi di amore.
Ancora nessun lavoro serio, un lavoretto da qualche giorno a settimana. Poi impegni, casa da trovare, stress, perfino mia sorella che voleva venirmi a trovare. Si perché poi anche io ho una famiglia anche se non ne parlo spesso. Vivevo ancora in casa di Pamela quando le dissi che sarebbe salita mia sorella. Le ne fu felice all’inizio. Decisi di non dirle della nostra storia, Pamela non le prese molto bene ma capì, saremmo rimaste due coinquiline: lei la ragazza vissuta ed io la giovane indaffarata e in cerca di fissa sistemazione. Il lavoro, quello poi mi teneva occupata abbastanza. Facevo le pulizie a casa di una signora, cliente tra l’altro nell’ufficio di Pamela, sposata e con famiglia. Aveva due figli, gemelli, che però non mi era mai capitato di incontrare causa orari. Andavano entrambi a scuola, un ragazzo e una ragazza, me ne aveva parlato la madre Mara, era questo il suo nome, appena mi diede fiducia facendomi entrare in casa. Un marito costantemente impegnato per lavoro e in giro per il pianeta, tanto da aver spinto Mara a trovarsi qualche compagnia occasionale, magari più giovane di lei, che la ‘confortasse’ negli attimi di solitudine. Tutto questo succedeva la mattina, quando io sistemavo casa e i ragazzi erano a scuola. All’inizio era tutto così imbarazzante per me, ma dopo la prima settimana io e la signora Mara fummo complici, se ne parlava anche se velatamente fino a quando non mi chiese apertamente un parere, o forse proprio approvazione, riguardo ad un giovanotto in particolare; a dirla tutta almeno dieci anni più giovane di lei. Io fui abbastanza vaga riguardo al ragazzo, meno vaga riguardo la signora tanto che, alla fine, mi feci scappare un tutt’altro che innocente ‘Beato lui”. In effetti la signora Mara era ancora un bella donna: magra, alta, capelli lunghi neri, forse cinquantenne ma sempre ben vestita e truccata tanto da dimostrarne molto meno, carnagione leggermente scura ma naturale e, devo ammetterlo, un didietro ancora da invidiare.
A quel ‘Beato lui” scoppiò in una risata esilarante. Mi guardò per un po’ co i suoi splendidi occhi color verdastro e mi sorrise. I suoi denti bianchi erano così luminosi da attrarmi per un po’, aveva un sorriso da guardare e invidiare.

– ‘Ti piacciono le donne allora?’ disse ancora ridacchiando.
– ‘Solo quelle belle, anzi, che dico, stupende!’ dissi io prendendola in contro piede e terminai la frase facendole l’occhiolino.
Intuì subito lei l’aria piccante che stava salendo e ci stava travolgendo cosicché cambiò discorso. Mi parlò della sua famiglia, del marito Paolo e dei due figli Francesco e Rosita. Mi disse che lui era molto gettonato, molto bello e con un fisico palestrato, classico ragazzo sciupafemmine e un po’ dongiovanni, anche gentile, ma non molte altre qualità in più; lei invece dolce e gentile, cauta, non bellissima, almeno non tanto da far girare la testa ai ragazzi della sua età, studiosa e ambiziosa. La madre aveva paura che Rosita non si godesse troppo la vita. Ma non ci dilungammo troppo.
C’era anche mia sorella che si faceva sentire telefonicamente, voleva venire a trovarmi, aveva bisogno di cambiare aria diceva. Non che non volessi, ma avrei preferito ospitarla in altro modo. Cercai di prender tempo. A causa di impegni rimandò, ma disse che sarebbe venuta comunque. Ne parlai con Pamela, non ne era molto contenta. Voleva esortarmi a dirlo almeno a mia sorella ma io ero contraria. Già la mia omosessualità era stata dura da accettare per la mia famiglia, la storia con una come Pamela sarebbe risultata del tutto stravagante e surreale tanto da poter provocare forti risentimenti nei miei confronti. Pamela fece sentire la sua posizione togliendomi, quasi da subito, intimità e sesso. Divenne perfino sadica, mi concedeva baci, mi faceva eccitare e poi mi piantava sul più bello, come si suol dire, letteralmente piantata in Asso. Alle volte ero costretta a scaricare da sola tutto quel piacere infilando la mano tra le cosce e due dita nella vulva. C’erano sere in cui lasciavo l’alone sulle lenzuola. Pamela lo sapeva e si eccitava anche lei, ma non lo scaricava, forse per non darmi la soddisfazione.
Intanto con il passare del tempo i rapporti con la signora Mara si stringevano, si era aperta con me e mi faceva perfino domande sulla mia vita privata, ne parlavo quasi liberamente. Le avevo perfino detto che abitavo da Pamela e che era la mia ragazza. Lei la conosceva solo in vesti lavorative e mi confidò di non aver mai sospettato una sua potenziale attrazione verso le donne, come d’altronde non aveva mai fatto con me. Per qualche giorno si faceva accompagnare da un giovane modello, muscoloso, biondo, occhi celesti. Sentivo le urla uscire dalla stanza mentre pulivo il resto della casa. Dopo circa un’oretta lui andò via e lei venne in salotto, dove io stavo lucidando i vetri, ad ‘interrogarmi’. Domande sconnesse sull’amore saffico, sul rapporto tra noi lesbiche, sulle ragazze e sulle donne. Tutte domande a cui cercavo di rispondere rimanendo abbastanza vaga, senza aggiungere molti dettagli sull’esperienza personale. Quando finii il turno mi salutò insolitamente con un abbraccio e un bacio fra le labbra e la guancia, un bacio intrigante e voglioso. Tornai a casa pensando a quel segnale, ero impaurita per il lavoro e allo stesso tempo eccitata per la situazione. Non sapevo se dirlo o meno a Pamela. Mi toccai per un po’ di tempo, mi massaggiavo i seni e mi consolavo i capezzoli, cose che la mia amata non mi praticava più da un po’, e scaricavo gli umori tra le mani prima di leccarli da vera maialina. Verso sera mi arrivò una telefonata, era la signora Mara. Voleva dirmi che per problemi ed impegni sopraggiunti la settimana successiva sarei dovuta andare di pomeriggio anziché di mattina. Mi raccomandò anche di disturbare poco i ragazzi che erano in casa.
Tornò tardi anche Pamela, si accorse subito che ero in fibrillazione e mi salutò baciandomi. Un bacio che forse voleva risucchiarmi la lingua dalla bocca e il cuore dal petto. ‘Sono cotta ‘ le dissi – ‘ e sono tutta tua!’. Rise Pamela e questa volta non si lasciò ripeter nulla. Mi spogliò e mentre ero nuda ed eccitata come non mai lei si lavorava i capezzoli succhiandomeli avidamente. Con le dita li strizzava, con i denti li stuzzicava e poi li succhiava stringendo la lingua tutta intorno. E prendeva a mordicchiarmi il seno tutto facendomi qualche succhiotto. Le mani poi mi scendevano tra le cosce, si avventuravano tra qualche pelo di fighetta e il vero e proprio frutto della passione. Era lì vestita a penetrarmi con due dita mentre io, nuda, mi dimenavo digrignando i denti e gemendo. Appena smise la penetrazione con le dita si mise in piedi dietro di me, mi accarezzava i muscoli della schiena, ne disegnava il profilo con i pollici mentre i palmi delle mani mi massaggiavano. Sentii improvviso il rumore della gonna che batteva a terra, mi spintonò mettendomi alla pecorina e lesta appoggiò l’asta dura e ben addestrata alle piccole labbra. Non entrò subito, aumentando la mia attesa e la mia goduria, ci giocava, strusciava la cappella contro il clitoride e sulle piccole labbra prima di dare un colpo secco ed esser dentro facendomi emettere un grido di dolore e di piacere. ‘Vai così’ le urlai tra un gemito ed un altro, e tra le miei urla lei si faceva strada dentro di me montandomi con forza. I fiotti di sperma che mi sputò dentro furono preceduti da un ululo maschile con un tono di voce che mai le avevo sentito prima. Era come se il maschione dentro di lei si fosse svegliato per un attimo e si fosse ripreso la sua parte di piacere meritato. Sarà stato il periodo di astinenza, ma questa volta mi aveva proprio riempita, ero soddisfatta ma non volevo smettere. Pamela non si staccò, mi sculacciò un poco e la cosa non mi dispiacque. Appena si staccò mi sentii in dovere di ripulirle l’arnese prima di andare insieme sotto la doccia. Tra un massaggio e l’altro fui molto maliziosa nel chiederle:
– ‘Ehi Pamela, ma da quando non godi come una donna?!’
– ‘Oh, in effetti &egrave da un po”’ disse lasciando la frase appesa.
– ‘E’. ?’ Le feci io mentre le lavalo le natiche e le stuzzicavo il buchetto.
– ” E anche la mia parte femminile vorrebbe i suoi spazi, anche se essere il tuo amante mi appaga eccome, e non mi fa pensare alle altre persone.’ E continuò ‘Anche se un po’ ti ho invidiata con Fanta, eh!’
Subito capii e senza preavviso le missi un dito nel buchetto. Lei emise un urlo e sobbalzò. Poi un secondo dito e mi muovevo dentro di lei quasi come a volerla scopare. Il membro le era tornato duro sotto la doccia, quasi come se volesse ricominciare da capo. Non mi fermai, non subito. La sua schiena inarcata e il suo volto all’insù erano il segnale di un fuoco che le ribolliva dentro. Presi a farle un massaggio prostatico, venne dopo poco schizzando sulle pareti della doccia. Ci baciammo di nuovo, uscimmo e ci asciugammo a vicenda, sistemandoci e preparandoci per il letto.
– ‘Ma com’&egrave che vi conoscete, tu e Fanta?’ chiesi io quando eravamo ormai stese a letto.
– ‘E’ stata la mia amica birichina di letto’ e compagna di bevute’ mi disse con tono appagato e sincero.
– ‘Ah quindi hai già provato la sua vitalità?’
– ‘Oh certo cara, la conosco da quando aveva impulsi maschili incontrollabili e mi riempiva le viscere di litri e litri di gioia’ disse ridacchiando un po’
Ci demmo la buonanotte mediante baci.

La settimana successiva ero a casa della signora Mara. Questa volta di pomeriggio, come aveva chiesto. C’erano entrambi i ragazzi, così come li aveva descritti lei. Francesco si presentò per primo. Era abbastanza sfacciato con le ragazze belle, e lo fu anche con me. Mi gironzolava in torno per tutto il giorno a ripetermi complimenti anche di molto creativi. Gli sorridevo per gentilezza ma cercavo di dargli meno corda possibile. Rosita invece era abbastanza timida. Carina devo dire, ma non metteva molto in mostra il suo corpo, la guardavo studiare quando passavo per la sua stanza. Fui io a presentarmi con lei, dissi di essere la ragazza delle pulizie che la loro madre aveva assunto da un po’. Erano entrambi diciannovenni con ancora troppe poche botte prese dalla vita. Uno perché credeva di avere il mondo sottomano, l’altra perché forse il mondo, quello vero, non l’aveva affrontato mai.
Avevo ormai passato la maggior parte del tempo tra i paroloni del giovane Francesco quando, l’ultimo giorno della settimana, fu proprio Rosita a chiamarmi in camera sua, lontano da occhi e orecchi indiscrete.
– ‘Aida ‘ mi disse ‘ posso chiederti un favore?’ e la sua voce si fece più tremante del solito.
– ‘Dimmi pure con calma e libertà, non preoccuparti’ e le sorrisi.
– ‘Sai, non ho mai avuto un ragazzo e” si fermò, ma capii subito il punto.
– ‘Ma sei tu che non l’hai mai cercato o li hai sempre rifiutati? Non sei brutta”
– ‘Beh, vedi’ E’ che forse ho paura”
– ‘Paura? Di cosa? Hai paura di arrossire e di affidare i tuoi sentimenti a qualcuno?’
Mi guardò per un po’ restando in silenzio. L’abbracciai stringendola a me, ricambiò l’abbraccio donandosi alle mie braccia e abbandonandosi.
– ‘E’ che ho paura di sbagliare” disse con voce spezzata mentre era ancora tra le mie braccia.
– ‘Sbagliare cosa? Non c’&egrave nulla di sbagliato nell’amare qualcuno, chiunque sia!’
– ‘Ecco, &egrave che forse ho sbagliato’ il tipo”
– ‘Che vuoi dire?’
– ‘Forse” riuscì a dire solo questo e poi si fermò restando a guardarmi.
Ebbi un presentimento e allora da finta inquisitrice le dissi ‘Non &egrave che ti piacciono le ragazze??’. Lei arrossì di colpo, abbassò lo sguardo e restò immobile. Poi si fece coraggio e disse’ ‘Tutte quelle che conquista mio fratello, che bacia con passione, a cui spezza il cuore. Tutte, nessuna esclusa, anche la mia compagna di banco ma ho paura a dirglielo. Si, mi piacciono anche qualche profilo di ragazzo, ma’ Non lo so”
La mia reazione fu una risata comica e insaziabile.
‘Non preoccuparti ‘ le dissi ‘ tutte le ragazze interessanti che ho conosciuto hanno avuto un rapporto con un’altra ragazza. Poi magari hanno scelto i ragazzi”
Lei si gettò di nuovo tra le mie braccia abbracciandomi, iniziò anche a baciarmi il collo. Quei piccoli bacini erano troppo stuzzicanti. Finì con la mia lingua nella sua bocca e vice versa. In meno che non si dica eravamo io e lei sul letto. Io con le mani sul suo corpo e lei inerme aspettando che le facessi provare i brividi dell’amore. Fui lesta nel tirarle via i pantaloni e a mordicchiarle l’inguine sfilando le mutandine rosa che aveva, poi la mia lingua sulla sua vulva, le leccavo le grandi labbra e prendevo il clitoride tra i denti tirandolo. Lei gemeva e urlava, era diventata rosso fuoco, sudava come non mai. La mia lingua si addentrava tra le sue cosce rasate e mentre la punta le penetrava la vagina lei emetteva delle urla incredibili. Venne inondandomi la bocca di umori, bevvi tutto e le sorrisi. Ci baciammo. Si rivestì, il mio turno era finito.
‘Grazie Aida, mi aperto gli occhi verso un mondo che non conosce limiti ‘ mi disse prima che andassi via ‘ ora voglio esplorarlo tutto a poco a poco!’
Le diedi una pacca sulle natiche e la salutai sorridendole.

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