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Scoprendo mia moglie, cap I: vacanze in Egitto.

By 11 Febbraio 2014Gennaio 23rd, 2021No Comments

Nell’estate del 2004 io e T. eravamo sposati da sei anni. Ci eravamo conosciuti a economia, a Venezia, in un’affollata aula dove c’era un tale che cercava di spiegare i fondamenti del diritto aziendale.

Era da un po’ che, più che lei, osservavo il suo spettacolare “lato b”; mi era capitato, alcuni giorni prima, di seguirla, di nascosto, lungo le piccole calli che portavano alla stazione, mentre era in compagnia di alcune sue amiche, mentre camminava indossando un paio di leggins bianchi che esaltavano il suddetto splendido culo e le sue cosce lunghe sulle quali fantasticavo spesso e volentieri in quel periodo, anche perché la ragazza non lesinava nel mostrare le sue grazie attraverso una collezione incredibile di pantaloni aderentissimi e magliettine che le arrivavano appena appena sopra l’osso sacro. Mi rendo conto che, detta così, sembra un po’ da maniaco, ma scommetto che anche qualcuno di voi potrebbe fare confessioni simili.

Quella che un giorno sarebbe diventata mia moglie, culo a parte, non era una di una bellezza convenzionale: i tratti del volto leggermente irregolari grazie a un naso un po’ pronunciato, il particolare taglio degli occhi, di un castano scuro profondo così come i cappelli appena lunghi sotto le spalle, che spesso tingeva virandoli verso il mogano, la figura asciutta e atletica senza essere troppo magra e una discreta altezza (circa 1,75), un bel seno sodo, facevano di lei una donna che certo non passava inosservata. Al di là di questo però, T., aveva qualcosa, un mix tra il suo aspetto complessivo, il suo carattere, il suo modo di fare, che risultava indefinitamente erotico. Aveva un’innocenza e una spontaneità naturale nel rapportarsi con gli altri, uomini soprattutto, che, associata al suo modo di vestire, al suo fisico e al suo modo di fare, provocava un’istantanea attrazione sessuale. Insomma, per quanto lei fosse simpatica, intelligente e assolutamente interessante anche nelle argomentazioni, non si poteva fare a meno di pensare di volersela scopare seduta stante in tutte le posizioni possibili; di questo ebbi più volte conferma dagli sguardi e anche dai discorsi di molti altri uomini che intercettai negli anni. Ancora oggi, a distanza di anni, mentre penso a lei, non posso negare di avere delle subitanee erezioni.

Vabbè, digressioni a parte, una mattina, finalmente, prese posto accanto a me in aula, e attaccai discorso…Lascio perdere tutte le fasi, ma nel giro di un paio di mesi, con l’arrivo dell’inverno e con un po’ di fortuna ci eravamo messi insieme. Finalmente il nostro “eroe” ha potuto soddisfare le sue voglie morbose, potrebbe pensare un lettore ottimista. E invece…e invece la fanciulla, al di là di tutte le apparenze e le storie che mi ero pazientemente costruito, fatte di accoppiamenti selvaggi in cui dominavano l’anal e il doggy style, e tutte le categorie del porno, era una integralista cattolica, figlia di “neo- catecumenali” o qualcosa del genere, con una convinzione inossidabile: è un grandissimo peccato avere rapporti prematrimoniali! Come capite bene ero fottuto. Il bello è che mi sono sempre stati sulle palle i cattolici, i preti le suore e il Papa. Altro “piccolo” problema: mi ero innamorato di lei, della sua solarità che la rendeva immediatamente simpatica e socievole; del fatto che fosse anche, questioni religiose a parte, un vulcano di idee e di iniziative. Mi ero innamorato persino di tutte le cose che faceva, palestra, piscina e yoga compresi e anche perché, me ne rendo conto ora, era praticamente antitetica a me. Una tragedia!

I cinque anni successivi furono una continua lotta di trincea per ottenere, un centimetro alla volta e con pazienti e certosine opere di persuasione e vere e proprie minacce, i suoi favori sessuali. Prima il petting, poi le seghe e i pompini, nei quali era diventata, devo dire la verità, una vera e propria maestra in perfetta sintonia con l’ipocrisia cattolica. La figa, l’aveva vinta lei, me la concesse solo dopo la celebrazione del sacro vincolo del matrimonio; la sera stessa, come vuole la tradizione.

Ma “torniamo” all’estate del 2004. Sei anni di matrimonio, come dicevo, senza figli – pare per colpa mia che non mi ero operato a tempo debito di varicocele – . Da un po’ di tempo eravamo entrati nel tran tran della vita coniugale. Sesso una volta alla settimana, anche un po’ svogliato, lavoro, amici e bla bla bla. Lei continuava le sue innumerevoli attività sportive che l’avevano aiutata a mantenere invariata la figura, soprattutto, il pezzo forte, io invece, ormai trentacinquenne ero ingrassato come da copione, anche perché, devo dire a mia parziale discolpa, facevo l’agente per una multinazionale che commerciava in acciaio e titanio e spesso ero in viaggio. Se a questo aggiungiamo il fatto che non sono mai stato un atleta e che non sono nemmeno tanto alto, credo che il quadro sia completo…

Ogni tanto, come tutte le coppie credo, ci era capitato di entrare in quei discorsi del tipo “quali sono le tue fantasie sessuali”. A maggior ragione ci era capitato di discuterne in quel periodo perché lei aveva scoperto un paio di cassette porno che avevo nascosto nella mia scrivania. Si trattava di un paio di vecchi film che mi aveva prestato un amico: uno con Selen che, vestita da amazzone, veniva trombata da Rocco Siffredi vestito da Tarzan, e l’altro era della serie “Black hammer” e raccontava la “storia” di un uomo di colore con un cazzo da far invidia anche al succitato Rocco, che, ospite di un tedesco, si sfondava la moglie del malcapitato germanico e le sue varie amichette tutte curiose di provare, in ogni buco possibile, quel randello mostruoso.

Dopo una specie di cazziatone sull’immoralità della pornografia, lo sfruttamento delle donne, e così via, riuscii a convincerla a vedere i film per farle capire, visto che era una donna intelligente, che forse esagerava un po’ nel condannare tout court quelle innocue “rappresentazioni artistiche”, così le chiamai. Andò quindi che ci guardammo la cassetta interracial e lei, che, almeno penso, non aveva visto poi così tanti cazzi in vita sua, non riuscì a nascondere lo stupore nel vedere le dimensione del “martello nero” così diverse, sic, da quello del mio attrezzo. Nel contesto facemmo all’amore e poi saltò fuori il discorso sulle fantasie. Ovviamente lei volle sapere prima da me cosa mi sarebbe piaciuto fare. Tanto per non creare sospetti e per non dare l’idea di essere particolarmente depravato, risposi in maniera convenzionale, ossia che, come gran parte degli uomini, avrei voluto fare sesso con due donne contemporaneamente. Lei un po’ mi stupì per una audacia che, a torto, non le avevo mai riconosciuto. Mi disse che le sarebbe piaciuto essere prima toccata e accarezzata e poi posseduta da più uomini contemporaneamente. Aggiunse inoltre che poi avrebbe voluto far venire i maschi uno dopo l’altro e sentirsi coperta dal loro seme. Mi venne una specie di tremore e uno strano buco allo stomaco quando la sentii raccontare queste cose… Il discorso finì lì, lei un po’ imbarazzata, dopo aver detto quello che aveva detto, senza guardarmi e senza accorgersi quindi del mio “smarrimento”, andò a farsi la doccia e poi, nei giorni seguenti, facemmo entrambi finta di niente.

Quell’estate, grazie ai risultati che avevo ottenuto, la ditta mi aveva regalato una vacanza di quindici giorni in una delle località balneari tra le più note dell’Egitto, in un villaggio turistico a cinque stelle “all inclusive”. Una struttura pazzesca con vere e proprie abitazioni in bungalow modernissimi disseminati in un parco di palme, centro benessere, piscine da paura, ristorante internazionale ed etnico all’interno della struttura. L’idea a me non faceva, in realtà impazzire, visto che odio il caldo, T., invece che adorava il mare, prendere il sole e nuotare, era fuori di sé dalla gioa quando arrivammo.

Il personale del resort era molto gentile e socievole; mia moglie già dopo una settimana aveva fatto amicizia con diverse persone e si divertiva tantissimo, soprattutto la sera, quando, dopo cena, si ballava fino a tarda notte, attività che, a dire la verità io, essendo al suo contrario, un orso, detestavo, così come detestavo i camerieri i bagnini i baristi gli animatori e tutti gli altri ospiti del luogo che continuamente sembravano mossi dal demone dell’amicizia e del divertimento a tutti i costi. In particolare, tra le persone che ci toccava frequentare e vedere, mia moglie si era, già dopo qualche giorno, intrattenuta spesso a parlare con il bagnino della piscina olimpionica che più volte si era complimentato con lei per come faceva la rana e per la sua resistenza (d’altra parte tanto amava l’acqua e il maledetto cloro delle piscine, che aveva ottenuto una specie di brevetto, e lei stessa avrebbe potuto fare l’insegnante). Questi era un ragazzo sui trent’anni chiaramente di origine nubiana dato il colore della pelle molto nera e le caratteristiche somatiche, che, come gran parte dei bagnini, presentava un fisico scultoreo e una certa predisposizione ad attaccare bottone con le donne, soprattutto quelle degli altri. Ebbi modo di sentirlo dire una marea di cazzate in un inglese da brividi alla fine della prima settimana nel solarium. Io ero lì con Titti a sbuffare per accontentare lei che magnificava i benefici del bagno turco, quando entrò il bagnino, che si chiamava Abdoul, tanto per cambiare. Si era coperto con un asciugamano bianco, di quelli offerti dal resort, ma appena ci vide, in modo, secondo me studiato, lo fece cadere per salutare mia moglie, mettendo in mostra, tra la nebbia, un cazzo che, seppur floscio, sembrava quello di un cavallo. Con finto imbarazzo e con un mezzo sorriso recuperò poi l’indumento e si mise a chiacchierare con T. sulle innumerevoli bellezze del mare locale offrendoci, alla fine di un pallosissimo discorso, la possibilità di fare scuba in un posto fuori dalle normali rotte turistiche, grazie all’intercessione di un suo amico. Mia moglie ovviamente accettò entusiasticamente e io mi dovetti accodare. La spedizione era prevista per l’indomani visto che era il giorno libero di Abdhoul.

La sera, rientrati presto dopo cena perché ci aspettava un’alzataccia, feci una battuta su Abdhoul, del tipo che era un po’ montato, che si credeva di essere chissà chi, nonostante fosse un rozzo bagnino, e aggiunsi che ci stava provando con lei, cosa che, nonostante non ne avessi nessuna voglia, mi aveva convinto a seguirla in barca nel mar Rosso. Mia moglie ovviamente contestò la mia opinione, aggiungendo che invece il ragazzo era davvero molto simpatico nonché molto generoso ad offrirci una opportunità del genere e che io, secondo lei, in fondo in fondo ero un po’ razzista e classista. Sorridendomi poi mi fece una battuta che mi lasciò secco:<< E poi…non trovi che potrebbe anche lui fare “l’artista” come quello che abbiamo visto in uno dei tuo filmetti d’autore?…le misure mi sembra siano più o meno quelle, no?>>.

La giornata successiva fu una di quelle che, me ne rendo conto oggi, ti cambiano la vita.

Lo scuba, in effetti fu veramente emozionante; eravamo una decina di persone guidate dall’amico di Abdoul, Hossam, e da un altro ragazzo sulla ventina, Ibrahim, ma in realtà, più che amici sembravano fratelli, tanto si assomigliavano fisicamente ai miei occhi. Quando l’escursione era finita e si trattava di pagare, cosa che, un po’ mi preoccupava dato che non si era mai parlato di prezzo e avevo paura di essere caduta nella classica fregatura per turisti, ebbi una piccola sorpresa che però un po’ mi scocciò: Abdhoul aveva offerto la gita e non ne voleva sapere, così come il suo amico, di soldi. Su suggerimento di mia moglie allora invitai i tre a cena al resort per la sera stessa.

Tornati al bungalow, ci riposammo per quasi tutto il pomeriggio e poi ci preparammo per la serata. T. ovviamente mi aveva tormentato un “pochino” sostenendo che aveva ragione circa la gentilezza e la buona fede del bagnino, e io, dato anche che avevo saputo del prezzo normalmente esorbitante di quel tipo di escursioni a cui avevamo partecipato, avevo dovuto darle ragione, anche se avevo uno strano presentimento. Nel frattempo si era messa tutta in ghingheri: aveva un vestitino bianco in cotone stretch cortissimo, che le metteva in risalto il sedere, le cosce abbronzate e il seno ancora bello sodo (aveva una buona terza), con un nastro nero al collo, unito ad una croce d’acciaio, che richiamava il colore delle scarpe, un buon tacco dodici. Quando arrivammo al tavolo che avevamo prenotato, i nostri ospiti erano già lì e mostrarono, più o meno in modo appariscente, di apprezzare molto la mise della mia signora, che, per inciso, aveva messo sotto al vestito un perizoma bianco affinché non si vedesse il segno degli slip.

Mangiammo e bevemmo anche parecchio; io ovviamente non parlavo molto perché bastava T., che riusciva a tenere banco discutendo delle cose più disparate e assurde che si possano affrontare ad un tavolo con tre egiziani sotto – acculturati con un italiano smozzicato e un inglese altrettanto malfermo. Verso mezzanotte, mentre i camerieri stavano sbaraccando, visto che era una serata un po’ morta, forse perché ero un po’ ebbro e avevo voglia di bere ancora e soprattutto un vino migliore rispetto a quello che ci era stato servito, ebbi un’idea impulsiva le cui conseguenze possibili non avevo soppesato bene: invitai i tre ragazzi  a finire la serata nel nostro appartamento in compagnia della bottiglia di champagne, ancora intatta, che la direzione ci aveva offerto il giorno del nostro arrivo. Mia moglie mi guardò un po’ sconcertata e stupita da questa proposta così al di fuori, tra l’altro, dalle convenienze e dai miei normali standard di gentilezza, ma i tre accettarono subito e senza indugio ci accompagnarono alla nostra residenza.

Ci sistemammo nel salottino, dove c’erano due bei divani con un tavolino di vetro porta riviste al centro della stanza sopra un tappeto finta pella di tigre. Dopo un paio di bicchieri la situazione divenne alquanto “scabrosa”. Mi ero allontanato una decina minuti per andare in bagno e quando tornai vidi Abdhoul seduto sul bracciolo del divano accanto a mia moglie intento a spruzzarle vino sull’incavo del collo nel tentativo di leccaglierlo, mentre Hossam le si era seduto affianco e le teneva una mano sulla coscia. T. incrociò il mio sguardo e arrossì, ma mi fece una chiara espressione del tipo “non ti meravigliare! Hai fatto di tutto perché accadesse questo”. Mi sedetti; quella sensazione di buco allo stomaco che mi aveva preso quando mia moglie mi confessò le sue fantasie erotiche ricomparve in maniera improvvisa e lacerante, così come mi esplose una erezione senza precedenti: sentivo il membro pulsarmi dentro le mutande come non mi era mai accaduto. A quel punto il bagnino sussurrò qualcosa nell’orecchio di T., lei gli fece un sorrisetto ironico e gli schiaffeggiò maliziosamente la mano. Poi si alzò, mise un cd di musica del tipo “salsa e merengue” nello stereo e invitò i ragazzi a ballare. Nel volgere di pochi minuti la situazione prese una piega abbastanza chiara. I due Egiziani più grandi si strusciavano senza più nessun ritegno contro il corpo di mia moglie, che si muoveva sinuosamente tra i due, che evidenziavano delle pazzesche erezioni dietro i pantaloni larghi di lino e che con le mani le avevano alzato il vestitino e la palpeggiavano, mentre lei mostrava chiaramente il culo con il perizoma bianco che costituiva ormai l’unica fragile difesa. A quel punto sarei dovuto intervenire, ma mi sentivo bloccato, incapace di una qualsiasi azione, ormai solo spettatore passivo di un film la cui trama avevo, più o meno inconsciamente, iniziato io. Ridacchiando e continuando a ballare Abhoul la portò nella camera da letto, accompagnato dal suo fido compare. In sala ero rimasto solo, con il mio bicchiere di champagne e con il ragazzotto ventenne che fino ad allora, intimidito dalla situazione, se ne era stato in disparte, ma che pensò bene di spegnere lo stereo con quella atroce musica, anche perché si era fatto davvero tardi. Dall’altra stanza si sentivano provenire mugolii e lievi sospiri, inframmezzati da qualche risata, finché con una frase in arabo Abdhoul non chiamò a convegno anche Ibrahim, togliendolo dall’imbarazzo. Restai da solo una decina di minuti, ma poi non riuscii più a trattenere la mia morbosa curiosità e il desiderio di farmi del male, e mi affacciai nella stanza da letto.

La scena non aveva nulla da invidiare a quelle di un film porno della serie gang bang interrazziale. Il bagnino era nudo seduto con le spalle appoggiate alla testiera del letto mentre mia moglie, inginocchiata davanti, gli stava leccando lo scroto tenendogli in mano l’ enorme cazzo, mentre Hossam, anch’egli completamente nudo, le stava leccando il culo e contemporaneamente infilando il pollice nella figa; l’altro si era abbassato i pantaloni e se lo stava menando in attesa probabilmente del suo turno. T. aveva ancora addosso il vestitino che però le copriva solo il busto, visto che le spalline erano state chiaramente strappate. Il perizoma, anch’esso strappato, si trovava sull’uscio; con un gesto meccanico lo raccolsi, scoprendo che era bagnato zuppo dagli umori della mia consorte. A quel punto i tre mandingo, incuranti della mia presenza e forse ancora più eccitati dalla situazione, decisero di alzare ulteriormente il tiro. Hossam, che aveva un cazzo meno lungo di quello del suo amico, ma tozzo, con un diametro impressionante quasi come quello di un a melanzana matura, lo infilò nella figa fradicia e cominciò a pomparla violentemente; Lei girò la testa verso di lui, interrompendo il suo lavoro, con aria sorpresa, come se avesse provato una sensazione nuova e inaspettata – d’altra parte non aveva mai sentito dentro di sé un calibro del genere – e iniziò a gemere e sospirare profondamente come non l’avevo mai sentita. Per qualche secondo incrociai il suo sguardo: l’iniziale smorfia di sofferenza si era trasformata in un’espressione un po’ maliziosa, un po’ di disapprovazione nei miei confronti.

L’ azione del cazzone egiziano durò diversi minuti, finché questi, che evidentemente non ce la faceva più, lo tirò fuori spruzzandole con un vera e propria doccia di sperma, le natiche e il vestito. Abdhoul allora la prese per i capelli e la “invitò” a spompinarlo, mentre faceva cenno a Ibrahim di approfittare della situazione. Mentre T. si infilava il cazzo fino quasi a soffocarsi, provocando un convulso piacere nell’uomo che la portava su e giù tenendola sempre per i capelli, il ventenne infilò il suo membro, un po’ più piccolo degli altri, ma comunque di notevoli dimensioni, nella figa sempre più bagnata. Nel momento in cui venne nuovamente penetrata T. esplose in un orgasmo incontenibile: affondò le unghie nella pelle dell’uomo che poco prima stava spompinando e iniziò a contrarre sempre più freneticamente il bacino, il tutto in un profluvio di gemiti spezzati che provocarono l’immediata eiaculazione del giovane, che la inondò di sperma, che presto iniziò a colarle tra le cosce.

A quel punto Abdhoul fece quello che aveva immaginato di fare, senza ombra di dubbio, dal momento in cui aveva visto mia moglie, e soprattutto il suo culo, in piscina il primo giorno di vacanza: la fece mettere con le ginocchia sul pavimento e il corpo, a faccia in giù, sul letto, in modo da ottenere una perfetta posizione a novanta gradi; le allargò quindi con la mano il buco del culo, e poi, dopo averci sputato dentro, infilò il suo enorme cazzo, progressivamente e inesorabilmente, nello stretto pertugio anale. T. emise un urlo soffocato, che diventò sempre più intenso finché il nero superdotato, dopo averlo infilato dentro fino ad arrivare ai coglioni e pompandola ad un ritmo via via sempre più concitato, non si scaricò completamente nel suo culo.

Lei era lì, alle tre del mattino, stesa supina sul letto a respirare affannosamente, come se avesse fatto una specie di maratona; i tre si dileguarono velocemente dopo la performance di Abdhoul mentre io ero venuto, senza toccarmi data l’eccitazione, nei pantaloni, ma nonostante questo ero ancora preda di una erezione che sembrava senza limite. In un impeto di orgoglio lo tirai fuori e lo infilai nel culo ormai completamente dilato di mia moglie. Mai avrei pensato che sarebbe stato così semplice sodomizzarla; venni all’istante in modo prolungato e quasi doloroso, poi mi rovesciai esausto sul letto e mi addormentai di schianto.

Da quella volta niente fu come prima tra di noi. Era come se avessimo superato la soglia di un sentiero dal quale non si può più tornare indietro, e che ti impedisce, allo stesso modo, di rimanere fermo. Da lì successero altre cose, mi rendo conto solo ora, inevitabili, cose che né io né T., soprattutto io, a dir la verità, avremmo mai immaginato, neanche lontanamente, di essere capaci di fare…

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