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Racconti Erotici Etero

Il culo

By 13 Maggio 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Isabella è la figlia della cuoca di un posto dove ogni tanto vado a mangiare, quando esco dall’ufficio.
La madre è una bella signora, molto simpatica, e la figlia è la sua copia in miniatura, nel senso che, se le vedi vicine, non hai bisogno di controllare i loro documenti per capire che sono mamma e figlia.
Un viso ovale e dolce, illuminato da due occhi vispi e circondato dai capelli lisci, castano chiaro, e poi, il naso dritto e forse un po’ troppo lungo e due labbra carnose, che, nell’insieme, mi ricordano certe figure viste nei quadri del rinascimento.
La conosco da quando era poco più che una ragazzina e ho sempre osservato con piacere la sua fresca figura, mentre si muoveva tra i tavoli del ristorante.
Isabella, come avevo già detto, è piccola di statura, ha la vita molto stretta e questo mette in evidenza il suo culetto.
Non è come tante ragazze che si vedono ora in giro, con i fianchi appena accennati, rispetto al giro vita, dietro due palle dure e tonde, che sembrano finte, e le spalle larghe, al punto da farle apparire delle Barbie trasformate in donne, grazie al tocco di una bacchetta magica.
Insomma, il culo di Isabella, aveva ‘ come posso spiegarmi? … la forma di un culo, fatto di carne e non di plastica, e, quando lei rientrava nella cucina del ristorante, non potevo fare a meno di dare un’occhiata a quella delizia.
‘Ma che fai, non ti vergogni? Guardi il culo alle ragazzine? Potresti essere suo padre.’
Beh, innanzitutto non sono suo padre, e poi, un’occhiata innocente, senza farmi accorgere, né da lei né dalla mamma, non mi sembrava così grave.
Quanti anni aveva? Quattordici, forse quindici, ma era comunque un piacere vedere quelle chiappe, che mi sembravano allo stesso tempo morbide e sode, muoversi leggermente sotto i jeans attillati.
Lo faceva, intendo il movimento, senza malizia, in maniera assolutamente naturale, e credo che non avesse la minima idea del tesoro che si portava dietro.
Conosco il suo nome per caso, perché l’ho sentita, in questi anni, chiamare dalla madre.
Con lei ho scambiato, in tutto questo tempo, solo poche parole, ma gli sono simpatico, perché, quando mi incontra, mi sorride.
Una volta la vedevo abbastanza spesso poiché, uscita da scuola, andava a dare una mano alla mamma in ristorante.
Il tempo passava ma mi sembrava sempre una ragazzina, forse perché l’avevo conosciuta così, o forse perché la conformazione piccola e minuta la faceva sembrare più giovane, però ‘ aveva sempre un culetto favoloso.

Era parecchio che non la incontravo.
Quanto?
Forse un paio d’anni, ma, d’altra parte, non è che annotavo gli incontri con lei, se c’era ero felice di vederla e di dare un’occhiata al suo culo, se non c’era pazienza, neanche ci pensavo.
Insomma, ieri sono andato a mangiare lì e me la sono ritrovata davanti.
Mi ha sorriso come ha sempre fatto e mi ha lanciato un bel ‘ciao’, prima di dirigersi in cucina.
Mi si è fermato un attimo il respiro: a prima vista sembrava la stessa ragazzina di una volta, poi, l’ho vista camminare ed ho capito che si era fatta donna.
Il fisico, più o meno, è rimasto lo stesso, forse ha messo un filo di carne sui fianchi e qualcosa di più (che non guasta) dalle parti delle tette, ma il cambiamento è nel come si muove.
Sono rimasto come incantato, nell’osservare le sue chiappe dentro i pantaloni attillati della tuta.
Si muovevano alternativamente, seguendo l’andamento della sua camminata e potevo vedere bene anche il segno delle mutandine attraverso la stoffa tesa della tuta grigia, forse un po’ troppo stretta.
Ho pensato che lei, così minuta, aveva dovuto prendere una taglia piccola e, nell’abbigliamento di oggi, non devono aver preso in considerazione il suo modello di culo, considerato probabilmente desueto.
Mentre mangiavo è passata avanti e indietro nella sala diverse volte, ed ho potuto quindi osservarla bene.
Non ancheggiava o sculettava, come fanno molte donne, specialmente quando sono arrampicate su tacchi troppo alti, lei semplicemente camminava, con le sue scarpe da ginnastica bianche e rosa, camminava ed il suo culo si muoveva naturalmente, come se respirasse.
Sopra poi indossava una maglietta bianca e grigia, a righe orizzontali, che metteva in evidenza le sue forme. Quando la vedevo di fronte non potevo non notare i suoi seni tondi e sporgenti, quando invece rientrava in cucina, la righe orizzontali e il fatto che la maglia fosse corta e lasciasse scoperto qualche centimetro di pelle, evidenziavano ancora di più il suo culo.
Anche se come differenza di età potrei sempre essere suo padre, ora è una donna, e posso guardarle il culo quanto mi pare, tanto più che sono sicuro sia perfettamente consapevole di cosa si porti appresso e cosa possa suscitare nei maschietti di ogni età.
è passata diverse volte, durante il mio pasto, forse più di quanto necessario, ed io ho un po’ indugiato, una volta finito di mangiare, alla fine però, mi sono alzato perché dovevo tornare al lavoro.
Prima di uscire sono passato in bagno, per cercare di rimettere le cose a posto, visto che tutto questo andirivieni di chiappe, aveva creato un po’ di agitazione dentro le mie mutande.
L’ho incontrata di nuovo appena uscito dal ristorante.
A fianco alla porta d’ingresso, c’è un portoncino di ferro che conduce al magazzino.
Il portoncino era aperto e lei era dentro, intenta a mettere, negli scaffali di metallo, gli scatoloni di pelati.
Erano barattoli grandi, del tipo usato nei ristoranti e nelle grandi comunità, ed ogni scatolone doveva pesare un bel po’.
Si vedeva che stava facendo una discreta fatica a sollevarli e allora ‘
‘Vuoi una mano?’
Se era brutta e con il culo piatto le avresti proposto il tuo aiuto?
Lei si è girata, mi ha fatto un gran sorriso e ‘Magari, sono pesantissimi, la mamma ha mal di schiena e mi ha chiesto il favore.’
A forza di issare scatoloni sugli scaffali, i pantaloni della tuta sono un po’ scesi, scoprendo un pezzetto dei suoi slip bianchi.
Mi tolgo la giacca ed inizio ad aiutarla, mentre sento che lui riprende a bussare attraverso le mutande.
Lei continua a lavorare tranquilla, sbattendomi quasi il culo in faccia ed io mi chiedo quanto potrò resistere ancora, visto che a forza di muoversi, l’elastico dei suoi pantaloni è sceso ancora.
Le sue dita si posano proprio lì, ecco, penso, adesso, li rimette a posto ed è finito lo spettacolo, rimangono ferme intorno all’elastico, poi rinuncia e riprende a lavorare.
Abbiamo finito.
Lei mi sorride ancora, mi ringrazia, poi si sporge per sistemare uno scatolone, sull’ultimo scaffale, che è leggermente fuori posto.
è l’ultima visione di quel culo fantastico, poi sarà tutto finito, si torna in ufficio e basta.
Io allora, con gli occhi fissi sulla stoffa delle sue mutandine bianche, semplici, senza ricami e decori, che lasciano intravedere il taglio dell’inizio delle chiappe, faccio una cazzata che potrebbe costarmi cara.
Non so, devo essere impazzito, perché potrebbe arrivare la madre, potrebbe vedermi qualcuno che passa in strada, visto che il portoncino è spalancato, oppure lei potrebbe mettersi a gridare o magari mollarmi uno schiaffone.
Potrebbero accadere tutte queste cose, ma io non riesco a resistere e le piazzo le mani sui fianchi, tra la pelle lasciata scoperta dalla maglietta e l’inizio delle mutandine.
è un gesto inequivocabile, non posso dire che mi sono sbagliato, dovrei toglierle subito, magari farfugliando qualche parola di scuse, invece le mie mani rimangono incollate al suo corpo.
Io non mi muovo e lei non si muove.
Se aveva qualcosa in contrario avrebbe reagito, visto che sono passati diversi secondi, allora decido di avanzare e le mie dite si incuneano agilmente sotto l’elastico dei pantaloni della tuta.
Le sto carezzando il culo e lei non reagisce.
Veramente una reazione c’è, perché la sento fremere, poi ho l’impressione che si sporga leggermente indietro, come per farmi capire che posso, che il suo fantastico culo è a mia disposizione.
Allora azzardo: risalgo e le mie dita si infilano dentro l’elastico dello slip e affondo le mani nella sua carne morbida e soda allo stesso tempo.
Un gemito mi fa capire che ho colto nel segno, poi la sento irrigidirsi.
Ecco ci ha ripensato, era troppo bello.
Si stacca bruscamente da me e si dirige verso il portoncino.
Già me la immagino, in mezzo al marciapiede, che chiede aiuto ed io che cerco di spiegare, ad un arcigno commissario di polizia, che non ho saputo resistere davanti ad un simile culo, ma prometto che non lo farò più,
Invece, con mia grande sorpresa, arrivata sull’uscio, toglie la chiave rimasta all’esterno, chiude il portoncino e poi la infila di nuovo all’interno.
Lo scatto delle due mandate mi fa capire che sono solo con lei e che nessuno ci disturberà.
A questo punto le abbasso completamente i pantaloni e le sue chiappe, viste con soltanto le mutandine addosso, sono ancora più invitanti di come le avevo immaginate in tutti questi anni.
‘Sono brutta e grassa, vero?’
Mi viene quasi da ridere. Ma davvero non si rende conto del dono che ha?
Il suo musetto impertinente mi convince che lo sa benissimo e che sta solo giocando con me.
Le abbasso le mutandine e comincio a baciarla e carezzarla.
Ad un certo punto devo interrompere, perché se non mi apro i pantaloni non so più dove metterlo.
Ora è completamente nuda, dalla vita fino a sotto le ginocchia, i pantaloni e le mutandine calati la impacciano nei movimenti, così lei mi fa fermare un attimo e si libera agilmente dei due indumenti.
Le sue gambe non sono molto lunghe, con cosce e polpacci ben sagomati, le ginocchia rotonde e le caviglie fini, ma le trovo una delizia.
Passo il palmo delle mani sulla sua pelle fresca e morbida, iniziando dalle caviglie e risalendo lentamente.
L’effetto su di lei è immediato, perché inizia a sospirare ed allarga leggermente le cosce.
Quando le mie dita incontrano la corta pelliccia che protegge il suo sesso, il gemito profondo che emette, mi incoraggia a continuare.
La tocco a lungo, prima in superficie, poi sempre più in profondità, è bagnata fradicia e, alla fine, quando non ne può più, si china in avanti, poggiando i gomiti ad uno scaffale di metallo ed allarga completamente le gambe.
Mi chiede se ho un preservativo.
No, non sono il tipo di uomo che gira con i profilattici nel portafogli perché ‘ non si sa mai.
Ora è lei che ha preso il controllo della situazione.
Solo dietro, mi raccomando.
Come se la cosa non mi andasse. Ragazza mia, è da quando sei poco più che una ragazzina che ho una voglia matta di ficcartelo in mezzo alle chiappe. Non sarà certo un ripiego, anzi.
Prima di farmi entrare si passa più volte le mani nella fica bagnata, cercando di lubrificare il suo ano, e quando finalmente mi da il permesso, sono emozionato come un adolescente alla sua prima esperienza.
Entro piano, penso che è molto giovane e magari poco abituata, ma lei non fa una piega.
Entra preciso, abbastanza stretto ma senza intoppi o sforzi eccessivi, potrei dire che il suo culo mi calza come un guanto.
Lei geme forte e si tocca durante tutto il tempo mentre io entro ed esco tra quelle chiappe favolose che sono state il mio sogno proibito per troppo tempo.
Vengo in un tripudio di sensazioni, come il gran finale dei fuochi di artificio, e rimango un po’ dentro di lei.
Verrei starci per sempre, ma il mio arnese si sta già ammosciando e, anche volendo, non sarebbe possibile.
Lei mi abbraccia e mi da un bacio.
Mi dice anche che è stato molto bello, poi ci ripuliamo a vicenda, usando dei fazzolettini di carta.
Passarle un fazzolettino sulle cosce ed in mezzo alle gambe, mentre lei fa la stessa cosa con il mio uccello, sortisce un effetto miracoloso su di me e vorrei bissare subito, ma non c’è tempo, lei deve tornare in cucina ed io ho una noiosa riunione di lavoro che mi aspetta.
L’unica nota stonata, che mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca, è stato il fatto che, prima di lasciarmi andare, mi ha spillato 50 ‘.
‘Sai com’è difficile oggi la situazione dei giovani, non riesco proprio a trovare lavoro.’

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