Roberto ed Elisa stavano assieme da diversi anni, e sinceramente non so come: Roberto era mio amico fin dai tempi delle scuole medie, avevamo frequentato lo stesso liceo nella nostra cittadina anche se in due classi diverse, e frequentavamo due università nella stessa città, per cui si può dire che lo conoscessi piuttosto bene. Era un ragazzo sicuramente troppo coccolato dai genitori, e quindi simpatico a modo suo, uno di quelle che deve sempre mettersi un po’ in mostra, che anche nel più normale dei confronti deve sentirsi primeggiare.
Avete capito il tipo. Io e gli altri nostri amici comuni rimanemmo non poco sorpresi quando saltò fuori con la notizia che si era trovato una ragazza nella grande città in cui frequentavamo l’Università, Elisa, e l’avrebbe portata fuori con noi la settimana dopo. Ovviamente fin da subito ci venne fatto capire come lei fosse la ragazza migliore e più bella di qualsiasi noi avremmo mai potuto avere, ma abituati ormai da anni all’approccio di Roberto, ci passammo tutti sopra -d’altronde Roberto, un ometto mozzarella con il fiato corto dopo una rampa di scale, si riteneva un gran figo- perciò che Elisa fosse una ragazza parecchio carina per davero, ci risultò curioso.
Era abbastanza alta, molto snella e non particolarmente prosperosa con dei bei capelli ricci mori portati molto lunghi, occhi scuri, un discretissimo culetto, e parecchio concentrata sull’essere “carina”. Carina con noi emeriti sconosciuti che ci limitammo nell’essere un gruppo di discreti deficienti, carina con Roberto a cui diceva sempre di sì e con cui era sempre d’accordo, anche se la serata che voleva fare lui prevedeva la sua presenza come bella statuina a ridere delle sue (orride) battute.
E qui che cominciammo a non capire come stessero assieme: quando li frequentavamo erano sempre in perfetto accordo. Non discutevano su dove andare in vacanza, in che locale uscire quella sera, “quello che vuoi tu a me va bene”.
E quando non stavano insieme, non ci azzeccavano niente: almeno, da quel che ne sapevamo noi e dai social network, con i queli farsi i cazzi degli altri è facilissimo, anzi inevitabile.
Ovviamente Elisa aveva aggiunto alle sue amicizie e contatti tutti i membri della nostra scalcinata compagnia: e mentre lui condivideva pranzi con gli amici, foto dell’ennesima passione per qualche gioco da tavolo, ritratti del suo cane a valanga, e commenti autoincensanti sui suoi risultati sportivi di qualche app per il benessere, lei era una sfilata di vestiti anche decisamente succinti, serate in locali e discoteche, eventi, brindisi: pareva una che usciva da un locale solo per scattarsi una foto della nuova gonna con cui sarebbe entrata nel locale successivo.
Perciò, tra di noi, ci risultavano una coppia piuttosto atipica, le cui spiegazioni andavano da “si amano davvero tanto” a “lui le paga le ferie, se la coccola ma è un cervo” a “lei è fuori di testa”. L’ipotesi scherzosa di “Roberto è un toro nel letto” veniva scartata a priori. Erano solo battute, in fin dei conti, perché si voleva bene a tutti e due.
Con il passare del tempo, chi per cambi di corso di studi, chi per lavoro, chi per l’arrivo di fidanzate, eravamo rimasti praticamente solo noi tre nella stessa città.
Io ci lavoravo e vivevo come Elisa, Roberto invece faceva il pendolare. Frequentare la coppia perfetta da soli non era proprio divertente, ma ogni due o tre settimane circa andavamo almeno a prenderci una birra, o al cinema, serate in cui inevitabilmente riaprendo la porta di casa pensavo “come cazzo fanno a stare assieme?” Lui era se possibile ancora concentrato su sè stesso, il suo lavoro (ovviamente il migliore del mondo) e i suoi hobby di giochi e collezioni che lei neanche sapeva come fossero fatte, tanto gliene importava.
A maggior ragione se consideriamo il fatto che ogni tanto mi era capitato di accompagnare Elisa da qualche parte senza Roberto. Un passaggio in scooter, un pranzo assieme quando capitava che per lavoro fossi in zona dove lavorava lei, una commissione. A qualche amico questo sembrava strano, a me perfettamente normale: Elisa era la ragazza del mio amico, questo la escludeva dai miei interessi.
Una sera rientrai a casa decisamente scazzato dalla birra con la coppia: Ero uscito con loro per rilassarmi dopo una settimana decisamente di merda, piena di problemi a lavoro e scazzi vari,ma Roberto era riuscito a parlare solo lui. Ognuno ha le sue passioni e ama parlarne, ma da questo a strizzare le palle dalla noia tutta la sera a persone a cui non gliene fregava un cazzo, ci voleva solo l’ego di Roberto.
A me, che lo dicevo chiaramente tutta la sera, ironizzando a Roberto il tempo e i soldi che stava investendo per una cosa che, conoscendolo, avrebbe mollato in capo a un mese. E ad Elisa, che lo stava a sentire e intanto probabilmente pensava a tutt’altro, senza spiccicare una parola.
Erano circa le due di notte, e non avevo per niente sonno, perciò accesi il televisore e mi versai da bere.
Avrei ammazzato il tempo con un simpatico whisky e un po’ di zapping e poi continuato un libro che rimaneva sul comodino a chiedere giustizia da troppo tempo. Non una nottata da leoni, ma il necessario per sbollentare l’incazzo:
A quel punto cominciarono ad arrivarmi dei messaggi da parte di Elisa, che -assurdamente- si scusava per il comportamento di Roberto, che l’aveva seccata abbastanza perchè tutti e due erano a conoscenza dei miei problemi recenti, quindi almeno avrebbe potuto lasciarmi sfogare un po’.
L’arrabbiatura, e anche un po’ l’alcool, mi fecero rispondere in maniera ben poco cordiale: ben gentile da parte sua chiedere scusa, ma se qualcuno doveva farlo era Roberto, a cui probabilmente non era neanche passato per la testa. Sapevo -ironizzai- che erano molto legati, ma addirittura che lei si scusasse in vece sua era quasi da simbiosi.
Da lì i messaggi di Elisa, sempre molto gentili, cominciarono a vertere sul fatto che fossero legati ma lei faceva quello che voleva, avevano due vite separate e altre manfrine.
“Sì, lo so che avete due vite separate, mentre lui è li a giocare, sei lì ad aprire le cosce in discoteca” pensai, ma scrissi solo che mi spiaceva di essere stato sgarbato, e la salutavo.
Forse per dimostrarmi ancora meglio che lei e Roberto conducevano vite separate, da quel giorno Elisa cominciò a farsi sentire molto più spesso, per chiedere se ero in zona a ora di pranzo, a che ora staccassi dal lavoro, se ero in città quel finesettimana perchè aveva una commissione da fare…
Pranzammo assieme un paio di volte, le diedi un passaggio una, ma per il resto evitai. Una parte di me in realtà cominciò a pensare che questo comportamento cominciasse a diventare un po’ troppo espansivo, ma diedi la colpa al suo doversi sempre sentire gentile con tutti, ma non potevo nascondermi che l’avere a che fare con Elisa senza il suo ragazzo di mezzo cominciasse anche a stuzzicarmi. In capo a un mese e mezzo, la moretta mi chiese il grandissimo favore di accompagnarla ad un concerto, dato che Roberto sarebbe stato via per lavoro tutto il weekend per una fiera in centro Italia, ma lei ci teneva tanto e non voleva andarci da sola…
Tirai la cosa un po’ in lungo, poco propenso a fare da balia tutto il tempo ad Elisa per conto di Roberto, ma lui riuscì a risolvere il mio dilemma morale con una semplice telefonata:
Su dieci minuti di chiamata in cui mi chiedeva informazioni sulla città (in cui ero stato diverse volte), almeno sette erano conteggiati tra il prendermi per i fondelli perchè non viaggiavo per lavoro, e non avessi niente da fare in un finesettimana in cui lui si sarebbe divertito con il suo splendido lavoro, i suoi impareggiabili colleghi e i suoi importantissimi impegni.
Dedussi che Elisa non gli aveva detto minimamente del concerto, e me ne stetti ben zitto, dato che ero decisamente incazzato: decisi che non solo quel finesettimana avrei avuto da fare, ma sarei pure uscito con la sua ragazza, e l’avrei fatta divertire come con lui non si sarebbe mai sognata.
Scrissi un messaggio perentorio a Elisa che non ammetteva repliche sull’ora e il luogo dell’incontro, e il suo “non vedo l’ora! ;) “ mi provocò una subitanea eccitazione. Avrei visto Elisa da sola, e non per un panino ad un bar, ma in una di quelle serate per cui buttava tonnellate di foto sul suo profilo internet, di minigonne aderenti e succhiate di drink, ed ero sinceramente curioso…
La sera del concerto passai a prenderla in auto: pessima idea per il posteggio vicino ad un locale, ma il tempo estivo prometteva acquazzoni considerevoli. Elisa si era decisamente messa in tiro: tacchi vertiginosi che le alzavano il culetto, fasciato stretto in una minigonna nera, e sotto una specie di maglioncino legato in vita si intuiva chiaramente un vestito corto dello stesso colore, con una scollatura da urlo nonostante le poche rotondità. Il tutto condito da due orecchini a cerchio sotto una massa di capelli ricci scuri considerevole, vaporosa e profumata, braccialetti e ninnoli vari.
“Ma come siamo eleganti stasera!” dissi con il tono più cordiale e onesto che potevo mentre scendevo dall’auto e le davo un bacio sulla guancia. Lei ringraziò e commentò la mia camicia e i jeans lievemente attillati.
“Non posso sempre vivere in felpa e t-shirt!” dissi facendola salire in auto e andando al posto di guida, mentre rideva. “Mi sembra giusto… E poi ti stanno bene, hai un bel fisico!” commentò lei in maniera innocente, ma con effetti intimamente interessanti.
Cenammo in un posto che viveva solo della sua vicinanza alla statale con una pasta allo scoglio di una certa decenza, e una bella bottiglia di rosso carico: abituato a vederla adorante il suo Roberto, o a parlare di qualche cosa di lavoro con un panino in mano, temevo che con la silenziosa Elisa avremmo avuto parecchi momenti imbarazzanti, e invece la ragazza era felicemente loquace, forse parlando a quel tavolo più di tutti gli anni che ci conoscevamo.
Arrivammo al locale stranamente in fretta, e incredibilmente trovando pure un posteggio comodo. Quest’accoppiata quasi inedita ci diede non solo il tempo di entrare con calma ma pure di raggiungere il bancone del bar e prendere le consumazioni incluse senza dover sgomitare più di tanto.
Elisa si fece ancora più loquace grazie ad un drink abbastanza carico che degustò in tempi considerevolmente brevi. Mi stuzzicava l’idea di farle perdere i freni inibitori, anche se dovevo tenere a mente che dovevo guidare; così le offrii un secondo drink, preferendone uno meno carico. Il locale intanto si riempiva, la band non si faceva vedere per chissà che motivo, e lo spazio tra me e lei diminuiva sempre più. In breve eravamo quasi faccia a faccia, con i bicchieri praticamente incastrati tra di noi, e sentivo l’odore dei suoi capelli salirmi fino al cervello. Avevo indubbiamente un’erezione che malediva i miei pantaloni. Fortunatamente la band si decise a comparire, e lei cinguettò “andiamo più sotto al palco, dai!” prendendomi la mano. Ingoiammo il restente liquido e mi lasciai trascinare ancora di più in mezzo alla folla che comincava a scalpitare mentre partiva la musica.
Elisa cominciò a ballare come un’ossessa, mentre io cercavo di starle dietro, alla meno peggio, soprattutto cercando di evitare di essere montato da un imbecille che si era messo a saltellare come una molla dietro di me e che era già abbastanza sbronzo per non saper cadere in piedi. Per un buon quarto d’ora me la cavai, ma tra le spinte, la musica, e i miei tentativi di non farmi cadere addosso l’imbecille, alla fine mi trovai a dieci centimetri dal volto di Elisa, che mi fissava con i suoi occhi scuri mentre si muoveva scatenata, alzando le braccia e ondeggiando il bacino sempre troppo vicino al mio. Avevo caldo, caldissimo, e mi trovavo adeso alla ragazza del mio amico che più o meno involontariamente cominciava a ballarmi addosso. Temevo si accorgesse dell’erezione ormai completa nei miei pantaloni. Trovai la scusa del caldo per scostarmi e tirarmi su le maniche della camicia. Elisa sorrise, e passando una mano sul mio avambraccio commentò “volevi farmi vedere i muscoli?”, per poi rifarsi vicina a me e continuare a ballare, il suo inguine a poco meno di due centimetri dal mio, che cercavo di muovermi senza finirle adeso. Fortunatamente finì un pezzo e la folla si distese, dandomi modo di riguadagnare un paio di spanne di spazio. Elisa cominciava ad affannarsi, e si slacciò il maglioncino per legarlo in vita, facendo bella mostra della sua scollatura in cui inevitabilmente finì il mio sguardo per una frazione di secondo di troppo.
“Troppo scollata?” mi urlò, mentre cominciava il pezzo successivo, e la mia risposta fatta di balbettii venne coperta da un pezzo scatenato, veloce, che entusiasmò il pubblico che prese ad agitarsi tanto che ci fece impattare. Misi le mani sulle spalle di Elisa istintivamente per frenarla dal darmi una capocciata, mentre le sue aderivano al mio petto e il suo corpo al mio. Sentii chiaramente l’erezione che le si premeva addosso per un tempo che mi parve infinito, ma lei sorrise staccandosi e ricominciando a ballare, fissandomi con quegli occhi color nocciola e una strana luce negli occhi. Continuammo a ballare per un paio di altri pezzi, e fui felice che l’inconveniente non sembrava aver portato nessun imbarazzo, mi illusi quasi che non se ne fosse accorta. La band decise quindi di fare una pausa nel ritmo con un pezzo più lento, quasi una ballata, molto conosciuto (a chi li ascoltava…)
Le luci si attenuarono su una tonalità bluastra, e il pubblico cominciò a ballare più lentamente. Elisa si girò verso il palco, dandomi una perfetta visione della sua schiena asciutta e liscia, su cui veniva voglia di passare le mani fino ad arrivare a quel culo sodo, fasciato dalla gonna corta e issato dai tacchi. Le coppie intorno a noi si fecero più intime, e lei, lentamente, aderì a me completamente.
Avevo il viso immerso in quei capelli vaporosi, la sua schiena sul mio petto e quel magnifico culo che ondeggiava adeso al bozzo dei miei pantaloni. Elisa si voltò leggermente inchiodandomi gli occhi addosso e strusciando il solco delle sue chiappe lungo il mio sesso, in una maniera così sfacciata che in un colpo tutte le mie remore, i pensieri che fosse la ragazza di Roberto, e ogni possibile spiegazione di involontarietà da parte sua sparirono.
Quale che fosse con il suo ragazzo, in quel momento Elisa era una stronzetta vogliosa, che stava saggiando il mio pene con quel suo culo sodo e uno sguardo che non lasciava spazio a fraintendimenti. Le misi istintivamente le mani sui fianchi e la strinsi ancora di più a me, godendomi la sensazione di quelle chiappe che scorrevano su e giù, massaggiandomi. Il maglioncino poneva ancora uno spessore di troppo, per lei, e lo fece svicolare più in alto.
“E’ tutta la sera che è così…” le sussurrai nell’orecchio attraverso la massa di capelli. “Lo so…” sospirò di rimando, voltandosi ancora un poco con la sua bocca carnosa a un passo dalla mia. La baciai, e lei rispose con una passionalità scatenata, alzando una mano per tenermi la nuca e infilandomi centimetri su centimetri di lingua in bocca, pareva non finire mai. Rimanemmo avvinghiati così per un istante, mentre la premevo a me, per staccarci con un lieve risucchio e fissandoci intensamente. La mia mano scivolò sul suo pancino magro, fermandosi appena all’inizio della gonna, ma con un deciso colpo di bacino lungo tutta la mia asta, Elisa mi spinse a scendere ancora, sentendola calda, caldissima, sotto la stoffa. “E’ tutta la sera che è così…” sorrise lei, mandandomi in estasi.
La baciai di nuovo senza levare la mano, cominciando a muoverla delicatamente sul suo sesso, facendola sospirare e spingendola a baciarmi di nuovo fino alla fine del pezzo, quando scattarono gli applausi e si girò verso di me.
Mi piantò uno sguardo da ninfomane matricolata negli occhi, e mi baciò ancora appassionatamente.
“Portami via!” sussurrò. Non avevo intenzioni diverse! Le misi una mano sul culo, felicemente nascosta dal maglioncino stropicciato, e la condussi alla macchina, dove la schiacciai contro la portiera per baciarla ancora. Avrei dovuto guidare, adesso, e volevo scaldarla per bene prima che ci ripensasse. Elisa si lasciava baciare il collo, la bocca, e toccare ovunque senza opporre nessuna resistenza, piazzandomi una mano sul pacco in tiro e sospirando. L’avrei presa lì, in quel momento, ma c’era troppo movimento di gente che andava e veniva.
“Tienila così finchè non arriviamo a casa…” susurrai, levandomi la sua mano dal pacco ormai dolorante, e piazzandola sul suo sesso. Sospirò mugolando un “sì”, mentre saltavamo in auto.
Guidai più velocemente che potevo conscio dei controlli su quella strada, mentre tiravo a me Elisa, cercando di continuare a stuzzicarla. Ad un semaforo rosso, inutile, piazzato in mezzo ad una statale dove poteva bastare una rotonda, mi girai verso di lei, le afferrai la nuca sotto quell’enorme massa di ricci e la baciai con foga. Rispose come un animale in calore, sospirando e toccandomi il petto e il pacco con foga. Non c’era bisogno di stuzzicarla ulteriormente, era ormai partita a tutta velocità, lo sentivo persino dal suo odore.
Arrivammo a casa velocemente, ma per come la volevo era fin troppo tardi. In ascensore andammo a sbattere contro tutte le pareti, impegnati a succhiarci la lingua l’un l’altro. Le sussurravo la mia eccitazione in un orecchio, e quello che sentivo con la mano sul suo inguine era un fuoco bagnato che non si sarebbe spento facilmente.
Finalmente arrivammo al mio appartamento e ci lanciammo praticamente dentro. Chiusi la porta con un calcio e la sbattei contro la parete del corridoio, aderendo a lei. Continuò a baciarmi mentre le sue mani correvano sul mio pacco.
“tiramelo fuori” le sussurrai a denti stretti, facendola staccare da me. Fissandomi, si accovacciò sui suoi tacchi slacciandomi i pantaloni e tirandolo fuori in tempo zero. Sono una persona onesta, non millanto misure che non possiedo, ma nessuna ha mai avuto da ridire su quel che la natura mi ha dato, anzi.Elisa era troppo vicina con il viso, e il mio membro finalmente libero le sbattè con un rumore sordo sul viso. Mi guardò con uno sguardo voglioso. “me l’aspettavo più piccolo…” la fissai “… sono abituata a Roberto”. Rimasi di stucco, e ormai assatanato, nel sentirle dire una frase del genere, con quella voce da ninfomane, in ginocchio di fronte a me, la ragazza del mio amico, il mio cazzo sobbalzò, pulsante, facendole abbassare lo sguardo e portandola a dedicarsi a baciare la cappella. Le labbra di Elisa erano calde, umide, vogliose, e quando la sua lingua saettò fuori per cominciare a solleticare la mia asta, mi abbandonai ai brividi del piacere, scostando quella massa di ricci per godermi lo spettacolo.
Nel silenzio del mio appartamento, Elisa cominciò un’opera da vera esperta, dosando velocità e ritmo come se mi conoscesse da sempre. La fissavo, tenendole i ricci scostati dal viso non solo perché lei fosse comoda, ma per godermi lo sguardo voglioso che continuava a lanciarmi ogni volta che si staccava dal mio cazzo. Succhiava, inumidiva con la lingua, e ogni volta che tornava all’assalto ne prendeva un pezzettino di più, in un ritmo ed in velocità deliziosamente crescenti, mentre il corpo si muoveva sinuoso, mostrando quelle cosce lisce divaricate e quel culo da urlo che ondeggiava, mantenendola in equilibrio. Sospirai, mentre il mio cazzo pulsava più forte, ed Elisa si leccò le labbra, per cambiare decisamente ritmo: le sue labbra aderirono forte alla cappella, e scivolarono adese alla mia asta, percorrendo ogni singola vena in rilievo, fino al mio inguine. Sentii il suo naso quasi freddo a confronto con il calore della sua bocca toccarmi la pelle, e le sue mani massaggiare i testicoli gonfi.
Per un secondo pensai di fermarla, se avesse continuato così intensamente non avrei resistito molto, con il cazzo in tiro fin da prima di cena che non aspettava altro che esplodere, ma Elisa si staccò con un forte risucchio, mi guardò, afferrando la cappella con i denti appena appoggiati e incarando le sopracciglia, in un gesto di minaccia ben poco efficace “Fai la brava…” le dissi con un sorriso. Di reazione, come la più vogliosa delle troie lasciò la presa e si sbattè il pene sulle labbra strette a cuore tre o quattro volte, mugolando, e cominciando a leccare l’asta con foga, mentre la mano iniziava a segarmi con un bel ritmo sostenuto, alternando questo trattamento a repentini affondi con le labbra calde che si facevano scivolare tutta l’asta fino alla base, estraendo il cazzo con forti risucchi. L’unico suono era quello dei nostri sospiri, dei suoi risucchi crescenti, e dei braccialetti di lei che tintinnavano. Mi fece impazzire e desistere da ogni intento di fermarla.
La ragazza di Roberto, quella che era sempre educata, cortese, carina e gentile, che lo guardava come se fosse un angelo in terra, quella che se proprio era incazzata con una collega la definiva al massimo “deficiente”, era accovacciata come un animale nel mezzo del corridoio di casa mia, impegnata a deliziarmi con una delle fellatio più intense, come una ninfomane privata del piacere troppo a lungo. Era sfrenata, e quando staccò la bocca dal mio sesso sorrise, miagolando un “Sto facendo la brava?”, non riuscii a trattenermi dallo spingerle dolcemente il viso dove stava prima, incitandola a farmi sentire come potesse essere ancora meglio. Mugolò in tono decisamente soddisfatto del trattamento, e cominciò ad agire solo di bocca, era un inferno caldo e umido, le sue labbra piene scivolavano come burro fuso sul mio cazzo, tormentandolo con la lingua. Non so quanto dopo persi il controllo all’ennesimo affondo, sentii i testicoli contrarsi verso l’alto e il piacere mi inondò il cervello. Lasciai un poco la presa per lasciarla libera di scostarsi se avesse voluto, ma lei rimase dov’era, mentre potenti getti le inondavano la bocca, anzi aderì completamente per non perderne neanche una goccia. Dopo un momento che mi parve infinito, respirai profondamente, scosso dall’orgasmo, accorgendomi che lei era ancora lì, e che lentamente, aspirando, si lasciava scivolare fuori il mio pene esausto. La guardai distaccare la bocca dalla cappella con un filo di saliva, mentre mi guardava e con studiata lentezza ingoiava tutto il mio piacere, per poi fiondarsi sul mio cazzo con poderosi colpi di lingua.
La volevo da morire, la volevo mangiare in quel momento stesso e riservarle lo stesso trattamento di cui mi aveva fatto onore, così le presi il mento tra le dita e la invitai ad alzarsi. Era splendida, accaldata, affannata ed eccitata, che mi guardava intensamente. Non resistetti alle sue labbra bagnate e calde e cominciai a baciarla con foga, stringendola a me con una mano mentre con l’altra cercavo di liberarmi del tutto dei pantaloni, scalciando via le scarpe.
“senti come sei fradicia…” le sussurrai, premendole una mano sul sesso infuocato “… Voglio mangiarti, voglio farti sciogliere” continuai, tra i baci e i sospiri, spingendola verso il divano della sala, praticamente la metà del mio appartamento essendo un bilocale. La buttai sopra e senza troppi complimenti, schiacciandola sotto di me. Il mio sesso non era ancora tornato perfettamente sveglio, ma il contatto con il suo inguine bastò a farla mugolare, e muovere il pube cercando di strusciarsi e provare piacere. Era così eccitata che come corsi tra le sue cosce, baciandole, e le alzai la minigonna e osservando le sue risicatissime mutande bagnate di desiderio, piangucolò soltanto un “fammi godere…”. Volevo farla implorare, volevo stuzzicarla ancora, così mi presi tutto il tempo che volevo per saggiare con le dita sopra la stoffa quel sesso gonfio e voglioso, scivolavo con l’indice e il medio ai lati della stoffa là dove la pelle sottile fremeva, ed Elisa sorrideva e sospirava quando le poggiavo il pollice sul suo bottoncino gonfio perfettamente intuibile sotto il tessuto bagnato, e con lenti movimenti le provocavo brividi caldi. Elisa sospirava, toccandosi un seno sopra la stoffa con una mano, mentre l’altra corse fino a me e con impacciati tentativi cercava di sfilarsi la gonna e le mutandine. Le liberai, non senza difficoltà date le lunghe gambe e i tacchi, le sue intimità.
Erano morbide, ben curate, le grandi labbra gonfie di desiderio si dischiudevano come un fiore rivelando quelle più interne umide, e un clitoride piuttosto accennato che riluceva dei suoi umori. Cominciai una delicatissima stimolazione, un lento saggiare con la punta della lingua ogni zona più esterna, per risparmiarmi le attenzioni per le parti più sensibili. L’eccitazione di Elisa cresceva sempre di più, i sospiri erano sempre più pesanti, e la sua figa cominciava decisamente a spasimare. Quando cominciai a carezzare con la lingua e le dita il bordo delle grandi labbra, inarcò la schiena con un verso roco di soddisfazione, affondando i tacchi nella stoffa del divano, per ricadere subitaneamente con un sospiro prolungato e a cui ne fecero seguito molti altri, mentre le mie carezze si concentravano sullo schiudere ancora un poco quel sesso, e solleticarlo in ogni direzione.
Mi lasciai la clitoride per ultima, dandole solo qualche piccola carezza ogni tanto. Elisa era come morta, sospirava saltuariamente e lo sguardo, quando apriva gli occhi, era perso chissà dove. L’avevo in pugno, l’avrei condotta lentamente verso il piacere, ripromettendomi di trattenermi dal saltarle addosso.
Qualcosa mi faceva immaginare che uno come Roberto non fosse tipo da dedicare troppo tempo alle cure esclusive di lei, o comunque io lo ero. Non ci fu zona del suo sesso lasciata riposare abbastanza a lungo da farle calare l’eccitazione, e neanche troppo da darle fastidio. Non avevo bisogno di chiederle se le stesse piacendo, tutto il suo corpo stillava desiderio e piacere, mentre una piccola lacrima le scendeva da un occhio. Con tutta la calma del mondo aumentai il ritmo della stimolazione, carezzandola sempre più intimamente solo quando fossi stato certo di affondare le dita in un frutto polposo, dopo un buon quarto d’ora. Quando arrivai a metà lunghezza delle dita, le contrazioni del suo sesso mi cercavano, mi volevano, e io le assecondai per carezzare la parte più alta delle pareti interne, trovando un delizioso spessore calloso che in Elisa pareva più che accentuato. “Oddio!” tremò lei quasi istantaneamente, ma non ci feci troppo caso, l’avrei fatta urlare molto di più a breve. Stimolai ancora da dentro, cominciando a dedicarmi con la lingua e le labbra alla sua clitoride che svettava più che mai su quelle morbide carnosità, ed Elisa impazzì totalmente. Le diedi piacere con sicurezza e relativa calma, assecondando le sue contrazioni, stando attento a non farle male quando una vampata di piacere più forte delle altre la faceva contrarre tutta, inarcando la schiena o stringere con le dita lunghe la stoffa del divano.
I sospiri divennero rantoli, i rantoli piccoli urletti soffocati di piacere, mentre il ritmo e l’intensità crescevano. Il mio era solo un seguire il suo trasporto, assecondandolo, ed Elisa era preda del piacere, totalmente fuori controllo. Le sue contrazioni divennero veloci, fortissime, e mi piantò una mano tra i capelli come a volermi trattenere lì, come se avessi voluto andarmene. Cominciò a muoversi come un burattino scoordinato, miagolando dei “sììì” che le morivano in quella bocca che sentiva secca, mentre si passava la lingua lunga sulle labbra, e inarcava la schiena come a volersi fondere con la mia lingua e le mie carezze. Con il naso affondato nei suoi pochi corti peli curatissimi, sentivo suo odore fin nel cervello, dolciastro e caldo, odore di piacere, di godimento, di femmina, sentivo il suo bacino muoversi senza soluzione di continuità e i tacchi affondare nel divano, la sua mano tirarmi i capelli, tutti e due in un crescendo di piacere che esplose d’improvviso, facendola rantolare in uno spasmo da contorsionista, e un istante dopo il suo frutto riversava di colpo una gran quantità di succhi nella mia bocca. Era dolce, era calda, e non finiva più.
Elisa esplose un altro paio di volte, per poi accasciarsi tremando nel divano, totalmente fuori dal mondo. Rimasi lì delicatamente impegnato a liberare le mie dita e la mia bocca nella maniera più dolce possibile, per poi guardarla, bella come ogni donna quando raggiunge il piacere.
Elisa mi guardò e con una mano mi invitò a distendermi su di lei. Il mio cazzo era tornato totalmente in forma, e con una fatica immane dovetti trattenermi dall’entrarle dentro sentendo il calore del suo sesso sulla punta della cappella.
Elisa si riprese gradualmente cominciando a baciarmi, dapprima più teneramente e poi sempre più appassionatamente, liberandomi della camicia e tormentandomi il petto con le sue lunghe dita. Non potevo fare altrettanto con lei sdraiata, perciò mi rialzai tirandola in piedi, e non ricordo se abbia usato più le mani o la bocca per levarle l’abito e liberarle i suoi piccoli seni. Erano sodi, invitanti, con due capezzoli perfetti in cima che chiedevano solo di essere succhiati e gustati. Elisa stava tornando la piccola ninfomane del corridoio, mentre alternava il farsi succhiare le tette a baciarmi con foga, e masturbarmi il cazzo che non aveva proprio bisogno di altre stimolazioni, ma si abbassò lo stesso e gli dedicò ancora un affondo deciso e animalesco fino in gola. La sensazione improvvisa di quel calore umido e la vista della sua schiena e del suo sedere sporgente dalla minigonna che ancora indossava, così piegata a novanta, mi fece impazzire del tutto. La tirai via dal mio cazzo, facendole rialzare la testa.
“Sei una troia!” le dissi in faccia, finendo con il farmela saltare addosso, avvinghiata a me mentre mi infilava la lingua in gola. Era leggera, davvero leggera, per cui senza problemi riuscìì a girarmi verso l’angolo della stanza su cui stava il tavolo, e ad appoggiarcela sopra. Sobbalzò a contatto con il freddo del piano. Il suo sesso era caldo e assolutamente fradicio, pulsante di desiderio. Volevo guardarla in viso, la ragazza del mio amico, mentre la prendevo, ma pensai ad una protezione.
Evidentemente pensava alla stessa cosa, perché istantaneamente, guardandomi da vera ninfomane, disse con veemenza, muovendo il suo sesso infuocato contro il mio, “prendo la pillola… Fottimi.” e senza dire una parola le affondai dentro per tutta la lunghezza, tenendola per qei fianchi asciutti, mentre si stringeva a me per sentirlo tutto, lo sguardo fisso sul mio viso e la bocca spalancata e sorridente in un sospiro mozzato a metà. Non volevo frenarmi in alcun modo, continuai a fissarla quasi con sfida mentre uscivo e rientravo del tutto solo per lubrificare al massimo i nostri sessi. La fighetta di Elisa era come il resto del suo corpo: sottile, minuta, stretta, quasi ci si sentiva dei superdotati a penetrarla, e le sue sensazioni non dovevano essere molto diverse, dato che si mordeva le labbra guardandomi, carezzandosi un seno con una mano, era naturalmente preda della voglia, e l’avrei soddisfatta come non le era mai successo, pensavo, cominciando ad aumentare il ritmo, assestandomi su colpi profondi e decisi, alternati ad affondi prolungati che le facevano piantare le unghie nella mia schiena, e baciarmi con foga, fino a che non si strinse a me con un lamento improvviso e il piacere di un altro inaspettato orgasmo la invase. Ci mancò poco che non venni anch’io, sentendo l’inondazione calda e improvvisa, ma riuscii a rimanerle dentro fino a che non piagnucolò “fammi scendere…”, al che la presi con forza per quelle chiappe sode e la tirai su dal tavolo, rimanendole dentro.
“Uao!!!” esclamò lei guardandomi, per poi urlare di sorpresa e piacere quando riuscii a darle un paio di colpi tenendola così, e avrei continuato se non avesse voluto scendere. Mi sfilai da lei osservandola passarsi una mano sul sesso fradicio e ormai dilatato, sospirando.
“non ho finito con te!” le dissi, girandola in modo da farla appoggiare con i gomiti al tavolo e rimirare quel culetto sodo svettante sui tacchi alti, che le facevano inarcare la schiena e mostrare il sesso umido pronto per essere preso di nuovo, mentre Elisa si girava a guardarmi con uno sguardo da pornodiva “Non aspettavo altro dal concerto…” miagolò, alzando ancora di più il bacino come il più provocante degli inviti, così afferrai il pene alla base e lo diressi senza troppi complimenti dentro il suo corpo, fino a che potevo, affondando nei suoi succhi e nel suo calore con un sospiro, e cominciai a penetrarla in maniera animalesca.
Tutti i riguardi e le gentilezze possibili, in quel momento, erano scartati. Era una cosa animale, passionale, era carne che voleva altra carne, Elisa era una troia che non aspettava altro che farsi scopare, l’aveva detto lei, e come una troia l’avrei presa e fatta mia fino ad esploderle dentro senza alcun ritegno, avrei posseduto quella femmina fino a crollare stremati dal piacere.
La afferrai per i fianchi e la tenni così, mentre i suoi sospiri si intervallavano a incitamenti di vario genere. Se solo quel pomeriggio mi avessero detto che avrei visto la bocca di Elisa piagnucolare certe oscenità, avrei riso di gusto, ma invece la ragazza del mio amico, quella timida, educatissima Elisa era una scatenatissima assatanata che stringeva ogni muscolo possibile per sentire meglio il mio sesso, scuoteva la chioma riccioluta dimenandosi come un’odalisca, e nei pochi istanti in cui mi fermavo per qualche motivo, il suo bacino cominciava ad ondeggiare e ruotare sull’asta alla ricerca di ancora altro piacere. Era davvero esagerata.
“Ma quanto sei troia!” le ripetei con un affondo “Sei così anche con il tuo ragazzo?” altro affondo “o fai la santarellina con lui?” le diedi una pacca a piena mano su una chiappa, ed Elisa si lasciò andare ad un rantolo di piacere. “aaaah! Lui… Non è MAI così!!” “Ti mancava fare la troia, vero?” “Sììì” Sono… Mmmh… Sono una troia!” si disse da sola, “sono… Sono la TUA troia!” precisò, voltando il viso d’improvviso con uno sguardo assassino che mi fece afferrare una gran massa dei suoi capelli dai ricci definiti e perfetti e affondarle il cazzo fino alla fine senza controllo. Non c’era altro che noi due appoggiati su quel tavolo, il rumore dei nostri corpi, lo sbattere umido del mio sesso quando impattavo a fine corsa e i suoi rantoli animaleschi mentre si teneva, e il tintinnare sempre più forte dei suoi orecchini e dei bracciali che portava: la volevo, la stavo avendo, e a denti stretti le intimai che l’avrei sfondata tutta la notte e tutto il finesettimana fino a farle recuperare tutti gli arretrati che aveva, l’avrei fatta uscire di casa solo a fica e culo doloranti -e sottolineai il concetto premendo il pollice sulla sua delicata e pulsante rosellina- e questo era solo il primo giro, perchè come aveva detto lei stessa, era la MIA troia. Non potevo trattenermi oltre e neanche lei, finite quelle parole sentii il suo sesso contrarsi spasmodicamente, e la sensazione di bagnato intenso e caldo che mi investì mi fece esploderle dentro, sentendo corposi getti di sperma risalire dai testicoli alla cappella, uno dopo l’altro, e mentre lanciava un urlo selvaggio inarcando la schiena e reclinando la testa trattenuta dalla mia presa sui suoi ricci, le morsi dolcemente il collo fino a sentimi svuotare di tutta la voglia che avevo.
La lasciai andare e mi sfilai, appoggiandomi allo schienale del divano, guardandola accasciata sul tavolo, tremante a gambe aperte, il viso paonazzo e sudato sotto una massa di ricci enorme e scomposta dalla passione, i seni sobbalzanti per l’affanno. Lentamente, accolti da un mugolio un po’ infastidito, i fluidi di entrambi cominciarono a colarle fuori, sotto il suo sguardo che si alzò verso di me sussurrando “mmmh… Mi hai farcita…” Scoppiai a ridere per quel termine mentre mi sorrideva. Sarebbe stato un finesettimana intenso e faticoso, ma non avevo impegni. Sfortunatamente il resto del fine settimana non poté trascorrere come stavo già preventivando, dedicato a spolpare Elisa fino a sfinirmi.
Mi sedetti sul divano con il cazzo non troppo convinto di lasciarla stare ancora per molto, e con una mano la invitai a prendersene cura. Elisa gattonò felice fino a ingoiarmi di nuovo il sesso, e io mi godetti di nuovo il momento.
“Roberto lo sa che sei così brava?” la stuzzicai. “Mhmh… No… Se glielo succhio per bene poi non riesce a fare altro…” “… E sistemarla come cosa? Fossimo dei settantenni, capirei…” Elisa alzò le sopracciglia. “E secondo te per Roberto è un problema qualcosa che lo riguardi?” risi, sentendomi un po’ colpevole per ridere del mio amico, ma in fin dei conti non era colpa mia, se lui neanche si impegnava a risolvere certi problemi.
Non era colpa mia se lui era un egocentrico incapace di capire che la sua donna era così insoddisfatta da farsi sbattere sul tavolo di casa dal suo amico, a farsi chiamare troia e a slinguazzargli l’uccello affamata.
Fu a quel punto che la suoneria di Elisa trillò, facendola andare carponi a prendere la borsa all’ingresso della stanza.
“E’ Roberto!!” disse preoccupata. “E rispondigli, no?” “Ma come?”
Sbuffai. “Tu saresti a casa tua a dormire, no? Cosa faresti se ti chiamasse?” Elisa annuì e rispose “Pronto, amore?” con la voce più dolce e carina che potesse avere. Ed eccola lì, nuda, inginocchiata nel mio corridoio, sporca del mio piacere, con le labbra bagnate dal mio cazzo, che miagolava dolcemente al suo amore quanto le mancasse.
Era uno spettacolo irresistibile, e scivolai dietro di lei, sul pavimento. Mi guardò preoccupata “Amo’… Aspetta un secondo che ho la batteria morta e attacco il caricatore…” cinguettò, per guardarmi e sussurrare preoccupata “cosa fai?” Le feci segno di stare zitta mentre lentamente le scivolavo di nuovo dentro, per fortuna il suo corpo ancora d’accordo nel ricevere attenzioni mi accolse gentilmente.
La bocca bagnata di Elisa si aprì in un sospiro muto, prima di deglutire e tornare a miagolare a Roberto.
“Eccomi… Com’è andata?” sentivo la voce di Roberto parlarle delle sue mirabolanti avventure, godendomi le pulsazioni del corpo di Elisa.
“Come? Domani non stai lì? E quando torni?” chiese cercando di non sembrare preoccupata, e di non essere la fidanzatina a quattro zampe con un cazzo dentro, guardandomi allarmata.
Io non ero preoccupato. A meno che Roberto non fosse sotto casa sua in meno di mezz’ora, non c’era alcun problema. A parte il trattenersi dallo scoparla con violenza mentre parlava con lui. Ma mi limitai a rimanerle dentro, in un simbolico atto di possesso che in parte stupì anche me, poco dedito ad attribuirmi certi ruoli a letto.
Elisa continuò a parlare, si informò del suo arrivo e lo salutò con dei finti sbadigli così veri che Roberto si premurò di darle la buonanotte.
“Sì… Sì… Anche io ti voglio tanto…” sussurrò lei maliziosa, prima di riagganciare.
Scoppiai a ridere. Lo voleva, e stringeva il mio sesso dentro di sé come a volerlo staccare. Mi accostai al suo orecchio e le sussurrai “… Deduco che sia meglio tornare a casa…” “già…” “… Ma prima meglio ricordarti cos’è che vuoi davvero.” le dissi a denti stretti, poggiandomi su di lei e cominciando a pomparle dentro lentamente e con decisione, ma quando si lasciò andare ad uno dei suoi miagolii più provocanti, passai a più decise vie di fatto. La volevo possedere senza alcun riguardo, ed Elisa lanciò un urlo di godimento intenso dopo pochi affondi, senza farmi desistere dal continuare. Mi concentrai solo sul mio respiro e sullo svuotarmi per bene dentro di lei, sentendo lo sciacquio dei nostri sessi uniti tra loro, dei suoi urletti animaleschi e il calore della sua pelle sotto di me.
Senza troppi mezzi termini la portai ad un orgasmo (sembrava così facile con lei!) prima di venire a mia volta, un paio di colpi dentro e uno sulla sua bella schiena. Lasciai per un secondo che sentisse il calore del mio piacere su di sé “Sei mia, troia.” le dissi con uno schiaffo sul sedere, e la trascinai nella doccia.
Elisa piagnucolava ancora il suo desiderio ma le negai altro se non il lavarmi il sesso: l’avrei avuta e mi sarei fatto avere per tutto il tempo necessario, ma non era quella la condizione ideale, non con Roberto che al mattino si sarebbe presentato da lei, e in parte con un lieve senso di imbarazzo mentre l’eccitazione calava, e in tre quarti d’ora la stavo riportando a casa, profumata e linda come appena uscita.
La baciai lasciandola davanti casa, e tornai nel mio appartamento in cui l’odore dei nostri amplessi si intuiva ancora. Mi misi nudo a letto e dormii più che tranquillamente.
Al mattino decisi di non controllare altro sul telefono se non eventuali chiamate ricevute, ignorando i messaggi. Feci colazione con comodo pensando solo alle commissioni da fare di Domenica, una spesa abbondante per la settimana, magari in mattinata per evitare la folla. Con calma mi decisi poi a guardare i messaggi, ovviamente quelli di Elisa i più numerosi. A differenza mia, vedendo l’ora, non doveva aver preso sonno facilmente, e le sue frasi andavano da sinceri complimenti per la serata un po’ allusivi, a brevi lampi della remissiva piccola goduriosa. Ovviamente, come mi aspettavo, giunse la fase del senso di colpa.
Io non mi sentivo particolarmente colpevole, non stavo provando dei sentimenti per lei, non tradivo la fiducia del mio amico con una storia clandestina, avevo semplicemente risposto alle deliberate provocazioni di Elisa, che aveva voluto sfogare quello che il suo amato, egocentrico e menefreghista, le negava da chissà quanto.
Le scrissi brevemente e gentilmente che quel che c’era stato era chiuso, non avrei avuto problemi a guardarla negli occhi, a farmi una pizza con lei e Roberto, e le consigliavo di lasciarsi la cosa alle spalle, se mai prenderla come un esempio di cosa potesse portare il suo essere costantemente la fidanzatina adorante senza pretese. Che spingesse per una vita sessuale meno Robertocentrica, che lo spedisse da un medico.
Elisa ringraziò come se potessi risponderle altro. Non l’amavo, la desideravo sì, ma non ne avrei patito, ero (quasi sorprendevo me stesso) piuttosto indifferente al fatto che capitasse di nuovo o meno.
Trascorsi la Domenica nelle mie faccende, ogni tanto pensando alla bella faccia di Elisa mentre si colpiva con la mia asta la bella bocca carnosa sotto quella cascata di ricci. La sera, mi scrisse un laconico messaggio: “Con Roberto è tutta un’altra cosa… Ma chi lo vede un orgasmo con lui?” le risposi di nuovo di parlarne, come una cosa di coppia, sbuffando preparandomi la cena. Non ero certo il suo psicologo.
Le settimane successive passarono senza grosse novità, il lavoro andava, ed ero riuscito persino ad uscire un paio di volte con Silvia, una biondina che lavorava nell’azienda un piano sotto il nostro. Molto poco sentimentale come cosa, come si dimostrarono le sue inutili ritrosie a farsi baciare per i primi dieci secondi dei miei approcci, e le sue insistenze per continuare a baciarla sotto le mutande a casa sua.
Niente di inaspettato, se non il suo lasciarmi intrattenere per un po’ con il suo culetto a mandolino, forse un po’ più in carne di come avrebbe dovuto essere, ma decisamente gradevole. Bella serata, ci vediamo, se ci scappa un’altra scopata volentieri, magari sii un poco più generosa che son stato con la faccia tra le tue cosce per un’ora per darti retta (e non che non mi piaccia, ma sii meno egoista, Silvia bella).
Ignoravo volutamente ogni approccio con Elisa, come era sempre stato, fino ad un giovedì sera in cui Elisa mi chiamò, chiedendo se potevamo vederci. Mi parve piuttosto scossa, e scelsi come luogo dell’appuntamento un pub che conoscevamo entrambi, terreno neutro in cui nessuno avrebbe avuto niente da sospettare se ci avessero visti assieme.
Elisa arrivò evidentemente reduce da un pianto, e in un flusso ininterrotto di parole, mentre la sua birra perdeva la schiuma e la mia finiva in compagnia di un altro bicchiere, mi raccontò le ultime settimane: di come aveva cercato di parlare a Roberto, di pretendere, di chiedere, e alla fine nessun risultato e solo discussioni.
“Mi sento un po’ in colpa, ho evidentemente alterato un equilibrio” le dissi. “Però un equilibrio di merda. Mi dispiace ovviamente, ma state assieme da anni, vi vedo come una coppia che continuerà ad esserlo, se non pretendi almeno che” -abbassai la voce- “si faccia controllare il fatto di non riuscire a farselo tornare dritto dopo un orgasmo, avrete una vita di coppia mancante di una bella fetta. E cosa vuoi fare, la brava fidanzatina che sta zitta e annuisce? Fino alla tomba, o fino al divorzio, quando ormai le occasioni hanno preso il volo?”.
Elisa ristette, zitta, per un paio di minuti, poi mi diede ragione, bevendo (finalmente) la sua birra. “E’ che sono così arrabbiata! Lui dice che mi capisce ma non fa niente, se recrimino alla fine mi dà qualche attenzione e la volta dopo come se nulla fosse! E quante volte devo… Dirgli di leccarmela perché mi piace? Non è certo velenosa!”
Sorrisi. “No di certo, anzi…” commentai, facendola arrossire. Non potevo fare molto: parlarne a Roberto no di certo, coinvolgerlo in qualche casuale discorso sulla bellezza di soddisfare la propria donna neanche (si sarebbe vantato di portare Elisa all’orgasmo decine di volte all’ora, se non al minuto), e non potendo far altro che lasciarla sfogare e consigliarle di rimanere ferma sulle sue -giuste- pretese, provai anche una decisa irritazione per il comportamento del mio amico.
Elisa era una bella ragazza, quella cascata di ricci fitti che le incorniciava il visino dagli occhi grandi e le labbra carnose creava un quadro decisamente invitante, e il suo fisico minuto mi risultava decisamente attraente. Era una bella ragazza, che meritava le sue soddisfazioni: per di più da parte di chi l’amava!
“Roberto è uno stronzo.” commentai laconicamente alla terza birra, facendola annuire con un sospiro. La riaccompagnai a casa e forse indugiai un po’ troppo nel bacio sulla guancia, così che lei me ne diede uno a stampo sulla bocca prima di scendere. Giunse così il compleanno di Elisa, data della quale regolarmente mi scordavo senza troppi imbarazzi, e con le insistenze di Roberto finimmo ad organizzare una festa a sorpresa. Roberto decretò che Elisa non amava i locali affollati e quindi sarebbe stata una festa in casa. Cercai di non pensare ad Elisa al concerto e feci i salti mortali per evitare che la casa da utilizzare fosse la mia. Non avevo certo intenzione di finire ad organizzare tutto da solo, come sempre finisce per il padrone di casa.
“Possiamo farla a casa di Elisa, se voi siete fuori di casa da bravi fidanzatini” scrissi nei messaggi del gruppo creato da Roberto su una app di chat. “Tu ci lasci le chiavi che hai, e la porti in giro come dicevi che avresti fatto. Noi sistemiamo casa sua portando tutto. Sorpresa doppia.” La proposta piacque alla maggioranza, e democraticamente venne scelta casa di Elisa. Comprammo alcoolici, cibi, ognuno preparò qualcosa.
“A me fa tanto ‘festa delle medie’ ” commentò Alessandro, in auto con me e altre due invitate amiche di Elisa che eravamo passate a prendere. “Ma no” risposi “Roberto dice che ad Elisa le feste in casa piacciono. Abbiamo la macchina piena di alcoolici, abbiamo da mangiare, la musica, un bel numero di persone… Che dovevamo fare?” da dietro intervenne Sandra, capelli corti scuri, detta IKEA non per il fisico magro e legnoso, ma per la sua vociferata facilità di montaggio, che inaspettatamente sposò la mia opinione “In un locale non potevamo, affittare un privè costava…” la supportò l’altra metà del suo cervello, Cristina, una castana con un rapporto indirettamente proporzionale tra intelligenza e buon gusto, e zoccolaggine e dimensione delle tette.
“E poi, cioè, la casa di Elisa ha anche un terrazzo enorme…” le diedi ragione, e aggiunsi “E poi Roberto non ha fatto un cazzo, è a limonare da stamattina, tutti lavoriamo… Non avevo neanche voglia di diventare matto a organizzare una festa in piscina da 200 persone per Elisa!”.
La sorpresa funzionò benissimo, Elisa ne fu contenta e il numero di persone assolutamente messe assieme a caso (non conoscevo praticamente nessuno degli amici e delle amiche di Elisa) funzionò benissimo.
La musica andava, nessuno si lamentava, il terrazzo era ben sfruttato grazie ad una serata tiepida, e mi stavo facendo due belle risate con gli altri vedendo Sandra e Cristina-IKEA che dovendo mostrarsi sempre come le più fighe, erano carburate a superalcolici quasi a stomaco vuoto, con l’unico risultato di essere due zoccole mezze ubriache. Lasciai gli altri, dovendo andare in bagno: mi ero tenuto sul leggero con delle birre fino ad appurare che non avrei dovuto portare a casa nessuno, un amico di lavoro di Roberto era astemio e viveva piuttosto vicino a me, così mezzo accordato che al massimo avrebbe guidato lui e sarei andato a piedi poi a casa mia recuperando l’auto l’indomani, mi versai qualcosa di più serio con gli amici, numerose volte, finendo in uno stato di ubriachezza dolce come una nuvola, ridevo, ero contento, occhieggiavo il culo di Elisa e mi riversavo di nuovo da bere, non avevo voglia di pensare a nulla quella sera, e approfittare dell’ospitalità.
Ma dato che la birra imponeva il suo tributo, c’era da andare al bagno, che raggiunsi con la piena coscienza di avere i sensi rallentati dall’alcool.
Mi accorsi che la porta non si poteva chiudere, mancando la chiave. Accesi la luce del bagno color lilla di Elisa e il piccolo aspiratore alla finestra, così da far capire che il posto era occupato, alzai l’asse e mi liberai con un sospiro di sollievo. Sentii dalla sala un rumore di qualcosa che cadeva e qualche urlo, seguito da diverse risate che mi fecero tranquillizzare. Lo sguardo corse sul bagno di Elisa, incontrando una vestaglietta leggera appesa alla porta, molto intrigante, se pensata sul suo corpo sodo e asciutto. Probabilmente quello e l’alcol mi portarono ad un’allegra erezione che accolsi con un sorriso. Non era serata, quella, per quanto Elisa nel suo vestitino nero attillato e scollato issata sui tacchi fosse assolutamente da sbattere ad un muro e ci fossero alcune ragazze carine con cui avrei approfondito volentieri la conoscenza, e con questi pensieri tirai lo sciacquone mentre la porta si apriva e Sandra e IKEA entravano alla spicciolata come inseguite da un branco di lupi.
“Ho il Bailey’s sulle scarpe!!” piagnucolò la moretta IKEA “Stronza!!” sibilò a Cristina che le rispondeva “non l’ho fatto apposta, cogliona! E io che ce l’ho sul vestito??” disse, cominciando a sollevarlo.
“Ehi!! Occupato!!” urlai alle due cercando di infilarmi velocemente l’uccello nei pantaloni “C’è pure la luce accesa, cazzo!” le due rimasero stupefatte del vedermi lì, barcollanti e su di giri. “Eh se hai finito, che cazzo!” sbottò aggressiva IKEA. “Potevi anche chiudere la porta a chiave!” le diede man forte Cristina.
“Non c’è la chiave, deficienti” le apostrofai con il sangue subito alla testa, indicando con le mani la porta, e bellamente dimenticandomi di avere ancora i pantaloni aperti.
IKEA guardò la porta abbassando la maniglia due o tre volte come se questo potesse far apparire la chiave, mentre Cristina mi guardava il pacco. “Ha il cazzo in tiro nelle mutande! Sandra! Guarda!” scoppiò in una risata che mi fece ancora più incazzare, ricordandomi però di finire di tirare dentro il tutto.
“Saranno ben cazzi miei!” sbottai irritato, mentre Sandra si lasciava dare di gomito da Cristina.
“Oh bé, almeno hai un bel cazzo…” disse con un sorriso a cui risposi un ironico chiudendomi la zip e sentendo l’erezione apprezzare quel complimento. “Eeee… Grazie! Adesso mi lavo le mani e vi lascio da sole!”
Cristina smise di ridere e protestò “Come!! Io non l’ho visto! Ha su le mutande!” Sandra le ribatté “Ma si capisce! Guarda!” “Ma ha i pantaloni chiusi!” ribatteva l’altra. Cercando di farle stare zitte e rendersi conto della loro idiozia mi lavai le mani e cercai di riguadagnare la porta.
“Come fai a dirlo!” sbottava Cristina.
“Scusate ma, voglio dire…” sorridevo a denti stretti.
IKEA ribatteva “guarda i jeans come sono tirati, quello è!” mentre io mettendomi le mani nei capelli cercavo di scansarle e uscire.
“NO! Io adesso voglio vedere!!” urlò Cristina mettendomi una mano sul pacco. “E vaffanculo, e allora guarda!!” le urlai in faccia fuori di me “Ma almeno smettila di urlare, deficiente!”
Cristina non se lo fece ripetere, con la sua grande abilità accumulata dall’esperienza e la voglia di dare contro a Sandra mi slacciò i jeans e fece sobbalzare fuori dalle mutande il mio cazzo eretto, entusiasta di quella situazione.
“Visto?” domandò canzonando Sandra.
“E va bene!” sbuffò Cristina “Avevi ragione!” con la voglia di sparire immediatamente contrastata dall’eccitazione, mi misi una mano sul volto, sconsolato, sentendo Sandra sostenere che non fossi in completa erezione.
“Secondo me è anche poco convinto!”
“Ok, ok, ragazze, facciamo che adesso io me ne vado e voi vi sistemate!” dissi, facendo sorridere Cristina in maniera maliziosa. “Mai visto uno che non vuole dimostrare di avercelo grosso… E non approfittare di una situazione così…” e senza ulteriori preamboli si inginocchiò dando un bacio alla cappella. “scommetto che adesso non se ne va… Ma hai ragione, è ancora…” si stupì, prendendolo in mano. La verità è che l’alcool mi ottenebrava un po’, la situazione per quanto eccitante mi imbarazzava anche, ma Sandra scoppiò in una risatina “è vero… Non ti piacciamo?”
piagnucolò, avvicinandosi a me, mentre Cristina andava avanti con un movimento esperto della mano che mi fece sospirare.
“Potreste piacermi di più se vi deste da fare assieme.”
le dissi, arrendendomi all’alcool che ci impregnava tutti e tre, e al desiderio. IKEA si lasciò andare ad un “oooh!” di finto stupore, prima di piantarmi uno sguardo assassino addosso e abbassarsi ad aiutare Cristina, non certo in difficoltà.
Evidentemente le due amiche dovevano aver già avuto un’esperienza simile, perché si coordinarono in una maniera spietatamente efficiente, dopo avermi calato del tutto i pantaloni si occuparono in egual modo dell’asta e dei testicoli gonfi. L’alcool perse ogni effetto sul mio attrezzo, portandomi ad un’erezione decisa sopra quei due visini vogliosi, la lievemente paffuta Cristina che con le sue labbra carnose succhiava le palle lasciando agli zigomi asciutti di Sandra il compito di ingurgitare l’asta e succhiare con delicata decisione. Erano due zoccole matricolate, e mi stavano facendo impazzire, nel bagno di Elisa, con la musica in sottofondo, le lasciai giocare con il mio attrezzo godendomi la situazione, fino a che la porta a cui ero appoggiato non sobbalzò.
“Occupato!!” urlò Cristina staccandosi con uno schiocco dalla mia cappella. “Chi è?” aggiunse IKEA.
“Sono Elisa! Vi manca molto??” disse la voce di Elisa, facendomi sussultare il cazzo.
Ci mancava solo lei…
“Eh un po’, non viene… Via!” rispose Sandra con una pausa eloquente e un sorriso, splendidamente eccitante con le sue labbra umide.
“Uffaaa! Dai cazzo, adesso c’è la tortaaa!!” piagnucolò la festeggiata “Daai!!” insistette.
“Va bene, va bene!!” rispose Cristina “Cinque minuti e arriviamo, cioè dai!” mentre porgeva il mio sesso a Sandra, che come una ventosa subito si rimise a succhiare con foga.
“Ok! Vabbene!!” cinguettò Elisa andando via su rumore di tacchi.
“E’ ubriachissima anche lei!” ridacchiò Cristina guardandomi “e la torta ha dentro pure roba alcolica, vedrai che stasera farà…”
“Oh, ma sta zitta…” la interruppi bruscamente, prendendole la nuca e spingendola verso il mio cazzo lasciato libero dalle voraci labbra di Sandra “… Usa quella bocca per qualcosa che ti riesce meglio.” non avevo voglia di sentirla parlare male di Elisa, che per quella sera sembrava contenta davvero.
Cristina non disprezzò l’invito e con Sandra decise di rispettare i tempi promessi, aumentando il ritmo e le succhiate in maniera più che decisa. Mi godetti quelle bocche voraci che si davano il cambio sul mio sesso, in parte rimpiangendo di non essere in un posto più appartato. Avrei apprezzato volentieri, a quel punto, il culo atletico di Sandra saltellare sul mio corpo, o dedicarmi a verificare se le grosse tette di Cristina erano davvero sode come sembravano sempre nonostante la mole, ma purtroppo non era il caso.
Le due amichette mi portarono decisamente ad un orgasmo annunciato con anticipo nella mia testa, e non desiderando sporcare il bagno di Elisa tenni il viso di Cristina, in quel momento sul mio sesso, che aderì le carnose labbra all’asta e si lasciò scaricare tutto il mio piacere in bocca. Non dissi niente guardandola darne parte a Sandra che le sussurrava “com’è?”, cercando di riprendermi, e mentre tutti e tre ci sistemavamo promisi alle due amichette che con i dovuti tempi e modi sarei stato molto meno egoista. Nessuna delle due sembrò contrariata della cosa, e tornammo nella festa scaglionandoci nell’arrivo. Elisa era davvero contenta della festa, tagliò la torta, aprì tutti i regali con felicità, da quelli più seri e impegnati a quelli più ridicoli (una tradizione di ogni compleanno di chiunque di noi), e la festa continuò. Ballai con IKEA che mi lanciava sguardi più che eloquenti quando ci raggiunse Cristina che ne prese il posto.
“Un trio!! Un trioo!!” urlava Roberto a un metro da me, come se stesse dicendo la cosa più divertente del mondo, e lo sguardo che ci lanciammo io e le amichette si diceva tutto.
Idiota, quelle due si erano appena bevute il sottoscritto nel cesso della tua ragazza, quella che adesso sui tacchi sculettava ballando nel suo vestitino nero e di cui ancora ricordavo l’odore… Facendo il simpatico mi misi a ballare con Elisa appena Roberto andò a prendersi ancora da bere vantandosi della splendida festa.
“Come va?” le dissi sorridendo.
“Bene” rispose lei, affannata e bellissima sotto i ricci danzanti. “Il tuo ragazzo è ubriaco” aggiunsi, facendola annuire. “Stanotte non gli si alzerà neanche con una gru” sospirò “ma fa niente, è una bella sera.” le presi le mani un po’ più serio “è il tuo compleanno, può anche dedicarsi a te, soprattutto se non gli si alza per l’alcool!”. Elisa sorrise imbarazzata, prima di sussurrare “Invece mi hanno detto che a qualcuno l’alcool non fa niente…” con uno sguardo esplicito che mi fece arrossire.
“Quelle due mi hanno… Però cazzo che senso della privacy!” “sssh! Meglio per te!” mi interruppe con un sorriso, prima di aggiungere “…Sono brave?” le sorrisi a mia volta “Vedo che Roberto non è il solo ad essere ubriaco… Bè… Si, ma qualcun’altra sa essere più… Appassionata, dolce, quasi romantica… Decisamente, meglio.” Elisa arrossì di colpo e con la scusa di vedere dove fosse Roberto se ne andò, lasciandomi lì un po’ dispiaciuto.
La festa finì e come al solito rimase da mettere a posto ai padroni di casa. Eccezion fatta per Alessandro che si fermò un po’ a mettere a posto prima di prendere un passaggio, rimasi solo con la coppietta, con Elisa che mi offriva il divano per la notte, visto che il collega di Roberto se n’era andato per conto suo senza quasi avvisare, e non mi conveniva guidare.
Accettai e li aiutai a mettere a posto, almeno chiudere le innumerevoli bottiglie rimaste aperte dai soliti ospiti che stappano birre e le lasciano orfane a metà, e mettere in frigo gli avanzi. Come ogni festa dove chi rassetta ha alzato il gomito, il tempo di ogni operazione richiedeva una concentrazione notevole, non coadiuvata da Roberto che riapriva le bottiglie per bere ancora un poco o solo per dare fastidio, rideva e offriva da bere a me e Elisa.
Cordialmente ci lasciammo ad un brindisi tra noi tre per esaurire uno spumante, per gentilezza bevvi ancora un poco ad un’offerta di Roberto, che ormai diventava sempre più molesto.
“Dai! Smettila!! Vai sul divano e lasciami sistemare!!” protestò Elisa mentre lui cercava di baciarla, con un vassoio in mano. “Oh Robe… Dai, son qui pure io a sistemare che non è casa mia!” gli dissi mentre mi porgeva un bicchiere.
“Oh, siete due palle al piede voi due!” sbottò lui buttandosi sul divano. “E vai sul divano, e dai una mano, e che palle!” si lamentava “é una cazzo di festa, abbiamo ancora tutte queste cose, dai!! Festeggiamoo!!” urlava fastidiosamente.
Sbuffai, mentre l’incazzo saliva non poco. Stavo aiutando perché se Elisa voleva sistemare non potevo certo buttarmi a dormire sul divano, e mi sarebbe sembrato davvero da stronzi. Ma non ero l’uomo delle pulizie che doveva buttare la spazzatura mentre lui se ne stava sul divano.
Roberto reagì malissimo a queste parole: “che permaloso del cazzo!” Elisa gli diede contro “… Stai zitto! Dai! Sta aiutando, mentre tu sei lì a bere e non fare un cazzo!” il suo ragazzo sbuffò platealmente “una congiura, cazzo, cosa siete messi d’accordo? Ho aiutato anche io” “Hai aiutato? Hai messo nel frigorifero due fette di torta!” protestò lei. “Ho aiutato! Devo anche buttare la spazzatura?”. Intervenni ironicamente: “No per carità, quello lo faccio io, padrone… Dai cazzo Roberto, se sei ubriaco vai a dormire che qui fai la figura dell’egocentrica vittima e basta!”
Roberto si mise a urlare come se gli avessi preso a calci le palle, sostenendo di non essere un egocentrica vittima, Elisa gli rispose perfettamente a tono che sì, lo era, si comportava così ed era molto fastidioso, soprattutto nei confronti miei che ero lì ad aiutarli. “Va bene, va bene! Lui è perfetto, io sono un egocentrico, lo stronzo, va bene! Saranno due mesi che tiri fuori le stesse stronzate, Eli, che cazzo vuoi! E sono egocentrico, e non ti ascolto, e…” Roberto mi guardò come a cercare sostegno “…E si lamenta anche di come scopiamo, lo sai? Mi dice che penso solo a me stesso!! Questa stronza!”
Ristetti nell’imbarazzo, cominciando una frase che voleva essere un tentativo di sdrammatizzare e di sottolineare il concetto “non sono cazzi miei”, mentre Elisa rimaneva paralizzata a bocca aperta a un metro da Roberto, ma appena cominciai ad aprire la bocca stetti zitto osservando la mano di Elisa partire con una velocità inaudita verso la faccia di Roberto e appioppargli una sberla a Mach 5 che gli fece cadere anche la bottiglia.
“Cazzo!” pensai a denti stretti, mentre Elisa cominciava a urlare, rossa in viso sotto quel cespuglio di ricci.
“Vaffanculo! Vaffanculo! Sono due mesi che ti dico queste cose perché mi sono rotta i coglioni di far sborrare il tuo ridicolo cazzetto e aspettare a vuoto che tu pensi un po’ anche a me! E una volta fa niente, e l’altra ti addormenti, e l’altra sei pessimo, e adesso basta! Non ho ottant’anni, io voglio anche una vita sessuale, e a te non importa niente!” urlava, tremando all’indirizzo di Roberto che non osava aprire bocca davanti ad una furia simile. “Ti amo ma a letto sei uno schifo! Uno schifo! E non è perché hai il cazzo piccolo, è perché a te importa solo di te!” Elisa lo spinse sul divano, a manate. “Se non vuoi darmi quello che mi spetta allora scopati da solo, segaiolo del cazzo, e io mi prendo quello che voglio!” e detto questo avanzò a grandi passi verso di me, buttò sul tavolo i piatti di plastica che ancora tenevo in mano fermo come un manichino come ero dalla sberla, e mi appioppò un bacio osceno ficcandomi la lingua in gola.
Roberto cercò di pigolare una protesta, ma Elisa si girò e gli ruggì contro come un leone, splendidamente arrabbiata nella sua criniera di ricci “Stai zitto, stai lì o vai a dormire, perché è il mio compleanno e io stasera voglio scoparmi un uomo vero!” le mani di Elisa praticamente mi strapparono i pantaloni nel tirare fuori il mio sesso, che al contatto con la sua mano calda reagì cominciando ad innalzarsi “con un cazzo vero, che mi sa far godere!” e non avendo nessuna replica si girò verso di me “hai qualcosa da dire, tu?” mi parve incredibilmente eccitante, eccitata, selvaggia, con il suo sguardo furente e il fiato corto, il mio sesso nella sua mano pulsava e suggeriva l’unica risposta possibile:
“Buon compleanno.”
Elisa scoppiò in una risata, prima di piegarsi a novanta e baciarmi il sesso, prendendolo in bocca in maniera studiatissima perché Roberto vedesse tutto. Io non volevo guardarlo, e mi limitai dapprima a fissare la chioma riccioluta di Elisa, e quando si piegò del tutto per essere più comoda mi chiese di tenerle i capelli. “Così questo coglione può gustarsi lo spettacolo.” disse guardando Roberto. Alzai lo sguardo verso il divano e vidi il mio amico con lo sguardo perso. Mi fece tristezza, per un attimo, ma poi mi venne in mente il suo comportamento nei confronti di tutti, che aveva sempre avuto. Primeggiare, deridere, vantarsi… Per una volta avrebbe avuto la sgradevole sensazione di trovarsi disarmato, e magari avrebbe anche imparato qualcosa. Ed Elisa meritava di essere la persona che gli avrebbe dato una lezione. La compassione per lui svanì facendo posto ad un cauto menefreghismo.
“Se vuoi prenditi da bere, perché non finirò con lei tanto presto.” gli dissi, senza cattiveria. Un mugolio di Elisa, in basso, mi fece intuire la sua gioia nel sentire le mie parole. Con un sospiro mi lasciai andare alle cure della bocca di Elisa, che complice il dover dimostrare la sua bravura a Roberto per pura ripicca, si stava dando ad un pompino degno di un film pornografico, con tanto di sospiri, commenti sulla mia virilità e sguardi vogliosi.
“questo è un cazzo” sibilò a Roberto guardandolo male e masturbandomi lentamente “e non perché è più grosso del tuo -e lo è, comunque- ma perché non pensa solo a venire e addormentarsi” concluse, guardando me con sguardo voglioso “…Anche se lo spremerò come si deve…” le sorrisi, mettendole una mano tra i ricci e invitandola implicitamente a rendere vere quelle parole.
Certo, Sandra e Cristina avevano saputo darmi piacere, erano eccitanti sicuramente, ma quello che avevo avuto nel bagno era stato privo di ogni emozione. Me le sarei potuto scopare, un giorno, ma per il desiderio di possederle assieme, più come animali che soddisfano un istinto. Elisa stava dando qualcosa, come la prima volta, di molto più eccitante, nei suoi occhi ancora arrabbiati con Roberto, nella sua voglia di riscatto, nei, chiamiamoli così, “sentimenti” che aleggiavano nell’aria.
Lasciai che Elisa mostrasse a Roberto la sua capacità di accogliere in bocca tutto il mio attrezzo, prima di scostarla gentilmente e invitarla ad alzarsi. La volevo far godere, e poi bisognava far vedere al suo ragazzo che una donna andava amata e soddisfatta in maniera altruista, e certo lasciarmi spompinare da lei senza muovere un muscolo non sarebbe stato d’aiuto.
Feci fare una piroetta ammirandone le belle forme e la baciai con passione, sussurrandole quanto fosse stupenda. Il suo sorriso lusingato durò tutto il tempo che lentamente le carezzai le spalle e i fianchi, commentandone le belle forme e il bel taglio dell’abito, prima di farla girare e calare la lampo, mostrando una bella schiena liscia, i gancetti del reggiseno di pizzo e l’elastico di una mutandina, anch’esso ornato da un pizzo, nera e piuttosto risicata. Si vedeva che si era abbigliata per il compleanno e per stuzzicare Roberto, e mi sarei invece goduto io quello spettacolo. Infilai le mani ai lati della lampo, lasciandole scorrere sui fianchi sotto il vestito, giocando con la stoffa delle mutandine, mentre sospirava. La volli spogliare solo per far ammirare a Roberto il completino che si era procurata per lui, immaginando che non avesse tenuto le mani a posto tutto il giorno assieme, ma ora lei era mia.
“Bel coordinato…” sorrisi mentre usciva dal vestito lasciato a terra, sfilandoselo dalle scarpe. “E non era finito…C’era anche altro.” sussurrò lei con un lampo negli occhi. “… Allora vai.” le dissi gentilmente ma perentoriamente. Non se lo fece ripetere e sculettò via, verso la camera da letto. Presi il suo vestito da terra e lo lanciai a Roberto, che si riscosse come da una trance.
“Ma… Io… E…” balbettò come sotto shock, mentre mi sistemavo l’uccello nei pantaloni e prendevo da bere da una delle bottiglie orfane.
“Che cazzo devo dirti. La trascuri, te lo ha detto, te lo ha chiesto, te l’ha implorato. Devi imparare, temo, a prenderti cura di lei.”
Roberto mi guardò smarrito. “Ma… Lei… Fermati…” mi chiese quasi implorando, ma Elisa in quel momento fece il suo ingresso. Reggiseno nero orlato di pizzo, perizoma di pizzo, una chioma di capelli ricci che ondeggiava a ogni passo del suo culo dondolante e sensuale, i tacchi alti che ad ogni passo risuonavano sul pavimento accompagnati dal tintinnio dei braccialetti e degli orecchini, e due autoreggenti nere evidentemente parte dello stesso completo, che non aveva indossato per chissà che motivo.
Aveva uno sguardo da femmina desiderosa di piacere, mentre gli occhi scuri si piantavano su di me e la bocca carnosa e tumida sillabava un
“… Non ti ho detto di rimetterlo dentro.”
Appoggiai il bicchiere al tavolo per slacciarmi i jeans e liberare il mio sesso, mentre senza guardare risposi “No, mi spiace. Col cazzo che mi fermo.” Lei scoppiò in una risata. Avanzai verso Elisa al centro della sala e lasciai che mi spogliasse completamente, lentamente, studiando il mio corpo come se fosse la prima volta che lo vedeva e continuando a baciarmi dolcemente ovunque. Mi gustai le sue labbra che lentamente scendevano sul mio collo e sul mio petto prima di continuare il loro percorso sempre più giù: Elisa stava chiaramente giocando, eccitandosi, mostrando al suo ragazzo cosa poteva fare la sua donna se lasciata libera di essere qualcosa d’altro che l’adorante e silenziosa donnina che lo guardava sognante. Avevo spinto un’Elisa fuori dalla sua teatralità di fidanzatina casta e perfetta, e lo avevo fatto quando ormai le sue voglie di agire e fare erano incontenibili.
Era bella, così bella nella sua cascata di ricci fittissimi, che avrei voluto possederla e farmi possedere tutta la notte. Per me Roberto poteva anche andare a dormire, la bocca della sua donna avrebbe dato a me il bacio della buonanotte, e ben diverso da quelli che mi dava su tutto il sesso, gongolante, accovacciata sotto di me. Abbassai lo sguardo mentre docilmente mi massaggiava i testicoli con le labbra, la visione del mio sesso eretto che sovrastava quel visino dagli occhi scuri e felini, quei ricci molleggianti ad ogni suo movimento, quel sorriso compiaciuto che mi lanciava… Era spettacolare. La lasciai giocare ancora un po’ con il mio corpo, e poi passai al suo.
Mi trattenni volutamente dallo spogliarla, le energie spese per rendersi bellissima e appetibile erano da premiare con lente carezze sul suo corpo e sull’intimo, al massimo giocando un po’ a spostare gli elastici di quegli abiti così sensuali, anche per mostrare al suo ragazzo cosa poteva comportare far aspettare il corpo della sua donna.
Elisa sospirava, apprezzando carezze e complimenti, si strusciava su di me stringendo dolcemente le chiappe quando passava sul mio sesso, carezzandomi a sua volta e danzando adesa a me in un ballo tutto suo, lenta e desiderosa di piacere, forse esagerando apposta. In fin dei conti era la sua lezione a Roberto.
Non ricordo quanto passai a toccarla ed esplorarla lasciandomi solo andare qualche dito sotto i vestiti, ma Elisa gradiva fin troppo quell’attesa, e quando passai una mano sulla stoffa delle mutandine, il calore di una piccola chiazza umida non lasciava spazio a fraintendimenti. Elisa mugolò di piacere, tenendomi la mano ferma sulle mutandine e accennando alcuni movimenti che mi fecero capire come il tempo delle carezze fosse finito, in favore di altro.
Le scostai la stoffa che si lasciò scivolare lentamente sul suo sesso, facendone sporgere le grandi labbra, e ogni carezza la portava a tremare e far bagnare ancora di più il tessuto, fino al suo lentissimo e sospirato “non resisto più…” che mi fece decidere di accontentarla.
Accennai un movimento per privarla delle mutandine e lei fece da sola, per poi gettarle a Roberto: quei succhi, i suoi, il suo piacere che cresceva, era tutta opera di un altro uomo, certo non sua. Mi inginocchiai docilmente davanti al sesso curatissimo di Elisa, appurando che per l’occasione si era totalmente depilata. Era un frutto rosa e morbido, verso cui mi spinse con provocante autorità, finsi una lieve resistenza solo per giocare ulteriormente, e poi mi fiondai su di lei.
Come la volta precedente, semplicemente, mi dedicai a tenere il più possibile tesa la corda del piacere di Elisa, trascurando volutamente alcune parti più sensibili e deliziando il resto, per portarla a implorare, richiedere, esigere, che io passassi a vie di fatto più decise. La posizione non mi era poi molto comoda, così delicatamente la spinsi sull’altro divano rispetto a Roberto, e agevolato dalle sue cosce larghe, divorai il suo sesso con calma, passione, lentezza, fino a sentir stillare il piacere dalle sue profondità e iniziare a tormentare la sua clitoride. Al primo tocco Elisa gemette in maniera così eccitante che resistere all’impulso di alzarmi e sbatterla con violenza affondando il mio sesso nella sua carne fu davvero difficile, ma proprio quella era la differenza tra me e Roberto: il mio provare piacere dal piacere di Elisa, anteposto (non escludendo) il mio.
Con l’eccitazione crescente, Elisa si lasciò andare a quei rantoli e quelle frasi a mezza bocca pieni di oscenità. Le sue mani sulla nuca e le cosce che si stringevano ogni tanto attorno alla mia testa non mi permettevano di apprezzarne il contenuto, ma le parole “incapace” “frocetto” e “coglione” erano sempre sospirate quando voltava lo sguardo verso Roberto.
Il corpo di Elisa incitava sempre di più al darle piacere, così aumentai il ritmo di carezze e leccate seguendo i suoi spasmi, e le sue urla sempre più convinte mi riempirono di gioia, nonché di rivoli di piacere la mano. Con un urlo strozzato Elisa venne improvvisamente cogliendomi di sorpresa, in maniera brutale con un colpo di reni e un’esplosione di succhi sulla mia bocca, mentre le sue mani mi premevano contro il suo inguine.
La lasciai fare godendomi il suo magnifico piacere e sapore, e avrei continuato a carezzarla ancora per un po’ se non mi avesse allontanato quasi brutalmente, alzandosi e andando verso Roberto, con quel culo perfetto come una pesca che ondeggiava e il tintinnare dei braccialetti e degli orecchini sotto la chioma, unici rumori oltre al suo respiro.
“Guardala, stronzo, è così che deve essere quando me la lecchi! bella rosa, bagnata, sfinita!” sibilò in viso al mio amico prima di mostrargliela tenendola aperta in un gesto osceno. Girandosi si slacciò il reggiseno e lo lasciò sul divano di Roberto, indicandomi di sedermi sull’altro. Mi accomodai e lasciai che dall’alto dei suoi tacchi si inginocchiasse per risvegliare del tutto il mio sesso con quella bocca carnosa e vorace, così umida e calda da parere un’altra vagina. Quando parve soddisfatta dell’entusiasmo della mia asta, lentamente si inginocchiò sul divano e si lasciò scivolare dentro il mio sesso, un millimetro alla volta, un po’ per piacere, un po’ per umiliare l’altro, un po’ per i postumi dell’orgasmo precedente. La sua fichetta era calda e stretta come la ricordavo, deliziosamente tirata per accogliere dentro di sé tutto il mio sesso, ti faceva sentire lusingato, quasi che fossi dotato di misure oltre il comune. Si stringeva e possedeva con calma tutto l’organo, la bella Elisa, sospirando e appoggiandosi cominciando una lenta danza di bacino.
Ricordo di quel momento il viso di lei a occhi socchiusi preda del piacere, i capelli dondolanti al suono degli orecchini, i suoi piccoli seni sobbalzanti non appena li lasciavo liberi con le mani per portarle sul suo bacino asciutto e flessuoso, dove si potevano ammirare i muscoli di un corpo magro e abbastanza atletico, le autoreggenti che le stavano così bene e i tacchi che mi facevano chiedere come riuscisse a tenerli indosso. Non volevo fare altro che lasciare Elisa libera di agire, di girarsi per mostrarsi meglio a Roberto, godermi quel culetto che si muoveva su di me mentre il suo sesso fradicio non si lasciava mai sfuggire il mio.
“Questo coglione non è mai durato abbastanza da lasciarmi cambiare posizione…” proferiva lei a denti stretti “… Ma ovviamente il problema era sempre altro, non il fatto che fosse un -incapace coglione!!” urlò “che cazzo fai!” guardai Roberto che timidamente aveva accennato allo spogliarsi. Elisa si sfilò da me e come una pantera incazzata attraversò la sala per regalare al suo ragazzo un’altra sberla “non provare a tirare fuori quel cazzetto ridicolo davanti a un vero uomo!” disse fuori di sé “mi sporchi il divano con quegli schizzetti che chiami orgasmo, mi ammazzi l’eccitazione se mi fai vedere quell’inutile salsicciotto!”.
Elisa piantò un tacco in mezzo alle gambe aperte di Roberto, appoggiandosi con una mano al muro dietro al divano. Inclinato il sedere a mostrarmi il suo sesso rorido e voglioso, si girò verso di me e disse solo “vieni qui e fai vedere a questo stronzo cosa sono un’erezione e una scopata!” obbedii, ovviamente, quello sguardo era carico così tanto di desiderio che anche solo non scattare in piedi sarebbe stato un’offesa alla sessualità.
Andai da lei e senza troppi complimenti mi piantai nel suo sesso, facendola gioire, e cominciando una lenta cavalcata. I tacchi le alzavano ancora meglio il sederino tonico, una visione assolutamente celestiale che sospirava presa dal desiderio di godere. Le afferrai i capelli e lei ribadì a parole il concetto: “questo è un cazzo di un uomo! Questa è un’erezione! Questa è una scopata!” indicando la patta di Roberto, infierì nuovamente “Quella cosa di dieci centimetri cosa sarebbe? Un’erezione? E’ una vergogna per tutti i cazzi del mondo!” si interruppe per un mio metterle una mano sulla bocca. Capivo la voglia di Elisa di umiliare Roberto, ma era già seduto con lo sguardo allucinato a vedere la propria ragazza scopata da un suo amico, il concetto che fosse un incapace era già abbastanza chiaro e limpido. Elisa comunque apprezzò questo mio gesto di autorità lasciandosi andare a mordicchiare le mie dita con desiderio.
“Credo che abbia capito il concetto, Elisa” le dissi, pompandole dentro.
“Mi chiami per… Annh… Nome?” “Sì.” Si girò con lo sguardo più osceno e da film pornografico che potessi concepire, miagolandomi “… Ma io sono la tua troia…”.
Non resistetti oltre. La spinsi nel divano cominciando a penetrarla con foga, incurante di ogni cosa se non del venirle dentro, svuotarmi le palle dentro di lei fino all’ultima goccia, e smettere solo per poter ricominciare.
“Guarda questa troia come gode!” urlai a Roberto. “Bastava darle retta e ora saresti tu quello a sbattterla così!” Elisa urlava dandomi ragione. “Sììì! Ma con quel cazzetto che ha!!” La feci tacere con una sculacciata su quel culo che sognavo di aprire da troppo tempo, e l’avrei fatto. Ma l’urgenza di quel momento era solo di venirle dentro, davanti al suo ragazzo, l’ultima e definitiva firma di dominanza nei suoi confronti.
Pompai dentro ancora per qualche minuto, tenendo le mani salde sui fianchi di Elisa che culo all’aria e braccialettini e orecchini risuonanti, urlava come un’ossessa.
Mi lasciai andare a un urlo quando sentii l’orgasmo risalire la colonna vertebrale e le palle svuotarsi nell’asta e nel corpo di Elisa, che sentendo il getto provò sensazioni decisamente forti, almeno abbastanza da urlare a sua volta un orgasmo e un “riempimi! riempimi tutta!!”. Rimasi un attimo piantato nel suo corpo scosso dal piacere, ansimai e mi sfilai con noncuranza da lei.
“Puliscimelo, troia” le sussurrai a mezza bocca e inutilmente, visto che subito si era gettata affamata a ingoiare ogni goccia del piacere che copriva il mio sesso e che stillava dalla punta. Non contenta del pasto, cominciò un altro pompino da vera esperta, ma volevo altro, a quel punto. La staccai e le dissi, tenendole il mento.
“Dammi da bere, tira fuori un lubrificante e fatti scopare quel culo divino.”
Elisa cinguettò entusiasta, si rialzò su quelle gambe affusolate e i tacchi che ancora indossavano le autoreggenti, sculettò al tavolo riempiendo un bicchiere e porgendomelo, e andando verso la camera da letto.
“Vieni un po’ qui, ragazzo…” mi invitò a seguirla incorniciata dalla porta del corridoio “… E anche tu, coglione.” aggiunse in tono molto meno sensuale a Roberto.
La camera di Elisa era abbastanza spaziosa con un letto a due piazze, e nell’ambiente convivevano le due anime della ragazza. Accanto a foto appese sulla scrivania di gattini e vacanze con le amiche, stavano minigonne nell’armadio, flyer di locali, reggiseni ricamati. Se lì per lì mi parve strano, mi venne subito in mente che il contrasto tra Roberto, lei con lui e lei senza di lui era ciò che ci aveva da subito confuso tutti. Sposare l’immagine dell’adorante fidanzatina con le stelline negli occhi quando stava con Roberto con la minigonnata frequentatrice di discoteche era sempre stato difficile, figuriamoci adesso che quella fidanzatina era una dea del sesso incarnata su una spanna di tacchi e autoreggenti che lanciava via cuscini dal letto per farmi spazio, con la fica ancora dilatata e fradicia dal piacere.
Non la lasciai stare un attimo mentre sistemava il letto e prendeva dal cassetto una bottiglietta di lubrificante.
“Come facevi a sapere che l’avevo?” miagolò, tenendolo in mano. “Sei la mia troia. Lo so. Oppure immaginavo che da povera fidanzatina delusa con un ragazzo incapace non avessi altra scelta che aiutare quella bella e calda fichetta a bagnarsi quando qualcuno” -accennai a Roberto- “vuole scoparti.”
Con un’alzata di sopracciglia accondiscendente mi lasciò la bottiglietta in mano per mettersi carponi sul letto. Una buona quantità di fluido freddo la fece sobbalzare mentre l’applicavo e mi dedicavo lentamente, molto lentamente, a massaggi e carezze. Lasciai stare la rosellina per un bel pezzo, per poi carezzarla provocandole i brividi e tentandola con un dito.
Apprezzava, ma si premurò di piagnucolare un “sono ancora vergine lì…” che se nelle intenzioni di lei era una richiesta di essere delicato, mi fece solo dire a Roberto che era un coglione a non aver mai pensato di coccolare degnamente quel culo favoloso. Era fatto per essere posseduto, per far godere Elisa, mi risultava inconcepibile poter avere una relazione con qualcuna e non volerle dare tutto il piacere e le esperienze che si potevano avere. Nel frattempo il mio discorso accompagnava il deciso allargamento della rosellina di Elisa, che quando fu pronta accolse il mio sesso con un piagnucolìo.
Non le feci male, con abbondanti dosi di lubrificante seguendo la regola del “troppo non è mai abbastanza” scivolai dentro di lei un pezzetto alla volta, e il dolore divenne un sottile piacere. Forse godeva per essere posseduta, per essere sverginata, forse per tutto assieme. Ridiedi mentalmente del coglione a Roberto che non si era mai messo d’impegno con quel culo splendido, e penetrai Elisa sentendomi stringere dai suoi muscoli.
Non rimasi lì dentro quanto avrei voluto. La sveglia sul comodino mi fece notare di non sforzare troppo quella vergine cavità di Elisa, non sarebbe stato troppo gentile, e l’eccitazione, il mezzo pompino di prima, la pressione dei suoi muscoli stretti su di me, il suo piagnucolarsi di essere la mia troia, tutto mi portava a voler concludere in quel bel culetto, ma sapevo di non poter esagerare. A malincuore diedi altri colpi un poco decisi che fecero stringere i denti a Elisa, e uscii, limitandomi a raggiungere l’orgasmo in fretta con una masturbazione condotta nel solco delle sue chiappe sode. Esplosi sulla sua bella schiena e qualche schizzo raggiunse anche i suoi riccioli, e rimasi lì così per qualche istante. Davanti al suo ragazzo Elisa era stata posseduta e marchiata, come mia troia, si era presa il suo regalo di compleanno e la sua vendetta.
Roberto non spiccicava una parola, andai nel bel bagno lilla e mi feci una doccia veloce, pensando che quella che era iniziata con la prospettiva di una festa di compleanno da scuole medie era finita per me con un doppio pompino di due troiette che avrei gustato volentieri, e una bella cavalcata con Elisa.
La doccia si aprì per far entrare Elisa, che senza dire niente cominciò a lavarmi mentre io facevo lo stesso con lei. Era bellissima, mentre l’acqua le faceva allungare i ricci sotto cui spuntava lo sguardo finalmente soddisfatto di una donna. “Ehi… Qualcuno qui non è ancora sazio…” disse con un sorriso mentre sentiva un’altra erezione farsi strada nel mio sesso. “Perché, tu si?” la provocai, sentendo subito come la sua fichetta non fosse poi così bagnata solo d’acqua. Senza dire niente la girai contro la parete della doccia e le entrai dentro. Si lamentò per un istante, ma bastarono pochi secondi di spinte perché di nuovo tutto il suo corpo volesse ancora godere.
“… Roberto è andato via…” sospirò “… Si è… mhhh… Scusato…” “Davvero? Incredibile… Mi spiace un po’ per lui, ma penso che le cose tra voi potrebbero migliorare… Vi amate.” Elisa sorrise. “Sì… Lo ah..aah… Lo amo…” continuai a penetrarla quasi dolcemente per diversi minuti, il tempo era ben difficile da capire immersi in lei e sotto l’acqua. Fu lento e passionale, e il nostro orgasmo arrivò assieme, dolcemente, ben diverso dalla serata trascorsa. Ci lavammo e asciugammo, e la vidi indossare la vestaglietta che stava appesa alla parete. “Questo bagno stasera ne ha viste di scopate…” sorrise lei, tirando fuori l’asciugacapelli “e tutte ad opera tua… Domani sarai stanco…” sorrisi rimettendomi le mutande “dipende da dove dormo stasera… Il divano è comodo?” aggiunsi con un occhiolino.
Mezz’ora dopo mi addormentai tenendo una mano sui fianchi di Elisa, la testa nei suoi capelli, e la ferma idea di fare “colazione a letto”. Ancora una volta, come se svegliarmi con Elisa mi fosse impossibile per contratto, le mie aspettative per una ‘colazione a letto’ interessante furono disattese, e come sempre per colpa di Roberto.
Mi svegliai piuttosto indolenzito per la serata piacevolmente pesante, e la voce di Elisa al telefono mi ricordò dove mi trovassi, e soprattutto il suo culetto sodo che muovendosi un poco coccolava il mio membro mi fecero subito tornare voglia di saggiarne le possibilità.
Purtroppo, non era il caso: i due fidanzatini si stavano parlando, e quel minuscolo rimasuglio di coscienza e buon cuore, anche se nel dormiveglia, mi ricordò che fosse meglio non tirare troppo la corda. Avevo già quasi fatto crollare una coppia (o semplicemente, ammisi a me stesso, fatto notare le crepe), e il tono di voce di Elisa era troppo conciliante con il suo ragazzo da pensare che avrebbe avuto voglia di fare altro. Optai quindi per alzarmi e lasciarla da sola al telefono, e farci un caffè. Circa un’ora dopo uscivo da casa di Elisa convinto che il mio posto fosse più lontano possibile da lì. Roberto sarebbe arrivato a parlare, e con la fastidiosa sensazione inguinale di una scopata mancata mi diressi all’automobile.
Ne avevo una voglia… Sensi di colpa a parte, come si poteva essere sessualmente tranquilli quando ci si risvegliava nel letto con una bella ragazza che ti aveva scopato davanti al proprio fidanzato ricoprendoti di lodi, che si era fatta sodomizzare con urli di godimento come una professionista del porno? Non si poteva. Pensai di andare a casa approfittando della Domenica e di godermi una sana mattinata di letture e di sfogare solitariamente le mie voglie, mentre riprendevo l’auto liberandola di quei cinque-sei flyer di locali e promozioni dei discount che mi erano stati appioppati sotto ogni tergicristalli. L’occhio mi cadde sulle foto di un nuovo ristorante aperto vicino a casa mia. L’aspetto ed il menù sembravano interessanti, così lo buttai sul sedile del passeggero con l’idea di controllare in capo ad un mese se fosse ancora in attività, e che cosa si dicesse di lui. Conoscere dei buoni posti vicino alla propria abitazione, se si vive da soli, è sempre un’ottima cosa, quando il frigorifero langue e non si riesce a fare acquisti.
Tornai con il pensiero alle mie voglie e posteggiai sotto casa -che fortuna!- convinto più che mai di dovermi fare una bella doccia rilassante, quando chiudendo la portiera mi accorsi di un indumento sul sedile posteriore: un maglioncino nero leggero da donna, probabilmente di Sandra o Cristina, lasciato lì quando eravamo scesi tutti dall’auto carichi di vettovaglie e borse di plastica.
In ascensore pensai quanto fosse provvidenziale: avevo l’occasione di contattare ambedue le amichette con una motivazione -una scusa palese, ma comunque reale- e riportare il discorso su una certa promessa fatta la sera prima.
La mia voglia nei pantaloni esprimette la sua approvazione, e poco dopo cominciò ad esistere un gruppo ‘Maglione’ di chat su smartphone.
Con simpatia feci delle foto segnaletiche dell’indumento, che in breve si rivelò di Sandra. Lo sospettavo vista la taglia che non avrebbe mai potuto contenere i due meloni sodi che caricava in petto Cristina, ma ovviamente mi serviva anche lei nella chat per cominciare a portare il discorso su certi aspetti molto interessanti…
Fui piuttosto brutale: chiesi simpaticamente la mia ricompensa per il maglioncino scomparso, e da lì il passo fu breve per arrivare a parlare di ‘pagamenti in natura’. Quelle due erano decisamente delle troiette, e non vedevano l’ora di divertirsi. IKEA rivelò nuovamente la perfezione del suo soprannome con un breve e chiarificante messaggio:
‘Io ti devo ripagare, e sarebbe scortese non invitare anche Cristina dopo averla allarmata così…’
‘sono d’accordo’ risposi io con un sorriso. ‘… Mercoledì sera avete impegni? Vi porto fuori a cena’
‘nessun impegno ;)’ rispose velocemente IKEA
‘paghi tu? Sarò in debito anche io…’ lasciò intendere Cristina.
Potevo anche tirare fuori i soldi di tasca mia, in fin dei conti la serata si sarebbe conclusa a totale mio favore. Prima di mezzogiorno sfruttai il flyer del ristorante, confermai l’appuntamento alle due amichette, e mi buttai sul divano tenendomi da parte le mie voglie.
Già potevo vedermi di lì a tre giorni, in quella posizione, con le due amichette intente a replicare il pompino in doppia della sera prima, sentivo già le morbide e carnose labbra di Cristina dare baci a tutto il mio sesso, le finte lamentele di Sandra che chiedeva di lasciargliene un po’…
Sarebbero stati tre giorni pesantissimi.
LA CENA
Non mi impegnai molto a chiedere alle due un abbigliamento particolare, ben sapendo che avrebbero fatto del loro meglio per stuzzicarmi, e vista la giornata calda arrivai davanti al locale tenendomi la giacca come pura precauzione nel caso la temperatura esterna scendesse troppo. Io avrei fatto del mio meglio per mantenere quella ‘interna’ il più alta possibile.
Come era ovvio le due amichette non si erano ancora palesate, così entrai per sincerarmi della prenotazione, ed una cordiale cameriera mi offrì un bicchiere di bianco. Bel viso e bel culo, ovviamente. Passai qualche minuto a godermi lo spettacolo fino all’arrivo di Sandra e Cristina.
La prima esibiva il suo fisico affusolatissimo e alto con un abito nero con spacco, i capelli raccolti in una piccola coda, e la stoffa aderiva in maniera decisamente interessante ad un culetto atletico.
Cristina, più bassa e molto più formosa, esibiva una bella scollatura per far risaltare i due seni pieni che ondeggiavano ad ogni suo passo, in un vestito di un rosso scuro portato corto, così come i capelli in un carré decisamente ammiccante con i suoi occhialetti sottili. Nessuna delle due era troppo elegante o troppo poco, anche se i modi di fare di Cristina la ponevano sempre un po’ sopra le righe. Sandra in pubblico si mostrava lievemente meno audace, ma nessuna si trova il soprannome di una marca di arredamento ‘facile da montare’ senza motivo.
‘Non ci sono i prezzi!’ esclamò Cristina guardando il menù.
Non mi diedi pena di farle notare che sul mio fossero presenti, e che alcuni locali preferiscono che le signore non conoscano l’entità della spesa: poco imbarazzo per loro, ottima figura per chi offre. Fortunatamente nessuno dei piatti si rivelava sopra la mia portata, e l’aspetto delle pietanze che ci passava davanti mi rassicurò almeno sull’entità del pasto.
‘Almeno le porzioni sono abbondanti’ disse Cristina con un sorriso, rimbeccata da Sandra: ‘siamo in un ristorante, non al fast-food… Qui non ti devi ingozzare, la qualità è importante!’. Obiettai che le davo ragione, ma anche io preferivo, oltre la qualità, anche una quantità decente. In fin dei conti ero lì per mangiare, non per assaggiare come ad una gara di cuochi.
‘e poi’ aggiunsi con uno sguardo ‘ci sarà modo di bruciare le calorie, no?’. Sandra si limitò ad ammiccare con le sottili sopracciglia con uno sguardo famelico.
Da quel momento si dichiararono aperti i giochi: il piede di Cristina sfiorava il mio ogni tanto, una battuta di Sandra, un ammiccamento, un aneddoto sottilmente audace… Stavamo solo giocando, almeno fino al dolce, dove probabilmente Sandra risentiva dell’abbondante vino che le veniva servito.
‘posso tentarvi con un dolce?’ chiese una cordiale cameriera, prima di sciorinarne una lista da cui scegliemmo tre differenti pietanze, per provarne il più possibile.
Sandra, approfittando della tovaglia, appoggiò una mano sul mio pacco.
‘va detto che io preferisco il salato…’ sussurrò al mio orecchio, prima di toccarne il lobo con la punta di una lingua calda.
‘avrai il tuo, tranquilla…’ le risposi passandole una mano sulla coscia
‘Ho promesso che avrei ripagato il debito’.
Cristina scoppiò in una risatina, aggiungendo ‘e io devo bruciare un po’ di calorie, no? Sandra è un fuscello, io devo tenere d’occhio la linea.’
Risi ‘dì piuttosto che devi tenere d’occhio le curve!’.
Cristina sorrise, strizzando le tette tra le braccia, parevano pronte a sfondare il reggiseno tanto erano costrette nella stoffa.
‘A quello ci pensi già tu da due ore!’.
Avrei ribattuto, ma la mano di Sandra sul pacco continuava a stuzzicarne il contenuto, giocando con la zip, abbassandola e rialzandola, fingendo di correre alla cintura.
‘dopo il dolce devo liberare questo uccellino…’ sussurrò a Cristina, che annuì di rimando ‘dopo il dolce vuoi la carne? Che ragazza strana…’.
Non ce la facevo più, se il dolce non fosse arrivato entro un minuto avrei avuto davvero difficoltà a non prendere la testa di IKEA e ficcarla sotto il tavolo. Fortunatamente la cameriera arrivò con i nostri piatti, e il pensiero (e le mani) tornarono alla cena. Finimmo anche il restante vino nei bicchieri e guardandoci ci alzammo, e fortunatamente la giacca mi servì a nascondere il bozzo nei pantaloni che non aveva intenzione di scendere, complici i visini di quelle due che continuavano a mandarmi lampi con occhi vogliosi.
I pochi minuti per pagare e uscire mi sembrarono un’eternità, ma appena girato l’angolo potei prendere tutte e due ai miei fianchi e baciarle. Le labbra di Cristina erano più morbide e piacevoli da sentire, impossibile non immaginarsi il cazzo perso tra quelle soffici carni, ma Sandra aveva una spanna di lingua esploratrice che faceva solo presagire cosa potesse fare una volta libera di arrivare a certe zone. Le due amichette si diedero a carezzarmi il petto senza troppe remore e occasionali fughe verso il bozzo nei pantaloni, mentre una mano per una, io stringevo i loro allettantissimi culi spingendoli verso casa mia, una strada molto breve e fortunosamente deserta fino al portone di casa e all’ascensore.
Lì il primo angolo di privacy liberò tutti noi da ogni remora. Presi il viso di Sandra e ricambiai quella lingua con una danza della mia, mentre sentivo le morbide labbra di Cristina baciarmi il collo e la sua mano strizzare vigorosamente il mio sesso.
‘mmmh… quanto manca?’ piagnucolò l’occhialuta, mentre mi dedicavo a mia volta a baciarle il collo morbido.
‘ancora due piani’ sussurrai complice, mentre tenevo ben saldo il culo sodo di Sandra, non che volesse staccarsi dal toccarmi ovunque e sospirare. Sentivo il calore del suo inguine, cosi come il mio e quello di Cristina, il loro odore di femmine vogliose di essere appagate, e io avrei fatto del mio meglio. Aprii la porta di casa e la richiusi a chiave, lasciandole andare solo per il tempo sufficiente a che abbandonassero le loro borse nell’ingresso, prima di tornare a baciarci contro il muro. Erano affamate, ero affamato, baciavo Sandra e poi Cristina, poi Sandra mi penetrava la bocca con la sua lingua immensa, mordicchiavo le labbra polpose di Cristina, mentre le mani correvano ovunque, assaggiandoci, stuzzicandoci. Per caso le bocche delle due si toccarono e le amichette si diedero ad un bacio appassionato. Non nutro particolari fantasie, ma quella sera ognuno di noi avrebbe dovuto occuparsi degli altri due in reciproco piacere, e questo le due femmine l’avevano capito, e io pregustavo già l’assistenza di una nel dare piacere all’altra.
Sorrisi proponendo loro di andare in salotto, e mi trovai a vederle cadere tutte e due sul divano davanti a me, mentre si scambiavano altri baci.
Erano irresistibili, i pantaloni ormai erano un indumento orrido e insopportabile, mentre Sandra mi invitava a sedermi tra di loro. Tornammo a baciarci per un poco.
‘mmmh…’ disse IKEA lasciandomi andare la bocca ‘…Devo ripagarti per aver tenuto il mio maglioncino…’ le sue mani corsero alla mia cintura e alla zip.
Calò i boxer quel poco che bastava a far uscire il mio sesso che rimbalzò fuori d’un colpo.
Era finalmente libero ed apprezzai la situazione con un sospiro soddisfatto.
Cristina sorrise ‘ora posso guardarlo meglio… E’ davvero un bel cazzo…’
Sandra annuì. ‘Non mi stupisco che nelle stronzate che ci diciamo quando usciamo in gruppo gli altri non abbiano mai fatto battute su questo’.
Curioso, chiesi spiegazioni.
Sandra cominciò a giocare con la mia asta e la sua mano esperta sottolineava i concetti in maniera sottilmente sensuale e provocatoria.
‘tutte le battute che vi fate tra di voi… Quando giocate a calcetto e fate la doccia… Prendete sempre in giro Alessandro perché pende a sinistra!’ la sua mano spostò il mio sesso verso sinistra.
‘… oppure quella volta che Roberto ha avuto un’erezione sotto la doccia con voi!’ sorrise dando un colpetto con il pollice alla cappella, facendo ondeggiare il mio sesso.
‘vi prendete sempre in giro per queste cose, e nessuno ha mai detto niente su di te!’ concluse con un ammiccamento dei suoi occhi verde scuro.
‘Erano invidiosi…’ conciliò Cristina, aggiungendo la sua mano a quella di Sandra.
‘Marco ha il cazzo moscio’ spinse in giù il mio. ‘Andrea viene dopo due colpi’ la sua mano masturbò velocemente tutta la mia asta dandomi un brivido improvviso ‘e lasciamo perdere Luca… Sfotte tutti per difendersi. Piccolo, incapace ed egoista!’ sorrise.
‘Non mi meraviglio che Laura si faccia sbattere dal suo insegnante di basso.’
Ma senti questa, mi dissi.
Laura era la fidanzata di Luca da qualche anno, una morettina riccia molto minuta nel fisico con un visino quasi da bambina, simpaticissima nonostante paresse avere sempre una quindicina di anni. La chiamavamo ‘bimba’ per prenderla in giro, e il nostro amico favoleggiava nottate di sesso sfrenato. Il pensiero di quella ragazza presa dal suo insegnante di basso, un ragazzone simpatico di padre ivoriano, mi fece sorridere.
‘Oh sì, alla bimba piace il cioccolato’ sorrise Sandra. ‘ma come già detto… Preferisco il salato.’ e si gettò famelica su di me, dando uno sputo veloce sulla cappella e ingurgitando tutto fino alle palle.
Fu rapida e letale, venni investito da una vampata di calore e desiderio che sfogai con un bacio a Cristina, mentre quella lingua vorace esplorava ogni centimetro della mia pelle. La ragazza si staccò con uno schiocco e mi guardò da sopra gli occhialetti sottili, prima di sussurrare ‘serve aiuto?’ a IKEA, che le mugolò positivamente. E così alla lingua di Sandra che spennellava lungo tutto il mio sesso si aggiunsero le labbra a cuoricino di Cristina, che riempirono di baci la mia pelle prima di farsi scivolare l’organo tra loro per un paio di forti pompate.
Erano irresistibili, le mie mani correvano lungo quelle due schiene così diverse, stuzzicandone i sederi e le intimità. Volevo scoprirle, volevo la nudità, volevo essere libero, così ignorando i loro cenni di protesta le scostai da me.
‘Voi due: spogliatevi.’ ordinai perentorio. Ciò che intendevo era di spogliarsi, ma il termine venne da loro interpretato come una volontà di privarsi a vicenda dei vestiti. Ridendo si alzarono e si diedero ad un veloce spogliarello. Le mani di Sandra liberarono presto le forme di Cristina, un intimo semplice, senza fronzoli, un reggipetto a balconcino che atterrò in fretta liberando due seni sodissimi nonostante le dimensioni, e accanto a lui arrivò veloce un perizoma che copriva un sesso ben curato, con una leggera striscia di pelo corto.
Frenando l’entusiasmo di Sandra che teneva un po’ troppo felicemente tra le dita i suoi capezzoli, Cristina la spogliò completamente del vestito e quel corpo snello e tonico cominciò a guizzare per non farsi togliere anche l’intimo.
‘Smettila, fatti spogliare!’ rideva Cristina, mentre Sandra estraeva la lunga lingua per farle una boccaccia. ‘lui è ancora vestito!’ protestò lei indicandomi, e alzandomi mi dissi pronto a non esserlo più se fosse stata lei a liberarmi degli abiti. ‘con piacere!’ rispose, e grazie all’ovvio aiuto dell’altra mi trovai nudo.
‘che bel fisico’ annuì Cristina guardandomi. ‘anche tu non scherzi’ le risposi, abbrancandole una tetta a piena mano. Era calda, soffice e soda, e mugolò di apprezzamento nel sentire la mia presa su di lei. ‘Ora manchi solo tu!’ mi rivolsi a IKEA, che con il suo intimo nero lievemente più ricercato di quello di Cristina, stava ricominciando con la sua mano lunga e affusolata a prendersi cura del mio sesso. Sorrise conciliante e si privò degli abiti, mostrando due piccoli seni dai capezzoli sporgenti e una depilazione totale.
Le strinsi a me e le baciai con foga. Erano mie, tutta la notte, le avrei fatte impazzire e avrebbero dovuto rendermi il favore, quelle due troiette. Sottolineai il concetto tastando i loro sessi caldi e umidi, e intimando loro di continuare quello che avevo interrotto.
Scattarono subito come due frecce sul mio sesso, dedicandocisi in maniera appassionata.
La lunga lingua di Sandra tormentava quello che le labbra carnose di Cristina stringevano, le mani di una e dell’altra correvano ovunque, e se abbassavo lo sguardo vedevo il loro, affamato, che godeva del piacere che mi procuravano. Vidi con un sorriso una piccola stilla di piacere cadere a terra sotto le toniche cosce di Sandra, e non desiderando ancora arrivare all’orgasmo la presi gentilmente per un braccio e la portai sul divano. Cristina si rassegnò subito con piacere alla mia scelta e si accomodò di fianco a Sandra, mentre io baciavo l’amica e con studiata lentezza scendevo sempre più sul suo corpo.
La bocca di Sandra era grande e abitata da una mostruosa (sensualmente parlando) lingua, un viso asciutto, un collo sottile che fremeva sotto le mie carezze, spalle asciutte ed atletiche, e due seni che rizzarono subito due capezzoli come baionette alle prime carezze. Piccole areole ben definite corredavano qualcosa che non poteva competere con i volumi di Cristina, ma in sensualità decisamente sì.
‘mmmh mi piace quando mi mangiano così…’ piagnucolò Sandra, portandosi la mia mano sul sesso.
Era fradicia, e interpretai le sue parole come un invito a degustare altro.
Sorrisi e scesi lentamente lungo una pancia piatta e asciutta fino al suo sesso, facendola sussultare al primo dolce bacio che le scoccai sulle grandi labbra. Era una fichetta stretta e sottile nonostante la nota esperienza della proprietaria. Con la coda dell’occhio notai i movimenti di Cristina, ne voleva del suo, così alzai il viso solo per sussurrare ‘dopo avrai il tuo, troietta’. Finse con il viso di scandalizzarsi per il termine, ma lo sguardo apprezzava, e una mano scostava lentamente le sue carni tra le cosce incapace di trattenersi come semplice spettatrice.
Sandra aveva un sapore molto dolce, un odore inebriante, e soprattutto, una ricettività spaventosa. Ogni cosa pareva renderle un piacere intenso, o semplicemente era molto vocale, fatto sta che in breve mi trovai con la sua mano sulla nuca a tenerle aperta una fichetta incredibilmente bagnata e un clitoride che pulsava intensamente tra le mie labbra, mentre la sua voce piagnucolava, mugolava, e proferiva frasi oscene e sconnesse.
‘sììì… Mangiami… Così… Non lo lasciare… Succhialo!’ miagolava, come se volessi mai staccarmi da quella clitoride così entusiasta delle mie cure. Giocai con lei per un tempo che mi parve piuttosto breve, ma sentendo il suo respiro sempre più affannato compresi che a tirare le cose in lungo avrei rotto l’orgasmo che montava in lei, perciò spinsi il ritmo e le carezze, sempre più intense, sempre più veloci, sempre più appassionate, mentre il suo corpo spasimava in maniera intensa e i rantoli ingoiavano frasi da pornodiva navigata.
‘Oh si cazzo, sì! Fammi godere, stronzo!’ piagnucolò quasi all’apice per urlare ‘non smettere!!’ per la frazione di secondo che passai a deglutire i suoi succhi sempre più corposi. La punta della mia lingua sfiorò appena la sua clitoride pulsante un’ultima volta, un millimetro di contatto lento ma dal tempismo perfetto, e la diga si ruppe. Sandra rantolò come pugnalata al cuore mentre il suo corpo alto e snello si contraeva in ogni sua fibra, e sussulti sempre più sconnessi le trapanavano il cervello inondato dal piacere. Non mi mossi quasi, gustandomi la fuoriuscita del suo nettare insolitamente dolciastro, anche perché la sua mano dalle lunghe dita artigliava la mia testa come un rapace, fino a perdere le forze. Alzai lo sguardo e vidi un’ansante IKEA che piagnucolava ancora, mentre Cristina mi lanciava uno sguardo oltre la ninfomania. Lessi nelle sue pupille la volontà di subire lo stesso trattamento, e ricambiai con uno sguardo di pieno assenso. Mi concessi un istante di riposo carezzando ancora un poco Sandra, per poi buttarmi sulla bocca carnosa di Cristina. Le sue labbra erano un forno caldo e umido, ma le lascia ben presto per infilare il viso tra quei sue seni giunonici e provare ogni centimetro della loro pelle.
“hai delle tette stupende…” sospirai a denti stretti mentre ne sentivo il calore tra le mani
“grazie…”
“…Poi voglio provarle, e sai cosa intendo.”
Rise maliziosa “Certo… Ci avrei pensato già io.”
“Ora non puoi deludermi” conclusi con un sorriso, scendendo su un ventre ben diverso da quello di Sandra, ma ugualmente sensuale, fino ad un cespuglietto bruno-rossiccio sotto cui spuntava una vagina ben dilatata e lubrificata dalle carezze da lei portate avanti in precedenza. Il suo sapore era lievemente diverso da quello di IKEA, ma soprattutto le sue voglie erano ben altre, dopo la sua masturbazione e la mia, in pochi minuti, Cristina cominciò a piagnucolare.
“…Oh… E’ così…” sospirò a Sandra, che annuì conciliante.
“Sei fradicia, Cristina bella” sorrisi, infilando un dito e causando un gemito intenso e prolungato.
“Oh!!” disse mordendosi un labbro mentre con il medio cominciavo ad accarezzarle un piccolo punto calloso al suo interno, saggiando le sue voglie e le sue pulsazioni che mi indicavano sempre più come volesse ben altro che semplici dita, ora, e il mio sesso chiedeva di entrare in azione da troppo tempo.
“Oh ti prego continua! Continua!!” implorò lei mentre sfilavo un dito e mi alzavo un poco.
“Basta stronzate!” dissi con fermezza afferrando le sue cosce piene e guardando i suoi occhi lucidi dietro le lenti degli occhiali. La sua rotonda nudità, la mano di Sandra che le accarezzava un seno, e non certo ultimi quegli occhialetti da porca mi spingevano solo in una direzione, e senza troppi complimenti appoggiai la punta del mio sesso alla sua fica arrossata e vogliosa facendola sussultare, e piantandomi dentro in un sol colpo di reni impattai con il bacino contro il suo, i suoi seni rotondi ed enormi ebbero un sobbalzo mentre la sua bocca tumida si abbandonava ad un urletto.
Cominciai piuttosto lentamente per abituare il suo corpo al mio, e viceversa, ma l’eccitazione non mi consentiva di trattenermi troppo, avrei seguito le mie voglie e quelle mi imponevano penetrazioni ritmate, non ancora forsennate ma decise. Per fortuna la mia attività fisica quotidiana mi consentiva di avere una certa resistenza, perché Cristina gradì quel trattamento in maniera entusiastica, cominciando a gemere prepotentemente e stringere la stoffa del divano, mentre io mi perdevo dietro al sobbalzare ipnotico dei suoi seni, lasciati liberi da Sandra.
“Oh! Ohddio! Oddio! Devi provare!!” piagnucolava Cristina all’amica mentre muovevo il mio sesso piantato dentro di lei per solleticare punti ancora per me inesplorati della sua vagina.
“dopo proverà, tranquilla…”
“Ohhh!! Lì! Lì!! Continua così cazzo!!” Come se volessi smettere. Sentivo la punta del mio sesso sfregare contro un piccolo rilievo interno, un punto in lei decisamente sensibile. “Oddio così lo sento quasi nella pancia!!” piagnucolò quasi ridendo rivolgendosi a Sandra, che mugolò di interesse, guardandomi. Cercai di non pensare a come dovesse essere entrare nella stretta fichetta di IKEA, perché probabilmente sarebbe stato troppo per la mia eccitazione sempre crescente, ma il pompino precedente, le carezze, la situazione, tutto mi cominciava a portare verso l’irrefrenabile desiderio di pompare duro dentro quel corpo.
Mi controllai un attimo sfilandomi dal corpo di Cristina che intuì lusingata le mie intenzioni, godendosi la sensazione del mio pene caldo appoggiarsi con l’asta sul suo sesso rorido e pulsare sulla sua clitoride.
Sfortunatamente Sandra era troppo affamata per frenarsi, e si gettò di scatto sul mio sesso con una mano e ingurgitandolo tutto.
“Ah! Troia! Così non vale!!” sibilai sfilandomi, ma la sensazione della sua bocca a ventosa aveva ormai tolto la sicura ai miei istinti. “Adesso mi tocca fottermi la tua amica!” dissi dirigendo il pene con una mano sul sesso di Cristina, che penetrai con un colpo deciso a cui cominciarono a seguire altri affondi quasi rabbiosi, che non le spiacquero per niente. Cominciai a scopare Cristina con l’unico desiderio di svuotarmi le palle, resettare le mie voglie e cominciare da capo.
Afferrai con una mano i capelli di Sandra il cui viso rimaneva ad una spanna dal ricettacolo della mia copula per portarmelo vicino al mio. Remissiva si alzò per baciarmi, la sua lingua portava il sapore dell’amica e il mio, mescolati assieme.
“In frigorifero c’è dello spumante, i bicchieri nell’armadietto, porta qui da bere, stronza.” le ringhiai in viso, affannato dalle penetrazioni. Va detto che quel pensiero, di dove fossero i bicchieri, di parlare con Sandra, distolse un poco la mia attenzione dalla situazione dal mio bacino in giù, e questo fu di non poco aiuto, visto come Cristina ormai ululava il suo piacere misto ad insulti e invocazioni.
Piantai il mio sguardo negli occhi di Cristina che vogliosi mi fissavano da sopra le piccole lenti, e guardandoci quasi come una sfida continuammo a scopare per qualche minuto ancora. I suoi seni le sbattevano ormai senza controllo, qualche ciuffo sulla fronte, e i suoi sospiri e mugolii… Era davvero soddisfacente.
Sandra tornò, stappò la bottiglia e verso da bere. Mi piantai nel corpo di Cristina con un colpo fermo, e ancorato così, alla fonda nelle sue calde acque, presi un bicchiere e bevvi, rinfrescandomi. Era decisamente faticoso, ma Cristina non aveva intenzione di darsi da fare, e io dovevo, volevo, ambivo, a scoparla così.
Cristina era sempre stata una delle stronzette più irritanti della nostra compagnia. Era un’amica di Elisa, e questo già la rendeva “obbligatoria” in alcune uscite, ma il suo costante provocare e mettere becco in tutto la rendeva spesso insopportabile, mentre Sandra spesso sapeva almeno stare al posto suo, se a disagio. Per semplificare, se IKEA ammetteva la propria ignoranza o disinteresse in qualcosa (un qualsiasi argomento di conversazione), e ascoltava o dialogava, Cristina doveva sempre rivaleggiare, ironizzare (male), provocare, buttandola spesso anche sul triviale. Un comportamento simile a quello di Roberto, ma senza la capacità d linguaggio e le conoscenze che aveva lui.
Una stronzetta, per così dire, che avresti preso per le spalle urlando “cazzo dici??” per farla stare zitta. E non dimenticavo le sue battutine sul mio cazzo della sera della festa. Certo quella sera miagolava come una gattina in calore con la sua amichetta, e Domenica si era fatta felicemente scaricare il mio piacere in bocca, ma non dimenticavo il resto del suo comportamento
Adesso era lì, a farsi scopare, carne tettuta e vogliosa sotto i colpi del mio sesso, e restituito il bicchiere a Sandra mi rimisi a penetrarla con rinnovata foga, facendola di nuovo sussultare e urlare dal piacere. Dovevo solo continuare così, in quel modo, era mia, vedevo il suo sguardo perdersi nel piacere, quando con una stretta dei muscoli e un rantolo venne intensamente, sentii la sua muscolatura interna contrarsi e un fiotto di caldo stimolarmi fin nel cervello, ma io non ero venuto, non ancora, e anche se il suo orgasmo era stato un colpo potente alla mia resistenza, le concessi solo pochi secondi di riposo e appena la sua fichetta lasciò la presa, ricominciai a pomparla.
Poteva venire ancora, doveva venire ancora, l’avrei fatta venire ancora, l’avrei riempita del mio piacere solo quando mi avesse implorato di finirla, la troietta, non le avrei mai più fatto rialzare la cresta.
Lei e Sandra erano le due troiette più insopportabili e querule che potessi immaginare, questo era il nostro rapporto e solo quel pompino della sera non cambiava le cose. Le avrei fatte mie, a mia discrezione e piacere, tutto il tempo necessario, con quello che sapevo fare. Avevo, in fin dei conti, svelato la ninfomane che si celava in Elisa, potevo anche riuscire a farmi strisciare ai piedi due stronzette piene di sè come quelle due.
“Oh santo… Cielo… Che…” sospirava Cristina stringendo la mano a Sandra, che ammirava lo spettacolo con una mano tra le cosce.
“Mi dite che non fanno battute sul mio cazzo, vero? Vedrete se le farete voi dopo questa notte!” dissi in un soffio, continuando a penetrarla. Il suo corpo era come un panetto di burro, una lubrificazione perfetta, abbondante, quasi non sentivo alcun attrito, e questo non poteva che amplificare la mia voglia di venire e la mia durata. Quella si che era una scopata.
Cristina piagnucolò colta da una fitta di piacere. “Adesso capisco perché Elisa non vuole mollarlo!” piagnucolò a IKEA.
“Oh sì… Qui c’è tanto da divertirsi…” rispose con sorrisetto voglioso l’amica, scostandosi un ciuffo di capelli dal viso, impaziente di poter godere il suo turno, guardando l’amica dal viso imperlato dal piacere su cui scivolavano un poco gli occhiali sottili, mentre un’altra fitta di piacere intenso le faceva lanciare un urletto.
“Oh… Oh… Che cazzo… Che… Mh…Ohhh!!” Cristina ebbe un secondo ogasmo, o uno spasmo, non capii, ma inarcò di nuovo la schiena di colpo mentre le sue tette abbondanti saltavano impazzite, si afflosciò con un rantolo. “… Mi fa morire…” piagnucolò guardando Sandra, che alzò uno sguardo carico di voglia, complice, quasi maligno, verso di me. Le sue labbra strette si stirarono in un sorriso malizioso, prima di sussurrare “fallo. Falla morire.”
Cristina miagolò, non capii se di contrarietà o entusiasmo, ma non mi importava, dopo quello sguardo da troia non potevo voler altro che sfinire l’irritante stronzetta occhialuta e dedicarmi a montare IKEA.
Diedi un bel respiro e cominciai una penetrazione forsennata e animalesca, stringevo le mani sulle cosce di Cristina impegnato solo a sbattere il cazzo fino in fondo al suo corpo, a far risuonare le mie palle sul suo sesso fradicio, e lei accolse con un urlo beato questo trattamento “Ohh! Sbattimi cazzo! Cosììì! Oddio! Oddio! Sììì!” piccole lacrime le scendevano da un occhio mentre la sua espressione virava dal godimento estremo ad un sottile dolore, guardai il mio sesso trapanare senza soluzione di continuità quelle labbra arrossate e lubrificate così bene che pareva una macchina perfetta. Mi rimisi a penetrarla mettendomi di nuovo nella posizione che prima le aveva creato più piacere e lei esplose in urla incontrollate, rantoli animaleschi, chiudendo le gambe dietro di me come ad impedirmi di scappare, come se qualcosa mi potesse ispirare il pensiero di andarmene da quel ricettacolo di godimento che era diventata, un budino tremolante sotto i miei colpi senza controllo, la sentii arrivare ad un vero orgasmo potente, sconvolgente, contrasse i muscoli del sesso e del pancino mentre la penetravo, e a quel punto fu la fine anche per me. Diedi ancora una mitragliata di colpi mentre mi strizzava il cazzo in uno spasmo e poi venni in maniera prorompente, quasi dolorosa, ansandole quasi sulle tette sudate mentre la sua bocca assetata mangiava l’aria della stanza in movimenti inconsci e inconsulti.
Arrivò l’ultima breve scarica di seme, lasciandomi in una deliziosa trance, guardando Cristina piagnucolare e riprendersi dal piacere allungai una mano verso il suo viso per costringerla a guardarmi con i suoi occhialetti di traverso, l’espressione deliziosamente sconvolta, un sorriso delle labbra tremolanti. Era sazia, almeno per il momento, lo leggevo chiaramente in lei, e nemmeno io ero in grado di continuare almeno per un poco. Uscii da lei con noncuranza e indicai il mio pene ancora un poco in erezione a Sandra. Si gettò con uno squittio di felicità a pulire tutto, con una lingua agile e calda che non lasciò nemmeno una goccia dei piaceri miei e dell’amica.
“Se ne vuoi ancora, la tua amica è piena” dissi prendendomi da bere ed accomodandomi in poltrona. “Dovrai avere la pazienza di farmi riprendere fiato. Abbiamo tutta la notte.” Sandra annuì servizievole ma si dedicò ben poco ad assaggiare il sesso di Cristina, ancora sconvolta dall’amplesso non gradiva venire toccata in quelle zone, almeno non subito. Mi godetti comunque il culetto di Sandra, sodo e tonico nella sua deliziosa magrezza, svettare mentre inginocchiata cercava di assaggiare il piacere a piccoli baci, prima di desistere contrariata.
Sospirai. “Vieni qui, troietta” dissi accondiscendente. “Prova a baciare questo” conclusi porgendole il mio sesso con un sorriso, e in un secondo mi trovai la bocca vorace di IKEA impegnata a deliziare il mio sesso.
Il poco alcool, la voglia, la visione di Cristina ancora scossa dalla mia monta che piagnucolava la necessità di andare in bagno a gambe rigide, e quella lingua così agile di Sandra, riportarono in me un’eccitazione considerevole, e una subitanea erezione, accolta con felicità da quella massa di capelli corti sul mio pube, fece di nuovo la sua comparsa.
Lasciai che Sandra si dedicasse al mio cazzo ancora per un po’, non era solo lui la parte del mio corpo che necessitava di un attimo di tregua, ma IKEA risolse il problema con una poderosa leccata dai testicoli al frenulo, con uno sguardo voglioso e l’immensa lingua bene aderente alla mia pelle, per poi sentenziare: “faccio io.”
Agilmente si mise a cavalcioni su di me, e si impadronì del mio sesso con una mano, e poi con il suo sesso. Era, a dispetto della nomea, straordinariamente stretta. La sentii scivolare su di me senza problemi, ogni centimetro di carne pulsante di quel corpo atletico, e guardai curioso i suoi primi movimenti, la sua vagina depilata con cura che scivolava in su, le labbra scivolare via per ultime come un piccolo bacio, e poi ingurgitarlo nuovamente, le cosce atletiche in cui si intuivano i muscoli, il curioso solco delle donne con le gambe magre, il lieve e sensuale sporgere del suo bacino sotto la pelle… I suoi gesti lenti e vogliosi mi accesero tantissimo, la tirai su di me per baciare quella bocca da infarto, stringendo e solleticando ogni centimetro di quel corpo atletico e magro sentii crescere la voglia di Sandra, che cominciò a cavalcarmi con sempre maggiore trasporto, mentre Cristina ricompariva più sollevata e si dissetava al tavolino, prima di scomparire alla mia vista. Non la vidi sul subito, ma capii che si era posizionata dietro Sandra, in ginocchio davanti a me, sentendo dei piccoli baci sui testicoli, e un sussulto di IKEA quando, stringendomi dentro fino alla fine, si dava a lenti movimenti rotatori del bacino, segnalò che la bocca di Cristina si stava prendendo cura anche di lei.
“Io questa notte non ne esco vivo…” sorrisi a Sandra, mentre Cristina spuntò per dire “a sapere che eri così, ci si organizzava prima!”. scoppiammo a ridere tutti e tre, mentre Sandra ricominciava la sua danza forsennata, gemendo, e io mi abbandonai alle sue cure quasi in trance, godendomi solo la sensazione di penetrarla così passivamente per i minuti successivi. IKEA si alzò sfilandosi da me per tornare in piedi, e la guardai interrogativamente: non volevo certo smettere, anche se appena il mio sesso fu esposto all’aria, Cristina se lo fece scivolare in gola fino alle palle.
“oh!” sospirai colto dalla sensazione, ma Sandra si era solo alzata per cambiare posizione, lasciò l’amica a massaggiarmi l’asta con la lingua nella cavità bollente che era la sua bocca ancora per un minuto, e poi dandomi le spalle, si lasciò scivolare di nuovo dentro il mio sesso, mostrandomi la splendida visione della sua schiena liscia e atletica e di quel culo di marmo che ondeggiava su e giù, ruotando lievemente, penetrandosi freneticamente.
Le strinsi le chiappe, poggiando un dito sulla stretta rosellina, cercando di mantenere la presa ma di lasciarla libera di muoversi, e la solleticai un poco. “mmmh…..” mugolò, smettendola di penetrarsi velocemente per rimanere a compiere piccoli movimenti, inclinandosi in avanti cercò una posizione comoda senza ottenerla. Così la spinsi in alto e senza dire una parola la rassicurai che la stavo solo aiutando ad essere più comoda.
Presi a me le due troiette e le spinsi in camera da letto, un materasso a due piazze mi sembrava decisamente il posto più comodo. Cristina saltò sul letto sdraiandosi in un lato, e io impedii a Sandra di fare lo stesso, spingendola verso l’armadio. Sussultò al contatto dei seni con il freddo dell’anta mentre le baciavo il collo e percorrevo tutto il suo corpo, toccandola, stringendola, spostandole il bacino più indietro per metterla nella posizione migliore per penetrarla. Entrai con un colpo secco -anche se “secco” non era un termine utilizzabile per quella vagina colante- e cominciai a montarla. Gradiva immensamente la posizione e le mie cure, alzando il culetto per cambiare angolazione in maniera così esperta che potevo continuare a fotterla senza uscire o scivolare fuori inavvertitamente. Era proprio “facile da montare”, pensai con un sorriso, mentre qualche minuto dopo decisi che anche la sua amichetta dovesse vedere altro che il mio culo che si muoveva, così mi sfilai e la feci ruotare verso il letto, ributtandola a pecorina sul materasso e ricominciando a fotterla.
Sandra non urlava come Cristina, piuttosto ansimava come un piccolo animale e mugolava costantemente mordendosi un labbro, ma dal suo appassionato stringere il mio cazzo si intuiva come stesse godendo anche lei.
La spinsi in avanti dolcemente in modo da metterla sdraiata, e posizionando un cuscino sotto il suo bacino potei scivolarle sopra. La penetrai dolcemente mentre mi muovevo sempre di più, cambiando l’angolazione piano piano, finchè…
“ooouhhh!!!” urlò lei dopo un affondo deciso “oooh!” “nnnnhh!!” cominciò a gemere. Quella posizione mi permetteva piuttosto comodamente di frizionare totalmente sulla parte più sensibile della sua fichetta, la parete anteriore, e i risultati si dimostrarono entusiasmanti per lei. “uao…” ammirò Cristina “non è una che urla…” sorrisi continuando a scopare Sandra, tenendo il viso vicino al suo, sentivo il suo respiro affannoso e i suoi gemiti. “Sei una troietta da monta, vero?” sussurrai mentre mugolava. “Rispondimi!” dissi con un affondo. “so… So… Aaaah… Sono una troietta da monta!” piagnucolò con un sorriso beato.
“sei una troietta con un bel culo”
“… Sono una troietta con… Nnnh… Un bel culooh…”
“sai cosa succede alle troiette da monta con un bel culo?” chiesi retoricamente.
“oh no, non così! No!” piagnucolò preoccupata, facendomi ridere. “Non sono mica un sadico, il tuo culo non lo voglio certo rovinare! Cristina! Guarda nell’armadio a destra, c’è un cassetto e c’è del lubrificante.” obbedienti le tette di Cristina ondeggiarono e trovarono il lubrificante. Probabilmente era ancora buono, era lì dimenticato dai tempi della mia ex. Il ricordo del suo culo sotto di me non mi impedì di distrarmi dalla serata.
Cristina si fece accanto a me, e ordinai a Sandra di provvedere a lubrificarsi, dandole una parte del contenuto. La vista delle tette ondeggianti dell’amica mi spinse a baciarla e dirle “perché non mi fai vedere cosa sanno fare le tue tette?” mentre le versavo un goccio di fluido nella scollatura. Rabbrividì al contatto con la soluzione, ma fu lesta nell’inginocchiarsi per baciarmi il pene e inserirlo tra le sue tette.
Calde. Morbide. Eccitanti. Il mio sesso viscido e reso ancora più tale dal lubrificante fu vittima di una spagnola appassionata in cui lei si risparmiava di baciarne la punta solo per non degustare, e rimuovere, quella soluzione. Fu senz’altro un sistema molto simpatico di prepararsi, mentre Sandra si esplorava la rosellina da sola, gemendo, dato che non le lasciavo certo stare la sua fichetta dilatata con una mano.
“Credo che sia a posto… Non vuoi certo venire…Prima falla morire.” ammiccò Cristina, evidentemente vendicandosi della battuta dell’amica. Mi girai verso Sandra sibilando un “non verrò lì, non ora…” prima di cominciare ad appoggiare il sesso sul culo di Sandra, trattenendomi dalla voglia di penetrarla con foga almeno il tempo necessario al suo corpo di adattarsi alla mia presenza.
Lo stretto buchino si lasciò penetrare senza eccessive resistenze, mi sorprendevo di quanto sembrasse poco “usato” nonostante la nomea.
“mmh… Senti, troietta…” dissi con una spinta. “Lo sai che sei tutto un buco fradicio e stretto?” Sandra piagnucolò felicemente “e dire che li uso… Non sei contento? Mi senti tutta, così…” disse girandosi un poco, i capelli ondeggianti, uno sguardo che invitava solo a fare quello che volevo “… Sbattimi forte…” suggerì, e non me lo feci ripetere. Grazie al lubrificante aumentai il ritmo con decisione, abbrancando i fianchi magri di Sandra con forza e pompando, senza pensare a resistere, non resistere, venire, non venire, volevo solo possederla in quel momento, e poi era giò un pezzo che la montavo in ogni modo, era mio diritto godere.
La sensazione di compressione del suo ano era ammirevole, la carne calda in cui affondavo i miei colpi pulsava e si stringeva spasmodicamente, ed ebbi il tempo di sugggerire un 69 alla sua amica. Sandra affondò il viso nelle cosce di Cristina degustandone il sesso, mentre l’amica, tette compresse sotto il pancino di IKEA, la titillava come meglio poteva, dato che i miei movimenti non volevano minimamente essere dolci. Eravamo uno splendido corpo unico dedito al piacere, nessuno escluso, e diedi tutto me stesso mentre Sandra provava un piacere enorme che sfogava sbavando e urlando nella fica di Cristina, incapace realmente di dedicarsi a lei, fino a che non diedi dei forti colpi facendola urlare, e sentii il mio piacere scorrerle dentro, mentre tremava un orgasmo con un “ooooohhhh” di tonalità crescente impedii a me stesso di smettere di penetrarla, l’avrei fatto solo quando (se) mi si fosse afflosciato dentro di lei, e questo la fece letteralmente esplodere.
Sentimmo tutti un gorgoglìo venire dal suo pancino piatto mentre, faccia tra le cosce di Cristina, inarcava la schiena quasi per chiudersi a riccio, e con un rantolo poderoso esplodeva in un colpo di bacino, come se penetrase l’aria, schizzò in faccia a Cristina. Pensai fosse venuta, pensai avesse eiaculato, mi stava quasi staccando il cazzo con quel movimento e francamente ci misi un secondo a comprendere l’urlo dell’amica.
Scivolai fuori per spostarmi, mentre Sandra tremava e sussultava, spinta via da delle bracciate di Cristina, capii che non solo era venuta prepotentemente con un getto orgasmico, ma che non era riuscita a trattenere anche un deciso fiotto d’urina. Cose che capitano, a loro modo anche lusinghiere di quanto avesse perso il controllo, ma non certo piacevoli se ci si trova sotto.
“Cazzo!!” urlava la tettona “hai pisciato!!” rivolgendosi a Sandra che si era raggomitolata tremante nel letto, piagnucolante “mi spiace! mi spiace!!”. Le zittii ambedue con un “oh” secco e deciso. “Cristina, vai a lavarti, che cazzo di scenate per essere una che si fa sborrare in faccia abitualmente!” chinò il capo e andò in bagno, colta sul vivo, mentre Sandra continuava con le sue inutili scuse. “E smettila anche tu” dissi aprendole le mani davanti al volto “… Non si piange per un orgasmo, dovresti ridere.” “… Ma mi…” piagnucolò piano. “Mi spiace! Scusa se ti sono venuta in faccia!!” urlò sopra la mia spalla all’amica in bagno. Sbuffai. “Senti. Adesso andiamo tutti e tre in doccia e appena mi riprendo vediamo di pareggiare i conti, va bene? Se ti dispiace datti da fare e ci penso io a venirti in faccia.” La feci sorridere, era così stupidamente bella che le scoccai un bacio appassionato, prima di farla alzare e portarla in bagno.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…