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Racconti 69Racconti di Dominazione

LA STORIA DI MARIA

By 14 Agosto 2009Febbraio 9th, 2020No Comments

Ero rimasta orfana di entrambi i genitori all’età di 7 anni e fui presa in affidamento dalle cinque suore del monastero, nella periferia del paesino in cui vivevo. Erano: la badessa, madre Vittoria, l’addetta alle cucine, suor Cecilia, la portinaia e giardiniera, suor Serafina ed anche suor Faustina, addetta agli acquisti per la dispensa e per tutte quelle cose che potevano servire alla piccola comunità. Infine, completava la squadra, suor Andreina, che, essendo la più giovane, fungeva da jolly, aiutando, nelle loro mansioni, ora questa, ora quella delle sue consorelle e, da quando ero entrata nella loro famiglia, mi insegnava a leggere, scrivere e far di conti. Cose che apprendevo con grande avidità. Mi piaceva imparare e, in tutto il tempo che rimasi nel monastero, riuscii a farmi una cultura grazie ai libri che c’erano nella biblioteca, ricca di classici della letteratura, di testi di storia e di un’enciclopedia universale. Proprio grazie e questa voluminosa opera, appresi moltissime cose, comprese quelle inerenti la sfera sessuale. Di questo argomento, che evidentemente mi interessava tanto, Imparai tutti i termini e le modalità, comprese quelle più depravate.

La vita in quel convento, dopo pochi mesi dal mio ingresso, si fece per me molto dura. La badessa era una donna, se così si può ancora chiamare un organismo come lei, fredda e molto autoritaria e, con la scusa che il convento fosse stato fondato da un suo avo, in qualche anno del 1600, lo reggeva con molto rigore ed intransigenza,. Non mi fece mancare rimproveri e punizioni, tanto che, nei primi tempi, fu più il tempo che passai chiusa nella mia stanzetta, magari senza cena, che quello passato nel resto dell’edificio a parlare con le altre sorelle.
Per non parlare delle pene corporali, che sfociavano quasi sempre in grandi sculacciate, o, peggio, in vere e proprie cinghiate. Ricordo, come se fosse oggi, che in quelle occasioni, venivo costretta a spogliarmi completamente nuda e, davanti a tutte, ricevevo sul sedere quanto era stato deciso da madre Vittoria. Nei primi tempi, piangevo per il dolore, la vergogna e l’umiliazione, ma poi, col passare del tempo, mi abituai e, devo dire, giacchè ho deciso di raccontarvi tutto della mia vita segreta,, quel mio stato d’animo, cominciò a farmi provare un certo piacere, che si trasmetteva, con intermittenti brividi, dal cervello alle parti più intime del mio corpo, tanto che, dopo che entrai nella cosiddetta età dello sviluppo, sentivo la mia figa eccitata e bagnata.
Una sera, avevo già 13 anni, suor Andreina, che in quel momento non aveva alcun compito da accudire, decise di venire a trovarmi nella mia cameretta, dove, da sola, espiavo una delle solite punizioni. Purtroppo, in quel momento, sicura che nessuno sarebbe entrata, ero nuda, distesa sul letto, che mi masturbavo. Non sapevo, allora,perché lo facessi, ma sapevo che era una cosa piacevole e che, quando raggiungevo l’orgasmo, avvertivo un senso di tranquillità e di pace con il mondo circostante. Lungi da me l’idea che esso fosse disdicevole e peccato mortale.
Dunque, quando questa giovane suora mi vide in quelle condizioni, cacciò un urlo scandalizzata e corse via.
Andò subito a raccontarlo alla superiora, che mi convocò immediatamente nella stanza delle riunioni.

Ricordo, come fosse ieri, con che paura mi rivestii e attraversai quel lungo corridoio. Ero terrorizzata. Quello, che a me sembrava un giochino bello e soddisfacente, doveva essere certamente qualcosa di terribile, considerato la reazione che aveva provocato alla suora. Camminavo lentamente, cercando di procrastinare, più a lungo possibile, il momento dell’incontro.
Quando entrai, vidi tutte le consorelle, già schierate. Nello scanno più alto, la superiora, che mi guardava con occhi di ghiaccio. Le altre tenevano gli occhi bassi ed una faccia di circostanza che non lasciava presagire nulla di buono.

– Suor Andreina, vuoi dire, per piacere, cosa faceva questa sporcacciona nella sua stanza, in modo che lo ascoltino anche le altre? ‘ disse con tono imperioso

Suor Andreina, rossa in viso e con varie perifrasi, raccontò quello che stavo facendo. Poi, con un segno di croce, si risedette al suo posto

– cos’hai da dire, tu? – Riprese la badessa ‘ sai che quello che facevi è un peccato mortale? E proprio all’interno di un edificio consacrato!

Non sapevo cosa dire. Il cuore mi batteva all’impazzata. . Dicendo quelle cose, la suora mi aveva liberato tutti i miei sensi di colpa e la vergogna che il mio peccato fosse di dominio pubblico fu enorme. Sentivo gli sguardi delle consorelle su di me, che mi scrutavano e mi disprezzavano. La figa, impazzita, cominciò a fremere e a produrre liquidi.

– vieni qui, davanti a me, ed inginocchiati ‘ mi ordinò.

Quando fui inginocchiata tra le sue gambe, si sollevò l’abito, mettendomi davanti agli occhi la sua figa coperta da radi pelacci, per lo più, bianchi

– ti stavi accarezzando proprio qui? ‘ aggiunse, indicando con un dito la sua vulva ‘ Male! Per quello che hai fatto non bastano punizioni che io possa darti, perciò chiedimi scusa baciandomi proprio lì

Con disgusto, avvicinai la bocca e, quasi sfiorandola, la baciai. Mi ritrassi subito con le labbra inumidite dai suoi secreti che già imperlavano le grandi labbra.

– no, maledetta. Devi continuare finchè non ti dico io di smettere e leccala come fa un bravo cane.

E fu così che leccai per la prima volta una fica. E siccome pensavo che quella era non solo una punizione, ma anche una prevaricazione, mi sentivo le cosce completamente bagnate dai liquidi che fuoriuscivano dalla mia vagina.
Venne con un lungo, accorato lamento.

– adesso fallo anche alle altre, considerato che il tuo peccato ha offeso anche loro.

Leccai le fiche di tutte le altre suore e solo suor Andreina, la spia, quella che era l’ultima arrivata, mi accarezzava la testa, dandomi un certo senso di sollievo.
Ci volle più di un’ora prima che tutte fossero soddisfatte. Avevo, quando finii, la faccia tutta impiastricciata di saliva e di succhi vaginali e le ginocchia che mi dolevano. Mi alzai a fatica e, ottenuto il permesso, mi avviai verso la mia camera. Suor Andreina si alzò e, tenendomi sotto braccio, mi accompagnò.
Quando entrai in camera andai a distendermi sul letto piangendo.

– Non fare così ‘ mi disse Andreina ‘ vedrai che ti passerà
– Faccio così ‘risposi tra i singhiozzi ‘ perché mi sono molto vergognata
– E di cosa ti sei vergognata? Figurati che prima di stasera ero io, essendo la più giovane di loro, quella che leccavo tutte
– Sì, mi sono vergognata, ma non tanto per quello che facevo, ma perché mi piaceva farlo. E mi piaceva farlo perché capivo che era qualcosa di cui vergognarsi

Suor Andreina introdusse una mano tra le mie cosce e, accorgendosi delle condizioni in cui mi trovavo

– vuoi che lo faccia adesso a te?

Non ebbi il tempo di acconsentire che già sentii la sua lingua tra le grandi labbra. Mi leccò dappertutto, non risparmiando neanche il buchino del mio culetto, e in modo per me così piacevole che, dopo pochissimi minuti, venni.

Da allora, fui costretta a ‘fare la cagna’ come dicevano loro (‘stasera, Maria, farai la cagna’) due volte alla settimana, per punizione o solo per far loro piacere, fino al compimento del mio diciottesimo anno di età.

Appena compiuti 18 anni, non avendo alcuna inclinazione per la vita monastica, non volli più rimanere lì, dentro il convento, per cui andai via, senza, peraltro, sapere dove andare.
Con i pochi spiccioli che mi avevano dato, comprai un biglietto del treno e mi recai nel capoluogo di provincia, lontano da quel paese, che non sentivo più mio. Nella grande città, pensavo, avrei avuto più occasioni di trovare un lavoro, di guadagnare e di farmi una vita tutta mia. Lontano dalle brutture a cui mi avevano abituato le cinque sorelle.
Infatti, ormai ero in grado di capire quello che mi costringevano a fare e di percepire quali erano le mie pulsioni sessuali. Ero timida e abituata ad ubbidire e ad essere sopraffatta e questo, invece di scatenare una ribellione per cercare di emanciparmi, mi eccitava sessualmente e mi induceva a soddisfarmi da sola.
Quello era il mio vizietto. Mi masturbavo spessissimo, immaginandomi suore che mi umiliavano in tutti i modi possibili ed immaginabili, che mi costringevano a leccarle dappertutto, che mi imponevano di accarezzarmi davanti a loro, finchè non arrivava suor Andreina che si comportava da cagna con me fino a farmi venire con intensi e squassanti orgasmi. Quello di fare la cagna era diventata, infatti, per me un’ossessione e il leccare i loro sessi,non sempre (vorrei dire, quasi mai) molto puliti mi aveva abituato a non provare disgusto più di nulla. Anzi, quando vedevo qualcosa di strano, anche se fosse bagnata o viscida, più che toccarla con un dito per cercare di capire cosa fosse, la tastavo con la punta della lingua.

Vagavo per le vie della città in cerca di lavoro. Finalmente, in pieno centro cittadino, la mia attenzione fu attratta da un foglio ben incollato sulla vetrina di un lussuoso negozio di intimo per signora, col quale si invitavano le ragazze, in cerca di lavoro, ad entrare purchè dotate di buona volontà, dedizione e ‘buona creanza’
Entrai e fui accolta dalla proprietaria con molta cortesia. Era un donnone di mezza età, giunonica, con capelli raccolti in una crocchia dietro la testa e con occhi cerulei che intimidivano chi li guardava.
Dopo che le raccontai da dove venivo e le mie attuali condizioni, fu facile per lei concordare l’impegno e la remunerazione, visto che ero una sprovveduta e quello era il primo lavoro che mi accingevo a fare.

– adesso, vieni di là a provare il grembiulino che dovrai indossare durante le ore di lavoro.

Entrammo nel retrobottega e mi spogliò. Apparire così, quasi completamente nuda, davanti ai suoi occhi mi imbarazzò molto: tuttavia, feci finta di nulla e la lasciai fare. Il grembiule non era altro che una casacchina che mi arrivava molto al di sopra delle ginocchia ed aveva una scollatura che avrebbe mostrato gran parte del mio seno, se non fosse stato contenuto dal castigatissimo reggiseno che mi avevano fornito in dotazione le suore. Mi guardai allo specchio ed arrossii alla sola idea di farmi vedere così succintamente vestita dalle clienti.

– senti, Maria ‘ mi disse ‘ così non vai bene. Questo è un negozio di una certa levatura e tu non puoi venire a lavorare in queste condizioni. Per prima cosa, devi togliere il reggiseno, che dà una cattiva impressione con questo grembiule, d’altronde hai delle tette sode che stanno su da sole e non ci sarà bisogno di indossarlo. Per lo stesso motivo dovrai portare delle mutandine più eleganti e, infine, dovrai togliere tutti quei peli superflui dalle ascelle e dalle gambe.
– Ma io non ho altre mutandine, signora ‘ risposi costernata perché pensavo che quella carenza sarebbe stata motivo di una probabile mancata assunzione ‘ ed inoltre, non so come fare per depilarmi.

Mi tolse da dosso tutti gli indumenti, lasciandomi completamente nuda. Andò nel negozio e ritornò con una mezza dozzina di slip, che mi fece provare. Soddisfatta dell’esito, me le regalò, dicendomi che da allora avrei sempre indossato quelle.
Andò, poi, a prendere una bacinella con dell’acqua, del sapone da barba ed un rasoio monouso, mi fece distendere su un sofà che era in quella stanza e, dopo avermi insaponato, mi depilò completamente. Mi tolse anche i peli del pube.

– ecco, così hai un aspetto più umano.

Poichè le dissi che ero senza una casa dove andare ad alloggiare, telefonò ad una sua amica che mi mise a disposizione un monolocale arredato, per il quale richiedeva una modesta pigione.

– scommetto ‘ aggiunse ‘ che sei anche senza soldi. Ecco, qui c’è una parte della tua paga settimanale per i tuoi primi bisogni

Sì, pensai, sono stata fortunata: una padrona così non l’avrei trovata facilmente e, felice, andai in questa mia nuova casa. Era veramente piccola ai miei occhi, abituati alla vastità del convento, ma lì sarei stata sola senza nessuno che mi punisse e libera di fare ciò che volevo. Mangiai due panini che avevo comprato in un bar e mi andai a coricare
Passai una notte agitata e dovetti masturbarmi due o tre volte prima di prender sonno.

L’indomani mattina, di buon ora, uscii di casa per recarmi al negozio. Mi sentivo leggera e, con quei pochi soldi che avevo conservato in casa, mi sentivo padrona del mondo. Anche se il mondo ancora non lo conoscevo. Giunsi abbastanza presto al negozio e quando arrivò la padrona, entrammo insieme.
Quella mattina la signora non si dimostrò così comprensiva, come lo era stato il giorno prima. Il suo atteggiamento era freddo e distaccato e mi impartiva ordini che non ammettevano discussioni.

– entra Maria e vatti a cambiare. Io verrò a controllare se sei a posto, come vorrei

Andai ne retrobottega e mi tolsi il mio vestito, rimanendo in mutandine e con il seno scoperto. Lei entrò come una furia proprio mentre stavo per mettermi il grembiule.

– e no, mia cara. Fatti vedere prima di metterti il grembiule. Questo devi mettertelo bene in mente perché succederà tutte le mattine

pensavo che fosse normale, nella mia completa ignoranza di come ci si comportava nel mondo cosiddetto laico e mi lasciai controllare. Nella stanza del retrobottega, mi fece togliere tutte gli indumenti e cominciò ad esaminarmi minuziosamente.

– certo che sei una bella ragazza ‘ mi disse ‘ con tutti gli attributi a posto. Hai la pelle un po’ secca che necessita di essere trattata con delle creme idratanti. Distenditi sul divano che te ne spalmo un pochino della mia

non sapevo cosa volesse dire di preciso, tuttavia mi distesi sul divano, come mi aveva detto. La padrona, da uno stipetto, prese un barattolino e, sedutasi vicino a me, sul bordo del divano, cominciò a spalmarmi un po’ di crema sul dorso, massaggiandomi con studiati e lenti movimenti circolari. Sentivo che i muscoli, fino allora tesi per la situazione che si era creata tra noi due(ero stata diverse volte nuda davanti ad altre persone, ma quelle erano suore, che, nonostante tutto quello a cui mi sottoponevano, consideravo come di famiglia, ma lei no. Era una sconosciuta, almeno fino al pomeriggio del giorno prima) e per l’inizio di un vero lavoro, si cominciarono a rilassare. Lei continuava, scendendo sempre più con le mani. Adesso massaggiava le natiche, allargandole e facendo prendere aria al mio buchino posteriore. Con piccoli movimenti accarezzò anche quello con un dito. Adesso mi stavo eccitando; il respiro, diventato più profondo e regolare, accompagnava i suoi movimenti. Mi fece girare supina e mi fece cadere della crema sulle cosce. Ora, i massaggi erano in direzione ascendente, sfiorando le grandi labbra della vulva. Ero estasiata e lei dovette accorgersene perché mi intimò di allargare un po’ di più le gambe e avvicinando di più la testa, con i due polllici allontanò i due lembi di pelle, mettendo a nudo anche le piccole labbra già bagnate per lo stimolo esercitato dai suoi massaggi.

– non mi dire che ti stai eccitando per il mio massaggio ‘ mi disse in tono di rimprovero.

E, forse, avrebbe continuato nei suoi rimbrotti se non si fosse sentito il campanello azionato dall’apertura della porta a vetri del negozio.

– aspettami così. io vado a vedere chi c’è di là. Continueremo dopo

quasi involontariamente, ripresi io stessa i massaggi che mi aveva fatto la padrona e le dita indugiarono sul solco della fighetta. Ebbi un brivido e cominciai a muovere il dito, ma non ebbi il tempo di iniziare una vera e propria masturbazione, che sentii dei passi avvicinarsi e la padrona che diceva

– sì, la roba che mi aveva ordinata è pronta. Venga con me e veda se adesso è di suo gusto,

Si aprì improvvisamente la porta, proprio mentre io avevo cominciato ad accarezzarmi

– ma che fai? Sporcacciona ‘ mi urlò lei, entrando, seguita da un uomo di mezza età molto elegante

sussultai, arrossendo per la vergogna

– guardi, dottor Conti, guardi cosa stava facendo questa sfacciata. L’ho assunta solo oggi e già lei si trova tutta nuda a masturbarsi
– ha proprio ragione, signora, con questi giovani di oggi non si sa più dove si andrà a parare. Ma non ti vergogni a fare queste cose?

Ero terrorizzata. Mai un uomo mi aveva vista nuda e poi essere scoperta in un atteggiamento così intimo e immorale (ancora lo giudicavo tale), mi aveva mandato in tilt, paralizzandomi e inibendo ogni mia capacità critica. Potei solo rispondere

– si, signore, mi vergogno e molto anche
– con te faremo i conti dopo, sgualdrina! ‘ proseguì la padrona. Adesso vai prendere il pacco giallo da dare al dottore che è dentro l’armadio.

Mi alzai tremante e, passando vicino a loro, lui mi diede una sculacciata, che mi provocò un fremito

– Non avverte, signora, l’odore di femmina in calore che vien fuori da questa puttanella?
– Sono proprio così queste scostumate. Si eccitano e da loro emana un odore che da molti uomini è considerato inebriante

Io, smarrita, mi sentivo avvampare per la vergogna e per l’umiliazione. Loro, tuttavia, incuranti del mio stato d’animo e della mia nudità, continuavano

– a chi lo dice, signora, questa sua porcellina mi ha proprio eccitato, tocchi e controlli lei se non dico la verità

la padrona mise una mano sulla patta dell’uomo e

– è proprio vero, dottore, ma se vuole potremo fare in modo di soddisfare anche questo grosso animale che ha qui dentro
– se non le è di troppo disturbo, mi farebbe cosa gradita perché non posso andare fuori dal negozio in queste condizioni
– ha proprio ragione. E tu, cosa fai con quel pacco in mano?. Vallo a portare in negozio, appoggialo sul bancone e ritorna qui!

Titubante perché, andando in negozio mi sarei esposta nuda alla vista di eventuali clienti, ma non osando disubbidire, andai di là. Per fortuna nessuno era entrato e, quando ritornai da loro, vidi, come prima cosa, il dottore anch’esso nudo dalla cintola in giù ed il suo enorme cazzone eretto e puntato verso di me. Naturalmente quello era il primo che vedevo in vivo. Avevo visto nell’enciclopedia del convento alcune figure di membri maschili, ma erano disegni schematici, appena abbozzati, o piccole fotografie di indigeni, ancora primitivi della foresta a,amazzonica o della giungla neozelandese. Quello era reale, lungo, grosso e di color rosa scuro e con una testa che svettava paonazza, in mezzo ad una foresta di peli ricci e neri. Nonostante fossi estremamente imbarazzata, ebbi un brivido di piacere

– vatti a sedere sul tavolino e tieni le gambe ben aperte ‘ mi ordinò la signora

Dopo che mi sedetti, la padrona, prese in mano il pene del dottore e lo condusse davanti a me. Il tavolino, sul quale ero seduta, aveva l’altezza giusta perché il cazzo mi giungesse proprio in mezzo alle tette. Lei lo dispose nel solco, racchiudendolo, tra le due mammelle e afferratele con le due mani, cominciò a masturbarlo. Questa manovra piacque molto all’avventore, il membro del quale, nonostante si fosse ammosciato quasi subito dopo (la padrona mi dirà in seguito che quel signore non poteva avere dei rapporti naturali proprio perché non riusciva a mantenere l’erezione), dopo pochi minuti emise dei getti di un liquido bianco-grigiastro che impiastricciò il seno ed il collo.
Soddisfatto, si rivestì e accompagnato dalla signora, andò via dalla camera.

– tu, aspetta qui e non ti muovere. Non fare nulla fino al mio ritorno ‘ mi disse

Quando ritornò, mi fece sdraiare sul tavolino e, venuta sopra di me, mi leccò tutto quel liquido che mi colava dappertutto.

– questa è la cosa più buona che producono gli uomini ‘ mi spiegò

A me, veramente nel sentirne l’odore, quella dichiarazione mi sembrò esagerata; tuttavia, mi ripromisi di verificarla, quando si fosse presentata l’occasione.

Dopo che mi fu permesso di rivestirmi ed indossare il grembiule, andai in negozio per cominciare la mia giornata lavorativa, che proseguì senza ulteriori accadimenti degni di nota, salvo che dopo la chiusura, quando, nel solito retrobottega, fui costretta a fare la cagna e leccare la figa della padrona, che, soddisfatta da come lo facevo, mi chiese come mai fossi così brava. Le raccontai le abitudini che avevano le suore di quel convento. Lei fu molto contenta nel sentirmi narrare quelle cose e, reputandomi degna della sua fiducia, mi diede le chiavi del negozio in modo che potessi, arrivando prima di lei, aprirlo.

Quella sera, dopo cena, andai subito a letto. Avevo comprato in una bancarella un libro di seconda mano, ma non ebbi modo di cominciarlo a leggere perché mi tornò alla mente l’avventura con il dottor Conti, il suo cazzo tra le mie tette e il liquido, caldo ed odoroso che si riversava su di me, colando poi su tutto il corpo. Anche la lingua della padrona che lambiva tutti i rigagnoli fu capace di provocarmi un bellissimo orgasmo.

Dopo circa una settimana avevo cominciato ad imparare a muovermi nel negozio e, perfino a servire dei clienti ed avevo capito, inoltre, che il retrobottega era adibito come spogliatoio solo per alcuni particolari clienti, mentre per gli altri c’erano, com’è normale, degli appositi box.
Entrò in negozio una coppia giovane. Erano tutti e due molto belli e salutarono la padrona con molto calore. Evidentemente erano dei clienti affezionati e, per come si comportava con loro la padrona, anche molto spendaccioni

– come sono contenta di vedervi, finalmente ‘ disse loro
– In effetti è da un po’ che non veniamo ‘ rispose la giovane donna ‘ e siccome ho comprato un bel vestito nuovo per andare al matrimonio di una mia amica, vorrei un coordinato di biancheria intima che possa adattarsi e poiché mio marito ultimamente ha delle particolari esigenze in fatto di sesso, che non riesco a soddisfare, abbiamo pensato di venire da lei. Lei lo conosce bene mio marito e sa che, quando si mette in testa quella cosa bisogna per forza accontentarlo
– Ma certo! Avete fatto benissimo. Mentre suo marito va nel retrobottega ad aspettare,io le faccio vedere qualcosina che potrà essere di suo gusto. Ecco, guardi, mi è appena arrivato questo coordinato, che è una novità e penso che possa anche starle bene
– Sì, è molo carino, ma vorrei provarlo per vedere che effetto mi fa indossato
– Mi dispiace, signora, lei sa bene che le clienti non possono provarli. Ma, ho avuto un’idea: sarà la cara Maria ‘ disse indicandomi ‘ che, avendo la sua stessa taglia, potrà indossarli per lei. andiamo di là per le prove. Io ne porto anche altri , qualora questo non sia di suo gusto

La giovane donna ed io ci incamminammo verso il retrobottega. Io già presentivo che, nonostante mi vergognassi, avrei dovuto abbassarmi a fare da manichino vivente per lei.
Entrammo nello spogliatoio e vidi subito il marito che si menava il cazzo fuori dai pantaloni. Lei le sorrise

– aspetta, caro. Prima dovrò scegliere le mie cose

non riuscivo a distogliere gli occhi dal membro del maritino, fantasticando di averlo dappertutto e, soprattutto, nella fica, ma fu la padrona, che, entrando con altre scatole, mi riportò alla realtà

– dai, Maria, spogliati e prova questi indumenti. Fa’ in fretta perché vedo che il maritino è impaziente

Con gli occhi bassi per l’imbarazzo, mi tolsi il grembiule, mostrando a tutti le mie tette con i capezzoli già inturgiditi dall’eccitazione. Sentivo su di me gli occhi dell’uomo e, sbirciando di traverso, vidi il suo pene che si ingrossava di più. Mi tolsi le mutandine e, naturalmente, la padrona fece notare come ero già eccitata

– questa puttanella ‘ disse ‘ si eccita per poco ed adesso è già tutta bagnata e inzupperà con i suoi umori le mutandine
– oh, non fa nulla, signora, sa bene che non mi formalizzo per questo. A casa, qualora le comprassi, le farò lavare

Indossai le mutandine ed il reggiseno, non perdendo però d’occhio il cazzo del marito che mi affascinava parecchio. Per fortuna, quel completo andava bene e, così, io non dovetti fare ulteriori spogliarelli. Quando stavo per mettermi il grembiule, vidi la padrona che, inginocchiatasi davanti all’uomo, prese in bocca il suo grosso membro e cominciò a succhiarlo e a leccarlo come fosse un gelato. Poi, muovendo opportunamente la testa cominciò a fargli un pompino. Rimasi lì, ancora nuda, allibita, incapace di muovermi. Sentivo la fica colare come non mai e, presagendo che alcuni di quei grossi arnesi mi sarebbero entrati, in un futuro, dentro la bocca, cercai di imprimermi nella memoria tutti quei movimenti.
Lui, dopo pochi colpi sferrati nelle fauci della padrona, venne ed io immaginai quegli spruzzi che entravano di getto fino in gola. Non mi meravigliai affatto, ricordandomi la scena di qualche giorno prima, nel vedere che lei ingoiò tutto.
è così che si deve fare, pensai. In questo modo, l’umiliazione è massima: la donna inginocchiata davanti all’uomo, bacia e lecca il suo pene, che voleva dire, secondo una mia errata classifica, più che baciare e leccare una mano e ne ingoia il liquido. Il massimo della sottomissione (andavo a parare sempre lì io, sull’umiliazione, l’imbarazzo, la vergogna e la sottomissione. Erano le emozioni che mi portavano al conseguimento dell’eccitazione, prima, e dell’appagamento, dopo). Ero estasiata. Mi scosse la giovane che chiese alla padrona

– lei sa bene che, questo mio maritino non mi fa mai mancare nulla e che ci amiamo alla follia; tuttavia, per una ripicca, poiché io non riesco a fargli per disgusto questi lavoretti con la bocca, lui non li fa a me. Ora, poiché mi sono eccitata molto nel vedervi, avrei bisogno anch’io di scaricarmi
– ha ragione, signora ‘ rispose la commerciante

e, rivolta a me

– Avanti, Maria, fai la cagna a questa bella signora.

E, riprendendo il discorso con la giovane

– perché, sa, Maria è molto brava in questa specie di giochetti. è stata così abituata nel convento in cui abitava. Ha leccato più la fica lei che un esercito di ussari

Come al solito, non mancava di umiliarmi davanti a tutti. Io, con la fica in ebollizione, mi avvicinai alla mogliettina, le alzai la minigonna, le abbassai le mutandine e leccai finchè non sentii il suo orgasmo nella mia lingua.

– mentre ci sei mi disse nuovamente ‘ fammelo anche a me

e rivolta ai due avventori ormai soddisfatti

– sapete? Me la lecca quasi tutte le sere, ma oggi, visto che anch’io mi sono eccitata, me lo farò fare prima

Immaginai, a queste parole, che la mia fica fosse rossa come tutto il resto del corpo, tanto mi bruciava e si bagnava.

Naturalmente la donna prese il completo che le aveva consigliato la padrona e tutti e due, marito e moglie, uscirono dal locale felici, contenti e’soddisfatti in tutto e per tutto.

Non passarono molti minuti, io stavo ancora pensando alla scena di prima ed avevo ancora la fica in fiamme, che entrò un signore anziano. Brutto, anzi, più che brutto laido, untuoso, sudaticcio.

– signora ‘ disse rivolgendosi alla titolare ‘ per piacere, compro tutto quello che vuole, ma mi faccia nuovamente quel servizi etto che mi fece la scorsa settimana, quando venni a comprare i reggiseno per mia moglie
– ma non dica eresie, signor Roberto: Si figuri se io adesso vengo a succhiarglielo. Questo non è un bordello e, tanto meno, io non sono mica la sua puttana
– ma se me lo ha già fatto, ripeto, non più di sette giorni orsono
– sì, è vero gliel’ho succhiato, ma è stato perché sua moglie è un’affezionata cliente e, per toglierselo di torno, mi aveva chiesto di farle scaricare i coglioni, ma adesso non ne ho voglia e , se devo essere sincera, lei è proprio brutto e mi farebbe schifo rifarglielo.
– Ah! Se la pensa così ‘ fece il vecchietto indispettito e punto nell’orgoglio ‘ vorrà dire che impedirò a mia moglie di venire ancora a fare acquisti nel suo negozio
– Non faccia così, signor Roberto. Non sia precipitoso. Se mi avesse lasciato finire la frase, le avrei proposto qualcosa di diverso
– Mi dica, sono a sua disposizione
– Perché non va a leccare la fica di Maria, la mia nuova commessa, mentre io le faccio una sega?.

Io avrei voluto sprofondare sottoterra. Anche a me faceva schifo quell’uomo, ma la fica mi diceva di provarci lo stesso perché tanto, volente o nolente, avrei dovuto acconsentire comunque. Ed io ero, a bando ogni ipocrisia, volente.
Lui si risollevò in un sorriso che mostrava tutta la sua dentiera traballante

– Brava, signora. Sapevo che con lei non avrei perduto il mio tempo

Andammo nell’altra stanza. Lui non volle che mi spogliassi. Voleva che mi togliessi solo le mutandine e divaricassi le gambe. Nello stesso tempo, la padrona prese una sedia e si accomodò accanto a noi. Glielo prese in mano e, come rispondendo ad un comando di ‘via!’, entrambi simultaneamente cominciarono, lei a menarlo e lui a leccarmi. Già al primo contatto della sua lingua con le piccole labbra ancora eccitate, ebbi un sussulto, che si tramutò in un franco movimento di va e vieni del bacino e sfociò in un lungo squassante orgasmo.
Anche lui venne, sprizzando un po’ del suo liquido nelle mie chiappe.
Contento andò via, non prima di aver comprato ancora delle calze per la sua signora che pagò una cifra esorbitante

– con queste, quella stronza me lo farà sicuramente un pompino la prossima settimana ‘ disse chiudendo la porta del negozio.

Noi due ridemmo di gusto.

Conobbi Antonio, un bel ragazzo di 25 anni. Era il rappresentante di una ditta di abbigliamento intimo per signora. Esuberante e simpatico. Amava scherzare sempre con tutti e aveva un ottimo feeling con la padrona del negozio.
Il primo giorno che lo vidi, entrò aprendo violentemente la porta del negozio. Con lui entrò una ventata di ottimismo e di gioventù.

– salve, amica mia ‘ disse, rivolgendosi alla padrona

i due si abbracciarono come se fossero due amiconi che si vedevano dopo diverso tempo. Lui, tenendola abbracciata, la sollevò da terra, mentre lei, ridendo, si scherniva e fingeva di dargli pugni sulle spalle.

– sei ritornato, finalmente, razza di bucaniere
– già ‘ si riprese ‘ è da un po’ che non mi faccio vedere da te. E per questo, ho un piccolo regalo per farmi perdonae.

Tirò fuori da una valigetta uno scatolone che la padrona aprì febbrilmente. Conteneva una vestaglia di tulle colorata con tutte le nuances del verde. Un capo molto bello e fine.

– Ma è magnifica ‘ disse lei ‘ ed è del colore che piace a me
– E proprio per questo che te la regalo. E, tornando a cose serie, come secondo regalo, ti ho portato delle bellissime cosette che sono sicuro ti piaceranno. Sono una novità. Provengono dall’ultima collezione parigina.

Andò fuori e rientrò subito dopo, portando una valigia. Dentro c’erano campioni di vestaglie, baby dolls, bustini, mutandine, reggicalze, reggiseno e di quant’altro può sollecitare il godimento di qualsiasi giovane donna ricercatamente elegante.
Naturalmente alla mia signora il campionario piacque moltissimo

– ma chi sa quanto costano queste cosine
– Ma dai. Non ti preoccupare. Sai bene che per il prezzo ci siamo sempre messi d’accordo ed io ti ho fatto ottimi sconti

Si misero in un angolo a confabulare sui prezzi e sulle modalità di pagamento ed infine Antonio andò a prendere dal suo furgone pile di scatoloni, appoggiandole sul bancone.
Quando finì di portare roba, la padrona si rivolse a me, che me ne stavo in disparte ad assistere alla scena

– su, Maria, non stare con le mani nelle mani. Mettili a posto, no?

Antonio si volse per la prima volta verso di me e mi guardò con degli occhi pieni di ammirazione

– molto carina la tua commessa, però

Arrossii a quel complimento e presi le prime scatole. Nel far questo, i lembi della scollatura si aprirono, mettendo in evidenza le tette quasi per intero. Lui, sfacciatamente, emise un fischio di approvazione, che ripetè quando mi chinai per metterne alcuni negli scaffali in basso, facendo sollevare la gonna fino alle mutandine.

– però, Antonio ‘ disse la padrona ‘ non hai perso il tuo vizietto di sbirciare
– Né quello di sbirciare, né quello di tastare le bellezze di una ragazza come questa

Ecco. Ero nuovamente arrossita per la vergogna. Non sapevo come fare per evitare che, nel prendere e ordinare la roba, venissero messe a nudo parti del mio corpo che non dovevano essere viste.
Dovetti anche salire sulla scala per sistemare le ultime scatole negli scaffali in alto. Era fatta. In cima alla scala percepivo lo sguardo del ragazzo direttamente sulle mutandine

– Antonio ‘ lo canzonò la signora ‘ che ti prende? Non hai mai visto una ragazza in mutande
– Sì, certo, ma a me fa effetto come se fosse sempre la prima volta
– Ed hai ragione, perche la nostra Maria è una porcellina. Vedi? Ha già le mutandine bagnate di piacere
– è vero, non l’avevo notato. Come mi piacerebbe toccare quel ben di Dio
– Ok! Per un ulteriore sconto ti permetto di andare nel retrobottega e di soddisfare la tua curiosità

Quando finirono di dire queste amenità e mentre io continuavo a gocciolare umori vaginali, entrò una bella signora, molto elegante., che chiedeva un ‘body molto sexy’ per una sorpresa da fare al proprio maritino

– Va bene ‘ disse la padrona ‘ voi due andate nel retrobottega, mentre io servo la signora

E strizzò l’occhio al ragazzo.
Nell’andare nel retrobottega, già pensavo che avrei dovuto sottopormi ad un generale massaggio da parte del ragazzo. La cosa non mi dispiaceva affatto, anzi, non vedevo l’ora che venisse quel momento.
Entrati nella stanza, lui si tolse i pantaloni ed i boxer che indossava e volle che anch’io mi togliessi il grembiule. Quando ebbi finito di spogliarmi, spostò una poltrona, mettendola proprio di fronte ad un muro e si sedette. Mi chiese di sedermi a cavalcioni sulle sue gambe, nella sua stessa direzione in modo da voltargli le spalle e di guardare verso il muro.
Lo feci e lui sistemo il proprio membro, già diventato di notevole dimensioni, tra le mie cosce,proprio lungo la figa. La cappella emergeva dalle mie gambe , facendo sembrare che fossi io la proprietaria di quel cazzo.
Sentimmo che nel negozio le due donne, parlottando, si avvicinavano ai box per la prova.
Lui, allora mi spinse la testa verso il muro e fu proprio allora che mi accorsi che in esso erano stati praticati diversi fori con un trapano. Capii cosa voleva e mi misi a curiosare. Si vedeva l’interno del box.
Adesso, era entrata la signora che si cominciò a togliere i vestiti.
Antonio, che si era messo a spiare da un foro un poco più in alto, mi ordinò

– carezzami la cappella

lo feci con molta circospezione era già bagnata da un liquido leggero e trasparente. Intanto dentro il box, la signora era rimasta in reggiseno e mutandine. Si tolse il reggiseno, dandoci le spalle e, dopo essersi seduta, si tolse le mutandine facendo in modo che noi riuscissimo a vedere la sua fica completamente depilata. Percepii un sussulto tra le mie cosce, mentre continuavo ad accarezzare e a bagnarmi le mani di liquidi, che non capivo se provenissero da lui o da me
La signora indossò il body, che dovette piacerle molto. Infatti, dopo essersi specchiata e rispecchiata soddisfatta, si sedette nuovamente sulla sedia, se lo carezzò addosso, spingendo le mani, ora sui fianchi, ora sul seno, ora più in giù. Si massaggiò il pube e, socchiudendo gli occhi, introdusse due dita attraverso i bordi in corrispondenza dell’inguine e cominciò a masturbarsi, forse pregustando quello che sarebbe successo quando suo marito l’avrebbe vista con quello addosso.
Antonio non ce la faceva più, mi prese in mano le tette e cominciò a strizzarmele, mugolando di piacere, mentre anch’io, fortemente eccitata, approfittavo della mano che accarezzava il suo pene, per sfiorare il clitoride e, contemporaneamente, contraevo i muscoli delle cosce, trasmettendo delle pulsazioni sul suo membro, come fossero una delicata sega.
La cliente, ben presto venne e, vergognandosi del fatto che il suo liquido aveva bagnato il nuovo capo di vestiario, si vestì, tenendoselo addosso. Ed uscì dal box

– Ha ragione è proprio bello e così ho deciso di tenermelo ‘ disse alla padrona, pagando.

Lei ci raggiunse e, vedendoci in quello stato

– devo proprio credere che lo spettacolo è stato di vostro gradimento, considerate le condizioni in cui vi trovate tutti e due. E tu, Maria, non hai ancora capito che Antonio ha la necessità di scaricarsi le palle? Cosa aspetti a succhiarglielo? Devo proprio fare tutto io?

L’idea piacque ad Antonio, che, spingendomi sulle spalle, mi indusse ad alzarmi. Io mi rigirai su me stessa e mi inginocchiai tra le sue gambe.
Ecco. Era giunto il momento. Avevo a pochi centimetri dalla faccia un pisellone di discrete dimensioni.. lo afferrai con una mano e indugiai. Avevo paura di sbagliare e, per questo, non lo misi subito in bocca, ma cominciai a leccarlo, come facevo quando leccavo le fiche delle suore. Con la lingua lambivo i coglioni e, andando più su, mi spingevo fino alla cappella che circondavo, mischiando la mia saliva al suo liquido. Ricominciavo, andando in giù, procedendo fino al suo buchino. Lo sfintere anale era stretto ed io cercavo di forzarlo con la lingua e poi risalivo.
Lui gemeva e dimenava il bacino ritmicamente avanti e indietro.

– sei brava ‘ mi diceva ‘ sei una perfetta pompinara. Continua che mi piace!

Lusingata dalle sue parole, osai metterlo in bocca. Il sapore salato che pervase la cavità orale era ben differente da quello scaturito da una fica. Questo era molto più buono. Aveva ragione la padrona.
Feci anch’io come avevo visto fare dalla signora tempo prima e andai su è giù, ingoiando tutta la cappella e buona parte dell’asta, finche non sentii cinque spruzzi raggiungere la gola. Ingoiai senza nessuna difficoltà

Quando si riprese, Antonio mi fece i complimenti

– Ma lo sai che sei una gran pompinara?

Gli sorrisi, riconoscente per il complimento

– devi penare ‘ riprese la signora ‘ che è il primo che fa questa porcellona
– Veramente? Allora, merita un premio

Andò, dopo essersi rivestito, in macchina e mi portò una dozzina di reggiseni
Non feci in tempo a toglierli dalla busta che la signora

– no, Antonio, grazie lo stesso, ma Maria non porta reggiseno.

Li cambiò con autoreggenti e uno stock di mutandine. Le più belle che io mai avessi avuto. Naturalmente, fui costretta a provarle tutte davanti a loro.

Le settimane passarono con il solito andazzo. Io ormai non mi vergognavo più. Anzi, quando entravano i clienti giusti, ero proprio io a mettermi in pose che evidenziassero o mostrassero le mie parti anatomiche più segrete. Quasi ogni giorno leccavo fiche, o facevo pompini ed ero riuscita a diventare quasi perfetta in questo genere di cose.
Solo che continuavo a rimanere vergine e, devo dire che , nel mio intimo, questa cosa mi rendeva insofferente. Volevo sentire un cazzo che mi sfondasse la fica. Non che farmelo ficcare in bocca non mi piacesse più, anzi, adesso che avevo affinato la tecnica e non ero più impacciata, mi piaceva molto, così come mi piaceva da matti bere lo sperma. Ne avrei bevuto litri, se questo fosse stato possibile. Ma, farmi fottere era diventato lo stesso il mio chiodo fisso.
Lo dissi alla padrona, che mi sorrise e

– so che c’è nuovamente in città Antonio, vuoi che gli telefoni per farlo venire qui?
– Certo, signora ‘ quasi urlai ‘ Antonio mi piace da morire. Pensi , se lui accettasse di mettersi con una come me, lo sposerei subito

La signora rise di gusto a questa mia ingenua, quanto veritiera sparata.

La sera, quando chiudemmo la saracinesca mi disse

– Antonio è entusiasta della nostra idea e verrà dopodomani sera, quando stiamo per chiudere.

Quel giorno non stavo nella pelle. Le ore nel negozio non passavano mai. La signora, durante la pausa pranzo, mi ripulì per bene e mi depilò accuratamente. Mi diede molti consigli. Insomma, si comportò come una vera e perfetta mamma.
Finalmente lo vidi entrare. Era sempre entusiasta nel suo modo di fare. Portò una scatola di cioccolatini per la signora e una dozzina di rose rosse per me.

Quando la padrona finì di servire, chiuse la saracinesca e ci accompagnò nel retrobottega. Distese un lenzuolo sul divano e andò di là.

Lui si avvicinò e mi bacio. Un lungo, appassionato bacio. La sua lingua penetrò la mia bocca ed io la succhiai delicatamente, come fosse un cazzo e poi la intrecciai alla mia. Le sue mani cominciarono a palparmi i seni, le natiche. Mi scoprì le tette che baciò, leccando e succhiando i capezzoli inturgiditi dall’eccitazione. Lo aiutai a spogliarmi e lo stesso feci quando lui volle togliersi i suoi vestiti. Rimanemmo così nudi, , uno di fronte all’altra, sorridenti ed emozionati. Mi coricai sul divano e lui venne a mettersi, carponi su di me, offrendo alla mia bocca il suo perineo. Cominciai a leccargli il buchino e le palle. Anche lui mi leccava la fica. Fu un bellissimo sessantanove, che interrompemmo poco prima di venire.
Si rigirò e, sempre sopra di me, poggiò la punta del pisellone contro la piccola apertura della vagina. Lentamente avanzò, senza difficoltà per l’abbondante lubrificazione ottenuta dalla precedente operazione.
Mi accorsi, sia pure nel mio rapimento, che la signora era entrata per godersi lo spettacolo e avvertii che lui si era fermato quando sentì un ostacolo

– dai! Non indugiare! Sfondami, riempimi tutta la fica. è tua, fanne quello che vuoi, ma non smettere! ‘ gli urlai – Per favore.

Lui, galvanizzato da questa veemente esortazione, diede uno scatto coi reni ed entrò in me.
Provai molto dolore, ma lo incitai a continuare. Finalmente uno che mi fotteva e non volevo che si fermasse. A poco a poco, il dolore si attenuò fino a trasformarsi in vero, puro, genuino, franco piacere. Lo sentivo entrare ed uscire con facilità, le pareti vaginali venivano strusciate dalla sua asta, la cupola della vagina toccata dalla punta del glande. Intrufolai una mano tra i nostri due corpi ed andai a titillarmi il clitoride. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Venni, urlando e gridando tutta la mia gioia. Quasi contemporaneamente, eiaculò anche lui, ma rimanemmo ancora abbracciati, lui dentro di me, finchè, ammosciatosi completamente, non uscì.
L’applauso della signora ci fece ritornare in noi. In un vassoio portò una bottiglia di champagne e tre calici. Bevemmo alla nostra salute e al nostro futuro.

Uscimmo insieme e lui mi accompagnò a casa.

– Sono stato promosso ad un livello superiore ‘ mi disse ‘ La ditta per la quale lavoro ha aperto una succursale a New York e vuole che vada lì a dirigerla. Guadagnerò bene e potrò permettermi di mettere su famiglia. Vuoi venire con me?

Volo sull’oceano Atlantico. Seduta sul mio sedile, guardo oltre al finestrino. Nuvole a volte voluminose e scure, a volte piccole e chiare come batuffoli, scorrono in basso.
Rappresentano il mio passato.
In avanti, verso la prua dell’aereo, il cielo è sgombro e sfolgorante.
è il mio futuro.

Spero che questo racconto, a chi resterà solo/a in casa per ferragosto serva da spunto per…
Comunque, scrivete le vostre impressioni e suggerimenti (anche giudizi negativi) a kramba@post.com

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