Ci incontreremo per strada.
Ti avrò chiamata al cellulare solo poco prima per darti solo le ultime istruzioni.
Ti dirò dove aspettarmi. E come.
Ci incontreremo lì, nel posto che avrò stabilito, in mezzo a mille persone sconosciute che ci fluiranno intorno come se fossimo uno scoglio in mezzo a un mare.
Tu avrai gli occhi bassi, a guardare il suolo. Ferma, le mani e le braccia lunghe lungo i fianchi. E il capo chino in avanti, che chi ti passa intorno debba scansarti quasi. E il respiro che ti sembrerà un tamburo dentro il cuore.
Arriverò e non avrò parole, di me vedrai soltanto le scarpe fermarsi a poca distanza dai tuoi piedi.
Vorrai farlo ma non dovrai. Alzare gli occhi a guardarmi.
Avrò i miei tempi, per guardarti come se tu fossi nuda lì per strada.
Facendoti sentire totalmente nuda in mezzo a tutti.
Non riuscirai nemmeno più a distinguere rumori, voci e suoni intorno.
Avrò i miei tempi.
Per girare intorno al tuo corpo e cingerlo con gli occhi in quanto mi appartiene.
Li sentirai correrti sulla schiena, sul culo, fissarti e spogliarti, aprirti ed esplorarti, ogni millimetro di pelle anche nascosto dai vestiti. Come se gli occhi ti toccasserò la pelle.
Forse davvero ti toccherò. Non lo so ancora se e quando.
Ma a te non sarà dato toccarmi, alzare lo sguardo, parlare.
Il tempo ha tempi suoi che imparerai subito a imparare.
Eterni a volte e liquidi come l’attesa.
Liquido, viscoso, denso, appiccicoso e caldo. Struuggente mentre cola tra le cosce, il tempo.
Tra le tue cosce su quel marciapiedi.
Ti solleverò io il viso e d’istinto non riuscirai tu e non per divieto, a guardare gli occhi con cui ti guarderò viso, labbra, capelli pelle e occhi.
Riuscirai a farlo solo che ti avrò baciata. Dopo aver respirato il tuo respiro senza posare le mie labbra sulle tue per un attimo, pesante come un’ora alle ginocchia tue, che vorrebbero cedere solo.
E aspetterai che in quel bacio io abbia sciolto paura, ansia e desideri.
Ci saluteremo.
Allora.
Come si salutano due persone che si incontrano e fanno conoscenza lì, in quel momento, anche se di se stesse sanno più di quanto abbiano mai ammesso guardandosi allo specchio prima, in vita loro.
Ti porterò in un bar e ti troverai a parlare con me serenamente di qualsiasi cosa come se fossimo amanti da sempre. Con dolcezza e tenerezze che non avranno paura né pudore, solo tremito di pelle ad ogni sfiorarsi delle mani, delle braccia e dei sorrisi.
Sarai timida. Ma non impaurita, solo in attesa.
Al tavolo di fianco a destra e a quello sulla sinistra altri parleranno delle loro giornate, si racconteranno dei figli o del lavoro.
Io ti darò invece guardandoti negli occhi le ultime istruzioni.
Andremo verso la stanza con calma, berremo strada e marciapiedi lenti come un liquore su un divano a sera.
Io ti terrò per mano o ti abbraccerò, dipenderà da ciò che farà sentire più calda e dolce la giornata di autunno vivo.
Varcata quella soglia tu sai.
Che la mia volontà si infilerà come un guanto di cuoio sulla tua. Che l’avvolgerà e la terrà e la porterà fin dove e come voglio io. Che oltre quella porta, sarai tu a chiuderla alle tue spalle anche fisicamente intendo, e non io, io ti ordinerò di spogliarti e metterti in ginocchio.
Nuda nella penombra, le ginocchia larghe sulla moquette dell’albergo, rossa e scura.
Porterai le mani a intrecciare le dita posate alte sulla testa.
Guarderai il suolo.
Ti arriverò alle spalle, non ti toccherò. Ti leccherò con gli occhi, aperta indifesa e nuda.
Ti farò tremare senza sfiorarti.
Colare tra le cosce che sentirai bagnarsi senza bisogno di contatto di corpo, lingua, cazzo o dita alcuno.
Scosterò i tuoi capelli, libererò il tuo volto e farò notte per te.
La benda di raso nero toglierà ogni luce agli occhi ma farà diventare luminosa la tua pelle se la sfioro.
Imparerai a cercare nel buio il rumore attutito di un passo.
A decifrare nel buio un mio respiro per sapere da dove e come sto per prendere possesso. Di te.
Parlerai solo quando te lo permetterò io.
Nemmeno gemiti e sospiri mi sarebbero graditi. Sappilo sin d’ora.
Li terrai, con le parole, dentro di te, frenandoli a fatica a gonfiarsi e riempirti e a rimbombare. A riempire.
Poi io deciderò.
Il dove.
Il come.
Il quando e il quanto.
Darò i perché e le risposte io.
Ti prenderò per mano e ti darò gelo e fuoco. Piacere e dolore.
Deciderò la strada.
Io. Per te.
Ti porterò per mano oltre il piacere. Oltre il dolore.
Fino ad essere solo mia.
Piangerai. Non di dolore. Quando faremo l’amore.
Dopo. Mia.
La donna esce dalla doccia, un asciugamano avvolto intorno ai capelli.
Sull’orlo della vasca, seduta asciuga piedi e gambe, rade con gesto sicuro la ricrescita dei primi peli sul pube, poi toglie il bruciore con la mano bagnata di olio di mandorla e poi con la salvietta umida e calda rimuove ogni traccia di olio dalla pelle.
Tornerà in bagno poco dopo, ancora coi capelli avvolti in quel turbante blu scuro, con la gonna da chiudere sul fianco.
Corta. Ma non troppo, come lui le ha chiesto.
E la camicetta sbottonata e aperta sui seni liberi da qualsiasi coppa.
Asciugherà i capelli con la camicia che ad ogni movimento del busto e delle spalle carezzerà, facendosi sipario a fiori, di cotone fresco, i capezzoli tesi.
Infilerà le scarpe, basse, sistemerà l’orlo delle calze sotto la gonna.
Poi chiuderà quasi di fretta, come se avesse bisogno di cancellare in velocità e automatismo ogni possibilità di ripensamento, la sua casa alle spalle. La borsetta in spalla, con il nastro di raso nero comprato la sera prima, uscendo dall’ufficio.
Piegato con cura una due tre volte su se stesso. Annusato tenendolo nelle mani a cercarne segreti odori.
Posato a lato del cellulare e delle chiavi dell’auto. Del rossetto che non ha messo sulle labbra oggi e delle piccole cose dei suoi trucchi del mattino, che oggi non indossa.
Non troverà fiori ad aspettarla al luogo convenuto, dopo quella telefonata così corta che lei avrebbe voluto infinita, lunga sino all’incontro sul marciapiede per dare più sicurezza ad ogni suo passo.
Fiore di labbra un sorriso, sulle labbra dell’uomo, e di riflesso all’istante sulle sue, quando lui le alzerà il viso, liberandola finalmente dall’attesa, per baciarla.
‘ Ben arrivata’
Le uniche parole dette da lui, guardandola.
Sorridendo.
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(aggiornato al 2 febbraio 2007)
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…