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Racconti Erotici Etero

Lezione di filosofia

By 13 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

La bambola spense la sigaretta che le spuntava dalle labbra coperte di rossetto. Ma fu solo per accenderne un’altra.

Ritta in piedi, bella come una statua, teneva un piede sopra uno sgabello di legno, mostrando così tutta la gamba, velata da favolose calze a rete nere. Tra una boccata e l’altra sbuffava annoiata, gettando nell’aria delle piccole nubi di fumo grigio. Ricordo il modo in cui sbatteva le lunghe ciglia perfette, la malizia con cui si accarezzava i lunghi capelli che le ricadevano morbidi sulle spalle’ Era così bionda’

La lampada dorata illuminava debolmente la stanza. Sembrava ci fosse solo lei, accanto ad un grande violoncello tarlato, dimenticato in un angolo.

Aveva preso in mano un libricino dalla copertina bianca, che doveva essere il suo manuale di filosofia, contenente i pensieri cosmici di Kant, la profondità della mente di Kirkegaard, la saggezza di Socrate, la malinconia di Sartre. Lo sfogliava negligentemente, con le sue belle mani bianche, faceva scorrere le sue dita dalle unghie dipinte di rosso tra le pagine polverose, e leggeva ad alta voce le rare frasi sottolineate a matita, che racchiudevano i misteri dell’esistenza.

A volte, i suoi occhi azzurri leggevano tristezze, e si bagnavano di lacrime. Oh, erano le frasi che narravano della vita umana come di un viaggio tra dolore e sogno, senza poterne mai conoscere la destinazione, fino alla fine.

Ogni tanto, sorrideva. Forse, era pensando al Leviatano di Hobbes, o al piacere della vita.

La bambola non era sola.

Sì, perché quella era una delle mie lezioni di filosofia. Allora, ero un giovane intellettuale dagli occhialini rotondi e lo sguardo intelligente, mi ero laureato da poco e insegnavo privatamente, per non rimanere nell’ozio.

– Sei triste? ‘ le chiesi.

– Sì.

Dai vetri appannati della finestra si vedevano poche case grigie di periferia, avvolte dalle prime nebbie dell’autunno.

– Vuoi piangere?

– No. No, niente’

Si era appoggiata per un attimo alla mia spalla. Le accarezzai per un attimo quei lunghi capelli biondi, mentre il mio sguardo volava lontano. A tratti, giungeva fino a noi il cigolio sordo di un tram, o forse il rumore cupo di un treno, in lontananza. Fuori, c’era un giardino piantato a tigli, oh, no, a ippocastani. Avevano perduto tutte le loro foglie, ormai, e quelle che rimanevano erano ingiallite. Erano loro i silenziosi spettatori del nostro abbraccio.

Per un attimo, mi apparve il volto di una vecchia, la cara vecchia che un tempo aveva abitato quella casa, e allora non c’era più. Mi sembrava di vederla, rugosa, la testa avvolta in un fazzoletto di seta, un mazzo di fiori in mano’ Era lei, il fantasma di quell’autunno.

– Per l’ultima volta ‘ mi disse la bambola. ‘ Per l’ultima volta soltanto, va bene?

– Come vuoi’

E quelle labbra rosse corsero ancora lungo la mia asta, pareva baciassero, pareva baciassero’ Poi, più nulla’ Soltanto il silenzio del niente.

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