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Racconti di Dominazione

non si apre la porta agli sconosciuti

By 10 Giugno 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Lo so bene che non è prudente per una donna giovane e sola, aprire la porta ad uno sconosciuto, ma quello era il fattorino del corriere e mi doveva consegnare il pacco che avevo ordinato.
Sono appena rientrata, ho fatto in tempo solo a togliermi le scarpe, che suona il citofono.
Accidenti. ‘Sì, chi è?’
‘Pacco signora, devo consegnare un pacco.’
Dalla voce deve essere straniero. ‘Va bene’, dico mentre spingo il pulsante per aprire il cancello.
Suona di nuovo.
Che palle, penso. ‘Non si è aperto?’
‘Sì, è aperto ‘ che piano?’
Già che stupida, ha ragione.
‘Quinto.’
Il pacco contiene il nuovo aspirapolvere super accessoriato, che ho comprato su Amazon, risparmiando un bel po’ di soldi rispetto al negozio sotto casa dove l’avevo visto.
Accidenti quanto è grosso, penso quando dopo aver aperto la porta di casa lo vedo.
Il termine grosso vale per entrambi, cioè per il pacco, caricato su un carrello blu ed anche per il tizio, che indossa una tuta, dello stesso colore del carrello.
Naturalmente lo faccio entrare, lui sistema lo scatolone a fianco alla porta di casa, sfila il carrello da sotto e mi porge la bolla da firmare.
Mi sono poggiata sullo scatolone per scrivere e gli ho restituito foglio e penna, che lui ha riposto in un piccolo borsello nero legato alla cintura.
Tutto a posto, giusto? Lui se ne va con il carrello ed io chiudo la porta di casa.
Invece no.
Dal borsello ha tirato fuori qualcosa di metallico e lucido e ci ho messo un secondo di troppo per capire di cosa si tratti.
Realizzo di avere una lama di coltello puntata contro il mio viso, nel momento in cui, con un calcetto bene assestato, lui chiude la porta di casa.
Sono sola, con uno sconosciuto, per di più armato di coltello.
Sono sola, con un negro enorme (Flaminia, non si dice negro, perché suona razzista, si dice nero) e penso che sto per svenire dalla paura.
è veramente grosso, no, non parlo del pacco, sarà alto almeno 1,90, con le spalle larghe e sotto la tuta intuisco un torace poderoso, e poi ‘
Avrà in proporzione anche quello?
Accidenti a me, sto per essere violentata da un negrone enorme, che magari dopo mi ucciderà, per evitare che io possa denunciarlo.
Penso che invece di svenire inizierò ad urlare, che fa se urlo? Mi ammazza o scappa?
Non posso saperlo prima e non è certo possibile chiederglielo.
L’espressione del suo volto non sembra cattiva, mi pare quasi di intuire un sorriso sulle sue labbra, però il coltello non depone bene.
Il sorriso si fa più deciso, poi si porta un dito davanti al naso ed alla bocca e mi fa cenno di tacere.
La lama del coltello si abbassa leggermente e mi tocca in mezzo al petto, sento la punta solleticarmi sullo sterno, sulla pelle lasciata scoperta dalla scollatura del vestito verde a fiori che indosso.
Deve essere molto affilata, perché gli è bastato, dopo averla poggiata, farla scendere premendo appena appena, per lasciare un sottile solco rosso.
Vedo una goccia di sangue uscire mentre il coltello lentamente scende, avvicinandosi al vestito.
Preme un po’ di più e la stoffa si apre.
Sono totalmente paralizzata, lui mi sta tagliando il vestito addosso, gli basterebbe una pressione un po’ più forte per affondare il coltello nel mio petto.
La lama si è impigliata nel reggiseno, lui si ferma un attimo e poi tira deciso in basso.
Il reggiseno si è aperto ed i seni, ormai liberi, si adagiano sul mio petto, coperti in parte dal vestito che si sta aprendo.
La lama continua a scendere, tagliando la stoffa ed incidendomi la pelle del ventre.
Sono terrorizzata, basterebbe uno scatto, un movimento di troppo, e sarei morta.
Cerco di tenere il ventre indietro mentre la lama continua a scendere con la stessa inesorabile lentezza.
Lungo la sottile linea rossa lasciata dalla lama sulla mia pelle, vedo scendere delle gocce di sangue. Le prime si fermano sulla pancia, ma poi ne arrivavo altre, più grandi che continuano.
Emetto un piccolo grido quando la lama si impunta di nuovo.
Questa volta l’ostacolo è il mio slip.
Grido più forte, ho paura, non voglio che faccia scorrere la lama del coltello sul mio sesso.
Lui mi fa di nuovo segno di tacere e tira in basso.
Sento la stoffa che si apre, la punta della lama in mezzo ai miei peli pubici.
Avevo chiuso gli occhi, ma ora li riapro e vedo le mutandine tagliate per metà, che lasciano spuntare fuori un bel ciuffo di peli neri e che iniziano ad arrossarsi per le gocce di sangue che continuano a scendere.
Mi tiro indietro il più possibile, ho il sedere schiacciato contro il muro, mentre vedo la lama che continua a tagliare insieme vestito e mutandine.
No! lì no! Ti prego non mi ferire lì!
La lama mi sfiora le labbra della vagina poi è la conformazione del mio corpo che fa sì che si allontani.
Nell’ultima parte della corsa il coltello si limita a tagliare il vestito.
Mi guardo addosso: l’abito, completamente tagliato da sopra a sotto, lascia scoperta una fascia del mio corpo larga un palmo.
Dall’apertura spunta un capezzolo ed i miei seni, piccoli ma ancora sodi, spiccano sul resto della pelle abbronzata.
Il segno del coltello è sottile ma evidente e le gocce di sangue continuano a scendere fino ai peli pubici ed a quel che resta del mio slip tagliato.
Sembra interessato al mio sesso, ora parzialmente esposto, perché le mutandine tagliate ne lasciano vedere buona parte, mi sembra quasi che il suo sguardo arrivi a toccarmi, poi si scuote e mi afferra per le spalle, costringendomi a girarmi.
Ora sono con la faccia contro il muro e sento di nuovo la punta del coltello, questa volta dietro, proprio all’attaccatura del collo.
Oddio! Ora mi taglia la gola.
No, ma perché dovrebbe farlo.
La lama, con la stesse leggera pressione, riprende il suo lavoro, scende lungo la mia schiena, proprio in corrispondenza della colonna vertebrale, incontra il vestito, e riprende a tagliare.
Il reggiseno, non più tenuto sul davanti, non oppone la necessaria resistenza al coltello, allora lui si ferma un attimo ed apre i gancetti con le dita e poi riprende a tagliare.
Scende, scende, ora è arrivato all’attaccatura del sedere e comincia a tagliarmi anche lo slip.
Sento la lama che mi sfiora la parte interna delle natiche, poi si ferma di nuovo, tira leggermente indietro il coltello e, con un ultimo movimento veloce, finisce di aprire in due il mio vestito.
Mi riprende per le spalle e mi fa girare di nuovo di 180 gradi, poi, le sue mani fanno scivolare via il mio vestito.
Vedo le due metà del sottile abito verde, atterrare sul pavimento, vicine ai miei piedi e mi guardo.
Sono completamente nuda, a parte le mutandine tagliate che mostrano quasi completamente il mio sesso.
è proprio lì che ora si dirigono le sue grandi mani nere.
Afferrano la stoffa e tirano verso l’esterno, un rumore leggero, sottile ed anche quest’ultimo brandello di indumento, quest’ultima barriera tra lui ed il mio corpo, scivola a terra.
Ormai è chiaro, non mi ucciderà, almeno per ora.
Mi prende per mano e mi costringe a muovermi da lì.
Non posso non seguirlo, è forte, intuisco che se mi rifiutassi, mi trascinerebbe via di peso e farebbe comunque quello che vuole, anzi, magari potrebbe pure diventare violento.
Attraversiamo il soggiorno, lui davanti, con la sua tuta blu, ed io dietro, nuda con indosso solo i sandali.
Apre la porta della cucina, da un’occhiata dentro, poi la richiude.
Attraversiamo il piccolo disimpegno, ora apre la porta della stanza da letto.
Si volta verso di me e mi sorride soddisfatto, prima di trascinarmi dentro.
Ma certo, vuole stare comodo, ha tutto il tempo a disposizione, non avrebbe motivo per farlo di corsa in piedi, appoggiandomi contro il muro.
L’energia con cui praticamente mi lancia contro il letto, mi fa capire che contro la sua forza fisica non potrei nulla.
Rimbalzo sul materasso a molle e rimango distesa di traverso, con la faccia affondata sul cuscino ed il corpo poggiato sulle lenzuola spiegazzate, rimaste così dalla mattina, perché ero uscita di fretta e mi ero ripromessa di sistemare il letto la sera, al mio ritorno.
Ora le sue mani, che un attimo prima mi avevano mostrato tutta la sua forza, sembrano diventate dolci: sento le dita che mi sciolgono il cinturino dei sandali, poi il tonfo attutito dallo scendiletto, delle scarpe che cadono in terra, e infine lui che mi solleva i piedi, che erano rimasti a penzoloni e mi sistema meglio, facendo poggiare tutto il mio corpo sul materasso.
Giro la testa a destra e cerco di capire le sue intenzioni guardando nello specchio del comò, che mi restituisce una buona visione della stanza alle mie spalle.
Non c’è. Dove sarà andato?
Ritorna dopo pochi secondi tenendo in mano un bottiglia d’olio che deve aver trovato in cucina.
Ha iniziato a spogliarsi, non ha fretta, io sono lì, nuda e sdraiata sul letto e posso solo aspettare.
Ha una torace ancora più possente di quello che mi aspettavo.
Mi piacciono gli uomini così?
Non ho mai apprezzato i tipi ‘palestrati’, ho sempre pensato che abbiano il cervello inversamente proporzionale ai muscoli, ma questo è diverso, la sua muscolatura non ha quell’aria innaturale, costruita artificialmente.
Si è tolto anche la parte di sotto della tuta e, dentro i boxer rossi che indossa, intuisco che ci debba essere qualcosa di molto consistente.
Mamma mia! Sto per essere ‘ sfondata da un affare enorme.
Ha preso la bottiglia dell’olio e ne ha versato un po’ nel palmo di una mano, poi ha iniziato a strofinarselo.
Il suo coso enorme ora è diventato lucido e si erge duro e dritto tra le sue cosce muscolose, oscillando leggermente mentre lui si dirige verso di me.
Mi sono messa a gridare quando ho capito le sue intenzioni.
Forse la vista del mio culetto bianco, rotondo e sporgente gli ha dato l’idea, o magari l’ha pensato da subito, ma quando lo sento allargarmi le chiappe e lasciarci colare sopra qualche goccia d’olio, realizzo quale sarà la mia sorte.
Lui ha ignorato le mie grida e si è messo a massaggiarmi in mezzo per spargere bene l’olio.
Io mi dibatto, o almeno cerco di farlo, ma lui è troppo pesante e troppo forte per me.
Mi allarga le chiappe e mi infila dentro un dito unto d’olio, poi due.
Fa male, non ho mai amato farmelo mettere di dietro, ma non credo di poter discutere con lui.
Guardo di nuovo verso lo specchio, il mio culetto bianco ora è bello lucido perché, dopo aver finito di lubrificare dove necessario, si è pulito le mani sulle mie chiappe.
Faccio un ultimo tentativo e, con il tono di voce più compassionevole possibile, gli sussurro: ‘Per favore, lì no.’
Lui scoppia a ridere, una risata piena e potente.
‘Tranquilla, ti piacerà.’
Non ha aggiunto altro, ho sentito solo il suo corpo che si spostava, facendo inclinare il materasso e poi mi ha penetrata.
Ho gridato forte, fa male, accidenti se fa male.
Lo ha tirato fuori, forse si è reso conto che è troppo grande e rischia di procurarmi dei danni.
No, lo infila di nuovo e lo spinge più dentro.
Io grido ancora e lui lo sfila di nuovo.
Va avanti cosi per quattro o cinque volte ed ogni volta lo sento entrarmi più in profondità.
Ho smesso di gridare, ho affondato la testa nel cuscino, mordendo la federa, mentre quel coso enorme, nero e lucido d’olio penetra dentro di me, sempre di più.
Ora che mi ha allargato per bene non ha più motivo di tirarlo fuori, lo sento cambiare posizione per accomodarsi meglio e poi inizia a muoversi.
Il letto oscilla sotto la sua spinta possente ed io posso solo augurarmi che finisca presto.
Riapro gli occhi che avevo chiuso e cerco di guardare di nuovo nello specchio.
Ho la vista appannata ma l’immagine dei nostri corpi, il mio sdraiato ed il suo praticamente inginocchiato dietro di me, è chiarissima anche attraverso il velo delle lacrime.
Ha aumentato il ritmo ed il mio corpo, sdraiato sul lenzuolo, ora viene trascinato avanti ed indietro dalla sua foga.
Ho proprio una piega del lenzuolo sotto di me che mi struscia giusto in mezzo.
Me ne accorgo dopo un po’ e all’inizio fatico a rendermi conto che sto godendo mentre un negro enorme mi sta inculando.
La frase mi viene in mente proprio così, con la brutalità e la volgarità di termini che in genere non uso.
Mi scappa un gemito, spero che lui non l’abbia notato.
‘Visto, che ti piace, te lo dicevo.’
Me ne scappa un altro, più forte e lui mi piazza le mani sui fianchi ed aumenta l’impegno.
è venuto dentro di me, mentre io gridavo come una gatta in calore, ora lo ha sfilato, se ne sta seduto dall’altra parte del letto a riprendere fiato, mentre la vergogna per come ho reagito ed il dolore fisco per il mio didietro sfondato, mi attanagliano.
Mi giro piano, forse è meglio che nasconda le mie chiappe alla sua vista, tante volte volesse rifarlo, perché temo che non potrei sopportare un secondo round.
Mentre mi muovo ho la netta sensazione che qualcosa di bagnato stia uscendo dall’orifizio violato, che sicuramente non si è richiuso perfettamente.
Per la prima volta lo guardo con attenzione: fisicamente è un bellissimo esemplare di maschio, forte, robusto e virile.
A parte il colore della pelle non ho mai avuto un uomo così.
Avuto? Veramente è lui che ha me.
Mi ha presa con la forza e qualcosa è scattato dentro di me, veramente desidero questo?
Ecco, si è accorto che lo sto guardando, mi fa un bel sorriso, scende dal letto, fa il giro e viene verso di me.
Ha iniziato a leccarmi le piccola ferita che mi ha causato con il coltello. La sua lingua scorre più volte su quel sottile solco, da cui ora non esce più sangue.
La cosa mi eccita e lui continua questo gioco, approfittando anche per stuzzicarmi i capezzoli con le dita. Alla fine si sposta in basso, la lingua mi accarezza la pancia, supera di slancio l’ombelico ed arriva al ciuffetto di peli pubici.
Ci gioca un po’ quasi a volerli arrotolare con la lingua mentre io mi sento avvampare, poi scende ancora.
All’inizio ho cercato di allontanarlo, puntando le mani contro il suo petto, ma con scarsi risultati.
Ha la pelle stranamente liscia e fresca, senza peli. Chissà perché avevo sempre pensato che i negri (pardon, i neri) fossero una sorta di scimmioni pelosi, invece lui, almeno sul petto, è completamente glabro.
Il tentativo di allontanarlo dal mio sesso fallisce miseramente, appena la sua lingua entra un un po’ in profondità, infatti, mi sciolgo letteralmente: le mie mani smettono di spingerlo via e le mie cosce, che avevo cercato di tenere unite per rendergli il compito più difficile, si aprono e si distendono.
Inizio a gemere di piacere, mentre lui mi pratica un massaggio favoloso che mi fa quasi dimenticare il dolore dietro.
Alla fine quando non ce la faccio più, perché ha individuato il clitoride e si è messo a stuzzicarlo sempre di più con la punta della lingua, si ferma.
Io accenno una piccola protesta e lui, per tutta risposta, si tira su e, di colpo, me lo ficca dentro.
è venuto quasi subito ed ho potuto anche apprezzare la grande quantità di sperma che mi ha infilato dentro.
Mi viene di fare il confronto con Angelo, il mio ex compagno, che per due anni ha occupato l’altra metà del mio letto.
Sono riuscita a trattenerlo un po’ su di me, giusto il tempo di farmi arrivare all’orgasmo.
è stato comprensivo ed ha continuato a muoversi anche se si capiva che l’impegno ormai era scarso, ed è uscito da me solo quando ha sentito che mi rilassavo. Mi sono appisolata mentre la mia vagina, stropicciata ed allargata dall’arnese gigantesco del mio inaspettato compagno di letto, continuava ad eruttare fiotti di sperma, che si allargavano in una pozza umida.
Mi chiedo se il copri materasso riuscirà a trattenere tutta quella roba.
Accidenti, Flaminia, sei stata violentata due volte di seguito da un negro enorme, non sai come andrà a finire, e ti preoccupi del materasso che potrebbe restare macchiato?
Comunque mi addormento, stanca, confusa, un po’ eccitata ed un po’ spaventata, cercando di non pensare al dolore dietro.

Mi sveglio di nuovo. è notte ma non ho idea di che ora sia.
Il lenzuolo, in mezzo alle mie gambe è bagnato e fatico un po’ a ricordare cosa mi sia accaduto nelle ultime ore, finché non mi giro sul fianco e una fitta, proveniente da dietro, mi ricorda il primo trattamento che mi ha fatto.
Giro la testa e mi accorgo che lui non c’è, è rimasto solo l’avvallamento del materasso.
Magari è andato in bagno, oppure se n’è andato via.
Proprio in quel momento sento un rumore leggero e mi volto a destra.
è lì, in piedi, in mezzo alla stanza, con la bottiglia dell’olio in mano intento a lubrificarsi quella specie di proboscide che tiene tra le gambe.
Nooo! Come in un lampo mi ripassa davanti agli occhi la scena di qualche ora prima e, in un tentativo disperato balzo giù dal letto e corro verso la porta della stanza.
Mi ha presa al volo, con una mano soltanto, visto che l’altra è impegnata a reggere la bottiglia.
Posa la bottiglia sul comodino e mi spinge di nuovo verso il letto.
è attaccato a me, il suo pene enorme mi spinge in mezzo alle natiche, come per farmi capire quello che sta per accadere.
Mi stringe forte con una mano che mi afferra un seno, mentre l’altra cerca di indirizzare il suo arnese nel punto giusto.
Io cerco di muovermi per rendergli difficoltosa la mira, ma lui centra il bersaglio al secondo tentativo.
Il dolore è lo stesso della prima volta, ma per lui ora è molto più facile, perché devo essere rimasta allargata, infatti, una volta appuntatolo leggermente in mezzo alle mie chiappe, mi prende per i fianchi e spinge deciso.
è entrato tutto di un colpo, ora il suo ventre aderisce completamente al mio sedere, mentre lui mi spinge ancora in avanti, costringendomi a piegarmi, fino a farmi arrivare a 90 gradi, con le mani posate sul letto.
Lo specchio del comò mi sta proprio davanti, quindi posso godermi, si fa per dire, tutta la scena.
Il suo corpo muscoloso con il torace nero e appena lucido di sudore che si muove avanti ed indietro, da proprio l’idea della forza virile.
L’espressione del suo viso si fa più intensa, si vede che gode, gli piace da morire incularsi una giovane donna bianca, chissà, magari c’è la rivalsa dello schiavo nei confronti del padrone bianco, oppure, più banalmente, gli piace il mio culetto bianco e rotondo.
Io me ne sto lì, cercando di restare in equilibrio, mentre mi chiedo se prevalga il dolore fisico, inevitabile, o il piacere di farmi dominare da un uomo così possente.
Ad un certo punto si ferma e realizzo che in ogni caso desidero che porti a completamento quello che ha iniziato.
Giro il collo verso di lui.
‘Continua tu’, mi fa ed aggiunge alle parole, una leggera spinta in avanti.
Mi fa dondolare avanti e indietro tre o quattro volte, per farmi capire cosa desideri e allora comincio a muovermi.
All’inizio ho paura di esagerare e che possa sfilarsi completamente, ma è talmente grande e lungo che, nonostante il movimento ampio, mi resta sempre ben piantato dentro.
Insomma ora sono io che lo cerco, come un cavallo selvaggio che, dopo una lunga lotta, è stato sellato e montato, sono completamente assoggettata e cerco di fare i movimenti giusti, per dargli piacere, controllando nello specchio la sua espressione, per capire se sto facendo bene o meno.
Negli ultimi secondi ha ripreso il controllo della situazione, l’ho sentito muoversi in maniera frenetica, si è aggrappato a me e si è svuotato di nuovo.
Sono caduta in ginocchio, con la faccia poggiata contro il materasso, mentre lo sperma tiepido mi colava lungo le cosce.
Dopo qualche minuto mi sono arrampicata sul letto e mi sono sdraiata.
Lui deve essere in cucina, lo sento trafficare con il frigorifero, forse ha fame e sta cercando qualcosa da mangiare.
Quando torna io mi sono appisolata ed apro gli occhi non appena sento il materasso che si flette.
Certo rispetto al mio ex, in quanto a resistenza, non c’è paragone.
Insomma, riapro gli occhi ed è già sopra di me, con il coso dritto, pronto a ricominciare.
Sì, la mia cosina vuole che tu glie lo ficchi dentro, penso, ed allargo le gambe, come per invitarlo ed il mio enorme e scuro compagno di letto non si fa pregare.
Mi prende per le gambe e mi solleva dal materasso, poi si avvicina.
La sorpresa e lo sconcerto si impadroniscono di me, quando guardo in mezzo alle mie cosce e mi rendo conto di come sono combinata.
In mezzo alle gambe, oltre il mio sesso, che di suo è discretamente strapazzato, c’è una specie di cratere arrossato e slabbrato, da cui continua ad uscire roba biancastra.
è solo la visione di un attimo, poi il suo pene enorme entra di nuovo nel mio povero ano.
Ormai non grido più, lo lascio fare, e devo ammettere che mi piace pure: mi è entrato dietro ma lo sento come se fosse davanti, poi lui inizia a toccarmi i capezzoli ed io parto per la tangente.
Sono venuta, gridando e gemendo, mentre lui finiva di sfondarmi dietro e mi sono subito addormentata di colpo.

Mi sveglio di nuovo e questa volta le sensazioni sono diverse.
Flaminia, ma sei impazzita?
Devi venire fuori da questa situazione, è assurda, sbagliata e pericolosa.
Lui è accanto a me, lo sento ronfare leggermente, soddisfatto di quello che ha fatto.
Accidenti a me, mi vergogno, non riesco a capire come possa aver provato piacere a fare cose del genere.
La testa mi ronza ed il dolore dietro si è fatto più fastidioso.
Il lenzuolo, sotto di me è zuppo di sperma ed il mio corpo è impiastrato ed incrostato.
Devo mettere fine a questa situazione, così mi alzo lentamente cercando di non svegliarlo e scopro subito una cosa, quando tento di uscire dalla stanza.
Ho un piede legato. Mentre dormivo, ha fissato un pezzo di spago intorno alla mia caviglia e lo ha legato ad una zampa del letto.
Io avevo già un piano: vado in bagno e prendo la mia vestaglia, poi attraverso l’appartamento, senza far rumore, prendo la mia borsa ed esco.
Nella borsa ho le chiavi per chiuderlo dentro, ed il cellulare per chiamare la polizia.
Piano perfetto, peccato che al massimo posso spostarmi di mezzo metro.
Non ho nulla per tagliare lo spago, le forbici sono in bagno o in cucina, fuori della mia portata, così provo con i denti.
Sono quelle cose che si vedono nei film di avventura, peccato che nella finzione l’attore ci impieghi pochi secondi, nella realtà invece è tutta un’altra faccenda.
Ci ho messo un tempo interminabile a tagliare quello spago che sembrava ridicolo, ma ora posso mettere in pratica il mio piano.
Lo guardo un’ultima volta: accidenti, è proprio un bel maschio.
Il suo torace si muove appena sotto la spinta del respiro, poi lo sguardo mi scivola sulla ‘proboscide’ che riposa mollemente adagiata su una coscia e cambio idea.
Non so perché, non doveva succede, ma è successo.
Insomma mi sono avvicinata a lui e l’ho baciato.
Non lui, ho baciato il suo arnese.
Non ha fatto una piega ed allora ho preso a carezzarlo con la lingua.
Giuro che in genere non sono il tipo di donna che prende iniziative di questo genere.
Lentamente sta prendendo vita e mi chiedo se sia possibile che un uomo mentre dorme possa avere un’erezione, oppure che lui sia sveglio e fa finta di dormire.
Quando lo vedo abbastanza eretto lo prendo tra le labbra ed inizio a succhiarlo.
A questo punto lui si sveglia, o fa finta di?
‘Ehi ‘. ehi, che fai?’
Io raddoppio l’impegno e me lo sento crescere in bocca, poi, prima che possa ricominciare, prendo l’iniziativa e gli salgo sopra.
Allargo bene le gambe, lo prendo con una mano e lo guido dentro di me, davanti naturalmente, perché dietro non ne posso più.
Le mie mani carezzano il suo torace muscoloso mentre salgo e ridiscendo, impalandomi sempre più profondamente.
è stata una notte molto dura, ma almeno voglio finire in bellezza, con un orgasmo pieno e controllato da me.
Se dovessi giudicare con il metro del mio ex, che al massimo riusciva a farlo due volte in una notte, dovrebbe avere le batterie completamente scariche, ma il mio negrone sembra solo un pochino stanco, così, tra il piacere delle mani che toccano il suo torace muscoloso ed ansimante, ed il sentire quel coso enorme che scorre dentro di me l’orgasmo si avvicina rapidamente.
Mi è bastato, al momento giusto, premere con una mano, per far entrare meglio in contatto il mio clitoride con il suo pene, per partire.
Lui ha aspettato paziente che io smettessi di saltellargli sulla pancia e poi mi ha fatta girare.
Oh no, basta!
Ho avuto la presenza di spirito di divincolarmi e di prenderglielo di nuovo in bocca.
Per fortuna è stato comprensivo ed ha accettato il pompino.
Doveva essere quasi pronto, perché sono bastate poche succhiate fatte bene per fargli strabuzzare gli occhi e, a questo punto gli ho dato un paio di strizzatine con le labbra.
Non mi riconosco più, io che non ho mai amato particolarmente i pompini, sono rimasta tranquilla a farmi riempire la bocca di sperma senza minimamente accennare a sputare o a tirarmi indietro.
‘Devo andare, devo andare al lavoro’, mi ha detto mentre cercavo di ripulirmi la faccia con il lenzuolo.
Si è fatto una doccia veloce, si è rivestito e se n’è andato come se non fosse successo nulla.

Ora che sono sola cerco di ragionare: sono stata violentata per tutta la notte da un enorme negro, l’unica cosa è denunciarlo.
Non potrà sfuggire alla legge, le prove sono schiaccianti: impronte digitali, sperma, DNA, in giro per casa e nel mio corpo.
Può dire che ero consenziente? Certo che no, basta vedere come mi ha ridotta, e poi c’è il vestito e la biancheria tagliati con il coltello, le ferite, leggere, ma visibili che mi ha causato.
Chiamo la polizia e chiedo anche un’ambulanza per farmi portare in ospedale.
Ci ho pensato a lungo ma non riesco a decidermi.
Alla fine ho preso il telefono e ‘ ho chiamato l’ufficio, avvertendo che non stavo bene e mi prendevo un paio di giorni.
Poi mi sono fatta una doccia. Ma come, così cancelli le tracce.
Tanto ci sono tutte le altre in casa.
Sono andata in cucina a mangiare perché intanto mi è venuta una fame feroce.
Insomma sono rimasta due giorni in casa senza trovare il coraggio (o la voglia) di chiamare la polizia.
Ho preso di nuovo il telefono.
‘Buona sera, due giorni fa mi avete consegnato un pacco ed il vostro fattorino ha dimenticato un oggetto ‘ un agendina’, butto lì la prima cosa che mi viene.
Insomma mi sono fatta dare il suo cellulare.
Flaminia, devi essere diventata matta, la polizia devi chiamare, non lui.
‘Buona sera, sono ‘ la signora del pacco.’
‘Signora, io consegno tanti pacchi, tutti i giorni, quale signora?’
‘Scusi, ha ragione, due giorni fa …’
‘Ahhh!’, fa lui che forse comincia a capire.
Gli dico l’indirizzo.
‘Ahhh ‘ sì, ora ricordo.’

I fatti che ho raccontato sono accaduti circa sei mesi fa.
Giovanni (si fa chiamare così), ogni tanto passa a trovarmi e si ferma.
Ora non serve che mi tagli addosso i vestiti con il coltello, perché sono io che mi faccio trovare dietro la porta di casa già completamente nuda.
Nuda e pronta a farmi sfondare per tutta la notte.

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