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Il ciuccio e la luna

By 14 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Mio caro è ancora lì?

Spero di annoiarla mentre io sono ancora in quel vicolo stretto che mi chiedo se una tetta di fuori, una tetta soltanto, possa darmi l’esatta ragione di quello che faccio, possa farmi capire cosa vado cercando dentro questo budello di mondo. La ostento al buio come fosse un brillante, come un regalo che ora riciclo alle infinite bocche del mondo.

Un’ombra claudicante s’avvicina. Sorpreso s’arresta di colpo.

‘Signora davvero potrei favorire?’

E’ un uomo calvo dalla faccia sottile, più stretta di qualunque mio seno. Avrà l’età di mio padre ed un desiderio riposto in chissà quale ricordo.

‘La tocchi la prego senza mostrarne stupore, senza farmi rendere conto che sono l’unica donna che mostra i suoi seni in mezzo alla strada. Che anche puttana di strade malfamate ne avrebbe più riserbo confondendosi anonima tra tante altre donne. La prego ne faccia il suo ciuccio. E’ il primo stasera, non abbia timore! Ne apprezzi l’odore come al mercato sceglie meloni, tra i tanti uno solo che abbia sapore. Lo scelga, non sia titubante, ne avvicini la bocca.’

Ha le mani sudate ed il fiato pesante, mi guarda, sorride, toglie il cappello e posa la borsa. Chissà cosa ci porta lì dentro? Carte ammuffite che ora non valgono nulla, foto ingiallite di una moglie già morta che sta per tradire. S’inchina quel tanto per riempirsi la bocca. Ha i capelli radi e due labbra tremanti. Mi tiene stretta ai fianchi come se dovessi scappare, come quando al risveglio si stringono le palpebre per continuare a sognare. M’afferra fino a sfiorarmi il sedere come se non fossi fatta di carne, come se ad un tratto mi spuntassero ali ed un’aureola sopra il cappello.

Lui non sa che sono la luna, che gonfio le patte come ingrosso i cuori, d’innamorati che persi mi chiedono conforto, magia ed incanto per legare gli amori. Lui non sa che offro mammelle per sentirmi la sola, che come luna davvero depongo piaceri.

Incredulo mi guarda come se trasparissi ed attraverso non vedesse che muro. Eppure esisto e le mie tette abbondanti non lasciano dubbi, le mie labbra capienti potrebbero contenere altro che sesso.

‘Non smetta la prego, lasci che il mio seno si sazi e solo decida quando può farne più senza. Non smetta la prego, vada oltre questa carne se è di suo gradimento, perché ovunque lei arrivi non sarà mai abbastanza. Ce la metta tutta, m’illuda comunque che un uomo per strada può apprezzarne il contegno, il tatto, la pelle, la morbidezza che stringe, il desiderio di credere che possa sfamare chiunque, qualsiasi bocca che s’apre, che recita, poesie o bestemmia, che m’ingiuria e mi ama allo stesso momento.’

Perché di null’altro avrei bisogno. Di nulla se non d’essere luna dall’incavo del seno alle falde del mio cappello, da queste labbra che adatto alla forma più giusta, a quelle altre che slargo ed allargo senza stingere rossetto.

‘La prego continui, non abbia il timore d’essere visto. Faccia che le sue mani diventino più maschie, che scompaiano sotto la gonna e ne accarezzino l’odore fine a trovarne l’anima dove l’aggrada. La prego non pensi che sia un semplice buco dove gli altri scaricano voglie. Se davvero lo credesse non sarebbe che carne sopra un bancone ed io una volgare puttana che tutti chiamano luna mentre pensano troia.’

‘Ma la prego continui a ciucciare qui in questo momento, senza chiedermi di andare dentro una stanza d’albergo o pretendere di essere l’unico a spalmarmi saliva. Mi faccia sentire all’altezza del suo sesso che preme ed io saprò essere luna tra l’incavo del seno dove gli uomini depositano sessi, dove riposano quando si sentono soli. Saprò essere grembo e sorella, madre e ventre che coglie e raccoglie ogni pianto e piacere che stasera le passa qui accanto.’

Con le dita incerte m’accarezza la faccia e mi toglie la veletta e mi spartisce i capelli, potrei essere la culla dei suoi pensieri, la governante dei suoi timori che dall’interno nel suo intimo esce liquido a saliva. Sono in piedi appoggiata su una parete di calce, un paio di tacchi mi puntellano a terra, un vestito leggero si muove contrario alla sua voglia decisa.

Vedo passare dei cani in fila indiana che rasentano il muro accodati alle voglie d’una cagna che sobria li porta a spasso da ore, che cagna promette ed impegna le sue tante mammelle. Passa un giovane assorto che non ci degna del minimo sguardo e poi un altro ancora, e poi la preda a forma di bocca che non chiede permesso, scopro l’altra tetta e mi sento in estasi. Lui non ha dubbi, la prende, la stringe e si riempie la bocca.

Eccoli qua i due figli di lupa, i due gemelli che mi succhiano il ventre, due cuccioli di cane attaccati alle tette. Ciucciano e bevono, strizzano e mungono, fanno a gara per popparmi l’ultima goccia di linfa che non sarà amore, essenza di donna dentro seni giganti. Ma ora sono fiera della mia quarta abbondante che dondola spremuta. Vorrei essere quella cagna ed averne altre ancora più piene, rigogliose di grano e abbondanza, di latte intero che zampilla, che sgorga come balia in tempo di guerra. Vorrei davvero essere una cagna per il prossimo passante che incuriosito si ferma.

‘Vi prego signori, appena sazi lasciate il vostro posto, c’è fila dietro ed io non dispongo di altre, né ho due soltanto e non servono a soddisfare tutti quelli che ora desiderano ciucciarle.’

Qualcuno da lontano mi grida troia, qualcuno invidioso che vorrebbe ciucciarle alla luce di luna. Sono io la troia, sono io la luna, il desiderio di ogni uomo che ogni notte sognano e mi disegnano i seni.

Ma questi sono veri e le loro bocche colano di bava a rigagnoli di latte. Sono io la luna che gli uomini di notte sognano con i tacchi a spillo, questi sono veri e bucano foglie, trafiggono solitudini ed infilano promesse.’

‘Vi prego, esprimete un desiderio mentre ciucciate, che davvero si possa avverare ciò che avete di più intimo, qualsiasi segreto che questo seno fertile farà crescere rigoglioso come terra a frumento, come lago a lucci giganti. Stringete le labbra ed affondate le dita, perché quel che ciucciate non sono solo mammelle!’

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