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Racconti Erotici EteroTrio

Regolamento d’Instituto – la mia nuova scuola

By 26 Febbraio 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

 

La mia nuova scuola

 

Ciao, mi presento. Sono Alessandra, ho da poco compiuto 18 anni e tra dieci giorni dovrò frequentare una nuova scuola.

Perché? Beh, a dire la verità mi sono messa nei guai e i miei genitori, in primavera, mi hanno iscritto a questa scuola.

Mi avevano beccato al cinema con una bustina di coca e con un vecchio di 75 anni, che aveva le mani infilate sotto la mia gonna. Sì certo, c’ero andata apposta per raggranellare un po’ di soldi extra, ma la direzione della sala, la polizia e i miei genitori non hanno affatto gradito. Mi hanno detto che se non mi mettevo in riga mi avrebbero lasciata a me stessa. E chi s’è visto s’è visto. Buonanotte suonatori.

Ho accettato il compromesso. Avrei lasciato il liceo per questa nuova scuola.

Quando ho visto il volantino ed il sito internet dell’istituto sono rimasta di sasso. Accidenti ai miei! Sarei rimasta segregata in quella specie di collegio, notte e giorno, senza vacanze, senza poter uscire per cinque anni. Uscirò da lì che avrò 23 anni. Mi sembra una prigione.

Almeno le lezioni che dovrò sopportare non sono molte. Solo sette materie: italiano, matematica, lingua straniera, storia/geografia, informatica, biologia ed educazione fisica. Niente di così complicato, a parte biologia. Chissà, magari sarà una di quelle scuole che ti danno una preparazione per poi poter accedere all’università con una ottima base di partenza. Ma biologia! Io non sono una di quei cervelloni scienziati. Ma che è saltato in mente ai miei?!

Comunque, per il resto è un ottimo collegio. Appartato sulle colline piemontesi, hanno anche la sauna e la piscina (due per l’esattezza: una coperta ed una all’aperto). E c’è la vigilanza. Forse ci vanno i figli dei ricchi.

Non devo neanche preparare i bagagli. Mi danno tutto loro, compreso la biancheria intima. Dovrò indossare la divisa scolastica. Speriamo che non sia della roba alla marinaretta perché sarei proprio ridicola vestita così!

Ho salutato i miei amici, dicendo loro che vado in prigione per cinque anni. Conoscono la mia situazione e mi compatiscono per questo.

Il giorno prima dell’inizio delle lezioni prendo il treno e vado. All’arrivo c’è un minibus ad attendermi, su cui salgono altre due ragazze e cinque ragazzi. Almeno non sono sola in questo supplizio.

L’autista ci fa scendere davanti all’ingresso dell’edificio principale.

– Questo edificio è dove avrete lezione, sul retro c’è l’auditorium e la mensa, là a destra c’è il dormitorio e dietro la piscina. Aspettate qui, tra poco verrà qualcuno a prendervi per portarvi in segreteria.

Infatti, quasi subito, si avvicina una donna, sui 35 anni, incinta. Veste una gonna grigia cortissima e una camicia bianca, che mettono in risalto la sua pancia.

– Benvenuti. Io sono la signorina Diana e sono la vicepreside. Vi accompagnerò io in questa accoglienza. Ora seguitemi, andremo in segreteria a completare l’iscrizione e poi la visita medica. Al termine vi daremo le vostre nuove divise. Intanto, leggete questo con attenzione e firmatelo.

Prendo i fogli che mi porge. “Regolamento d’Istituto”

– È diverso da quello che è pubblicato sul sito internet e lo scoprirete leggendolo. Se lo firmate non potrete tornare indietro – continua la donna.

Leggo l’indice riportato in prima pagina.

 

1. Obblighi e divieti

2. Mensa

3. Prescrizioni

4. Programma scolastico

5. Altre prescrizioni

6. Modalità di svolgimento delle lezioni

7. Lezioni combinate

8. Gravidanze

9. Nei dormitori

10. Giardini, solarium, sauna e piscina

11. Villa estiva

 

Gravidanze?! Ma che c’entra con la scuola?

– Ora seguitemi. Per prima cosa completiamo l’iscrizione e la visita medica. Quando avrete firmato, vi daremo la divisa scolastica e poi andrete all’auditorium, per il discorso di inizio d’anno del preside.

La seguiamo. Uno alla volta ci chiamano al bancone. Nome, cognome, età, residenza. Solo notizie generiche.

Quando abbiamo fatto, la signorina Diana, ci accompagna all’ambulatorio medico.

– Qui ora farete una visita medica completa. Aspettate il vostro turno qui fuori.

Ci sono delle poltroncine comodissime e mi siedo a leggere il regolamento. Finora ho letto solo i primi due punti. Giro il foglio e leggo le prescrizioni. Quando arrivo al punto dell’abbigliamento scolastico, gli occhi mi escono dalle orbite. Anche le mie compagne sono allibite. I maschi sorridono.

I miei genitori non sapevano proprio a cosa mi stavano iscrivendo, altrimenti non avrebbero mai scelto questo istituto. Wow, una scuola così… sarà facile essere promossi!

– Alessandra, tocca a te – mi chiama l’infermiera. – Spogliati completamente, intimo compreso, e metti i vestiti in questa scatola. Metti anche la borsa.

Eseguo. Quando ho finito, l’infermiera sigilla la scatola, mettendoci il mio nome.

– Seguimi.

Entriamo nello studio medico. Il dottore mi invita a sedermi.

– Ora facciamo la tua scheda medica.

Rispondo ad ogni domanda. Anche qui nome, cognome, residenza, ecc. poi… entriamo in ambito medico. Altezza, peso…

– Soffri di qualche malattia genetica o cronica?

– No.

– Malattie infettive?

– Solo varicella da piccola. Non credo che le influenze contino, vero?

– No, infatti. Malattie veneree?

– Nessuna.

– Bene, ora mettiti sul lettino che ti visito.

Mi fa mettere sulla sedia ginecologica.

– Sposta avanti il bacino, prego.

Mi mette l’affare per allargare l’entrata della vagina, accende una lampada e scatta una foto.

– Lo stato di verginità è attestato. Claudia, per favore, segna sulla scheda che la ragazza è vergine e aggiungila alla lista.

Poi prende un bastoncino ed un vetrino e mi preleva della roba dalla vagina.

– Fatto, dottore.

– Quale lista?

– Non hai ancora letto il regolamento?

– Non ho ancora finito, sono arrivata alla “Modalità di svolgimento delle lezioni”.

– Allora non ti anticipo nulla. Devi renderti conto da sola cosa significa restare in questo istituto.

Mi toglie il coso. – Ora ti faccio delle ecografie.

Mi cosparge la pancia di gel e inizia a fare delle misurazioni.

– Utero nella norma, ovaio destro regolare, ovaio sinistro in fase di espulsione follicolare. Segna sulla cartella e sulla lista che tra due giorni è in ovulazione. Non si evidenziano problemi all’apparato riproduttivo. Reni nella norma. Bene. Puoi farle i prelievi di sangue.

L’infermiera mi mette il laccio e mi preleva quattro provette di sangue.

– Col sangue che ti abbiamo preso, faremo dei test per vedere se hai malattie infettive in corso e quali anticorpi già possiedi. In particolare cercheremo gli anticorpi della rosolia, del morbillo, della toxoplasmosi e della mononucleosi. Poi i test sulle malattie infettive e veneree. Se risulterà che sei HIV positiva, verrai mandata via immediatamente. Il tuo nome resterà nella nostra anagrafica e non potrai mai ritornarci. Se invece risulterà che ci sono infezioni in corso, verrai curata e solo quando non sarai più contagiosa potrai partecipare alle lezioni. Hai domande da pormi?

– Sì, una. Perché il DNA?

– Per stabilire il corredo genetico dei tuoi bambini. Se sei portatore sano di una malattia genetica, lo dobbiamo sapere. Se anche un maschio è un portatore sano della stessa malattia, non possiamo farti accoppiare con lui perché ci sarà una possibilità su quattro che il bambino sia malato. Per quanto riguarda i maschi, invece, è anche per stabilire la paternità. Puoi andare ora. Claudia? spiegale il resto.

– Sì dottore. Seguimi, Alessandra.

Mi accompagna in una saletta diversa. Ci sono una dozzina di ragazze, tutte nude come me.

– Bene, quindici ragazze. Ci siete tutte. Allora, finite di leggere il regolamento e se accettate, firmate. Quando avrete fatto, consegnatelo alla segretaria, qui fuori. Poi lei vi darà i vostri nuovi vestiti – e se ne va.

Le ragazze bisbigliano a gruppetti. Sembra che non sappiano cosa fare.

Da quel poco che ho letto, io ci sto. Ma dove la trovi una scuola che ti insegna a scopare? Certo, il fatto che devi farlo con tutti…

La più coraggiosa alza la voce.

– Voi cosa fate? Accettate?

Rispondo io. – Io a casa non ci torno di sicuro. E andarmene per i fatti miei… non so. Qui c’è tutto quello che vuoi. Un tetto, ragazzi con cui scopare, la piscina poi. Me ne infischio di tutto il resto. Io firmo.

E così, davanti a tutte quante firmo il documento. Poi esco dalla porta e lo consegno alla segretaria. Anche lei è incinta. Mi chiede la taglia.

– Una quarta per il reggiseno e una terza per gli slip. Scarpe 38.

Lo scrive su un cartoncino, assieme al mio nome, che mi dà con una cesta con dentro un completo color malva, un nastro di seta in tinta, calze autoreggenti color naturale e scarpe nere. C’è anche una confezione con un rossetto rosa, profumo, creme idratanti varie, crema antiodorante, una spazzola, uno spazzolino da denti, dentifricio, filo interdentale e accessori per la manicure.

– Altre scarpe le troverai domani nella tua camera. Non indossarli subito. Devi andare là dentro a depilarti. Quando avrai finito, ti vesti e vai nell’auditorium, da quella parte.

– Ok.

– Ah una cosa. Quando ti rivolgi alle professoresse ed alle donne dipendenti della scuola, le devi chiamare miss. Ora vai.

– Sì, miss.

L’estetista fa uno splendido lavoro. Depilazione intima totale. Via anche i peli dalle braccia e delle ascelle.

Quando ha finito, mi da l’olio e mi fa fare una doccia per togliermi i residui della ceretta. Poi mi vesto.

Mi infilo le calze, gli slip, il reggiseno ed il babydoll. Mi lego i capelli alla nuca con il nastro. Per ultimo metto le scarpe. Mi specchio. Wow, non mi ero mai vista così seducente. Mi metto il rossetto e due gocce di profumo. Prendo la mia cesta ed esco.

Nell’auditorium ci sono già parecchie altre persone. Saranno un centinaio. E moltissime delle donne sono in evidente stato di gravidanza.

Ritrovo la vicepreside.

– Buongiorno miss.

– Buongiorno anche a te. Vedo che ti hanno già spiegato come rivolgerti alle persone.

– Sì, miss. Posso chiederle come mi devo rivolgere agli uomini?

– Li devi chiamare signore. Chiamarli mister fa troppo allenatore di una squadra di calcio.

– Ha ragione miss.

– Bene, tu sei una novizia, quindi sei in prima fila a destra. Accomodati.

– Grazie miss.

Dopo una mezz’oretta, la sala è piena. Tutte le ragazze che avevo visto dopo il dottore ci sono tutte.

Poi il preside, sui 45-50, si alza e richiama l’attenzione.

– Buongiorno a tutti voi novizi e novizie. Io sono il professor Giovanni de’ Cristoforis. Sono il preside ed il proprietario di questa scuola. Se siete qui, significa che avete tutti accettato le condizioni del regolamento. Vi do il mio personale benvenuto e spero che possiate divertirvi, come si sono divertiti schiere di vostri predecessori. Questa scuola esiste da trecentosettantacinque anni. Ha preparato molteplici donne nell’arte dell’intrattenimento e sono fiero di comunicarvi che centodiciassette di voi sono state le concubine di re in tutta Europa. Tra gli uomini più illustri usciti da questo istituto c’è il famoso Casanova. Uno, nel 1852, è diventato eunuco, ahimè, a guardia dell’harem imperiale turco. E ottantacinque, tra uomini e donne, sono diventati pornostar famosi. I dettagli delle lezioni, vi verranno spiegati dai singoli professori. Miss Diana ora vi accompagnerà alle vostre stanze e verrete accoppiati. I novizi restano, gli altri possono andare.

– Bene novizi, andiamo. Una fila di maschi e una fila di femmine dietro di me.

Ci porta ai dormitori, indicandoci nel frattempo gli altri locali.

Siamo al terzo piano.

– Queste saranno le vostre stanze. Avete tutti letto il regolamento, quindi sapete cosa potete e non potete fare. Le femmine saranno sempre fisse nelle stanze, mentre saranno i maschi a cambiare camera ogni settimana. Il cartoncino lo dovete mettere nello schedario appeso alla pediera del letto. Bene, ora l’appello.

Chiama i nomi e fa le coppie. Io sto con un certo Massimo, camera tre.

– Potete sistemarvi e avete il pomeriggio libero. Raccomando alle ragazze vergini di restare tali fino al rito di deflorazione. Fate conoscenza tra di voi. Siete attesi per le 19.30 a mensa. Non tardate.

Mi avvio verso la mia camera e il mio compagno mi segue.

– Ciao – mi dice mentre sto sistemando le mie poche cose. – Cosa hai fatto tu per finire qua?

– Ciao. È colpa dei miei. Mi hanno beccato con una bustina di coca e con le mutande abbassate in un cinema con un vecchio. O questo o mi cacciavano di casa. Solo che nessuno sapeva cosa è esattamente questo istituto. E tu?

– Mi hanno sorpreso con il pisello nella fica della mia cugina. Se non venivo qua mi mettevano in galera.

– A quanto pare storie più o meno simili – dico io. – Cosa vuoi fare ora? Manca ancora più di un’ora alla cena.

– Che ne dici se ce ne andiamo a zonzo per il parco?

– Va bene. Sempre meglio che stare qua dentro.

Usciamo dalla stanza.

– Lo sai vero che sei arrapante vestita così?

– Certo! Lo hanno fatto apposta. Non hai letto il regolamento?

– Da cima a fondo! Di dove sei tu? Io sono di Milano, provincia. Corsico.

– Io invece arrivo dalla provincia di Lecco. Galbiate. Siamo vicini di casa.

Passeggiamo per il parco, prendendo confidenza uno con l’altro. Devo dire che è bello parlare con lui. Comincio ad essere a mio agio. E anche lui parla a ruota libera.

Alla cena, ci presentiamo puntuali. I tavoli sono da sei posti e i professori in un’unica tavolata rialzata in fondo alla sala. Anche i posti a sedere sono assegnati. C’è un self-service, ma tra i tavoli circolano anche dei camerieri.

Siamo in tanti, ma non c’è chiasso. Tutti parlano sottovoce.

Al termine della cena, la vicepreside si alza e prende la parola.

– Domani sarà il primo giorno di scuola. Davanti a voi trovate le tabelle con gli orari, le vostre assegnazioni e i relativi professori. Domani verrà comunicato il calendario dei riti di deflorazione. In totale sono quattordici e ogni giorno ne faremo due. Cominciate a scegliere il vostro partner. Lucia 4B, Ombretta 5A, Carlotta 2C, voi e i vostri compagni siete attese per le 22.00 nella suite del preside.

Le tre ragazze si alzano – Sì, miss – rispondono in coro. Una di loro è incinta, molto incinta.

– Potete andare. Siete liberi. La sveglia è fissata per le 7.00.

Tutti si alzano ed escono.

– E ora? Cosa facciamo?

– Boh, seguiamo gli altri e vediamo che succede.

Quasi tutti si dirigono ai dormitori, qualcuno va verso la piscina. Ci fermiamo nella sala ricreazione. Qualcuno mette un film. Ci sediamo sui divanetti a guardare. A quanto pare è un rito di deflorazione. Me lo guardo tutto perché voglio proprio vedere cosa mi succederà.

Sono eccitata dall’inizio alla fine del filmato. Quaranta minuti di scopate. Si vede che è un professionista quello che ha filmato. Anche Massimo, seduto accanto a me, è eccitato e gli spunta il cazzo dallo spacco dei boxer. Senza rendermene conto inizio a segarlo lentamente.

Poi un ragazzo si alza e cambia DVD. Questa volta è un film. “Appuntamento sotto le sue tette”. Deve essere per forza un porno. Il logo, subito dopo il titolo, appartiene alla scuola. A quanto pare è stato prodotto da alcuni studenti, come saggio di fine anno. Poco prima delle dieci, le tre ragazze convocate, si alzano e se ne vanno, seguite dai compagni. Anche io e Massimo, finito il film, ce ne andiamo.

– Che te ne è parso il film? – chiedo, tanto per fare conversazione.

– Piuttosto insulso, senza capo né coda. Chissà se li hanno promossi…

– Ho bisogno di fare una doccia. Tu che fai?

– Secondo il regolamento devo venire con te. E non voglio farmi cacciare…

Ci laviamo a vicenda, lui insistendo sulla mia fica ed io continuando la sega che avevo iniziato. Ci asciughiamo e ci infiliamo a letto.

– Lo sai vero che dovremmo scopare, io e te?

– Già, ma io sono vergine e secondo il regolamento possiamo fare solo sesso orale.

– E allora facciamo solo orale. Iniziamo con un 69.

Massimo si sposta al centro del letto ed io mi metto sopra di lui. Si vede benissimo che è già eccitato perché appena metto la lingua sull’asta, il cazzo si scappella da solo.

Mi do da fare con la lingua, fino a quando viene nella mia bocca. E stando al regolamento devo ingoiare il suo seme.

Massimo ci sa fare veramente. Sento la sua lingua percorrere tutta la fica. Mi sento esplodere solo al pensiero che questa sarà la mia vita per i prossimi cinque anni.

Anche io vengo poco dopo di lui. Non male come inizio…

Poi ci mettiamo a dormire. Non fare ancora sesso, ma dormire sul serio.

Quando mi sveglio la mattina dopo, mi accorgo che sto dormendo tra le braccia a Massimo. Ho la testa posata sul suo torace e lui mi stringe teneramente a sé.

– Buongiorno bellezza! – dandomi un tenero bacio sulla fronte.

– Buongiorno anche a te. Che ore sono?

– 6.30. Tra mezz’ora suona la campanella. Che vuoi fare? Una corsa o una sveltina?

– E se facessimo entrambe le cose?

– Volentieri, ma c’è sempre quel problemino…

– Uffa! Speriamo che ‘sto benedetto rito me lo facciano presto. Visto che posso, voglio scopare! Senti, visto che non conosco ancora nessuno, ti piacerebbe se scegliessi te per il rito?

– Davvero? Me? Credi che possa esserne all’altezza?

– Beh, insomma… Mi devi solo sverginare, dopotutto! Non pensare che lo farai di fronte a tutti quanti.

– Grazie, eh. – mi risponde sconsolato. – Non vorrei fare una figuraccia. Metti che mi si smolla a metà del rito? Che figuraccia!

Intanto che parliamo, mi vesto. Ieri sera ho trovato sul letto il nuovo coordinato da indossare oggi. Quello di oggi è rosa.

– Wow… di bene in meglio – esclama Massimo. – Questo ti sta una favola. Posso legarteli io i capelli?

– Certo – e gli porgo il nastro.

Mi lega il nastro alla nuca, dopo averlo intrecciato coi capelli per un breve tratto.

– Ecco fatto. Così li portava mia cugina, quella che…

Non finisce la frase, ma ho capito di chi parla. La cugina colto col cazzo nella fica.

Mi metto il rossetto ed il profumo, poi usciamo dalla camera e ci rechiamo in mensa per la colazione e poi nell’aula assegnataci. Sono nella classe 1C. La prima ora abbiamo italiano con una certa miss Luciana. Si presenta puntuale. Sta indossando un coordinato nero.

– Buongiorno. Durante questo quadrimestre farete letture di classici italiani. Questi sono i libri. Ne prenderete uno a coppia. Prima però devo fare l’appello.

Ci chiama uno alla volta, ma siamo solo in dieci e fa in fretta.

– Signorina Alessandra, lei nel pomeriggio verrà sottoposta al rito di deflorazione, per cui, alle 14 deve presentarsi presso l’ambulatorio medico. Ha già scelto il partner?

– Sì, ho scelto lui – indicando il mio compagno.

– Bene. I docenti assegnati a lei sono il sig. Marino, il sig. Carlo ed il sig. Ambrogio. Il rito avrà inizio alle 14.30 presso l’auditorium.

Poi rivolta al mio compagno.

– Lei dovrà presentarsi alle 14.15 direttamente all’auditorium. Il sig. Giuseppe le spiegherà i dettagli.

– Sì miss – rispondiamo insieme.

Bene, meno male. Non volevo aspettare troppo.

Poi inizia la lezione. Il programma è banale. Si vede che le lezioni sono solo una facciata. L’ora dopo è inglese e si fa soprattutto conversazione. La prof., miss Doriana, è incinta al 5° mese e le spunta una deliziosa pancetta tonda dal coordinato rosso.

L’ora dopo è matematica. L’insegnante è un uomo: il sig. Marino. Sarà lui il primo degli insegnanti che interverranno al mio rito. È sui 40, brizzolato, affascinante, anche solo coi boxer addosso. Ed ha un pacco niente male. In questo momento è eccitato ed il cazzo, già completamente scoperto, gli spunta dallo spacco. Comunque fa finta di niente.

– Il programma che seguiremo quest’anno, prevede il ripasso dell’aritmetica di base e la geometria piana. Vedrete non sarà difficile superare la mia materia anche se avete delle difficoltà.

Al termine della lezione andiamo a mensa per il pranzo.

Alle 14.00 mi presento presso l’ambulatorio medico.

– Nome? – mi chiede l’infermiera.

– Alessandra, sono qui perché tra poco ho il rito di deflorazione.

Guarda la cartellina che ha in mano.

– Ah sì. Giusto, sei la prima. Entra. Spogliati e poi mettiti sulla poltrona ginecologica. Tra un attimo arriva il dottore.

– Sì, miss.

Entro nell’ambulatorio e mi spoglio, appoggiando il coordinato che indosso sulla sedia.

Quasi subito arriva il dottore e mi invita a mettermi sulla poltrona. Mi fa una breve visita per accertarsi che sono ancora vergine.

– Bene, sei ancora vergine. Claudia… passami le fibre ottiche.

L’infermiera gli passa dei cavi con uno spinotto, come quelli che si usano per i computer.

– Ora ti incollo addosso questa microcamera. Non devi assolutamente toccarla fino a quando sarà fissata. Claudia, connetti i terminali così vediamo di posizionarla correttamente.

Prende un tubetto di colla chirurgica e mi fissa la microcamera nella piega dell’inguine tra la coscia e l’addome.

– Adesso devi stare immobile per dieci minuti. Non muovere la gamba. Una volta seccata la colla resiste per due ore e la puoi togliere con un po’ di alcool. Non preoccuparti, ci penserà Claudia a togliertela quando avrai concluso. Quando poi ti rivesti, fai attenzione a non tirare troppo il cavo. È molto sensibile.

– Sì, dottore.

Dopo dieci minuti controlla che la colla abbia fatto il suo dovere.

– Bene, è incollata. Puoi vestirti e andare nell’auditorium.

Pochi minuti dopo mi ritrovo assieme a Massimo dietro le quinte. Sono emozionata e mi tremano le mani. Non per il fatto che tra poco sarò sverginata, ma che dovrò farlo davanti ad altri.

– Come ti senti? – gli chiedo.

– Me la sto facendo sotto… Non avrei mai creduto una cosa simile. Sono emozionato come una ragazzina al primo bacio.

– Anche io. Una volta ho letto che devi pensare agli spettatori come fossero dei pupazzi o qualcosa di simile.

– Credi che aiuti veramente?

– Vedremo. Quanto tempo manca?

Si avvicina l’operatore.

– È l’ora. Dovete salire sul palco. E fate attenzione ai cavi. Appena su, innesto i cavi e poi sarete soli. Non vi accorgerete neanche di me. State tranquilli. Un respiro profondo e andate subito.

Quando saliamo, mi accorgo immediatamente che non si vede niente oltre il palco. Mi calmo un pochino pensando che dall’altra parte non c’è nessuno.

L’operatore innesta i cavi e poi se ne va.

Ora siamo soli sul palco e sono emozionata come una ragazzetta. Mi avvicino di più a Massimo. Allungo una mano verso il suo volto. Ci baciamo, poi tutto diventa più spontaneo e naturale.

Gli infilo una mano nei boxer e comincio a segarlo. Per contro, lui mi bacia il collo, togliendomi il négligé. Io gli sfilo i boxer inginocchiandomi, prendendogli in bocca il cazzo. Il pompino che gli faccio lo sta facendo godere. Lo sento molto rigido nella mia bocca e allora mi alzo. Lui mi toglie il reggiseno e gli slip, facendo attenzione a non tirare i cavi. Non so cosa stia vedendo il sig. Giuseppe dalla sua postazione, ma sarà senz’altro un primo piano da restarci secchi.

Massimo mi fa sdraiare su un largo tavolaccio. Mi solleva le gambe oltre le sue spalle e inizia un lento lavorio di bocca che mi fa quasi venire. È parecchio bravo. Poi mi tira il bacino proprio sul bordo, punta la cappella all’entrata della fica e spinge. Lento e inesorabile, spinge fino a quando arriva alla barriera dell’imene. Con una spinta più forte, entra tutto.

Io ho perso i contatti con la realtà già da un po’, perché sto godendo come una cagna in calore. Non faccio che ansimare e gridare: “sì, più forte”, “spingi”, “chiavami”, “entra tutto in me”. Il suo cazzo si fa strada dentro di me sempre più veloce. Esce rapido e mi spinge più indietro sul tavolaccio, poi mi monta sopra, piego le ginocchia e lui rientra a completare il lavoro.

Sento perfettamente il suo cazzo baciarmi l’utero ad ogni spinta, fino a quando mi crolla addosso e sborra. Sembra abbia aperto un rubinetto. Una quantità immensa, tanto che tracima dalla mia fica. Con gli ultimi spasmi del godimento avverto che si sta muovendo molto piano ancora dentro di me. Poi lo sento sgonfiarsi ed esce.

Stiamo ansimando pesantemente entrambi. Lo trattengo ancora un attimo prima che se ne vada. Lo attiro verso la mia bocca e lo bacio, poi lo lascio andare.

Io resto ferma dove sono. Sale un uomo che non ho ancora conosciuto, mi infila la sonda a fibre ottiche nella vagina. Dalla sua postazione, il sig. Giuseppe annuisce e l’altro annuncia.

– Udite, udite, la vergine è stata sverginata! Sia dato merito all’uomo che ha compiuto il suo dovere di maschio e che ha preso possesso di questa donna! Avanti il prossimo!

Ora tocca ai professori.

Il primo è il signor Marino, il mio prof di matematica. Ha già il cazzo in tiro, completamente scappellato. È lungo e largo, ora che lo vedo senza i boxer addosso. Sarà oltre 20 cm a guardarlo così, perché supera l’ombelico.

– Allora, troietta, sei pronta per questo arnese?

Annuisco.

– Bene, perché non avrò pietà. Ti sventrerò e chissà… magari ti piacerà!

Mi tira sul bordo del tavolaccio mentre mi penetra. Sento la fica che fatica ad adeguarsi all’intruso, ma già solo questo mi fa venire.

Quando inizia a martellare sul serio, sento un po’ di dolore, poi più niente, solo godimento.

La bestia dentro di me vuole la sua parte, sento le pareti della vagina in fiamme che stringono attorno a quel poderoso cazzo. Un dolore più forte mi fa urlare dal male. Mi ha aperto la cervice e mi sta entrando direttamente nell’utero.

Il professore si piega verso di me, mi prende in bocca un capezzolo e succhia. Succhia forte mentre mi sborra dentro direttamente nell’utero. Resta lì qualche minuto, poi se ne va.

Sale l’altro professore. Ho dimenticato come si chiama. Anche lui ha il cazzo in tiro, di dimensioni più contenute, e senza indugi mi penetra. Sarà che ho la fica insensibile dopo quanto fatto dal signor Marino, che non lo sento neanche sborrare dentro di me.

Quando sale l’ultimo professore, sono squassata dal godimento e ho la fica indolenzita.

Anche lui ce l’ha lungo, forse più del signor Marino, ma è più stretto. Anche lui mi sborra dentro l’utero.

Quando ha finito, mi infila due tamponi e mi aiuta a scendere dal palco.

Dietro le quinte ritrovo Massimo, che mi abbraccia.

– Sei stata fantastica!!! Ho visto tutto dai monitor. Dei primi piani stupefacenti! Per fortuna che c’era questa donna, perché mi hai fatto venire ancora!

Mentre l’infermiera mi toglie i cavi, arriva anche il dottore che mi da una busta di ghiaccio.

– Mettila tra le gambe. Ti sentirai meglio. Hai avuto la sfortuna di avere i due XXXL della scuola. – Poi rivolto a Massimo – Accompagnala in camera e mettila a letto. Che non si muova fino a domattina e prima che inizino le lezioni portala da me.

– Sì dottore, va bene.

– Forse ti servirà altro ghiaccio.

Ci avviamo lentamente perché faccio fatica a camminare.

– Sono curiosa. Se i professori sono 3XL, tu cosa sei?

– Io? 2XL. Siamo classificati così. Fino a 13 cm S, da 13 a 15 M, da 15 a 17 L, da 17 a 19XL, da 19 a 21 2XL, oltre i 21 cm 3XL. La larghezza conta in parte. Fino a 4 cm rientri nelle taglie citate, se lo superi vai nella taglia successiva. Per quanto riguarda la conta e la motilità degli spermatozoi vengono conteggiati da 1 su 5 fino a 5 su 5, ma non ho ancora il mio esito. Ci vuole ancora qualche giorno. E tu? avete qualche classificazione?

– Non che io sappia. Il medico non mi ha detto niente. Penso che noi femmine riguardi la capacità di procreare. E quello non lo puoi sapere fino a quando non ti capita. Non so se te lo hanno detto, ma ieri, quando mi hanno visitata, il dottore ha detto che sono in ovulazione.

– Quindi, uno di noi quattro potrebbe ingravidarti di già?

– Probabile.

– Wow. Incinta alla prima botta. Che sfortuna!

– Che fortuna, casomai. Non hai letto tra le righe del regolamento, dove si invita a dare in adozione i neonati?

– Sì, perché?

– E non hai letto che le famiglie affidatarie devono rimborsare l’istituto per le spese sostenute?

– Beh, sì. E allora?

– Secondo te, le donne incinte che spese possono fare, chiuse qui dentro?

Ci pensa su un po’.

– Ora che mi ci fai pensare, a parte le visite mediche, nessuna.

– Esatto! Ci sei arrivato? Qui vendono i neonati alle famiglie abbienti che non possono avere figli. Ci scommetto che i certificati di nascita saranno falsificati. Metteranno i nomi della coppia a cui daranno i bambini. A me non importa perché i figli non li tengo. Ma è una cosa parecchio illegale.

Siamo arrivati in camera e Massimo mi aiuta a sdraiarmi.

– Oh, cavolo! Ho lasciato i miei vestiti nell’auditorium!

– Non importa, tanto non potresti metterli e qui ci sono quelli puliti.

Me ne mostra uno azzurro.

– Wow. Sempre più belli! Guarda che meraviglia!

Parlando e chiacchierando va a finire che mi addormento e salto la cena.

La mattina dopo riesco a camminare normalmente. Massimo mi accompagna dal medico. Mi visita e mi fa una ecografia.

– Non vedo lacerazioni. Tutto a posto. E per tua informazione hai l’utero che è ancora pieno di sperma. Completamente pieno. I maschi hanno fatto un buon lavoro con te.

– C’è molto sperma nelle tube?

– Con l’eco non si vede fino a questo punto. Dovrei inserirti una sonda, ma preferisco evitare. Potrei danneggiare l’ovulo. Non preoccuparti, tra due settimane saprai se sei incinta. Ora vai e fa entrare il tuo compagno.

Esco ed entra Massimo, ma esce quasi subito. Ha il volto stranito.

– Ehi, che ti succede?

– Mi ha dato i risultati del mio seme.

E sta zitto.

– Beh, e allora? – lo incalzo.

– È oltre il misurabile. Mi ha dato 7 su 5. È un seme perfetto sotto ogni punto di vista. Mi ha detto che ogni scopata sarà un figlio se fatto nel momento giusto. Ha detto che manderanno regolarmente il mio sperma ad una banca del seme svizzera. Lo useranno per la fecondazione artificiale parecchie volte in questi cinque anni. Ogni mese manderanno dalle 15 alle 18 dosi di seme congelato.

– Meno male che sei qui e non là fuori, allora.

– Già! E se ho messo incinta mia cugina?

– Non lo avresti già saputo?

– Non necessariamente.

– Magari tua zia l’ha fatta abortire. Oppure non era il periodo fertile.

– E tu, invece?

– Io? Io ho l’utero traboccante di sperma e tra due settimane saprò se sono incinta.

– Tu cosa preferiresti?

– Mi vorrei solo divertire e non mi importa. Non hai visto l’altra sera la ragazza chiamata dal preside? Era parecchio incinta e l’ha scelta comunque.

– Sarà il caso di andare in classe. Anche se il medico ci ha rilasciato una dispensa, si sta facendo tardi.

Quando arriviamo in classe, Massimo consegna il biglietto alla prof. e ci sediamo. Siamo in ritardo di mezz’ora, ma fa nulla. Un ragazzo sta leggendo ad alta voce un brano che poi commenta.

 

Per tutto il resto della settimana ci sono i riti di deflorazione e visto che non c’è obbligo di assistere ce ne andiamo in piscina. Secondo il regolamento dobbiamo essere nudi, per cui lasciamo gli indumenti nello spogliatoio. Andiamo presso la piscina esterna perché fa ancora caldo. Ci mettiamo sui lettini e mi guardo attorno. Ci sono altre coppie presenti e sono tutti più grandi di noi. Vedo anche qualche professore.

Sono quasi sul punto di appisolarmi, quando si avvicina il signor Marino, il prof. di matematica.

– Buongiorno signorina. Volevo solo farle sapere che lei è stata una grande scopata e che me la sono goduta un sacco. È un peccato che non l’abbia sverginata io, ma comunque… non vedo l’ora di ripetere. Sono a sua disposizione quando vuole e non è detto che la chiami alla cattedra, uno di questi giorni…

Detto questo se ne va.

Mentre mi parlava, l’ho osservato bene. Anche a riposo ha un cazzo di tutto rispetto. Non mi meraviglio che abbia avuto tutti quei postumi. Sono sicura, tuttavia, che col tempo riuscirò a prendermi tutto il suo cazzo senza farmi male. Magari, per cominciare, potrei prenderlo nel culo. Lungo com’è mi farebbe meno male. Forse.

Si avvicina subito un’altra coppia. Parla lei.

– Novizi, vero?

Annuisco. – E voi?

– Terzo anno. Non è male qui e vorrei tanto rimanere per sempre. Ho assistito al tuo rito. È una sfortuna che ti sia capitato quello – indicando col pollice il professore che se ne era appena andato. – Gode un casino a tormentare le nuove arrivate. C’è voluto tutto il primo anno prima che mi lasciasse in pace. Fortuna che non ho avuto nessun figlio da lui!

– Perché, quanti ne hai già avuti?

– Ora sono alla mia quarta gravidanza. Sono solo al terzo mese – toccandosi la pancia. – Ho avuto due femmine ed un maschio. Ho tenuto con me una bambina, perché è la figlia del mio ragazzo. Quando usciremo da qui ci sposeremo. Gli altri li ho dati in adozione. Il maschio l’hanno adottato una coppia di Genova e l’altra è finita a Sassari. Ho conosciuto le famiglie. Sembrano brave persone.

– Ma come funziona esattamente?

– È come dice il regolamento. Se vuoi, lo tieni. Resta qui per sei mesi e poi devono prenderlo o i tuoi o i genitori del padre. E li devi allattare al seno, sempre.

– E se non ho latte?

– Non avrai questo problema. Durante il parto ti danno un farmaco che te lo fa venire in abbondanza. Sembrerai una mucca. Avrai le tette sempre piene. Per quanto il bimbo mangi ne avrai sempre troppo. Lo fanno per risparmiare sul latte in polvere e anche perché ci sono parecchi uomini che adorano farsi allattare. Primo fra tutti il preside. Quando una partorisce la chiama sempre tutte le notti per mesi, proprio per questo.

– C’è qualcuno da cui stare in guardia?

– No, puoi stare tranquilla sotto questo punto di vista. Se uno si permette di fare qualcosa di non permesso, viene allontanato subito. Non guardano in faccia nessuno. Appena uno sgarra non lo vedi più.

– Oh, meno male. E il resto?

– Quale resto? La scuola? È solo per tenerci occupati. Non devi per forza studiare. Le vere lezioni sono quelle del pomeriggio. Biologia, informatica ed educazione fisica sono sinonimo che ti insegnano come scopare e come fare film porno. Sia come attore che come regista. L’hai sentito, no, il discorso di benvenuto. La scuola appartiene da secoli alla famiglia De’ Cristoforis e loro erano famosi per preparare le cortigiane. Ne hanno spedite dappertutto. C’è una galleria, sopra l’auditorium, coi ritratti delle studentesse diventate famose. È solo da sessant’anni che ci sono anche i maschi. Prima era una scuola femminile e gli unici maschi erano professori, domestici e stallieri. I bambini nati li davano all’orfanotrofio. Ne era sempre pieno. Una volta cresciuti i bambini li davano alle fabbriche o ai minatori, come forza lavoro. Le femmine restavano qui e diventavano nuove alunne. E novizie a dieci anni.

– Dieci anni? Così giovani? Erano bambine!

– Erano altri tempi, ragazza! Si sposavano a 14-15 anni fino ad un secolo fa.

– Oh, non ci pensavo.

– Comunque crescendo chiuse qua dentro erano ignoranti della vita. Quando uscivano di qui, se erano belle finivano presso qualche nobile, se erano brutte le vendevano ai bordelli.

– Come sai queste cose?

– Le spiegheranno a storia il prossimo quadrimestre. “La storia della scuola”.

– Wow, interessante.

– Com’è essere incinta?

– È la cosa più bella che ti possa capitare. Sentire la vita dentro di te… Non ci sono parole che te lo possano spiegare. Lo devi vivere, per capirlo. Ti auguro che possa capitarti presto.

– Forse lo sono già. Ero in ovulazione durante il rito. Lo saprò con certezza tra qualche giorno.

– Allora ti faccio le mie congratulazioni.

– Grazie.

– Ora ti lascio. Vedo che il tuo compagno ha voglia di scoparti. Oppure vuoi fare una cosa a quattro?

– Non ho mai scopato con una incinta – dice Massimo.

– Non è poi così diverso, ma le cose cambiano a partire dal settimo mese. La pancia diventa grossa e non posso stare sotto. Ti va uno scambio?

Io e Massimo ci guardiamo e annuisco. Mi prenderò il suo compagno.

Lui ha esperienza e mi fa venire un sacco di volte prima di chiavarmi, riempiendomi di sperma.

Quando hanno finito se ne vanno.

– Allora com’è andata? – gli chiedo.

– Ho molto da imparare, a quanto pare. Non andrò con quelle più grandi fino a quando non saprò cosa fare! – mi dice mogio.

Sorrido. Ho compreso il suo punto di vista.

– Io non ho richieste particolari e sono qui per consolarti.

Si alza dal lettino e mi si sdraia sopra. Con pochi strusciamenti gli si rizza subito. Mi penetra lento.

– Voglio godermi la tua fica. Te l’ho già detto che mi piace molto?

Subito esce da me, si mette seduto a terra e inizia a leccarmi.

– Un sacco di volte! Scherzi a parte. Se tu mi avessi messo incinta, lo vorresti tenere il bambino?

Si rialza. È in piedi di fronte a me e glielo prendo in bocca.

– No, i miei non lo possono tenere. Mi piacerebbe molto tenerlo. Pensaci bene però. Crescerebbe per quattro anni senza di noi. È meglio farlo adottare.

Mi stacco prima di farlo venire. Si sdraia ancora e inizia a scoparmi. Poi sento distintamente tre schizzi dentro la fica. Resta fermo qualche minuto a riprendere fiato e poi esce.

Intanto penso a quello che mi ha detto. È vero, ha ragione. Il bambino crescerebbe senza conoscere i genitori. Non è giusto. Li farò adottare tutti. Perlomeno, io non li terrò.

– Guarda! – sussurra Massimo indicando un gruppetto di maschi attorno ad una ragazza. – A quanto pare abbiamo dato il via ad una orgia.

Ce ne sono quattro, di uomini, che la stanno chiavando. E, dalle urla della ragazza, sta proprio godendo. I maschi fanno a turno a scoparla, smanettandosi nell’attesa. Ora si sono aggiunti anche tre dei professori presenti. Uno dei prof. si sdraia sotto la ragazza, inculandola, mentre gli altri continuano a chiavarla.

Resto dove sono ad osservare e Massimo si avvicina al gruppo, con il cazzo già in tiro! È proprio un animale da riproduzione.

Il prof. sotto la ragazza si leva, lasciando il posto ad un altro. È evidente che le è venuto nel culo.

La ragazza ha una resistenza incredibile; si è già presa tre cazzi nella fica e due nel culo. Le sue urla di godimento mi stanno facendo eccitare ancora, tanto che comincio a toccarmi.

– Non lo puoi fare da sola. Ti serve compagnia – mi dice una voce sconosciuta.

– Pensavo che riguardasse solo gli uomini. Comunque accomodati. Chiunque tu sia.

È uno dei ragazzi che era in fila dall’altra e che ha già fatto.

– Quanti ne hai presi oggi? – mi chiede dopo che mi ha messo tre dita dentro la fica.

– Due. Qui in piscina.

Ansimo sempre più rapidamente.

– Sto venendo, sì scopami… dai… sì…

Lui continua a lavorarmi con le dita poi, all’improvviso sento un cazzo larghissimo farsi strada dentro di me, per poi sborrare subito. Non ha neanche il fiatone. Ma che razza di uomini ci sono qua? È possibile che venga insegnato anche questo?

 

Lunedì cambio partner. Anche questo è uno dei novizi. Si chiama Giovanni. È goffo e fa quasi tenerezza. Non è bravo a scopare come Massimo, ma dopotutto non è male. E sette giorni dopo ne cambio un altro, Davide.

Tre settimane dopo il mio arrivo, vengo chiamata dal medico. Mi fa un test di gravidanza e, come sospettavo già, è positivo. Non ho mai avuto ritardi nel ciclo ed era inevitabile che accadesse.

– Bene bene. Congratulazioni. Sei incinta. Hai avuto perdite o dolori particolari?

– No. Sono sempre stata bene.

– Da questo momento hai la facoltà di rifiutarti di farti scopare la fica, ma hai comunque l’obbligo di fare sesso orale e anale. Vedo che il tuo ano è ancora integro. Se ti metti sulla poltrona comincio a lavorartelo io. Così non sentirai troppo male la prima volta.

Visto che non posso rifiutarmi, faccio come dice. Il dottore prende una serie di falli di gomma di misure diverse.

– Ora rilassati e appoggia le gambe come se dovessi visitarti. Sì brava, siediti più avanti. Ok. così va bene. Comincerò con questo di 2 cm giusto per allentare la stretta dello sfintere.

Sento la punta del fallo che spinge.

– Rilassati. Ho messo del gel sopra. Non sentirai male. Sì, ora va bene. Ne è entrato la metà. Ora comincio le manovre. Tranquilla, eh?

Sento che sta ruotando il fallo per allargarmi, poi con movimenti rapidi fa dentro/fuori per un po’.

– Bene. Ora ti metto questo di 4 cm. Sentirai un po’ di fastidio.

Ripete le stesse manovre.

– Ora te ne metto uno da 6 e lo devi tenere dentro per almeno un’ora.

Appena lo inserisce tutto, sento che sto per venire e glielo dico.

– Bene, allora sei pronta.

Il medico si apre il camice, si avvicina a me e si abbassa i boxer.

– Adesso ti inculo io. Così avrai il mio sperma a farti da lubrificante.

Detto questo, toglie il fallo di gomma e sento il suo cazzo farsi largo nel retto.

– Bene… sì… così… si sta adeguando… – mi dice mentre continua a stantuffare.

Anche io sto godendo e non sento dolore. Il dottore si ferma un attimo e si lascia andare ad un lungo sospiro. Si stacca quasi subito, per poi infilare di nuovo il fallo di gomma.

Il dottore di tira su i boxer e riallaccia il camice.

– Ecco fatto. Puoi rivestirti, ma resta in sala d’attesa. Ti consiglio di restare seduta, così avrai continui orgasmi. Un’esperienza da non perdere.

– Grazie dottore.

Fuori ritrovo il mio compagno.

– Com’è andata? – mi chiede Davide.

– Come sospettavo sono incinta.

– Oh, beh… congratulazioni. Che altro hai fatto? Sei stata dentro un casino di tempo!

– Mi stava inculando – rispondo serafica. Non potrebbe importarmene di meno della sua opinione e della sua preoccupazione!

Mi fa male il culo a causa del fallo che preme sulle pareti dell’intestino. E lo devo tenere per più di mezz’ora ancora. Mi alzo e cerco di passeggiare, ma la situazione non migliora. Vorrei provare a sdraiarmi, ma non c’è neanche un divanetto. Ritorno alla sedia e appena mi piego in avanti ho un orgasmo. Mi lascio cadere sulla sedia, godendomi l’orgasmo che non accenna a passare.

Ci vuole più di 10 minuti prima che mi passi. La goduta più lunga della mia vita!

Passata l’ora il dottore mi chiama.

– Allora? Hai goduto? – mi chiede sornione.

– Oh, altroché… Fantastico.

– Spogliati e piegati in avanti sulla scrivania.

Faccio come dice. Appena mi chino ho un altro orgasmo e nel frattempo il fallo scivola fuori.

– Bene, ora sei dilatata a sufficienza e non vedo lacerazioni. Ti metto solo un po’ di crema lenitiva e da domani puoi prenderti tutti i cazzi che vuoi. Perfetto! Si sta già restringendo. Se tu fossi nata secoli fa, saresti stata un’eccellente concubina e forse anche fattrice, visto che sei subito rimasta incinta. Torna domani mattina prima delle lezioni per un controllo. Puoi andare.

 

 

Passano i mesi e alla 16° settimana mi fanno l’amniocentesi. È un maschio ed è il figlio di Massimo, che intanto ha avuto notizie dalla cuginetta tredicenne. Aveva messo incinta anche lei, ma la madre l’ha fatta abortire. Gli ha scritto una lettera per informarlo. Io invece sono strafelice che sia il suo bambino. Anche se non lo terrò, io e Massimo abbiamo creato una vita.

 

Ai primi di giugno partorisco. Il travaglio è stato veloce, neanche quattro ore. E senza neanche tanto dolore. Subito dopo l’infermiera mi fa un’iniezione. Mi dice che mi farà venire molto latte. Infatti, già il giorno dopo ho il seno che mi fa male da tanto ne è pieno.

Cinque giorni dopo il parto vengo convocata dal preside per passare la notte nelle sue stanze. Il medico non mi ha ancora autorizzata ad accoppiarmi, ma non è quello che vuole lui.

Appena entro, i maschi vengono dirottati nella stanza accanto, dove ci sono già tre domestiche. Per quanto riguarda me, invece, mi fa spogliare e mi fa sedere sul divano. Si spoglia, invitando le altre due ragazze a fare altrettanto. Si sdraia sulle mie gambe, appoggiando un cuscino tra la schiena ed il bracciolo, e ordina alle altre di darsi da fare sul suo cazzo. Poi prende in bocca un capezzolo e inizia a succhiare. Mezz’ora dopo ho entrambi i seni vuoti e mi lascia libera di muovermi per la stanza, mentre si accoppia con le altre ragazze. Non sono mai stata prima nella sua suite. Ci sono dipinti originali di maestri impressionisti, alcuni dei quali si ritenevano perduti da tempo, gioielli di inestimabile valore dentro teche allarmate, diversi manichini vestiti con preziosi abiti maschili e femminili del settecento e dell’ottocento e vari oggetti in uso in diversi periodi storici.

Dopo più di un’ora lo sento passeggiare per le stanze. Non si è rivestito.

– Le piace la mia collezione? – mi chiede all’improvviso.

– Moltissimo, signore. Sono oggetti estremamente preziosi, vero?

– Oh, sì. Ci puoi giurare. Spendo una fortuna per assicurarli. Anche se non ci sono mai stati furti. Le andrebbe di indossare quell’abito?

– No, no – rispondo atterrita. – Non voglio rovinarlo, è così bello!

– Apparteneva ad una cortigiana del Re Luigi XIV. Una delle nostre allieve, naturalmente. Sull’abito sono ancora presenti tracce del suo seme, insieme a quello dei suoi figli. Secondo la lettera che accompagnava l’abito, l’evento è accaduto ad un banchetto ufficiale, durante il quale la ragazza, sedicenne, ha offerto i suoi favori a tutta la famiglia reale riunita, all’ospite di riguardo, un cardinale, e a qualche altro membro del suo seguito e della corte. In totale ha soddisfatto sedici uomini, quella sera, di cui cinque erano prelati. La ragazza poi è rimasta incinta ed il bambino nato, crescendo, assomigliava al cardinale. Quando il cardinale è stato informato della paternità, ha regalato alla ragazza quella tiara che vede laggiù ed ha preso con sé il bambino. Anche il bambino è diventato cardinale e tutti sapevano che era suo figlio. Negli anni, Luigi XIV ha richiesto alla nostra scuola ventisette concubine per lui, per i suoi figli e per alcuni membri della corte. Quest’abito proviene dalla corte spagnola e l’altro dalla corte dell’imperatrice Caterina II di Russia. Quest’altro viene dalla corte della regina Vittoria d’Inghilterra. Questo abito, invece, – indicando uno stupendo abito tradizionale cinese – apparteneva alla mia bisnonna. Anche lei è stata allieva di questa scuola e dopo aver partorito mio nonno è stata mandata presso la corte imperiale cinese assieme ad altre dieci ragazze. Sono diventate tutte concubine della famiglia imperiale ed hanno avuto moltissimi figli. Una dozzina ciascuna. Ho poi saputo che è morta serenamente qualche anno prima della rivoluzione ed era già anziana. Dei suoi figli non so nulla.

– Sono degli oggetti stupefacenti. Tutti quanti. Signore, posso chiederle cosa devo fare ora? Il medico non mi ha ancora dato il permesso di accoppiarmi, perché ho partorito da poco.

– Lo so. Ne sono informato. Non si preoccupi. Lei dovrà soltanto allattarmi tra tre ore. Però se lo desidera puoi farmi un pompino.

Mi inginocchio davanti a lui e glielo prendo in bocca. In quest’anno passato mi hanno insegnato come ingoiarlo tutto senza vomitare e come farlo durare a lungo prima che venga.

Mi faccio scopare la bocca con forza, come se mi stesse chiavando e dopo più di mezz’ora mi sento esplodere in gola il suo sperma.

– Non male davvero, ragazza. Mi ha soddisfatto. Quasi quasi la metto incinta io, questa volta. Lei è davvero una gran cagna. Sì, ne parlerò col dottore. Tra un paio di settimane ci trasferiremo presso la villa al mare e allora sarà a mia disposizione per tutto il tempo che vorrò. Il suo neonato resterà qui in istituto assieme agli altri. Ci penseranno le infermiere ai bambini. Potrà continuare ad allattarlo quando torneremo a fine agosto.

Poi guarda l’ora sulla pendola antica. Le 12.45. Mi tasta un po’ il seno.

– No, è ancora presto. Venga andiamo a dormire.

Mi prende per mano e mi trascina in camera da letto. Le altre due ragazze dormono abbracciate, nude sopra le lenzuola di seta. Da una si vede dello sperma che cola.

– Leccalo – mi ordina.

Eseguo subito, sdraiandomi accanto alla ragazza che mugola un po’, ma non si sveglia.

– Si metta a 90° ora.

Scendo dal letto e mi piego in avanti. Il preside ha nuovamente il cazzo in tiro e con poche smanettate che si fa è già rigido a sufficienza per incularmi. Ha un pene di normali dimensioni ed il mio ano è abituato a tutte le taglie.

Fa dentro/fuori per una ventina di minuti prima che possa riempirmi l’intestino col suo sperma. Anche io vengo assieme a lui.

Poi si toglie. Mi tocca di nuovo il seno e questa volta è pronto per essere svuotato.

Allora si siede su una delle sedie, mi chiede di farglielo diventare duro. Quando è pronto mi fa sedere sulle sue gambe, infilando nel contempo l’uccello nel culo. Mi fa muovere un po’ di volte per trovare la posizione più comoda per lui e solo quando tutto è di suo gradimento si mette in bocca il capezzolo e inizia a succhiare. Per eccitarsi di più mi strizza la tetta mentre beve. Prima della fine dell’allattamento mi riempie l’intestino di sborra per due volte.

Solo quando si è saziato col mio latte mi da il permesso di dormire.

Per i giorni rimanenti prima del trasferimento mi convoca tutte le notti.

Prima di partire, il medico mi ha visitata e solo tra venti giorni potrò riprendere l’attività sessuale. Anche il bambino sta bene e mette su peso regolarmente. Ha una buffa voglia sopra la spalla destra, che sembra l’impronta di un bacio. Mi spiace che non lo vedrò per due mesi. Chissà se mi vorrà ancora quando ritorneremo. Sicuramente non sarà in grado di riconoscermi dopo così tanto tempo.

Alla metà di giugno ci trasferiamo alla villa sul mare. È una grande ed antica villa di tre piani, della fine del settecento direi. È posizionata a circa un centinaio di metri dalla scogliera, da cui si gode uno splendido panorama del golfo. È circondata da una altissima recinzione di mattoni che rende impossibile la vista dalla strada e dalle altre case della zona. L’accesso al mare è garantito da una scalinata che scende alla spiaggia privata ed è inaccessibile da altri punti se non con delle barche. Ci pensa la vigilanza a tenere lontano gli intrusi 24 ore su 24. Una costruzione più recente nel mare, crea un angolo al riparo dai marosi e la torretta di avvistamento è sempre presidiata.

Come mi aveva già detto, il preside mi tiene con sé giorno e notte, e non mi lascia mai uscire dalle sue stanze. Ha detto che non vuole la concorrenza degli altri maschi. Ci pensa sempre lui a svuotarmi il seno, ma qualche volta lo fa fare alle ragazze che chiama e lui resta ad osservarci mentre si fa spompinare da qualcun’altra.

Dopo qualche giorno che siamo lì, arrivano tre pullman con targhe svizzere.

– Oh, finalmente sono arrivate. Faccia chiamare gli alunni. Che siano tutti presenti in giardino – esclama quando lo avvertono. Mi allunga una mano.

– Venga con me.

Nudi, scendiamo in silenzio le scale.

– Si metta lì – indicandomi un angolo della terrazza. I miei compagni, invece, sono nel giardino sotto di esso. Arrivano anche le ragazze e si mettono in fila. Più o meno sono della mia età e sono ancora vestite. La divisa che indossano è uguale a quella che ci fanno mettere quando usciamo all’esterno.

Nessuno parla. Poi si rivolge alle ragazze.

– Benvenute signorine. Sono il professor De’ Cristoforis e sono il preside di questa scuola. Qui è vietato indossare vestiti, per cui spogliatevi!

Le ragazze eseguono senza protestare, sanno già per cosa sono qui, e abbandonano gli indumenti a terra. Poi il preside riprende a parlare.

– Qui conoscerete altri come voi e mi aspetto che adempiate al vostro dovere di concubine.

– Sissignore! – urlano in coro.

– Entro la fine di agosto, ognuna di voi dovrà essere incinta. Laggiù – indicando con l’indice – ci sono i maschi con cui dovrete accoppiarvi. Non sceglietene uno. Sceglieteli tutti, sapranno farvi onore e sarà anche più facile il vostro compito. Lei, venga qui – chiamando una procace ragazza della prima fila. – Si inginocchi e mi faccia un pompino.

La ragazza fa quello che le è stato ordinato.

– Adesso si alzi e si pieghi in avanti.

Il preside infila l’uccello nella sua fica, sbattendola violentemente. Poco dopo le sborra dentro.

– Ora venga lei – chiamando una giovanissima ragazza. – Si pieghi!

E sbatte anche lei con forza, fino a quando le sborra dentro.

– Siete libere! Potete andare.

In silenzio scendono le scale, unendosi ai miei compagni.

– Signorina Alessandra, ritorni nella mia stanza, mentre scelgo alcune ragazze.

– Sì, signore.

Ritorno su e nell’attesa mi siedo sulle poltroncine del terrazzo. Osservo il panorama. Mi riprendo quando il preside rientra nella stanza assieme ad un’altra ragazza.

Il preside ci manda entrambe a letto ed io mi addormento subito. Sono sempre stanca perché non mi fa dormire granché. Sta sempre a scoparmi oppure ad allattarsi da me. Speriamo che almeno quando sarò incinta mi lasci andare.

Sto sognando. Sogno di nuotare nuda in mare aperto, poi all’improvviso si avvicina un grosso pesce. Assomiglia ad uno di quei pesci stretti e lunghi che stanno attaccati agli squali. Continua a nuotarmi attorno, si avvicina e mi mordicchia, senza farmi male. Si allontana un poco e poi torna a girarmi attorno. Appena si avvicina di nuovo, incolla la sua ventosa ad uno dei miei capezzoli e non se ne va più. Si avvicina un altro pesce, diverso. Questo sembra un salmone. Cerco di restare a galla come meglio posso, senza mandare via i due pesci. In un momento che ho le gambe aperte, cercando di muoverle per restare a galla, il pesce infila la sua testa nella vagina e agita freneticamente la coda, entrando in profondità.

A questo punto mi sveglio e capisco che quello che stavo sognando era una realtà distorta di quello che mi stava capitando.

Il preside mi stava nuovamente scopando, mentre la giovanissima ragazza svizzera del pomeriggio mi stava succhiando il latte dalle tette.

– Oh, ben svegliata, signorina! Era ora! – mi dice il preside.

Sono ancora mezza addormentata, ma il convulso movimento del mio partner, man mano ha la meglio.

Adesso sono eccitata anche io e nello stesso momento in cui lui sbrorra, io vengo. Poi rivolge le sue attenzioni alla ragazza al mio fianco.

Giro la testa e la guardo con attenzione, mentre subisce il suo assalto. Ha una carnagione chiarissima e ha i capelli rossi. Sembra davvero giovane, sui quattordici/quindici anni invece scoprirò che ne ha diciannove, ma è stata davvero ben addestrata. Mugolii e gridolini al momento giusto fanno intendere che è sul punto di avere un orgasmo. Il preside allora rallenta il ritmo fino a che la ragazza smette, poi riprende ancora. Continua così per quasi un’ora ed alla fine vengono entrambi.

Restiamo a letto a riprendere fiato, poi il preside si alza, ordina la colazione per tutti e poi va a farsi la doccia.

Mentre lui è ancora in bagno, arriva la cameriera che apparecchia sul terrazzo. Io e la ragazza ci guardiamo, ci squadriamo. Prende l’iniziativa e chiedo di lei. Si chiama Ingrid, è nata in Danimarca ed ha diciannove anni. Mi stupisce la sua età perché sembra molto più giovane. Parla con un forte accento nordico, ma in un italiano perfetto.

– Sono in quella scuola da quando avevo dodici anni. All’inizio sapevo solo che era una scuola speciale, per ragazze speciali. Solo quando ho compiuto i diciotto anni hanno cominciato ad addestrarmi. Prima solo baci e qualche toccatina, poi sempre più espliciti e all’esame di fine anno ho avuto il mio primo rapporto completo.

– Invece io ho cominciato così. A settembre. E sono rimasta subito incinta. È poco meno di un mese che ho partorito. Un maschio.

– Io invece ho avuto due gravidanze, Mi hanno fatto una iniezione di sperma direttamente nell’utero col seme di un donatore, perché a scuola ci sono solo tre uomini. E noi siamo 180 ragazze.

– Quindi la vostra scuola ha una banca del seme? Se è così anche il padre del mio bambino manda a voi il suo seme.

– Oh, davvero? E com’è?

– È davvero un bel ragazzo ed è bravissimo a scopare. Ho trascorso una settimana fenomenale con lui. Chissà, magari potrei ripetere un giorno…

Il preside esce dal bagno.

– Oh, bene. Mi avete aspettato. Brave. Io devo assentarmi per tutto il giorno. Ho da fare. Voi dovete restare qui e non dovete uscire. Non voglio che qualcuno scopi con voi. Per questa estate, voi siete mie.

– Sì, signore – rispondo. – Posso chiederle se abbiamo il permesso di andare in piscina se le promettiamo di non scopare con nessuno?

– No. Non mi fido degli altri. Voglio essere certo che entro la fine dell’estate portiate in grembo i miei figli. Chiederò al dottore di visitarvi per capire a che punto siete. Gli chiederò di somministrarvi gli ormoni per stimolare l’ovaio. Così sarà più facile ingravidarvi.

Finita la colazione ci lascia sole. Riprendiamo a parlare di noi. Mi racconta della sua famiglia. Ha due sorelle più grandi, già sposate, ed un fratello più giovane di un anno. Il padre è morto quando lei aveva dieci anni. La madre si è risposata quasi subito, ma Ingrid non sopportava il patrigno.

– È uno spocchioso bastardo. Ha convinto mia madre a mettermi in collegio. E così quattro anni fa sono entrata in questa scuola. Mia madre non sa cosa avviene qui. È convinta che sia il migliore collegio femminile del cantone. E la tua storia?

Le racconto di me, tutto, senza tralasciare niente.

– Ma scusa una cosa? Come fate con i bambini da voi?

– Nel nostro cantone non è vietato vendere i bambini, purché l’adozione avvenga tramite il tribunale. Io rinuncio ai miei diritti di madre e tramite una dichiarazione firmata davanti al giudice, indico chi saranno i tutori del bambino. Dopo tre giorni il tutore viene convocato dallo stesso giudice che firma l’atto di adozione del bambino. Da quel momento diviene il nuovo genitore. Se il tutore è sposato anche il consorte deve firmare quel documento. Solo allora consegno il bambino ai nuovi genitori. Nel momento in cui il tutore viene convocato dal giudice, egli paga il 50% della somma stabilita, che va alla scuola. L’altro 50% viene pagato a me quando consegno il bambino. La cifra stabilita dalla scuola è di centomila franchi, per cui cinquantamila vanno a me.

– Quindi ora possiedi centomila franchi?

– Già! Ma non sono una gran cifra. Il costo della vita da noi è diverso. Tanto per darti un’idea, da noi il caffè al bar costa come se fosse quattro euro. Il mio obbiettivo è di raggiungere i trecentomila franchi. Ma sarà difficile. Tra tre anni devo lasciare il collegio.

– Io ho ancora quattro anni da fare. Cavoli non ho niente da fare… Mi sto annoiando…

– Io pure. Beh, intanto vado a prendere un po’ di sole, visto che siamo al mare. Certo che non poter scendere in spiaggia…

Entrambe usciamo sul terrazzo. Dopo circa due ore arriva un’infermiera. Siamo convocate dal dottore.

– Il preside vi ha autorizzato ad uscire, purché restiate con me.

Seguiamo la donna. Ci fa entrare insieme nell’ambulatorio.

– Dottore, ho portato la signorina Alessandra e la signorina Ingrid, come mi ha chiesto. Il preside ha insistito che rimangono assieme.

– Oh, grazie Claudia. Signorina Ingrid, prego si accomodi sulla poltrona.

Il medico le cosparge la pancia di gel e le fa una ecografia. È un apparecchio di ultima generazione e le immagini sono molto nitide.

– Quando ha avuto l’ultimo mestruo?

– Circa un mese fa. Dovrebbero arrivarmi tra due giorni.

– Sì, infatti l’endometrio è quasi completamente sfaldato. Il preside ha insistito che le somministri degli ormoni, ma non credo che a lei servano. Rischierebbe solo un concepimento plurigemellare. Il resto è tutto normale.

– Ma allora perché il preside ha insistito? Vuole forse dei gemelli?

– Lo chiederò la prossima volta che lo incontrerò. Puoi scendere, ora – le dice rimettendo al suo posto la sonda.

Ingrid si pulisce e poi si mette seduta accanto a me. Aspetto che il dottore finisce di scrivere gli appunti sulla cartella della ragazza e quando lui solleva gli occhi verso di me, mi alzo e vado a mettermi di fronte a lui.

– Sono Alessandra. Ho partorito il 4 giugno.

Il dottore annuisce e mi indica la poltrona. Mi siedo, mentre il dottore prepara diverse cose su un vassoio.

Mi mette il gel e inizia a prendere le misure dell’utero.

– È ancora un po’ dilatato, ma è coerente col tempo trascorso. Gli ovai sono ancora a riposo. A lei gli ormoni servono, altrimenti passerebbero ancora diversi mesi prima che possa essere ingravidata. Certo c’è sempre il rischio di un concepimento plurigemellare, ma il rischio in questo caso bisogna calcolarlo.

Il medico chiama l’infermiera e le fa tenere la sonda.

– Le farò due iniezioni, una per ciascuna ovaio. Così siamo sicuri che venga stimolato nel modo più rapido. Sentirà un po’ di fastidio, ma deve stare assolutamente immobile. Le legherò le gambe ed il bacino, mi raccomando. Non deve muoversi.

Dopo che mi ha legato, il medico mi cosparge una soluzione iodata nel punto dove deve infilare l’ago. E che ago! Sarà lungo una ventina di centimetri! È dall’altra parte c’è una specie di pistola. Lo infila con una angolazione particolare, per evitare l’intestino. Quando dal monitor si vede l’ago, con molta attenzione inietta il liquido in vari punti. Ripete la stessa cosa con l’altro. Poi mi slega.

– È stata bravissima, signorina. Quello che le ho iniettato non erano ormoni, ma un catalizzatore. Questi sono ormoni – mostrandomi una normale siringa, mentre l’infermiera mi mette un laccio al braccio. – Glieli somministro con una iniezione endovenosa. È sufficiente questa per stimolare l’ovaio. Dovrà tornare per altri sei giorni, così concluderà il ciclo.

Mi palpa il seno e controlla il latte spremuto.

– Direi che è tutto nella norma. Può andare. E mi raccomando di tornare domani alla stessa ora. L’avverto che potrebbe avere dei capogiri.

Usciamo dall’ambulatorio e ci incamminiamo per raggiungere la suite. Incontriamo diverse compagne di Ingrid e ci fermiamo a scambiare qualche parola con ciascuna di esse. Sono tutte curiose di sapere del perché non si fa più vedere. Quando sentono la risposta, qualcuna storce il naso, ma la maggior parte ci invidiano.

E invece sono io ad invidiare loro. Tanto per cominciare non sono segregate in una stanza, e poi sono libere di andare dove vogliono.

Strada facendo incontro Massimo. È da quando è nato nostro figlio che non lo vedo. Mi chiede che fine ho fatto. Ripeto la solfa. Poi lo presento a Ingrid.

– E così sei tu che hai riempito la nostra banca del seme!

– Eh sì, sono colpevole – dice Max. – Ma sono davvero così richiesto?

– Già. Finora sono state fecondate venti ragazze. E sei diventato padre di tredici bambini.

– Wow! Incredibile…

– Senti Max, ora dobbiamo proprio andare, mi spiace.

– Oh ciao allora. Ci si vede in giro.

Ritorniamo nella suite senza altri incontri.

– È vero quello che hai detto su Max?

– Sì. Tutto vero. Pensavi che mentissi?

– Un po’ sì, perché solitamente non si usa spesso lo stesso seme.

– I bambini vengono dati a coppie in tutta Europa, non solo in Svizzera.

Verso le sei torna il preside e per prima cosa si allatta da me. Poi ci scopa a ripetizione.

Il giorno dopo sparisce ancora e nel pomeriggio ritorno dal dottore per un’altra iniezione. Il seno mi fa male, perché gonfio di latte.

Ci sono tre neonati che sono stati partoriti da pochi giorni. L’infermiera me li porta e li allatto tutti. Il rimanente me lo toglie il dottore.

Quando a Ingrid arriva il ciclo, il preside chiama un’altra ragazza, che poi resta per tutta l’estate. Si chiama Kathrina. Lei ha quattordici anni ed ha appena terminato il suo primo anno. Anche lei ha avuto il suo primo rapporto sessuale completo come esame di fine anno.

Quando termino il ciclo di ormoni, il medico mi fa ancora una eco. Si vede bene che gli ovai hanno ripreso a funzionare. Ci sono quattro ovuli pronti per essere espulsi.

– Non si preoccupi. Quando vengono espulsi, se vengono tutti fecondati, ne togliamo due.

– Ma così è come abortire! È vietato! E non voglio farlo.

– Portare a termine quattro feti è pericoloso per lei e anche per i bambini. Nascerebbero gravemente sottopeso e rimarrebbero per mesi in incubatrice. Beh… c’è una alternativa. Li possiamo prelevare prima che si impiantino nell’utero e li possiamo vendere ad un centro per la fertilità. Gli ovuli, anche se sono già stati fecondati, sono molto richiesti.

– Sì, preferisco questa soluzione

– Allora preparo l’occorrente e lei torni qui tutti i giorni. Teniamo sotto controllo lo sviluppo degli ovuli e quando vengono espulsi li preleviamo e li congeliamo, possibilmente prima che vengano fecondati. Così possiamo venderli ad un prezzo più alto.

Così facciamo. Nel giro di tre giorni due ovuli vengono prelevati e congelati prima che venissero fecondati. Gli altri due proseguono il loro corso, ma uno solo si sviluppa. Meno male… non avevo proprio voglia di avere dei gemelli.

Quando è certo che sono incinta, il preside perde interesse per me e mi lascia libera.

Dopo quasi due mesi di segregazione non so cosa fare. Per un po’ mi aggiro per il parco. Ovunque ci sono gruppetti di persone sotto qualche albero. Nessuno mi chiama e visto che il seno mi fa ancora male, mi dirigo alla nursery ad allattare qualche bambino.

Al ritorno mi metto sulle sdraio della piscina. Non so cosa fare. Essere rimasta fuori gioco per così tanto tempo mi ha reso una estranea.

– Ehi bellezza! Aspettavi me?

Riconosco la voce del professore di matematica.

– Non direi. Mi stavo solo godendo la libertà. Finora sono rimasta nella suite del preside.

– E perché sei in giro, allora?

– Perché, ora che sono incinta, non gli interesso più.

– Oh, allora vado a cercare qualcuna disponibile.

– Va bene, arrivederci.

– Uffa!!! Mai che ne trovi una… – borbotta mentre se ne va.

Non rimango sola a lungo. Rivedo Max.

– Ehi! Ti ha lasciato andare?

– Già, ora che sono incinta di suo figlio, non gli interesso più.

– Grave peccato per lui. Non sa cosa di perde…

Mi allunga una mano. – Vieni con me.

Gli porgo la mia, mi aiuta ad alzarmi e poi intreccia le dita tra le mie.

– Dove mi porti?

Scendiamo al mare, aiutandomi nei punti scivolosi.

– Vieni, sediamoci sulla riva.

Non dobbiamo preoccuparci di bagnare i vestiti: non li portiamo.

Così come dice il regolamento, siamo costantemente nudi.

Max non lascia la mia mano, ma la avvicina alla sua bocca e ne bacia il dorso.

– Non credevo che mi mancassi così tanto! Sono stato con un sacco di donne, ma io vedevo solo te nei loro volti. Non credevo che fosse possibile innamorarmi di qualcuna, restando qui dentro. Vorresti essere la mia compagna per il resto del tempo?

– Sei sicuro che mi vuoi? Anche se porto in grembo il figlio di un altro!?

– Sì, sono sicuro. E per quanto riguarda il bambino, lo sai che non lo possiamo tenere… anche se fosse il mio. Lo abbiamo già fatto questo discorso.

Abbasso la testa sconsolata.

– Già – sussurro – me lo ricordo. Ma se fosse tuo figlio sarei più felice. Anche tu mi sei mancato.

Con la mano libera mi accarezza il volto. Poi si sdraia sulla sabbia, tirandomi sopra di lui.

– Anche io vorrei ingravidarti ancora…

Detto questo, sento già il suo cazzo farsi strada dentro di me. Poi si gira, mettendosi sopra di me.

Spinge, spinge a fondo con forza, sollevandosi sulle mani, mi solleva le ginocchia per farmi sentire meglio la sua prestanza. Io urlo, non trattengo il godimento che mi procura. Esce dalla fica. Punta il cazzo all’ano e spinge di nuovo. Mi tiene appoggiato il culo sulle sue gambe per potermi penetrare meglio.

Aumenta il ritmo per un po’, poi esce di nuovo e mi fa mettere alla pecorina. mi incula di nuovo, fino a liberarsi dentro di me.

Mi cedono le gambe e mi sdraio sulla sabbia, mentre lui si sfila.

– Avevo dimenticato quanto sei esuberante! – gli dico mentre mi giro sulla schiena.

– Allora? Sarai la mia compagna?

– Oh, sì! Ci puoi giurare… – poi scherzando – Allora quante svizzerotte ti sei fatto?

– Tutte, ovviamente! – risponde ridendo.

– Bugiardo!

– Non so di preciso con quante sono stato, ma un bel po’ di certo. Voglio dare il mio contributo alla sovrappopolazione del mondo – dice ironicamente, mentre faccio finta di dargli un pugno sul braccio.

Si alza in piedi e mi trascina in acqua. La baia è deserta, a parte gli uomini della sicurezza sulla torretta.

L’acqua è fresca, limpidissima e si vede il fondo molti metri sotto di noi. Raggiungiamo l’isolotto galleggiante e ci stendiamo sopra a prendere il sole. Quando comincio a sentire caldo, mi tuffo e torno a riva. Mi metto nell’ombra prodotta dalla scogliera. Dopo un po’ Max mi raggiunge e si siede al mio fianco.

– Potevi svegliarmi, sai venuto con te.

– Dormivi così bene… e poi ti ho aspettato qua. Non me ne sono andata via e basta.

Mi bacia alla base della gola.

– Non voglio che mi lasci solo. Desidero che tu rimanga sempre al mio fianco – mi sussurra mentre continua a baciarmi.

– Va bene – faccio in tempo a rispondergli prima che la sua bocca copra la mia.

La sua lingua cerca la mia. Mi avvinghio a lui. La sua mano cerca il mio seno e lo accarezza dolcemente, insistendo sul capezzolo. Lo stimolo lo rende scivoloso sotto le sue dita. Stacca la bocca dalla mia per spostarsi sul seno, lo imbocca. Succhia, morde, ingoia. Succhia e ingoia a più riprese, ora su un seno, ora sull’altro. Sembra quasi che non voglia decidere che fare.

La mano che prima stava sul seno, ora è in mezzo alle gambe. Mi accarezza la fica. Sento il suo indice percorrere tutta la sua lunghezza e poi tornare indietro.

Mi sembra di volare. Sono quasi al limite di un orgasmo.

È passato quasi un anno dall’ultima volta che siamo stati insieme. Ha imparato parecchio da allora. Sì, è notevolmente migliorato nell’arte di amare una donna.

Anche io non sono da meno, però. So come godere e provocare piacere ad un uomo.

Lo fermo e ora gli dico che tocca a me. Lo faccio sedere su uno dei lettini. Io, invece, mi metto in ginocchio sulla sabbia.

Il suo cazzo è già dritto, per cui lo prendo in bocca. Gli lecco lo spacco, che già stilla qualche goccia. Lascio l’asta per mettere in bocca un testicolo. Lo succhio come faceva lui con il mio capezzolo. Sembra gli faccia parecchio piacere. Alterno i testicoli con l’asta per un po’. Quando sento che ansima pesantemente, mi stacco e gli chiedo di sdraiarsi. Mi metto a cavalcioni sulla sua pancia e mi chino leggermente per un veloce bacio.

Quando mi sollevo, prendo il cazzo, lo punto all’ano e scendo lentamente. Lo guardo negli occhi, mentre mi faccio inculare. Vorrei tanto che mi entrasse nella fica, ma con il figlio del preside in grembo non posso permettermi di correre il rischio di un aborto. Max ha il cazzo troppo lungo e potrebbe far danni.

Comunque, anche Max è sull’orlo di un orgasmo. Infatti bastano poche pompate e mi sborra nell’intestino.

Resto ferma per un po’, lasciandogli prendere fiato, poi mi stacco da lui e mi sdraio al suo fianco. Mi abbraccia.

Restiamo in spiaggia fino all’ora di cena, chiacchierando e scopando ripetutamente.

Prima di andare a tavola andiamo in segreteria a comunicare la nostra intenzione di diventare una coppia.

Passiamo il resto dell’estate insieme, tranne quando deve ottemperare al suo ruolo di stallone. Sotto i miei occhi che lo osservano divertirsi, ogni giorno si fa almeno quattro ragazze. Io, invece, passo la mattinata a vomitare. Non sono mai stata così male con la gravidanza precedente. Il medico mi ha dato un farmaco per la nausea, ma non sembra fare grande differenza.

Gli ultimi giorni di agosto, le svizzere partono. Si rimettono la divisa e salgono sui pullman. A qualcuna di loro si vede già la pancetta di una gravidanza.

Prima di salire, viene a salutarmi Ingrid. Mi dice che sia lei che Kathrina sono gravide di un figlio del preside. La abbraccio, congratulandomi con lei e ci salutiamo con la promessa di rivederci l’anno successivo.

Dopo qualche giorno torniamo anche noi. Le vacanze sono finite e mi appresto a frequentare il secondo anno.

Quest’anno ci sono solo otto coppie nuove.

La mia gravidanza procede bene e quando mi fanno l’amniocentesi, risulta che la bambina è portatrice di una malattia ereditaria, anche se non grave. Un qualcosa relativo al diabete. Non ho capito granché, ma ho capito che forse, da adolescente, potrebbe avere problemi. Non è certo che si ammali, però. È solo una predisposizione.

Il medico mi informa che, se voglio, posso interrompere la gravidanza, perché il preside desidera un maschio sano, per continuare la sua discendenza. Rifiuto, farò nascere la bambina e sarà adottata. Una predisposizione non è una malattia.

La mia pancia cresce col passare dei mesi e ad aprile partorisco. Come l’anno precedente, poi, vengo chiamata tutte le sere nella suite del preside, perché vuole allattarsi dalle mie tette. Così, di giorno vado alle lezioni e le notti sono una latteria ambulante.

Questa volta, però, il preside dispensa Max dall’accompagnarmi e allora lui passa di letto in letto a scoparsi le nostre compagne.

Quando la scuola finisce, ci trasferiamo al mare. Non vedo l’ora di rivedere Ingrid. Ci siamo tenute in contatto tramite lettere per tutto l’anno, perciò ho saputo che ha avuto un maschio. Però il preside non l’ha voluto e Ingrid l’ha fatto adottare ad una coppia di tedeschi.

Fortunatamente questa volta il preside non mi sceglie, perciò mi posso divertire. Passo ogni momento assieme a Max e ad Ingrid. E anche le notti…

Ingrid rimane stupita dalla possanza di Max. Riesce a chiavarci entrambe diverse volte al giorno, tanto che alla fine delle vacanze siamo entrambe di nuovo incinte di due mesi.

Terzo anno scolastico, terza gravidanza… Anche questa volta è femmina e naturalmente è di Max. Partorisco alla fine di febbraio.

Io e Ingrid siamo diventate ottime amiche. A volte ci sentiamo anche per telefono. Ma il nostro mezzo di comunicazione preferito restano le lettere. Anche lei ha avuto il suo bambino, un maschio di quasi quattro chili.

Quarto anno scolastico. Quarta gravidanza: gemelli di padri diversi.

Il quinto anno scolastico partorisco il mio sesto figlio e prima del termine dei cinque anni resto incinta ancora. Per la sesta volta!

 

 

+++++++++++++++++

 

Una sera, io e Massimo, siamo chiamati dal preside per un colloquio privato.

– Ho una proposta da farvi – ci dice il preside. – Che ne dite di restare in questa scuola per sempre? Voi due siete i miei migliori studenti da un sacco di anni. La mia migliore fattrice, nonché concubina, ed il mio migliore stallone. Negli anni che avete trascorso qui, lei signorina Alessandra è alla sesta gravidanza, e lei signor Massimo ha generato ottantacinque figli, escludendo ovviamente quelli nati dalla banca del seme. Restate in questa scuola come professori e continuate il vostro compito di generare bambini. So che siete innamorati e che volete sposarvi, per cui vi offro questa soluzione. Potrete soggiornare nella suite di fianco la mia e potrete tenere con voi un maschio ed una femmina ogni quattro figli partoriti dalla signorina Alessandra escludendo dal conteggio i bambini di cui lei non è il padre.

Io e Massimo ci guardiamo. Vedo che anche lui è sbalordito dalla proposta quanto me.

– Ma signore, in questa scuola è proibito tenere i bambini. Se lei privilegia noi, chi impedirà ad altri di pretendere la stessa cosa?

– Ci ho pensato ed ho trovato anche la soluzione. Io ormai ho una certa età e non ho un discendente a cui lasciare l’istituto. Certo ho generato molti figli, ma li ho fatti tutti adottare. Ora mi serve un discendente diretto a cui far ereditare la proprietà. Per cui ecco la seconda proposta. La prima figlia da voi generata come coppia, diverrà la mia concubina personale e madre del mio erede maschio. Deve essere tassativamente un maschio ad ereditare l’istituto, per poter continuare quello che la tradizione prevede. Attenzione però, non diverrà mai mia moglie, ma solo la madre del mio erede. Continuerò ad ingravidarla fino a che non partorirà un maschio. Una volta assolto al suo dovere, diverrà un’alunna come le altre qualunque età abbia poi e resterà in istituto a vita. Per quanto riguarda il mio erede maschio, invece, diverrà un nuovo stallone. Se entro trent’anni non avrò un degno erede, adotterò legalmente lei, signor Massimo, e diverrà il nuovo preside alla mia morte. E lei signorina Alessandra resterà in questo istituto come consorte del signor Massimo. Le ricordo, signorina Alessandra, che il preside di questo istituto deve accoppiarsi e trascorrere ogni notte con tre alunne. Ma nulla vieta a lei di accoppiarsi con chiunque voglia. Allora? Cosa ne pensate delle mie proposte?

– Io accetto – dice Massimo, che poi guarda me.

– Va bene anche per me, amore – rispondo guardandolo negli occhi.

L’importante è stare assieme.

 

 

 

 

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