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…come una Rosa

By 30 Settembre 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

La Luna è alta nel cielo mentre salgo sul tetto della mia casa, 

le tegole sono ancora calde del sole d’estate, 

l’aria che mi sfiora porta il fresco dei monti.

Ho creduto più di una notte di sentirle arrivare, 

le loro voci si confondono con il gracidare delle rane….

Le luci gialle dei lampioni appesi ai lati dei vicoli fanno apparire le vie infuocate, 

come torce giungono al mio portone, sento i loro pensieri, sento i loro lamenti, 

credono di potermi mettere al rogo.

Il mio nome?

Quasi non lo ricordo, 

un’infinità di tempo è passato dall’ultima volta che l’ho sentito pronunciare.

Forse non mi volterei nemmeno se lo sentissi.

Tra poco avrò un ospite, busserà solo una volta e poi entrerà senza aspettar risposta.

Ma per ora mi arrendo alla grandezza del cielo sopra di me, 

guardo la Luna.

Entrambi condividiamo un segreto.

Scendo dal tetto come un gatto, cammino sul cornicione e osservo il vuoto, 

chiudo gli occhi e aspiro l’aria fresca.

E’ ora.

 

Un tocco leggero echeggia dal portone, la maniglia si muove, la porta si apre. 

Occhi scuri e attenti entrano. 

Davanti ci sono io. Lo bacio lentamente, il suo corpo è teso.

I vestiti cadono a terra uno dopo l’altro.

Rumore di metallo si espande nella stanza,

ora il cuoio sulla pelle limita i suoi movimenti. 

Il silenzio del buio distrae i pensieri, 

scorpora tutti i sensi rendendoli vivi come corpi sinuosi che si animano.

Le mie unghie percorrono quel corpo, sottili linee lacerano la pelle.

Non mi curo dei suoi lamenti.

Stringo le dita intorno al suo collo.

Non mi curo dei suoi respiri.

I suoi occhi luccicano, chiedono perdono di colpe che non anno.

Non mi curo dei suoi pensieri.

Ho solo un desiderio

Non Perdonare.

I suoi battiti del cuore tornano stabili, percorre quelle strade infuocate.

Torna a casa dalla moglie che lo attende ignara.

 

Io torno su quel davanzale, i miei pensieri prendono il volo.

Non ho tregua, la quiete non mi appartiene.

Nulla mi appartiene quanto quel desiderio.

 

Il giorno torna a incorniciare i volti di quelle maschere.

Le persone interagiscono con mancanza di empatia.

La notte sta tornando. 

Le verità si appropriano dei loro riflessi.

Ognuno è il compromesso di se stesso.

E io sono il compromesso tra odio e dolore.

Un altro uomo sta sera varcherà quella porta. 

 

Ecco che nuovamente mi ritrovo su di un corpo che non mi appartiene.

Seduco il suo sguardo. 

Intrappolo i suoi movimenti.

Gli vieto di dare pace al suo istinto.

Non sarà lui a decidere.

Non ancora, non ancora.

I suoi occhi implorano pietà,

ma non ne ho, ne per lui ne per il suo corpo.

Deciderò io quando lasciarlo libero.

Assaporo ancora la sua sofferenza prima di ordinare la sua dipartita.

Esce dal portone, indossando la sua vita come un mantello 

con un passo svelto, svolta verso casa. 

Il piatto sul tavolo si sta raffreddando.

 

Ascolto la sua voce silenziosa, 

guardo il suo viso malinconico. 

La Luna mi parla di luoghi sconosciuti, di lacrime innocenti, di paure.

Lascio che il mio corpo si adagia su quei posti, 

che le lacrime penetrino dentro ai miei occhi assorbendole.

Che le paure si dissuadano in me.

Prendono spazio ai lati della mente 

E si materializza nuovamente il mio desiderio.

Non perdonare.

 

Cammino per strada senza lasciare impronte,

parlo con la gente senza lasciar ricordo.

Ma immortalo ognuno di loro.

Costanti peccatori.

 

Istantanee di vita e di morte si alternano, 

La vedo camminare affianco a me con occhi curiosi.

Ogni essere vivente sente la sua presenza. La mia presenza.

 

Il buio torna a illuminare il cielo di nero.

Dona alla terra un magnifico aspetto regale.

Sono in piedi sul mio tetto. Mi sento leggera come l’aria.

Chiudo gli occhi e l’immensità si diffonde oltre ogni confine.

Questa notte anche lui proverà questa sensazione.

 

Apre la porta e si incammina per le stanze. 

Non conosce la strada e un sentiero di candele lo conduce da me.

Un soffio d’aria le spegne lasciando solo il suo respiro. 

Lo raggiungo sfiorandolo.

Non può vedere.

Deve solo ascoltare.

Le mie mani si posano sul suo corpo.

Le fibre sottili di una corda si adagiano contro la sua pelle.

In ginocchio il suo corpo è impotente da quello schema di razionalità.

Solo la sua mente ora e’ libera di spaziare come l’immenso buio sopra di me.

Ogni suo muscolo è teso ad assecondare il mio piacere, 

ogni mio pensiero è esteso ad assecondare il mio desiderio.

Non Perdonare.

 

Cammino sul cornicione guardando la, dove ogni uomo torna.

Il mare stende un tappeto alla Luna.

Aspetto. 

La quiete non mi appartiene. 

Riflessi di vita mi scandiscono il tempo.

E nell’attesa lascio che la mia mente si perda.

Morfeo è altrove anche sta notte.

 

Giungo all’alba e lascio indietro l’amaro del cammino.

La polvere dei miei passi si e’ posata sul pavimento del vento.

Lei è accanto a me, custodisce il mio fardello. Desidera impoverirsi di quel peso.

Ma non è giunto ancora il momento. 

Loro attendono ancora la mia Testa.

Pronuncio il suo nome.

Un sorriso mi anticipa.

La notte sta per tornare ad eseguire i miei voleri.

Porta con se l’ennesima preda.

 

La porta si apre e entra lui.

Non può imprimere il suo pensiero in casa mia.

Non ho intenzione di ascoltare le sue parole.

Il silenzio avvolge la sua bocca.

Un incendio di color rosso, si diffonde sulla sua schiena. 

Il tocco di una frusta percuote e scalfisce la sua carne.

Nulla che domani sarà visibile se non dai suoi ricordi.

Perché è quello che sono. Un sol ricordo.

Il desiderio di una notte. 

Opposto al mio che oramai è onnipresente.

Non perdonare.

 

Impartisco sensazioni al mio corpo.

Raccolgo le mie emozioni dal mio ultimo passare, le conduco su quel tetto caldo.

Questa notte lei non c’è. 

Dove saranno i suoi pensieri, e dove andranno i miei?

La quiete non mi appartiene.

Aspetto.

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