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Racconti di Dominazione

Una famiglia matriarcale

By 21 Agosto 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Una famiglia matriarcale
di Tom
Ringrazio tutti coloro che in questi anni hanno inviato mail con proposte e suggerimenti per nuovi racconti. La storia che state per leggere è stata ispirata dai vostri commenti. Se volete dire la vostra o inviare una traccia scrivete a tom2075@hotmail.it

Con la testa compressa fra il sedere rotondo e sodo di sua sorella Fabiana ed il sellino della cyclette Anna ripensò alle ultime ore trascorse a casa.
Era tornata con un poco di ritardo da scuola, correndo ed in affanno.
‘Ah, finalmente la principessa si degna di tornare’ disse la madre non appena la vide. Mamma Antonella era una donna di quarantacinque anni. I suoi fianchi erano un poco soprappeso ed il suo volto aveva già incontrato le prime rughe della sua non più giovane età. Una donna dall’aspetto tutto sommato anonimo, si sarebbe detto. Una come tante.
Ma Antonella, in casa propria, era ben più di una persona qualunque. Era la matriarca. In famiglia era sempre stato così. Le donne più anziane comandavano alle più giovani. Anna aveva circa diciotto anni, Fabiana già ventidue.
Adesso erano tutte e tre nella piccola sala da pranzo, un quadrato buio e polveroso che non vedeva l’ombra di uno straccio da settimane. Antonella sedeva sulla poltrona davanti alla televisione, mentre Fabiana, in ginocchio alla sua sinistra, le massaggiava i piedi ancora avvolti nelle calze autoreggenti.
‘Con che coraggio ti presenti a quest’ora, sgualdrina?’ tuonò Antonella.
‘E’ stato l’autobus a tardare, io non” balbettò Anna con timore. Sapeva che le sarebbe toccata una punizione per il suo ritardo e poi un rimprovero da parte di Fabiana per averla lasciata da sola a soddisfare i capricci della donna.
La madre infatti non ci pensò due volte a ribadire il proprio comando. La artigliò per una spalla e la gettò per terra.
‘A lavorare!’ urlò ‘Subito! Desinerai più tardi, se ci sarà tempo’
Detto questo separò le gambe in precedenza unite lasciando un piede a Fabiana e porgendo l’altro alla sorella più giovane. Anna era tornata stanca ed affamata da un lungo giorno di scuola. Ciò nonostante non esitò un attimo. Si inginocchiò e prese fra le mani la caviglia di Antonella.
‘Brava, così mi piaci’ disse la madre.
Il tocco di Anna era morbido sulle dita e sulla pianta del piede, più deciso sul tallone e sul dorso. Lisciò qualche callo e su di essi insistette, non mancando di stimolare la circolazione sanguigna con un massaggio speciale che le aveva insegnato Fabiana.
Antonella, a gambe divaricate e completamente rilassata, si gustò venti minuti buoni di sano relax.
Infine, quando ne ebbe abbastanza’
‘Tu, Anna, basta smanettare’ disse scalciando le mani della figlia ‘Ora adopera la bocca’
La ragazza si chinò ed iniziò a leccare il piede della madre. Quante volte Antonella le aveva richiesto quel servizio così umiliante? Tantissime.
Ed a peggiorare la situazione c’era l’igiene non eccezionale dei piedi della donna. Le calze, ad esempio, erano state indossate per tre giorni di fila e puzzavano veramente molto, ancora mezze umidicce di sudore.
‘E tu, invece, dai una ripulita a questo porcile, non vedi che non ci si respira?’
Fabiana annuì in silenzio, si alzò e si andò ad armare di stracci, scopa e detergenti.
Trascorsero alcuni minuti. Annalisa apprezzava moltissimo il servizio della figlia più piccola, sarebbe rimasta ferma a farsi leccare per intere ore.
Invece il trillo del campanello disturbò la quiete familiare.
‘Ed ora chi cazzo è?’ sbraitò la donna ‘Fabiana, va’ a vedere chi è che rompe’
La ragazza andò ad aprire la porta. Sulla soglia la sua amica Flavia attendeva con uno zaino in braccio.
‘Ciao’ salutò.
‘Ciao’ rispose Fabiana.
‘Posso entrare?’
‘Si, certo’
Un’altra persona sarebbe stata titubante a far entrare un’estranea in casa, con la madre stravaccata sulla poltrona a farsi leccare i piedi dalla figlia più piccola. Ma i criteri del normale e dell’anormale nella sua famiglia erano sempre stati un po’ confusi. Fabiana eseguiva i compiti affidati da Antonella fin da quando andava alle elementari, per lei quel che stava accadendo in sala da pranzo in quel momento era normale. Forse, a casa sua, anche Flavia era attesa da piccole incombenze domestiche come quelle che adesso stavano provocando la nausea ad Anna.
Invitò l’amica ad entrare senza problemi. Flavia entrò e vide la madre e la sorella di Fabiana. L’immagine la pietrificò. Anna non staccò la lingua dalle estremità di Antonella neppure per un attimo e la donna stessa le rivolse poco più di un affrettato cenno di saluto.
‘Vieni in camera mia, così puoi appoggiare lo zaino con i libri’ disse Fabiana.
‘S’si, grazie’ replicò l’altra. Poi, mentre si trovavano sulle scale, chiese sottovoce ‘Ma che sta succedendo a casa tua?’
‘Perché?’
‘Ma ti sembra normale quello che hai visto? Quelle non erano tua madre e tua sorella?’
‘Si, ebbene?’
‘Tua sorella, se non l’hai notato, stava leccando i piedi a tua madre come si fa con un gustoso gelato’
‘Si, l’ho visto’
‘E tua madre aveva delle calze’beh, sulla pianta sembravano un po’ nere’
‘Si, ma sai’Anna oggi è rincasata tardi’
Flavia non continuò. Si limitò a seguire Fabiana e, frastornata dall’assurdità di ciò che le era stato appena rivelato e dalla scena con cui era stata accolta, entrò nella camera da letto della compagna.
Da basso, nel frattempo, giunse imperiosa la voce di Antonella.
‘Fabiana! Vieni subito qui! Muoviti!’
‘Scusa un attimo’ disse la sorella maggiore all’amica ‘Mi chiama mia madre’
‘Si, si, vai pure”
Fabiana discese le scale che l’avrebbero riportata in sala da pranzo con una certa fretta.
‘Si, mamma’
‘Chi è quella là?’ chiese Antonella. Anna se ne stava ancora con le labbra incollate sui suoi piedi odorosi e la donna, per puro dispetto, le aveva infilato entrambi gli alluci in bocca e se li faceva spompinare.
‘E’ Flavia, una mia compagna’
‘E’ carina’
‘Si”
Antonella si sfregò il mento con due dita e la sua bocca assunse l’aspetto di un ghigno
‘Portala giù a bere qualcosa’
‘Ma”
‘Non hai sentito? Bisogna essere disponibili con gli ospiti’
‘Si, come vuoi tu mamma’
‘E tu basta ciucciarmi i piedi’ Antonella sollevò un piede davanti al volto di Anna e la spinse via senza compassione ‘Tira fuori del the freddo e qualche biscotto’
‘Si, mamma’
Fabiana tornò in camera e convinse Flavia a scendere in sala per bere qualcosa. La compagna di studi era un po’ titubante. Non le andava di ricevere la madre di Fabiana. Quella donna aveva uno sguardo cupo e’malvagio. Quella donna emanava cattiveria. Tuttavia, dietro le insistenze di Fabiana, la ragazza non poté astenersi dall’accettare.
Si recarono in cucina. Sul tavolo Anna aveva preparato alcuni bicchieri ed un piatto con dei biscotti. Inoltre Flavia si sentì immediatamente risollevata dal fatto che la donna non c’era più. Fabiana offrì i dolci a Flavia e questa accettò. Si sedettero ad un angolo del tavolo e chiacchierarono del più e del meno quando ad un certo punto’crack’il piatto con i biscotti rovinò sul pavimento ed andò in mille pezzi sparpagliando in giro il suo contenuto.
Pochi attimi più tardi Antonella rientrò in sala con espressione furba e fintamente adirata.
‘Chi è stato a fare questo?’ urlò.
Fabiana sollevò le spalle ‘Il piatto era proprio lì’ disse, ed indicò un punto vicino al gomito della compagna. Flavia sbiancò e non seppe come difendersi ‘Io’si, il piatto era lì, ma io ci ho fatto attenzione’sono sicurissima di non averlo urtato’
‘Già, però il piatto è per terra!’ esclamò Antonella ‘Ed ora ci sono cocci e briciole dappertutto!’
‘Va bene’ sospirò Flavia benché consapevole di essere vittima di un tranello ‘Raccolgo io i cocci’
‘Mi sembra il meno’ disse Antonella. Andò ad un cassetto della credenza e prese un sacchetto. Lo diede a Flavia con fare arrogante e le ingiunse di togliere ogni pezzetto del piatto rotto. Aveva un bel coraggio a dire che il pavimento si fosse sporcato, pensò la ragazza mentre prendeva il sacchetto: su quelle mattonelle c’era un dito di polvere e macchie di caffé.
Comunque il danno era fatto ed ora sarebbe toccato a lei rimediare.
‘Scusi, signora, avrebbe una scopa o almeno una paletta?’
Antonella la guardò di sbieco con aria di rimprovero.
‘No, ti toccherà raccogliere ogni pezzo con le mani’
Flavia annuì con aria demoralizzata. Si chinò ed iniziò a raccogliere i pezzi del piatto. Ma la posizione prona nella quale si trovava era scomoda e stancante. La ragazza dovette presto inginocchiarsi sul pavimento. Antonella le rimase di fianco con i piedi (adesso calzati in due comode ciabatte) in mezzo all’area coperta dai cocci.
E non si spostò neppure quando le mani di Flavia si mossero attorno alle sue estremità, anzi, diede qualche calcetto a questo o a quel pezzetto incitandola.
‘E questo non lo raccogli? E quest’altro, invece?’
Presto ogni coccio fu nel sacchetto. Rimanevano i biscotti. Flavia ne prese uno e chiese ‘Vanno nello stesso sacchetto, signora?’
Antonella fece finta di pensarci sopra, in realtà con dispetto sollevò una gamba ed andò a pestare uno dei biscotti.
‘Accidenti!’ esclamò con finta preoccupazione. Alzò la suola della ciabatta all’altezza del ginocchio per vedere il volto di due frollini divenuti delle macchie indistinte ‘Che schifo! Ora se ci cammino faccio sudicio! Pulisci un po’, vai’
Si sedette sulla poltrona dove si era fatta leccare i piedi poco prima e puntò la gamba con la pantofola verso il viso di Flavia.
‘Pulisci’
‘Cosa dice, signora?’
‘Pulisci, ho detto! Tu hai sporcato e per colpa tua questa roba sta sotto la mia ciabatta. Ora me la sfili e getti il lerciume’
‘Ma’!’
‘Avanti! E non ti permettere più! Sarai anche ospite ma non credere per questo di poter fare quel che vuoi qua dentro’
Il tono arrogante della donna annichilì la ragazza che si arrese a quella richiesta assurda. Più che altro Flavia si vergognava molto a farsi vedere così arrendevole dalla compagna di studi.
Comunque pose il sacchetto sotto la calzatura della donna e con le unghie iniziò a grattare le briciole del biscotto.
E mentre l’attenzione di Flavia era tutta sulla suola, Antonella si voltò prima in direzione di Anna, complimentandosi con un cenno del capo per l’abilità con la quale la ragazzina aveva rovesciato il piatto in un momento di distrazione da parte della disgraziata e poi si voltò verso Fabiana, indicando contemporaneamente altri biscotti sul pavimento.
Fabiana intuì le intenzioni della madre dopo un istante. Avanzò verso il più vicino dei dolci e lo sbriciolò con studiata lentezza sotto le suole dei propri stivaletti.
‘Ecco, vedi?’ disse Antonella ad alta voce ‘Adesso non si può fare un passo per questa stanza senza andare a calpestare qualche biscotto! Fabiana, mettiti a sedere sul tavolo, è meglio. Ed aspetta che sia pulito in terra’
La ragazza obbedì.
‘E tu fammi vedere la suola che se è pulita mica devi continuare ancora!’ Flavia tolse la ciabatta dal piede della signora e la voltò per mostrarle il risultato del suo lavoro ‘Ecco, vedi? La suola è pulita, ora. Perché continui, allora? Mah, secondo me ci stavi prendendo gusto. Va là, rimettimi la ciabatta’
E così dicendo distese la gamba e col piede scalzo andò a sfiorare il viso e le labbra di Flavia. Il piede di Antonella odorava ancora di sudore e le sue calze erano letteralmente bagnate dalla saliva di Anna. Flavia si ritrasse con disgusto cercando di dissimulare ciò che provava per la donna. Ciò nonostante obbedì all’ordine e le calzò delicatamente le ciabatte.
‘Ora però anche Fabiana ha le scarpe sporche’ disse la donna ‘Vero Fabiana?’
Fabiana annuì e sollevò diligentemente le gambe mostrando alla compagna le suole imbrattate dello stivaletto.
‘Dai, fai lo stesso lavoretto che hai fatto a mamma’ disse la ragazza.
Flavia non si aspettava che l’amica prendesse le parti della madre. Si sentì tradita ed offesa. Tuttavia, ormai in balia delle due donne non si sottrasse alla richiesta di Fabiana. Si avvicinò alla ragazza ed iniziò a grattare le suole degli stivaletti. Per sua fortuna erano suole lisce ed i frammenti di biscotto caddero in pochi secondi. Al termine del servizio le sue dita erano doloranti e sporche. Sotto le unghie un cospicuo strato di sudiciume. Fabiana le sorrise dall’alto. Inizialmente le era indifferente ciò che Flavia stava facendo: l’ordine proveniva dalla madre e perciò aveva eseguito. Con il tempo però la vista della compagna sottomessa che puliva le suole dei suoi stivali le aveva riscaldato il basso ventre.
‘Su’ disse incalzando Flavia ‘Prendi tutti gli altri biscotti e buttali nel sacchetto. Anzi, no. Prima controlla che non siano più commestibili, prendine uno e mangialo’
‘Ma sei pazza?!’ esclamò Flavia al colmo della sopportazione ‘Non ci penso neppure! C’è polvere ed è tutto sporco!’
Con un gesto rapido Antonella afferrò Flavia per i capelli e le sbatté il viso sul pavimento
‘Ah, così questo sarebbe un porcile, eh?’
‘Non ho detto”
‘Screanzata! Ora mangerai tutti i biscotti!’
‘Ma le”
‘Fabiana’
Al richiamo della donna la sorella maggiore saltò giù dal tavolo. Il campo visivo di Flavia fu sostituito dai suoi stivali prima e da un polveroso biscotto subito dopo. Fabiana gliel’aveva avvicinato con la punta del tacco per non sporcarsi le dita delle mani, l’altra avrebbe dovuto addirittura mangiarlo.
‘Mangia’ ordinò Antonella.
‘No!’
‘Mangia o da qui non esci!’
Flavia rifletté su quelle parole senza riuscire a trattenere un brivido. Cosa voleva dire che non l’avrebbero fatta uscire da lì? L’avrebbero forse sequestrata? Non conosceva bene la signora Antonella ma da come trattava le figlie e da quello che l’aveva costretta a fare non dubitava che vi potesse essere del vero in quella minaccia. Deglutì ed ingoiò il biscotto ‘generosamente’ offertole dai piedi della sua amica di studi.
Il sapore era disgustoso.
‘Com’è? Buono?’ chiese Fabiana con un sorrisetto.
‘No, fanno schifo, sono da gettare’
Antonella le sollevò il capo, le aprì la bocca con le mani e le sputò in gola.
‘Tu sei da buttare!’ disse fra le risate della figlia maggiore.
Flavia non se l’aspettava. Ingoiò tutta la saliva in un attimo, poi si sottrasse alla presa della donna e tentò di strisciare fino alla porta di casa. Fuori, via da quella gabbia di matti.
‘Fabiana!’ urlò Antonella ‘Riprendila!’
‘Subito, mamma’
La ragazza rincorse Flavia, la riprese dopo pochi metri e la bloccò saltandole letteralmente sulla schiena con i tacchi.
Flavia gridò di dolore ‘Lasciami! Fabiana, ti prego!’
‘Stai buona! Mamma non ti farà nulla’
Antonella si diresse verso Flavia, la superò e le si parò di fronte. La prese di nuovo per i capelli e le sollevò la testa, poi si scostò la gonna con l’altra mano e, sempre con la mano libera, fece scendere le mutandine al ginocchio.
Infine stampò la faccia della sventurata fra le sue gambe, muovendo ritmicamente il bacino da una parte e dall’altra.
‘Tira fuori la lingua e leccami’ ordinò ‘Fallo per bene e potrai andartene. Rifiuta e resterai per sempre al mio servizio’
Fabiana, ormai eccitata dalla crudeltà della madre nei confronti dell’amica, sottolineò quell’ordine prendendo le braccia di Flavia e torcendogliele dolorosamente dietro la schiena.
La poveretta leccò la vagina di Antonella come meglio poté, fra le lacrime e rossa in viso. La sua bella criniera castana era disfatta. La donna gustò ogni affondo della sua lingua. La guidò con la mano dietro la testa e le impose il suo ritmo, talvolta allontanandola, altre volte spingendola verso la propria intimità con tale forza da farla soffocare.
Il suo piacere infine si riversò nella bocca della ragazza come un torrente. Flavia lo bevve in parte e lasciò colare il resto lungo le guance ed il collo.
‘Sei stata bravina. Fabiana, lasciala. E tu torna a casa tua. Guai a te se parli con qualcuno di quanto è successo! Se spifferi qualcosa ti vengo a cercare e ti spezzo le gambe, hai capito?’ gridò la donna strizzando le gote di Flavia con una sola delle sue nerborute mani.
‘Apri bocca’ disse infine.
Flavia sapeva già cosa le sarebbe capitato ma non si oppose per la paura che provava nei confronti della signora Antonella. Aprì la bocca ed ingoiò lo sputo della donna.
‘Questo è per digerire meglio’ rise Antonella.
Quando si fu divertita le lasciò il viso. Lo stesso fece Fabiana dopo un attimo. Flavia cadde in avanti sul pavimento e gattonando come un bambino schizzò fuori dalla casa, seguita dalle risa di scherno della compagna e di quelle della donna.

Continua’

tom

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