Skip to main content
Racconti Erotici Etero

puttane

By 12 Dicembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

Maria e Renata si erano conosciute anni addietro all’università, al primo anno di psicologia, e si erano piaciute subito.
Da allora, anche se non abitavano insieme, visto che la prima divideva un modesto appartamento in affitto con altre due studentesse, mentre la seconda viveva in un grazioso monolocale, compratole dai suoi genitori, passavano gran parte del loro tempo libero insieme.
Con gli anni avevano praticamente mollato l’università anche se Maria non aveva ancora trovato il coraggio di dirlo ai suoi genitori, che continuavano a mandarle (pochi) soldi dal paese per aiutarla a mantenersi agli studi.
Entrambe si erano messe a lavorare.
Renata aveva trovato un posto stabile e ben retribuito come segretaria in un importante studio notarile.
Il suo aspetto, un bel viso ovale illuminato da due grandi occhi azzurri e circondato da una chioma bionda (naturale) e ondulata, l’aveva molto aiutata nel trovare quel lavoro, perché nello studio dell’avvocato, uno dei più importanti professionisti della città, tutto doveva essere perfetto ed elegante. Renata, con i suoi tailleur attillati quel tanto che bastava, faceva veramente una bellissima figura, certo, se si fosse tolta il vestito, il suo seno troppo piccolo ed il suo sedere stretto e piatto avrebbero rotto l’incantesimo, ma una simile eventualità non rientrava nei costumi di quel prestigioso studio legale.
Maria era tutto l’opposto: un viso non bellissimo, con il naso troppo grande e due occhi marrone che quasi sparivano dietro le lenti da miope che portava sempre.
Neanche i capelli, castani corti e lisci, contribuivano a valorizzare il suo aspetto, ma, anche se vestiva immancabilmente con jeans, magliette (l’estate) e maglioni (l’inverno), le sue forme sembravano voler schizzare fuori dalla stoffa.
Gli uomini se ne accorgevano, lei lo capiva bene dai loro sguardi e, tutto sommato, non ne era per niente dispiaciuta.

Quella sera si erano viste a casa di Renata, lo facevano spesso, perché, visto che viveva sola, potevano parlare tranquillamente di tutto quello che volevano, senza essere disturbate.
Il problema di Maria era sempre il solito: i soldi. Quello che le mandavano da casa bastava a malapena per l’affitto ed i mille lavoretti che si arrabattava a fare, dalla baby sitter alle ripetizioni private, la facevano sempre arrivare alla fine del mese con il fiatone e senza un soldo.
‘Fai presto tu a parlare, ma tu hai uno stipendio buono e sicuro tutti i mesi mentre io …’
‘Guarda che ci sono, diciamo, delle altre possibilità, un po’ particolari …’
Renata si era interrotta e la fissava con uno sguardo strano.
‘Una donna giovane e carina ha mille modi per …’
D’accordo, si erano bevute una birra grande a testa, mentre chiacchieravano, ma possibile che la sua migliore amica le stesse proponendo di arrotondare le entrate prostituendosi?
‘Renata, ma sei impazzita, ma tu mi ci vedi a fare la ‘ puttana?’
‘E perché no, guarda che non ti sto mica proponendo di battere il marciapiede. Insomma, non lo dire a nessuno, è un segreto, ma io ogni tanto, mi faccio qualche lavoretto extra, altrimenti tutti questi bei vestiti, con il mio stipendio me li sogno, visto che a casa mi hanno tagliato i viveri, quando hanno saputo che ho lasciato l’università.’
Maria non ci voleva credere: ma come, Renata, la sua migliore amica, si prostituiva regolarmente per comprarsi qualche bel vestito.
Le spiegò tutto per filo e per segno, aveva affittato un minuscolo appartamento in periferia, dall’altro capo della città, dove si incontrava periodicamente con degli uomini accuratamente selezionati.
Erano tutti abbastanza giovani, mai oltre i quaranta quarantacinque, di aspetto piacevole e disposti a pagare bei soldi per trascorrere qualche ora con lei.
Messa così sembrava meno brutta di come si era prospettata all’inizio e Renata riuscì a strapparle la promessa che ci avrebbe pensato seriamente.
Nei giorni successivi ci pensò tantissimo, giorno e notte, era praticamente diventato un chiodo fisso nella testa, cercava di immaginarsi mentre scopava con uno sconosciuto, la cosa la spaventava, ma tutto sommato un po’ la eccitava.
Si incontrarono dopo una settimana.
‘Allora, ti sei decisa?’
Renata era così, quando partiva con un progetto non mollava.
‘Senti io ne avrei uno questo pomeriggio, ma mi sento poco bene perché mi stanno per venire le mestruazioni, mi dispiace mandare a monte tutto, perché è uno dei miei migliori clienti. Potresti andarci tu.’
‘Cosa? Questo pomeriggio? Ma non sono pronta.’
‘Pronta? E che devi fare per prepararti. Smettila di cercare scuse. Hai tutto il tempo par andare lì, sistemarti, truccarti ed aspettare il cliente.
Dai, così mi salvi, perché oggi non so proprio come fare, e cominci pure ad aggiustare le tue finanze.’
Tanto disse e tanto fece che, alla fine, Maria si lasciò convincere.
Renata l’accompagnò con la sua auto. L’appartamento si trovava dalla parte opposta della città, in un quartiere periferico tranquillo.
Era un monolocale a piano terra, con un piccolo giardino, situato in una palazzina pulita ed anonima.
Si accedeva da un cancelletto separato, in modo da assicurare la necessaria privacy a Renata ed ai suoi visitatori.
‘Non puoi certo accoglierlo conciata così …’
‘… devi truccarti per bene …’
‘… e togliti ‘sti occhiali, madonna quanto sono brutti …’
Renata sembrava un fiume in piena ed a Maria non rimase altra scelta che assecondarla.
Alla fine si guardò nello specchio, avvicinandosi parecchio, perché senza occhiali non vedeva bene, e rimase stupita della metamorfosi.
L’amica le aveva fatto indossare una canottiera ed una gonna che teneva nell’armadio.
Le due ragazze più o meno erano alte uguali, ma i seni ed il sedere di Maria, decisamente più prominenti di quelli di Renata, sembravano letteralmente voler schizzare fuori dalla costrizione dei vestiti.
‘E smettila di tirarti giù ‘sta gonna?’
‘Ma mi si vede tutto …’
La gonna era molto corta e quando lei si muoveva si intravedeva l’elastico delle autoreggenti che Renata le aveva fatto indossare.
‘Si deve vedere, accidenti a te, non mi far fare brutta figura.’
Avevano discusso su ogni cosa, prima sulla biancheria perché Maria avrebbe voluto tenere mutandine e reggiseno.
‘Ma sei cretina? Non puoi metterti questa robaccia da bancarella, i miei reggiseni non ti entrano, e poi, accidenti, vorrei averle io due tette così. Stai tranquilla andrà molto meglio senza.’
Avevano continuato a battibeccare per il trucco.
‘E’ troppo pesante, è troppo volgare, sembro una …’
‘Ma oggi sei una puttana, non te lo scordare, dai, su, un po’ di scena bisogna farla.’
Alla fine Renata se ne era andata, lasciandola sola nell’appartamento, ad aspettare il suo primo cliente.
Maria fu tentata dall’idea di scappare, ma sì, pensò, adesso mi rimetto i miei vestiti e me la filo prima che il tizio suoni.
Proprio mentre stava per decidersi, suonò il citofono.
‘Tu sei ‘?’
‘… Sonia, sono ‘ Sonia.’
Per una sorta di prudenza, le era venuto in mente che sarebbe stato meglio dare un altro nome, e poi Maria non le sembrava un nome adatto ad una puttana, invece Sonia ‘
Renata aveva ragione, era un bel tipo, sulla quarantina, alto, fisico asciutto ed atletico, di aspetto curato e dai modi gentili.
Aveva l’aria di apprezzare il suo corpo, lei vedeva il suo sguardo che si intrufolava nella profonda scollatura del maglietta mentre bevevano qualcosa sul divanetto, Renata si era raccomandata di offrirgli qualcosa prima, per fare gli onori di casa, aveva detto.
Doveva aver capito che lei era agli inizi, chissà magari l’amica glie lo aveva pure detto, ed era stato molto paziente.
Alla fine, vedendo che la ragazza non si sbloccava, cominciò a carezzarle le gambe.
La gonna si alzò completamente scoprendo il suo ventre. Prima Renata l’aveva aiutata a sfoltire la ‘pelliccetta’ ed ora era ridotta un ciuffetto riccio e scuro, che sormontava il suo sesso roseo ed umido.
Accidenti, pensò Maria, comincio ad essere bagnata.
Si spostarono sul letto e lui si spogliò, mettendo i vestiti, piegati, sulla poltroncina vicino al comò.
Il momento più difficile fu quando lui le mise in mano un profilattico e le indicò il pene eretto, che aspettava.
Era sicura che sarebbe scappata in bagno piangendo, terminando lì la sua carriera di aspirante prostituta e invece filò tutto liscio.
Le sue dita si mossero agilmente come se fossero abituate a farlo tutti i giorni, il profilattico si srotolò perfettamente, lei lo fece calzare bene in ogni punto e alla fine, tenendoglielo saldamente in mano, indugiò nella presa, quel tanto sufficiente a farglielo drizzare completamente.
L’uomo allora la spinse sul letto, le allargò le cosce e le salì sopra.
Maria chiuse gli occhi e lo lasciò entrare, era stato tutto semplicissimo ed ora un uomo sconosciuto la stava scopando, mentre le mani, dopo aver frugato nella canottiera, affondavano nei suoi seni.
Lo senti gemere di piacere, mentre lo spingeva sempre più in profondità nella sua fica bagnata ed aperta.
Come è la fica di una puttana, si sciuperà per il troppo uso? Pensò preoccupata Maria, mentre lui raccoglieva le forze per l’assalto finale.
Avvertì che l’uomo si irrigidiva, nello sforzo, poi arrivarono le contrazioni ed il profilattico si gonfiò sotto la spinta degli zampilli di sperma, allora lei si lasciò andare completamente, non trattenendo più l’orgasmo ormai incontenibile.
Rimasero qualche minuto sdraiati sul letto, mentre lui fumava una sigaretta.
A Maria il fumo aveva sempre dato fastidio, ma l’uomo si era ben guardato dal chiederglielo, chissà, forse ad una puttana, anche se di lusso, non si riserva una simile cortesia.
Mentre lui lanciava nuvolette di fumo azzurrino verso il lampadario, lei pensò se era normale per una puttana raggiungere l’orgasmo durante un rapporto con un cliente, forse aveva sbagliato.
I suoi pensieri furono interrotti dalle parole dell’uomo che l’invitava a sedersi, a cavalcioni, sopra di lui.
Maria si abbassò con cautela, ma il pene dell’uomo, ‘foderato’ da un nuovo profilattico, fu inghiottito senza alcuno sforzo.
Allora cominciò a cavalcarlo furiosamente, aveva vinto ogni forma di timidezza e quello che contava era solo il piacere, si trattava di semplice e puro sesso, senza nessun’altra implicazione.
Si era appeso ai suoi seni e la costringeva ad aumentare il ritmo, mentre le strizzava ia capezzoli.
Alla fine le sue mani scivolarono in basso, stringendole forte le chiappe, e tenendola schiacciata contro il suo ventre, mentre si svuotava di nuovo dentro di lei.
Maria era stanchissima, pensò che era certamente un lavoro piacevole e ben pagato, però … accidenti che fatica!
Ma lui non aveva ancora finito, per tutto il tempo non aveva fatto altro che ripetere che aveva un gran bel culo ed ora lei se ne stava sdraiata, con il viso affondato nel cuscino e la gonna sollevata, mentre il suo primo cliente cercava di infilarglielo in mezzo alle chiappe.
Per fortuna era abbastanza abituata, perché anche il suo ragazzo gradiva il suo didietro, altrimenti avrebbe rischiato di farsi male, vista la foga con cui l’uomo lo spingeva e lo muoveva dentro di lei.
Così aspettò pazientemente che lui finisse, mentre con una mano, non vista, si masturbava.
Questa volta si ritenne soddisfatto.
Beh, pensò Maria, cercando di darsi un contegno, come prima volta, due scopate ed una inculata, non c’è male davvero.
Il tutto era durato un paio d’ore, il cliente, il primo cliente di Maria, dopo essersi lavato e rivestito se ne era andato.
Le aveva carezzato dolcemente le chiappe, poi lei aveva sentito lo scatto della serratura della porta di casa, che si richiudeva dietro di lui.
Non era accaduto nulla, si trattava di una fantasia?
I fazzolettini di carta sporchi ed i preservativi usati nel cestino della spazzatura, le dicevano di no, e poi c’erano i soldi sul comodino.
Tanti soldi, almeno per lei abituata a guadagnare poco.
Avrebbe dovuto sentirsi sporca, invece niente, anzi, stranamente, era soddisfatta, quasi felice, perché le era piaciuto. Era la prima volta in vita sua che si divertiva così tanto lavorando, e in due ore aveva guadagnato quello che riusciva a mettere da parte in un paio di settimane di lavoretti.
Impiegò parecchio tempo per mandare via ogni traccia di Sonia, giovane puttana di lusso, e far riaffiorare Maria, una ragazza come tante, occhiali spessi, solo un filo di trucco, jeans e maglietta, poi abbandonò l’appartamento. Maria se n’era stata tranquilla qualche giorno, dopo quella sua prima esperienza, poi Renata era tornata alla carica.
In fin dei conti non era stato così terribile, anzi, l’aveva trovato piacevole, e poi i soldi le servivano.
Così avevano preso a lavorare in società, nel senso che si alternavano in quel piccolo appartamento di periferia, dividendosi equamente soldi e clienti.
Maria, prudente per natura aveva però preso delle precauzioni, per evitare che qualcuno potesse riconoscerla. Sì, certo la città era molto grande e la sua amica diceva che c’era una possibilità su un milione di incontrare, in un’altra occasione, uno dei loro clienti, però lei non voleva rischiare.
Così aveva perfezionato l’identità di Sonia la puttana, aggiungendo una parrucca di capelli rossi e ricci e ricorrendo a delle lenti a contatto, perché, non potendo mettersi gli occhiali, tra l’altro decisamente ‘fuori parte’, voleva vederci bene durante i suoi incontri.
Sarebbe stato veramente difficile collegare quella ragazza poco appariscente, occhiali spessi, capelli castani lisci ed abbigliamento semplice e dimesso, con la rossa Sonia, provocante prostituta.
Si erano organizzate bene, ora abitavano insieme, nell’appartamento di Renata e, quando una era impegnata al lavoro, l’altra si occupava di prendere al telefono le chiamate dei clienti, che grazie ad un discreto passa parola, stavano crescendo di numero.
All’inizio Maria era un po’ preoccupata e si chiedeva se fosse normale che le piacesse così tanto, intendiamoci, le era sempre piaciuto scopare, ma il fatto di essere pagata per farlo, accresceva il suo godimento. Ne aveva parlato con l’amica e Renata si era fatta una gran risata: ‘Si vede che dentro eri veramente troia ed hai finalmente trovato la tua strada.’
E poi il fatto che degli uomini di aspetto niente male fossero disposti a sganciare un bel po’ di soldi per andare con lei, la faceva sentire orgogliosa, forse non era molto bello, ma non poteva fare a meno di provare ciò.
Ormai le ripetizioni e le serate passate a fare la baby sitter erano un ricordo remoto, lavorava poche ore, neanche tutti i giorni, ed il suo conto in banca cresceva miracolosamente.
Aveva anche imparato a risparmiare energie e quando andava nell’appartamentino in periferia, riusciva a mettere in fila, tra pomeriggio e sera, tre, anche quattro clienti.
Mentre si faceva la doccia, prima di tornare ad essere Maria e fare ritorno a casa, a volte pensava alle paure della prima volta (‘mi si sciuperà la fica a forza di usarla?’). Tutte stupidaggini, non si sciupava nulla, era fatta apposta per quello, e la usava davvero, quando prima di andar via svuotava il cestino in una busta di plastica, contava i preservativi, rimaneva stupita del numero e si diceva: ‘brava Sonia, anche oggi hai lavorato bene.’
Maria in quel periodo non aveva legami stabili, in passato aveva avuto diversi ragazzi ma ora era sola e, a pensarci bene, non sentiva la voglia di avere un rapporto stabile con un uomo, Renata invece era fidanzatissima.
Aveva conosciuto un giovane e brillante imprenditore, un cliente dello studio legale dove lavorava e faceva coppia fissa con lui, quando, beninteso, non era impegnata nel suo secondo lavoro.

‘Senti Maria, io mollo tutto.’
‘Come sarebbe a dire, sei impazzita?’
La notizia era arrivata come un fulmine a ciel sereno e Maria non riusciva a capire cose fosse capitato alla sua amica.
‘Mi sposo, Andrea mi ha chiesto di sposarmi, gli ho detto di sì e non vedo come potrei continuare a fare quello che faccio, il lavoro dall’avvocato e ‘ tutto il resto.’
Maria, provò a convincerla, era preoccupata, perché temeva di non farcela da sola, di non essere all’altezza, ma Renata fu irremovibile, riuscì solo ad ottenere un abbandono graduale, in modo da darle la possibilità di organizzarsi.
Mancavano sei mesi al matrimonio e lentamente Maria cominciò ad aumentare i suoi turni, ora lavorava tutti i giorni e la sua amica le dava solo un po’ di aiuto sporadico.
I soldi aumentavano ma la fatica e la stanchezza cominciavano a farsi sentire.
Quando mancavano due settimane al matrimonio, Renata mollò completamente, lei, che non aveva mai avuto paura di nulla, cominciava ad essere presa da mille paranoie, ‘e se qualcuno scopre la mia identità ed Andrea lo viene a sapere? sarei rovinata, no, no, non posso rischiare. Proprio ora, ti rendi conto?’
Purtroppo Maria non poté andare al matrimonio dell’amica, perché, due giorni prima della cerimonia, suo padre fu colpito da un infarto e lei fu costretta a partire in fretta e furia, abbandonando anche il suo redditizio lavoro.
Riuscì soltanto a sentire per telefono la sua amica, ma dalla voce, avvertiva che c’era qualcosa che non andava. Provò a farla parlare, ma Renata era agitata e reticente, rispondeva a monosillabi e non sembrava avere intenzione di svelarle la causa dei suoi problemi, così decise di rimandare tutto al suo rientro, sicura che a quattrocchi si sarebbe confidata con la sua migliore amica.
Al suo rientro in città non si incontrarono subito, perché nel frattempo Renata era partita per un lungo viaggio di nozze e poi c’erano un mucchio di cose da fare: riprendere il lavoro lasciato indietro, placare i malumori di una parte della clientela che preferiva la bionda alla rossa, oltre a dover risistemare l’arredamento dell’appartamento in cui viveva, e che Renata le aveva lasciato dopo essersi sposata. Lo aveva visto all’ingresso in chiesa ed il suo cuore, per un attimo, si era fermato.
‘Questo è Fernando, il mio socio in affari ed il mio migliore amico.’
Lui non aveva tradito la minima emozione, ma Renata era certa che l’avesse riconosciuta.
Se lo sentiva da tempo che sarebbe successo e, immancabilmente, la tegola che le avrebbe rovinato la vita, era arrivata, proprio sul più bello.
Ora Fernando avrebbe preso sotto braccio il suo Andrea e gli avrebbe detto piano in un orecchio ‘ma lo sai che stai per sposarti una puttana?’
Finita, rovinata, e si era pure licenziata dal lavoro presso l’avvocato!
Ma proprio il socio del suo futuro marito, doveva essere uno dei suoi clienti!
Aveva vissuto tutta la cerimonia in chiesa come un incubo, aspettando che, da un momento all’altro, accadesse l’irreparabile.
Quando il prete pronunciò la frase di rito: ‘chi è a conoscenza di qualche impedimento per il quale quest’uomo e questa donna non dovrebbero unirsi in matrimonio, parli ora o taccia per sempre?’, Renata era sicura che nel silenzio della chiesa, gremita di invitati, Fernando si sarebbe fatto avanti ed avrebbe detto al suo amico ‘non puoi sposare questa donna perché è una prostituta, una lurida puttana che vende tutti i giorni il suo corpo’.
Si immaginò il brusio, prima di sorpresa e poi di disapprovazione, che si faceva sempre più forte, mentre lei abbandonava la chiesa sola e con la testa china.
Non accadde nulla.
Forse non l’aveva riconosciuta, magari era uno di quegli uomini che non fanno molto caso alla faccia della partner, quando vanno con una puttana, oppure l’aveva riconosciuta ma non aveva voluto rovinare la festa al suo amico.
Poteva fare mille congetture, ma, in ogni caso, poteva solo aspettare e sperare.
L’attesa era durata poco.
Il banchetto si era svolto in campagna, in una grande azienda agrituristica, e nel pomeriggio, quando gli ospiti, stremati dal troppo mangiare e dal troppo bere si erano sparpagliati per la tenuta, lui si era avvicinato.
Le aveva solo fatto un breve cenno di seguirlo e Renata, tenendosi a distanza, aveva ubbidito.
Avrebbero parlato e così avrebbe capito quale sarebbe stata la sua sorte.
Entrò in una serra abbandonata, con i teli in parte strappati e lei lo seguì.
Non fu di molte parole, si limitò a sbottonarsi i pantaloni, tirarlo fuori e fare cenno a Renata di avvicinarsi.
Quando lei gli fu di fronte le posò una mano sulla testa e la spinse giù costringendola ad inginocchiarsi.

‘Capisci Maria? Che bastardo, gli ho dovuto fare un pompino, il giorno del mio matrimonio!’
Ora Maria comprendeva perché la sua amica, quando l’aveva sentita per telefono era così strana.
Quello che doveva essere il giorno più bello della sua vita, si era trasformato in un incubo.
‘Quando ho finito, prima di farmi rialzare, mi ha pure scattato un paio di foto con il telefonino, con la bocca ancora impiastrata del suo sperma.’
Le foto, dopo un po’ di giorni, glie le aveva pure recapitate sul cellulare. Erano scattate con un telefono di ultima generazione, nitidissime, ben illuminate dal flash a led, il vestito, l’atteggiamento e la roba che le colava dalla bocca, sbavandole il trucco, dicevano chiaramente che la sposa, aveva appena fatto un pompino a qualcuno.
Era un’arma di ricatto terribile, le avrebbe potuto chiedere qualsiasi cosa.
‘Dai Renata, magari non succederà nulla, dopo quella volta ti lascerà in pace’, le disse Maria, anche se era poco convinta.
‘No, non mi lascerà in pace, perché non mi ha lasciata in pace.
Proprio ieri sera, approfittando che Andrea era fuori per lavoro, mi ha telefonato e mi ha detto di raggiungerlo in ufficio.
Era tardi e non c’era nessuno.
Mi ha fatto piegare sulla sua scrivania, mi ha alzato la gonna, abbassato le mutandine e me lo ha ficcato in culo, senza preservativo.
Mi diceva che era comodo avere a disposizione, gratis, una troia di classe come me, faceva avanti e indietro tra le mie chiappe, ed ha smesso solo quando mi ha riempito di sperma.
Poi, non ancora soddisfatto, si è seduto sulla sua maledetta poltrona di pelle, e mi ha ordinato di pulirglielo.
Puzzava da fare schifo e mi veniva da vomitare, mentre, inginocchiata, con la testa tra le sue gambe, glie lo succhiavo, ma non c’è stato nulla da fare, ho dovuto continuare fino a che gli è tornato duro e non mi ha lasciata andare finché non ho finito il pompino.
Mi ha detto che ci vedremo spesso, capisci? Sono nella merda.’
Era veramente una brutta situazione, il socio di suo marito, avrebbe potuto fare ciò che voleva della povera Renata, al limite, se avesse voluto le avrebbe pure potuto chiedere soldi, oltre a costringerla a fare sesso con lui tutte le volte che voleva.
Era passata dal fare la puttana libera ed indipendente ad essere una schiava. Maria aveva continuato tranquillamente il suo lavoro, mentre Renata, poverina, era spesso costretta ad andare con il socio del marito.
Si vedevano due o tre volte a settimana e lei non aveva alcuna possibilità di opporsi.
Era la sera di un Venerdì e Maria era particolarmente stanca, perché aveva avuto molto da fare, con clienti particolarmente in vena, e non vedeva l’ora di tornare a casa e mettersi in pantofole davanti alla TV.
Si era lavata e cambiata, così ogni traccia di Sonia era sparita dal suo viso, via il trucco vistoso e la parrucca rossa, via anche le lenti a contatto sostituite dagli occhiali.
Ora indossati i soliti jeans e la solita maglietta era pronta a tornare a casa sua.
Non aveva fatto caso all’uomo, seminascosto nell’ombra vicino alla porta di casa ed era rimasta sorpresa quando si era sentita afferrare e spingere di nuovo dentro l’appartamento, proprio mentre stava per chiudere la porta.
Non era uno dei suoi clienti, si trattava di uno sconosciuto dall’aspetto rozzo e volgare, vestito in maniera ordinaria.
Capì subito di essere nei guai e non provò neanche a gridare.
‘Allora, signorina, ma davvero credevi di poter lavorare da sola?’
L’aveva sbattuta sul letto e stava armeggiando con la lampo dei jeans, mentre Maria cercava di scalciare per tenerlo a distanza.
Le abbassò i pantaloni fino alle ginocchia e la girò tenendole il ventre premuto contro il materasso.
‘Se vuoi lavorare in questa zona, devi dividere con me, hai capito?’
Le gridò mentre le strappava violentemente le mutandine.
Il rumore sinistro del tessuto che si lacerava la riportò completamente alla realtà.
Accidenti, non aveva mai considerato questa possibilità, lei e Renata non avevano mai pensato che qualcuno potesse sfruttare il loro lavoro, praticato discretamente, al riparo di un appartamento anonimo, e con l’ingresso indipendente dalla palazzina in cui si trovava.
Maria gridò quando l’uomo glie lo ficcò brutalmente tra le chiappe ed iniziò a spingere.
‘Stai buona, o ti devo tagliare la gola per farti stare zitta?’
Lei capì che non era proprio il caso di scherzare e si mise tranquilla, sperando che l’incubo terminasse presto e l’uomo se ne andasse, lasciandola in pace.
Si lasciò allargare le cosce, senza protestare, lo sconosciuto lo spinse più in fondo ed aumentò il movimento.
Fu una faccenda rapida, l’uomo alla fine si ritrasse lasciandola con l’ano indolenzito e pieno di sperma.
Ora mi frega i soldi e se ne va, non sarà certo una tragedia, pensò Maria, invece non era ancora finita.
‘Sta’ ferma, non ti muovere, hai qualcosa di fresco da bere?’
‘in frigo ‘ le birre …’
Tornò subito, Maria aveva girato la testa di lato e lo vide aprire una bottiglia di birra con i denti, poi salì di nuovo sul letto.
‘Sta’ giù, non ho finito con te.’
‘Buona questa birra, bella fresca.’
Si è fresca, bevila e vattene al diavolo, bastardo, pensò lei, ma fu interrotta da una sensazione spiacevole di freddo in mezzo alle chiappe.
Il collo della bottiglia fu spinto a forza nel suo ano ancora parzialmente dilatato e Maria gridò di nuovo.
‘Stai zitta, o te la ficco tutta nel culo?’
La spinse dentro un bel po’, lei sentì lo sfintere costretto ad allargarsi, quando, finito il collo stretto e lungo, arrivò la parte più larga della bottiglia.
‘Su brava così, adesso tirati un po’ su.’
La fece sollevare con il busto in verticale e la testa all’ingiù, in modo che la bottiglia si trovasse dritta, con l’apertura orientata verso il basso.
La birra gelata, rimasta nella bottiglia si riversò dentro di lei, Maria provò a dimenarsi, ma l’uomo la tenne ferma, finché la bottiglia non fu completamente vuota.
‘Allora, da oggi lavori per me, tutte le sere passerò a prendere la mia parte, e non provare a scappare, perché saprei dove trovarti.
Non tentare di fregarmi altrimenti …’
Maria sentì che tirava via la bottiglia, poi udì il rumore di vetri infranti e si tirò su di colpo.
L’uomo brandiva la bottiglia per la parte posteriore, dopo averne spezzato il collo.
‘… se provi a farmi qualche scherzo, ti ficco una bottiglia rotta nella fica e ci rovisto dentro finché mi va, ti assicuro che se riesci a raggiungere in tempo l’ospedale per farti ricucire, dopo lavorerai solo con il culo.
Si è fatto tardi, dammi i soldi, dove sono, nella borsetta?’
Maria terrorizzata, riusci solo a far cenno di sì con la testa.
L’uomo si prese tutti i soldi tranne una banconota da cinquanta, che infilò nella scollatura della ragazza, conficcandola bene in mezzo ai seni e se ne andò sbattendo la porta in malo modo.
Maria ci mise parecchio per riprendersi, questa volta aveva veramente rischiato la vita.
Stava ragionando in fretta, ora la cosa più importante era raggiungere casa sua, evitando che il tizio potesse seguirla.
Aveva detto che sapeva dove trovarla, ma non ci credeva, sicuramente aveva bluffato, perché non c’era nessun indizio che potesse legare quell’appartamento a dove lei abitava.
Doveva fare presto, nel caso quell’uomo tornasse. Andò in bagno, finì di rompere lo slip lacerato e si tirò su i jeans. Al diavolo, si sarebbe lavata dopo, al sicuro a casa sua.
Mise tutte le sue cose, cioè i vestiti da lavoro, gli accessori per il trucco ed i preservativi, in un borsone, ed abbandonò di corsa l’appartamento. A cento metri c’era una stazione dei taxi, per una volta non avrebbe preso l’autobus.
Durante il tragitto si guardò spesso indietro, per vedere se qualche auto li seguiva, ma alla fine si convinse che il tizio se ne era andato.
Per sicurezza non fece fermare il taxi di fronte a casa sua, ma sulla via parallela, davanti ad un grosso edificio a corte, che aveva due ingressi.
Si rintanò in un angolo del giardino ed aspettò parecchi minuti, ma non arrivò nessuno.
Solo allora si rimise in cammino, uscì dall’ingresso posteriore, traversò la strada ed entrò nel portone di casa sua. la mattina successiva all’aggressione subita da Maria, lei e Renata si incontrarono.
Maria mise la sua amica al corrente di tutto e discussero a lungo su cosa fare.
L’appartamento ‘di lavoro’ era bruciato, su questo non c’erano dubbi, per nessun motivo al mondo ci avrebbe più rimesso piede.
Ora bisognava capire se quell’uomo potesse rintracciare Maria in qualche maniera.
Per fortuna nella borsetta, non c’era nulla, tipo un documento, che potesse permettergli di risalire a lei, quando si era messo a frugare alla ricerca dei soldi.
L’aveva vista in faccia, nella sua tenuta normale, con occhiali e senza trucco, ma, provare a rintracciarla, in una città così grande, sarebbe stato come cercare un ago in un pagliaio.
Secondo punto, come aveva saputo dell’attività che si svolgeva lì.
Se la talpa, magari involontaria, era uno dei clienti, questo avrebbe significato buttare via il lavoro fatto fino ad allora e ricominciare da capo, un autentico disastro, che avrebbe richiesto un mucchio di tempo per ricrearsi la clientela.
Decisero di comune accordo che il tizio doveva aver saputo, magari dal portiere, che lì c’era parecchio movimento di uomini e che quindi dovevano esserci delle puttane al lavoro, così aveva fatto l’irruzione.
Quindi, la cosa più ragionevole da fare era cercare un altro appartamento, in un’altra zona, ed avvertire tutti i clienti del cambiamento.
Certo, Maria avrebbe lavorato meno tranquilla, sapendo che c’era in giro uno pronto a ficcarle nella fica una bottiglia rotta ‘ solo a pensarci si sentiva male.
Poi passarono a parlare di Renata.
Era molto abbattuta, perché il socio del marito continuava a tormentarla.
I loro incontri erano molto frequenti e le riservava un trattamento violento ed umiliante.
Si erano incontrati anche a casa di lei, quando il marito era fuori per lavoro, e in quelle occasioni le aveva scattato diverse foto, facendo in modo che si vedesse bene la casa, ma non il partner.
Si era portato appresso una reflex digitale ed aveva ripreso con cura una serie di dettagli in primo piano, tipo la sua fica allargata dopo un evidente rapporto sessuale, la sua bocca aperta piena di sperma e, per finire in bellezza, il suo culo con prima piantato un enorme cazzo di gomma e poi senza, inquadrando bene il buco spalancato, per mostrare ‘quanto sei rotta in culo’, le aveva detto mentre le faceva vedere le immagini sul display della macchina fotografica.
Insomma Renata era completamente incastrata, se per caso il marito avesse sopportato il pompino il giorno delle nozze, un simile servizio avrebbe comportato la rottura immediata del loro matrimonio, con relativa cacciata e rovina economica.
Bisognava fare qualcosa, ma non riuscivano ad immaginare un’azione risolutiva, per fermare il terribile ricatto, l’unica era aspettare, sperando che si stancasse.
Intanto Maria aveva ripreso regolarmente il suo lavoro. L’appartamento era carino e dotato di video citofono, per evitare di aprire a sconosciuti.
Dopo qualche giorno la chiamò di nuovo Renata, era disperata, piangeva e singhiozzava.
Le aveva telefonato Fernando, il socio del marito che la ricattava, ingiungendole di recarsi subito a casa sua.
Non era solo, con lui c’erano altri quattro uomini, che si erano sollazzati con lei per tutto il pomeriggio.
‘Maria, non ce la faccio più, mi hanno scopata a turno per tutto il pomeriggio, spesso in contemporanea, uno avanti e l’altro dietro, mentre un terzo me lo ficcava in bocca.
Sono letteralmente a pezzi, e questa sera devo andare a cena fuori con mio marito.’
La cosa che più dava fastidio a Renata era la costrizione, mentre prima era una donna che liberamente aveva deciso di prostituirsi per vivere in maniera agiata, ora era una schiava costretta a sottostare alle angherie del ricattatore, che era ormai diventato il suo padrone.
Maria ripensò con terrore all’aggressione subita tempo prima: se fosse riuscito a rintracciarla, anche lei sarebbe diventata una schiava, e probabilmente di tipo peggiore, visto i modi violenti e crudeli di quell’uomo.
‘Basta, questa volta mi arrendo!’
‘Come sarebbe a dire?’
Erano passate poche settimane e Fernando, il socio del marito, non si era affatto stancato e continuava a costringere Renata ad avere rapporti con lui e con altre persone.
Lei si era convinta di non avere altra possibilità che confessare ogni cosa al marito.
Avrebbe accettato la separazione senza pretendere nulla e poi ‘
‘Ti andrebbe di lavorare insieme, come i primi tempi?’
Ma certo, Maria era molto affezionata a Renata ed era stata proprio lei a tirarla fuori dalla vita di stenti che faceva prima, però trovava assurdo arrendersi senza combattere.
‘E se proviamo ad incastrarlo?’
‘Cioè?’
‘Se fosse ripreso mentre va con una prostituta, si potrebbe attuare un contro ricatto. E’ sposato?’
‘Sì Maria, ha moglie e figli.’
Fernando non conosceva Maria alias Sonia, perché aveva frequentato il vecchio appartamento prima che lei iniziasse a lavorare, quindi, non avrebbe avuto motivo di collegarla con Renata.
‘Sì, si può tentare, ma forse non avrà molta voglia di farsi qualche scopata a pagamento, visto che può farlo gratis con me.’
‘Troveremo il momento giusto, vedrai.’

L’occasione si manifestò quando Renata ed il marito partirono per una vacanza di due settimane in estremo oriente.
‘Vedrai che l’astinenza lo renderà più vulnerabile.’
Renata era riuscita a sapere gli spostamenti del socio di suo marito per quel periodo e scelsero, per il ‘colpo’, l’occasione di un convegno di tre giorni, in una città del nord.
Maria annullò gli appuntamenti per quel periodo e raggiunse il luogo del convegno con un giorno d’anticipo.
Nella valigia aveva sistemato tutta l’attrezzatura necessaria: due minuscole videocamere HD con collegamento wireless ed un computer portatile, in cui registrare le immagini.
Fu più facile del previsto, visto che nell’albergo, che era anche sede del convegno, giravano poche donne e scarsamente interessanti per un maschio giovane in crisi d’astinenza da fica.
Lo tenne d’occhio per il primo giorno, non poteva non notare una rossa giovane e ben fornita delle cose giuste nei punti giusti, lei, intanto, si limitava a girargli intorno, aspettando che fosse lui a farsi avanti.
Il secondo giorno Fernando, appena la vide nella hall, puntò dritto verso Maria/Sonia.
Era un tipo arrogante e sicuro di sé, che andava subito al sodo, convinto di poter comandare su chiunque, Maria gli diede un po’ di spago ma senza esagerare.
La conversazione camminava su un filo sottile, tra allusioni e sottintesi, finché lui, stanco di perdere tempo, le disse chiaramente che aveva intenzione di andare a letto con lei.
‘Cara signorina, è inutile che meniamo tanto il can per l’aia, credo che una sana scopata sarebbe la soluzione migliore per entrambi.’
Pensava di averla spiazzata, invece la risposta della ragazza, lo prese completamente di sorpresa.
‘Sempre che lei se lo possa permettere, intendo economicamente.’
Accidenti, una puttana, aveva beccato una puttana, non se lo sarebbe aspettato in un albergo di quel livello, chissà, magari era lì per qualcun altro, che le aveva dato buca, ed ora stava cercando di rientrare delle spese.
Ormai era in ballo, non poteva certo ritirarsi adducendo motivazioni morali, visto come aveva condotto la conversazione, meno che mai rinunciare a causa dei soldi, sarebbe passato per un morto di fame e questo non lo poteva sopportare.
Ma che si crede ‘sta stronzetta, ne posso pagare dieci come lei, l’ho fatto per un mucchio di tempo, per chi mi ha preso?
Estrasse con gesto rapido il portafogli di pelle pregiata dalla giacca e lo aprì quel tanto sufficiente da mostrare la cospicua imbottitura di banconote da 50 e 100 euro.
Maria sorrise e gli sussurrò nell’orecchio ‘stanza 521, questa sera alle 10’.
Scelse con cura l’abito e passò molto tempo a truccarsi, era il cliente più importante di tutti, almeno per la sua amica. Fece partire le videocamere che aveva nascosto una sopra la tenda della finestra del balcone e l’altra sul supporto dell’abat-jour e provò ad assumere diverse posizioni sul letto.
In qualsiasi caso, almeno una delle telecamere avrebbe ripreso una delle due persone in faccia.
La qualità era impeccabile, anche con poca luce e avrebbe documentato tutto, incluso il pagamento finale.
Bussò alla porta alle dieci in punto e quando Maria gli venne ad aprire, il suo sguardo si soffermò a lungo sulla microgonna che copriva a malapena le sue chiappe sode e sporgenti.
Subito dopo ci si soffermarono le sue mani.
La spinse sul letto rudemente.
‘Aprimi i pantaloni e fammi un pompino.’
Bene, gli piaceva fare l’uomo duro, lo avrebbe accontentato.
Aveva un discreto arnese, grande e già bello duro.
Maria si aprì la camicetta, si abbassò e se lo mise in mezzo alle tette.
Il mugolio di piacere dell’uomo le fece capire che stava apprezzando il trattamento.
Ad un certo punto la scostò bruscamente e le strinse forte i capezzoli tra pollici ed indici.
‘Ora comincia a succhiare, troia.’
Maria strillò, ma lui non mollò la presa, finché le sue labbra non furono ben serrate intorno al suo cazzo.
Non le piaceva la brutalità con cui la stava trattando, evidentemente aveva fatto l’abitudine alla situazione con Renata, che, poverina, era costretta ad abbozzare.
Dai Maria, tieni duro, non mandarlo a quel paese, fallo per la tua amica, alla fine ci sarà da divertirsi.
Decise di tirarlo fuori dalla sua bocca, proprio sul più bello, impiastrandole la faccia.
‘Non ti azzardare a pulirti, a me le troie piacciono piene di sperma.’
Per fortuna di clienti così glie ne erano sempre capitati pochi.
Tolse soltanto il grosso dagli occhi.
‘Girati, ora, che voglio sfondarti il culo.’
Maria lo guardò fisso con aria di sfida, sapeva bene che a quel tipo di uomini piaceva un po’ di resistenza, si sarebbe eccitato di più e lei avrebbe ceduto prima che rischiasse veramente di farle male.
Faticò un po’ a metterla a pancia in giù e Maria smise di dimenarsi solo quando lui la sculacciò violentemente sulle chiappe nude.
Si lasciò andare, sentì le mani dell’uomo che le allargavano le chiappe, poi il pene che forzava lo sfintere e si incuneava lentamente nel suo corpo, allora prese a muoversi leggermente.
L’effetto fu immediato: lo sentì gonfiarsi e crescere dentro di lei mentre l’uomo iniziava a muoversi convulsamente, tenendo le mani affondate nei fianchi di Maria.
Non aspettò la fine, ad un certo punto lo tirò fuori e si sdraiò sul letto.
‘Troia, vieni qui ad impalarti sul mio uccello.’
Maria ubbidì, si dispose a cavalcioni e si abbassò lentamente, guidando,con le mani, il pene dell’uomo nella sua fica.
Lo cavalcò a lungo, mentre pensava che la ripresa, con le sue tette che ondeggiavano a causa del movimento, sarebbe stata di grande effetto.
Si fermò solo quando lo sentì venire.
‘Togliti ora, che è tardi ed ho da lavorare.’
Si alzò bruscamente ed andò in bagno.
Dopo aver gettato via il preservativo, si diede un’asciugata sommaria con un asciugamano e si rivestì.
‘Non dimentichi nulla?’
Era già sulla porta.
‘Ah già, i soldi per il tuo lavoro da troia. Ecco qua.’
Con aria sprezzante contò le banconote, le mise insieme e ne fece un piccolo cartoccio.
‘Voltati ora.’
Le ficcò in mezzo alle chiappe il cartoccio e se ne andò dicendole ‘ci vediamo domani alla stesa ora.’
La mattina dopo, prestissimo, Maria lasciò l’albergo, la vendetta stava per consumarsi. L’incontro tra Renata e Fernando, il socio del marito, fu molto interessante.
Quando lui le telefonò, ordinandole di venire in ufficio, perché aveva voglia di un pompino.
Lei replicò che si sarebbero incontrati fuori, perché aveva una cosa molto importante da dirgli.
Si videro in una gelateria frequentata, che aveva molti tavoli all’aperto.
Era il posto ideale per dare una brutta notizia ad un uomo arrogante e prepotente, senza correre il rischio di serie conseguenze fisiche.
Maria assistette alla scena da lontano, e non riuscì a sentire le parole, ma le espressioni dell’uomo erano molto eloquenti.
Quando Renata gli mise sotto il naso l’album con una trentina di immagini ricavate dal filmato, fece prima una faccia stupita, poi fu preso da un attacco di collera furiosa: parlava in maniera concitata, stringendo spesso i pugni e, alla fine provò a strappare le foto.
‘Questo è solo un piccolo assaggio di tutto il materiale in mio possesso, c’è un filmato lungo e nitidissimo, che documenta la tua prodezza, e che tua moglie potrebbe trovare molto interessante.
Se non l’hai capito, è finita qui, ognuno per conto suo, e, se in futuro avrai voglia di scopare, dovrai rivolgerti a qualcun’altra.’
Fernando se ne era andato via furioso, lasciando sul tavolo la granita di caffè a metà e le foto.
Renata aveva pagato il conto e se ne era tornata a casa tranquilla.
Finalmente questa brutta storia era finita, almeno lei credeva.

Il detective era un tipo losco, un ex poliziotto che era stato costretto a licenziarsi per una brutta storia di droga e prostituzione, ma aveva molti agganci e sapeva il fatto suo.
Lo aveva usato altre volte per faccende in cui serviva qualcuno disposto a sporcarsi le mani, senza fare troppe domande.
Veramente in questo caso, di domande ne aveva fatte.
‘Caro signore, non è che io mi voglia impicciare dei fatti suoi, ma se vuole che le trovi questa donna, non mi bastano un paio di foto, devo avere delle informazioni.’
Fernando si era messo in testa di trovare la troia che lo aveva incastrato, per fargliela pagare, insieme a Renata, beninteso.
‘Va bene, adesso andiamo meglio, terrò d’occhio la bionda, per arrivare alla rossa.’
Si era fatto vivo dopo due settimane.
‘Allora, la rossa non è schedata come prostituta, almeno i miei ex colleghi della buoncostume non la conoscono.
La bionda è una persona importante, è moglie di un pezzo grosso, ma questo lei sicuramente già lo sa.
Non ha alcun rapporto con il mondo della prostituzione, anzi, ha in assoluto molti pochi rapporti.
Sono riuscito a mettere il suo telefono sotto controllo, mi è costato un mucchio di soldi ed ho scoperto che si sente spesso con un’amica, una certa Maria, l’ho seguita un giorno che dovevano incontrarsi e ‘ bingo, come dicono gli sbirri americani, ecco la rossa.’
Gli mise sotto il naso un paio di foto, scattate con il teleobiettivo, che riprendevano Renata e Maria insieme.
‘Ma non è lei, è castana, con i capelli lisci e porta degli occhiali spessi, si più o meno di corpo era così, ma non può essere lei.’
‘Ho fatto lo sbirro per tanti anni e un po’ d’occhio l’ho acquisito. Guardi questa, non sono bravissimo con Photoshop, ma credo sia sufficiente.’
Era una foto identica a quelle precedenti, solo che la ragazza a fianco di Renata, aveva ora i capelli rossi e ricci e gli occhiali erano spariti.’
Un piccolo lavoro di ritocco e l’identità della rossa misteriosa era stata svelata.
Fernando pagò l’investigatore, si prese la cartellina con le foto ed i dati di Maria e gli disse che avrebbe avuto bisogno ancora dei suoi servigi.

‘Qualcuno ci sta seguendo. Ne sono sicura.’
‘Dai Maria, rilassati, chi dovrebbe mai seguirci, quello stronzo di Fernando, o il fantasma della bottiglia rotta?’
‘Renata, non scherzare su queste cose ‘ ecco, guarda ora, quella grossa berlina nera, è un po’ che ci sta dietro.’
Renata guardò nello specchietto e, proprio in quel momento, un furgone sbucato da una traversa, si piazzò dietro la sua utilitaria.
‘Non vedo niente …’
‘Aspetta!’
Il furgone svoltò a sinistra e comparve dietro una grossa berlina scura.
‘Sei sicura?’
‘Sì, è un pezzo che ci sta dietro, svolta a destra, vediamo se ci segue.’
Renata sterzò bruscamente ed entrò in una strada stretta e male illuminata.
Era una serata autunnale, fredda ed umida e, la pioggerellina fitta che scendeva, rendeva difficoltosa la visibilità.
‘Accidenti a me che ti ho dato retta, mi hai fatto infilare in una strada cieca, ora dovrò fare manovra per tornare indietro.’
Quando Renata, dopo aver litigato un po’ con la leva del cambio, riuscì ad innestare la retromarcia, si girò e si accorse che l’auto nera le aveva seguite anche lì.
Accadde tutto in un attimo, sentì il rumore sordo del paraurti della grossa berlina che si appoggiava bruscamente su quello della sua utilitaria, poi vide aprirsi gli sportelli ed uscirne due uomini che corsero verso di loro.
Renata fu strappata via dal posto di guida e trascinata nell’altra auto, mentre Maria, prima ancora di capire cosa stesse accadendo, si ritrovò in macchina con due sconosciuti, uno seduto al posto di guida e l’altro dietro di lei.
Le due auto ripartirono velocemente e nessuno tra i rari passanti e gli altri automobilisti, si accorse dell’accaduto.
Maria cercò di tenere a mente l’itinerario, chissà, forse, in seguito, sarebbe stato utile, ma non era facile, con il buio, capire dove stessero andando.
Il tragitto durò una mezzora e le due amiche furono fatte scendere in un posto isolato, in prossimità di quella che, almeno dal colore rossiccio, sembrava una casa cantoniera in disuso.
Uno di quegli sconosciuti sollevò una pesante saracinesca di metallo mentre altri due provvedevano a trascinarle all’interno.
In quello che doveva essere stato un magazzino o un autorimessa per i mezzi dell’Anas, c’erano diverse persone.
Uno in particolare, in piedi vicino al muro, in prossimità dell’angolo opposto all’entrata, sembrava molto interessato al loro arrivo.
Maria lo osservò solo per un attimo, perché lui si ritrasse prudentemente nell’angolo più buio dello stanzone, ma, per quel poco che era riuscita a vederlo, era quasi sicura che si trattasse di Fernando, il tipo che avevano appena incastrato.
Per un attimo pensò che erano veramente in un guaio grosso, molto grosso, chissà forse sarebbe stato meglio incontrare il tizio con la bottiglia?
Beh, dai, adesso non esagerare.
Cercò di osservare i presenti, in tutto c’erano una decina di persone, compresi i quattro che le avevano sequestrate, tutti uomini, tutti grossi, dall’aria rozza e poco amichevole, a parte una donna alta e grassa, seduta su una sedia sgangherata, con la pelle scurissima ed una gran capigliatura di capelli ricci, che iniziavano a farsi grigi.
‘Don Antonio, vi abbiamo portato queste due ragazze, che stanotte lavoreranno per voi.’
Don Antonio, doveva essere quello più anziano, seduto davanti al grosso bancone di metallo, sudicio e scorticato.
Dal tono deferente con cui chi aveva parlato gli si era rivolto, doveva trattarsi del capo.
Qualunque cosa avessero in mente, non doveva trattarsi di nulla di buono.
‘Va buo”, disse con un pesante accento campano, ‘prima però ci diamo ‘na bella stappata, magari non è necessaria, ma male non fa’, concluse con una risata sgangherata che mise in mostra i denti radi, storti e giallastri. Due di quegli uomini presero Renata alle spalle, le bloccarono le braccia e la sollevarono da terra, mentre la negra si avvicinava.
La ragazza cominciò a gridare e scalciare disperatamente, quando le manone nere della donna si infilarono sotto la sua gonna, mentre Maria, paralizzata dal terrore, non poteva far altro che osservare la scena.
Le strappò con violenza calze e mutandine, denudandole completamente le gambe lunghe e magre.
Si fermò quando rimasero soltanto pochi brandelli appesi agli stivali.
Intanto uno degli uomini che le avevano rapite, dopo essersi aperto ed abbassato i pantaloni, stava aprendo una confezione di preservativi.
Le intenzioni di quel gruppo di persone erano chiarissime.
Presero Renata alle spalle e la sollevarono di peso avvicinandola all’uomo che intanto si era infilato il preservativo e giocherellava con il suo pene eretto.
La ragazza gridava disperatamente ma tutte le persone intorno a lei, sembravano quasi divertite dallo spettacolo.
Quando fu sufficientemente vicina, l’uomo l’abbrancò forte, mentre la negra la costringeva ad allargare le ginocchia.
A questo punto la fecero scivolare verso il basso e Renata si infilzò letteralmente.
Fu allora che Maria, si accorse che da dietro il gruppo delle persone che stava assistendo allo spettacolo, era comparso un negro enorme, con indosso solo una canottiera.
Tra le gambe aveva uno dei più grossi cazzi che Maria avesse mai visto.
Avanzava solenne, brandendolo a due mani, come se fosse uno spadone medievale.
Sopra il profilattico, doveva aver spalmato della vaselina, o qualcosa di simile, perché aveva un aspetto curioso, una via di mezzo tra l’unto ed il bagnato.
Quando iniziò a spingerlo in mezzo alle chiappe della povera Renata, la ragazza, che si era appena calmata, riprese ad urlare disperatamente, con tutto il fiato che aveva in corpo.
Poi iniziarono, lei era sospesa a mezz’aria, a gambe allargate ed aggrappata all’uomo che le stava davanti, saliva e scendeva, impalata avanti e dietro, senza alcuna possibilità di sottrarsi al terribile trattamento.
Quando alla fine la misero giù, Renata piegò le gambe e rimase a terra, in ginocchio, piangendo sommessamente, mentre i due, soddisfatti ,si filavano il preservativo.
‘Maddalena, pensaci tu, bisogna prepararla e vestirla, ‘ché è tardi assai.’
La negrona fece rialzare la ragazza e la trascinò via, mentre un paio di loro si avvicinavano a Maria.
Ora toccava a lei. Fu presa dal panico.
No Maria, mantieni il sangue freddo, tanto quello che hanno fatto alla tua amica, lo faranno anche a te, non puoi farci nulla, se ti ribelli li fai solo divertire di più.
Aveva la sensazione di stare per poggiare volontariamente il collo sul ceppo del boia, per farsi tagliare la testa, ma era l’unica cosa da fare.
‘Fermi, faccio da me.’
I due rimasero un attimo perplessi e Maria ne approfittò per aprire i jeans ed abbassarli rapidamente.
Nella stanza era piombato un silenzio innaturale, dopo le grida ed i clamori di prima, anche Don Antonio, incuriosito, si era alzato dalla sua sedia, per vedere meglio.
Maria si sfilò agilmente i pantaloni e li poggiò su una sedia, dopo essersi tolta calze e scarpe. Si tolse anche la giacca e per ultime, fece scendere le mutandine, rimanendo completamente nuda, dalla vita in giù.
Fu il negro enorme a sollevarla da dietro e lei ebbe quasi la sensazione che lo avesse fatto con dolcezza.
L’impatto contro il corpo dell’uomo che le era di fronte, un altro dei suoi quattro rapitori, fu brusco, e la riportò alla realtà.
Maria, ti stanno per violentare di brutto, e chissà che ti faranno dopo, pensò.
La stoffa che sfregava contro la sua pancia nuda era fredda e ruvida e, poco più sotto, un cazzo lungo e duro, aspettava impaziente di entrare dentro di lei.
La fecero scendere rapidamente e Maria strinse i denti per non gridare.
Ci riuscì nonostante la penetrazione violenta, totalmente a freddo, fosse parecchio dolorosa.
Restava la seconda parte, magari quel negro enorme, iperdotato, veniva rimpiazzato da uno degli altri, più normale.
No, vide con orrore due grandi mani nere stringerle i seni da dietro e si preparò.
Questa volta le scappò dalle labbra un lamento prolungato, nel momento in cui quel coso mostruoso violava brutalmente il suo ano.
Chiuse gli occhi, sentiva le lacrime che le scendevano lungo le guance, mentre quello continuava a spingerglielo dentro.
Poi iniziarono a muoversi, o meglio, gran parte del movimento lo faceva lei, con le unghie piantate nelle spalle dell’uomo che le stava davanti, saliva e scendeva, sospinta e tenuta in maniera controllata, perché il movimento fosse ampio ma non tale da provocare la fuoriuscita dei due cazzi dentro di lei.
Il dolore all’inizio era forte, specie dietro, poi, piano piano, diminuì, perché i tessuti avevano un po’ ceduto e poi si era un po’ lubrificata davanti.
Era bagnata?
Sì, si stava bagnando e, ad un certo punto le scappò un gemito, questa volta non di dolore.
‘E’ proprio zoccola, questa ragazza’, disse Don Antonio, ‘mi sa che ci abbiamo fatto quasi un piacere’, e giù tutti a ridere, mentre Maria, ormai incapace di trattenersi, gemeva e piegava il capo all’indietro.
Sentì che le arrotolavano il maglione fino a sotto le ascelle, poi le manone nere fecero salire verso l’alto le coppe del reggiseno e iniziarono a massaggiarle le tette.
Si sentiva i capezzoli gonfi da scoppiare e la fica in fiamme, le stavano massacrando il culo e forse, alla fine della notte, l’avrebbero pure ammazzata, ma ora andava bene così.
Prese a gemere sempre più forte, mentre i due uomini aumentavano il ritmo e alla fine arrivò l’orgasmo.
Rimase aggrappata al collo dell’uomo, mentre il negro, dietro di lei, la riempiva di sperma.
Il preservativo, non lo ha messo, come invece aveva fatto per Renata, oppure si è rotto.
Oddio! Mi prenderò qualche malattia terribile, ma forse non ho a disposizione abbastanza vita per ammalarmi.
Si sentì mettere giù delicatamente.

Le due ragazze erano pronte. Da come erano state vestite, era chiaro che avrebbero trascorso la notte a battere il marciapiede.
Renata indossava un vestito nero, cortissimo e scollatissimo, che lasciava quasi completamente scoperti i suoi piccoli seni, mentre le gambe erano fasciate da stivali rossi, di stoffa, che le arrivavano a metà coscia.
Maddalena, la negra cicciona, le aveva fatto un trucco pesante e volgare, che contrastava con i suoi lineamenti fini.
Maria era combinata anche peggio: scarpe rosse con il tacco alto, autoreggenti nere, a rete, sdrucite e con un paio di buchi su una coscia, pantaloncini gialli cortissimi, con sul davanti una enorme chiusura lampo dorata che li attraversava nel mezzo, quasi completamente.
Sopra solo una camicetta trasparente e scollata, annodata sotto i seni.
Le avevano tolto gli occhiali ed ora i suoi occhi miopi, cercavano disperatamente di cogliere i dettagli intorno a lei.
Il trucco era ancora più pesante di quello della sua amica, per cercare di contrastare l’aria tranquilla ed un po’ scialba che le davano i capelli lisci e castani. Se lo avesse saputo, si sarebbe portata appresso la parrucca rossa, pensò amaramente.
Le restituirono le borsette, dopo aver tolto i cellulari ed aggiunto una bella manciata di preservativi, infine furono caricate su due auto diverse e sparirono nella notte. Durante il tragitto Maria pensò che sarebbe potuta fuggire.
E dove poteva andare conciata così?
E se l’avessero ripresa?
No, troppo rischioso.
Se veramente era opera di Fernando, forse si sarebbe accontentato di questa dura lezione.
E se invece fossero rimaste in balia di Don Antonio e la sua banda, costrette a prostituirsi per strada, notte dopo notte, fino a che non sarebbero state consumate dalla vita infame e magari dalle malattie?
Le malattie. Quel negro mi ha sfondato il culo senza preservativo, sono condannata, mi trasmetterà tutte le malattie di questo mondo.
Il dolore dietro, che si era un po’ sopito, le tornò forte, insieme alla stanchezza e al freddo che le passava attraverso i vestiti leggeri.
La scaricarono su una piazzola sterrata, lungo una strada semi buia, che costeggiava una pineta, ma prima di ripartire parlarono a bassa voce con due donne che già stavano lì.
Mi tengono d’occhio, non mi lasceranno scappare.
Se sentiva freddo prima, in macchina, ora, all’aperto, esposta al vento ed al gelo, era veramente dura.
Il primo cliente era vecchio e grasso.
Sonia lo rossa, uno così la avrebbe cacciato a pedate, ma quella sera non era possibile scegliere.
Chiuse a chiave il furgone sgangherato con cui era venuto e la trascinò nella pineta facendola appoggiare ad un tronco d’albero.
‘Beh, ci dobbiamo stare tutta la notte?’, le disse il vecchio indicando i pantaloncini gialli.
Maria si scosse, infilò l’indice nel grande anello attaccato alla chiusura della lampo ed aprì.
Era ancora discretamente stropicciata da quello che aveva subito nella vecchia casa cantoniera, ma il cliente doveva aver visto fiche in ben peggiori condizioni, e lo ficcò subito dentro, soddisfatto.
Fu gentile, le chiese se poteva toccarle le tette e quando Maria fece cenno di sì, le aprì completamente la camicetta e ci affondò le mani dentro.
Una faccenda di pochi minuti: poco tempo e pochi soldi.
L’uomo si rivestì in fretta e tornò sulla strada.
Maria si avviò solo quando sentì il rumore del motore del furgone che si allontanava.
‘Ma sei impazzita, vuoi farci arrestare tutte?’
Maria era tornata al suo posto ed una delle due ‘colleghe’, l’aveva apostrofata così, appena l’aveva vista.
Lei la guardava imbambolata, senza capire.
‘Copriti, cazzo, non puoi stare con la fica di fuori.’
Maria guardò in basso e, rapidamente, richiuse la lampo.
Ad un certo punto ripassò l’auto che l’aveva portata lì, presero i soldi che aveva fatto fino a quel momento, controllarono che avesse abbastanza preservativi e se ne andarono.
Le ore sembravano non passare mai, un lavoro durissimo, faticoso e senza alcuna soddisfazione.
Un mucchio di uomini che entravano frettolosamente dentro di lei, pochi minuti sul divano posteriore dell’auto o peggio, in piedi, appoggiati ad un albero.
Maledizione, lei era in grado di fare molto meglio e di guadagnare venti, trenta volte tanto.
Aveva i piedi e le gambe semi paralizzati dal freddo ed il dolore dietro la stava tormentando.
Ad ogni nuovo cliente che si fermava, sperava con tutto il cuore che non le dicesse ‘girati’, perché non ne poteva più, il negro l’aveva veramente sfondata.
E invece la guardavano, lei aveva sempre avuto un gran culo ed i pantaloncini gialli, vistosi ed aderenti, erano un vero e proprio invito, così, spesso, era costretta ad aprire la lampo fino in fondo.
Per fortuna, cazzi come quello del negro, non erano frequenti, ma da come era messa, avrebbe sentito dolore anche con il pisellino di un bambino.
In lontananza si vedeva un leggero chiarore, tra un po’ sarebbe giunta l’alba e sarebbero venuti e riprendere lei e le altre due disgraziate.
E poi? L’avrebbero liberata insieme alla sua amica, dicendole qualcosa tipo ‘questo vi serva da lezione per il futuro’, oppure il futuro, giorno dopo giorno, sarebbe stato proprio questo?
Quando si scatenò l’inferno, Maria era nella pineta, piegata in avanti, addosso ad un grande pino, insieme ad un manovale albanese, che, tanto per cambiare, aveva scelto di incularla.
Urla, grida, sgommate e bagliori di luci bluastre, prima di capire cosa stesse succedendo, Maria era già dentro un furgone blu, con le griglie ai finestrini, in mezzo ad una quindicina di sue momentanee ‘colleghe’.
Proprio l’unica volta che lei, per una serie di coincidenze strane, si era trovata a battere nella pineta, proprio, quella volta, il questore aveva deciso di dare il colpo di grazia alla vergogna della prostituzione in strada.
Per molte di quelle donne, clandestine, era un disastro: foglio di via ed espulsione verso il paese d’origine.
A lei, che era italiana, cosa le avrebbero fatto?
E che avrebbe detto, quando l’avrebbero interrogata?
Non poteva certo dire che passava per caso, vestita così, con la borsetta piena di soldi e preservativi.

A Renata era andata anche peggio perché il suo fisico minuto aveva sopportato veramente male il trattamento che le avevano inflitto prima di lasciarla su un triste viale dell’estrema periferia, tra fabbriche e capannoni abbandonati.
Era così malridotta, che quando era arrivata, le altre, impietosite, le avevano rimediato una sedia sgangherata, visto che quasi non stava in piedi.
L’inizio era stato difficile e deludente: piangeva, si lamentava ed un paio di clienti, scoraggiati, l’avevano riportata indietro.
Allora era intervenuto Don Antonio in persona. Due dei suoi uomini la portarono in un angolo buio, dietro un’auto abbandonata e le abbassarono il vestito fino alla vita.
Renata tremava, per il freddo e la paura, il capo si avvicinò lentamente, fumava ed assaporava con gusto le boccate della sua sigaretta.
All’improvviso le strinse un capezzolo fra pollice ed indice e tirò forte.
Renata smise di singhiozzare ed alzò lo sguardo, giusto in tempo per vedere la sigaretta che si poggiava sulla sua pelle tesa, poco più su del capezzolo, rosso per il freddo e per la stretta delle dita.
Avrebbe voluto gridare, ma qualcuno le aveva messo una mano davanti alla bocca.
La sigaretta non si spense subito e Don Antonio la ruotò dolcemente sulla pelle della ragazza.
Quando decise che poteva bastare, il seno di Renata era attraversato da una lunga striscia rossa, con la pelle spaccata e sollevata.
‘Ripasso tra un’oretta e vediamo se è il caso di farlo anche dall’altra parte. Hai capito?’
Le rimisero a posto il vestito e la riaccompagnarono al suo posto.
Per il resto della notte Renata si impegnò, non avrebbe potuto sopportare una seconda bruciatura, certo, non era al meglio, ma nessun cliente si lamentò più.

Le avevano portate tutte al commissariato, c’era una gran confusione e Maria, si era ricordata della sua amica Renata, solo quando aveva visto suo marito, con un’aria molto contrariata, attraversare il corridoio pieno di donne vocianti.
‘Mi spiace molto che sua moglie sia rimasta coinvolta, se avessimo saputo prima ‘ ma come si fa ad immaginare una cosa del genere, lei capisce, vero?
Purtroppo la notizia è già in mano alla stampa e non possiamo farci niente.
Naturalmente la sua signora è libera e può uscire quando vuole, cercheremo di farvi passare per un’uscita secondaria …’
‘non mi interessa minimamente cosa vorrà fare quella donna, d’ora in poi, per quanto mi riguarda potete pure sbatterla dentro e buttare la chiave.’

Quando le due amiche uscirono dal commissariato era già metà mattinata.
Si guardarono sconsolate.
‘E adesso che facciamo?’, chiese Renata.
Erano ancora vestite in quella maniera, perché i poliziotti spesso sono gentili con chi ha passato qualche guaio, a volte, infatti, si vedono persone rivestite con una tuta del gruppo sportivo della Pubblica Sicurezza, ma le battone non sono molto considerate e così, dopo averle identificate e schedate, le avevano messe fuori.
‘Non possiamo rimanere qui, conciate in questa maniera’, disse Maria, ‘andiamo all’appartamento.’
L’autista del taxi non voleva neanche farle salire ‘mi sporcate la macchina!’, Maria gli mise in mano cento euro e quello le fece salire subito.
L’appartamento dove Maria lavorava era il posto migliore, perché la casa dove abitava aveva il portiere e non era il caso di presentarsi conciate in quella maniera, mentre casa di Renata era assolutamente off limits, visto che il marito le aveva fatto sapere di non volerla mai più rivedere.
Si fecero una bella doccia, si riposarono un po’, poi Maria si mise addosso una tuta che aveva in casa ed andò a comprare dei vestiti ‘normali’ per entrambe.
I giornali locali parlarono per alcuni giorni dello strano caso di una donna ricca, moglie di una persona importante, che non sapeva resistere all’irrefrenabile desiderio di prostituirsi in strada la notte.
Erano stati scomodati sociologi e psicologi, era pure comparse due foto affiancate di Renata, la prima ad una cena di gala, vestita elegantemente, e l’altra mentre scendeva dal cellulare, quasi nuda e con gli stivali rossi.
Di Maria invece non si era occupato nessuno, era solo una delle tante prostitute, fermate in una retata.
‘E adesso che facciamo?’, chiese di nuovo Renata.
Era passato qualche giorno, che avevano trascorso nell’appartamento in cui viveva Maria, si erano riposate, avevano cercato di dimenticare quella terribile notte, ma ora bisognava decidere cosa fare per il futuro.
Per un po’ i soldi non sarebbero mancati, tra quello che aveva messo da parte Maria ed i soldi che il marito avrebbe dato a Renata, per levarsela di torno definitivamente, in attesa del divorzio.
La cosa più naturale era riprendere il vecchio lavoro, quello che le aveva accomunate, fatto per bene, pochi clienti danarosi da seguire e coccolare, non certo lo schifo di quella notte.
Naturalmente da un’altra parte, in una città lontana dove nessuno le conosceva, avevano tutto il tempo per organizzarsi, e rifarsi una nuova clientela.
Prima di partire andarono a salutare una signora che fu molto interessata al contenuto di un dvd con le gesta del marito.
Voleva anche ricompensarle con dei soldi, per quel prezioso regalo che le avrebbe finalmente permesso di levarsi di torno quel testa di cazzo del marito, ma loro rifiutarono la gentile offerta.
Non è detto che le puttane sia per forza attaccate al denaro.

Leave a Reply