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Racconti Cuckold

piangimi addosso con entrata a sorpresa

By 3 Marzo 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono in ufficio, le cose da fare sono tante, gli altri parlano ma in fondo intorno c’è silenzio, quasi come se fossi sopra di loro cullata dal vento dei pensieri che mi trasportano lontana a una notte a cui non posso non pensare. Il sabato ero sempre sola ad uscire, Stefano lavorava e a meno che non andassi in vineria con gli amici, era difficile lo vedessi, del resto era un po’ la mia serata’in fondo ero quasi sempre con lui anche per aiutarlo. Quante notti abbiamo consumato bussati alla porta dall’alba che ci tagliava il buio con quella sua luce tenue e accecante allo stesso tempo che riscaldava membra stanche e faceva luce ad abiti buttati qui e lì sul bancone della vineria o su qualche tavolo o nel retro e le mura potrebbero raccontarne tante, quel legno potrebbe parlare dei nostri umori, dei nostri sudori, della nostra carne schiattata nelle sue trame, il divanetto è intriso di noi e di tanto in tanto quell’odore che a zaffate tocca il mio naso mi stringe lo stomaco e apre le mie carnose porte a trasudar umori.
Stefano era molto preso dal lavoro, dagli amici, e forse troppo eccitato all’idea di un incontro con Andrea e Oscar; Andrea è una mia carissima amica, una persona in cui mi rispecchio molto, sensibile, dolce, forte, molto vicina a me più di quanto potessi immaginare fino a rimanere basita durante le nostre conversazioni, dove pensiamo e diciamo le stesse cose insieme, nello stesso istante. Oscar è il mio migliore amico, affascinante, affettuoso, dolce, a lui devo molto compresa la conoscenza di Andrea della quale è innamorato.
Era un sabato come tanti, indossai i leggings neri senza slip, un maglia lunga che lasciava il deccoltè scoperto e un cinturone in vita che toccava il culo tirato su dai miei stivali di pelle tacco 70. Stefano scese di casa poco prima di me che dovevo incontrare gli altri per un aperitivo e forse neanche si accorse di come ero vestita mentre i miei occhi erano sfiorati dall’immagine delle sue dita tra le mie cosce per inumidirsi degli umori che la mia fica trasudava risucchiando il leggings tra le labbra.
C’era Paolo quel sabato sera, un tipo interessante, molto affascinante che avevo conosciuto molto tempo prima anche se avevo avuto poche occasioni per parlarci. In fondo Poalo ero uno sconosciuto con cui scherzavo, era un uomo silenzioso e forse quel suo essere così poco loquace lo rendeva ancora più intrigante e lasciava che l’attenzione andasse ai suoi occhi, alle sue dita che si muovevano così sinuosamente intorno al calice di vino sfiorando la mia mente con ben altri tocchi di dita. Tutta la sera non riuscii a non giocare con lui, iniziò tutto senza che neanche me ne accorgessi, il vino scivolava nelle nostre bocche carezzando le labbra come pioggia che lenta scivola sul vetro e di bagnato c’era la mia fica che ormai baciava il leggings infilato a stringere tra le cuciture il clitoride. Non potevo non far scivolare la mia mano ebbra tra le gambe continuando a stringere il calice tra le dita come se fosse il suo cazzo tosto e con il pollice sfioravo il calice come se fosse pelle morbida delle sue palle. Mi fermai un istante, Stefano era addosso a me, nei miei occhi, nella mia fame, nella mia sete di sperma, il suo odore sembrava svegliarmi da quei minuti di follia; il telefono era muto come ormai troppo spesso, mi scivolavano davanti le sue parole ‘mi eccita saperti con un altro’ e di lì a poco lasciai che quel gioco andasse a un livello successivo. Paolo alzò lentamente la mano dal tavolo, la portò verso la sua gamba, mi guardò e da uno scambio di sguardi iniziammo a toccarci mentre gli altri parlavano e quelle voci all’improvviso furono sibili confusi che ruppero il silenzio che c’era tra noi. Le sue dita camminarono lungo la mia gamba, mi toccarono la fica ormai bagnata e fusa al leggings mentre i miei capezzoli duri come chiodini spingevano il reggiseno a balconcino e disegnavano la loro ombra sulla maglia. Sentivo le sue dita quasi nella fica, cercavano di affondare, di infilarsi tra il cotone per arrivare alla carne bagnata. La mia mano era sul suo pantalone, le mie dita stringevano il suo cazzo, stavo toccando il suo cazzo’non quello di Stefano che mi mancava e allo stesso tempo quasi mi spingeva a farmi penetrare da un altro, a donarmi a un altro concedendogli ogni parte di me. Continuammo a sorseggiare vino, respiravamo lentamente annusando i nostri ansiti dal petto e sorridendo ascoltavamo le nostre mani. La voce del cameriere che ci portava il conto ruppe quel lenzuolo di intimità che ci avvolgeva riportandoci tra gli altri che quasi non si erano accorti di nulla, forse andrea’solo lei che mi conosceva troppo bene. Ci avviammo verso l’uscita, nell’indossare la giacca incrociai i suoi occhi e non fu semplice guardarlo, ma i suoi occhi erano magnetici, intriganti, maliziosi, o semplicemente anelavano ad essere riempiti di ben altre scene.
Entrammo in macchina, lasciai che accanto a paolo si sedesse oscar, e io presi posto dietro di lui lasciando che la sua mano di tanto in tanto mi sfiorasse le gambe. Lungo la strada scorrevano veloci mille pensieri, una sensazione di paura mista a emozione, un senso di colpa misto alla volontà di sentirmi appagata in quel momento, di darmi a un altro per poi raccontarlo a Stefano al quale la gelosia era completamente estranea, raccontargli tutto e vedere se davvero si eccitava. Di sicuro non avrei suscitato fastidio, e forse non se ne sarebbe parlato neanche più di tanto’forse a soffrire l’indomani sarei stata soltanto io. Accompagnammo Oscar e Andrea a casa; da soli in macchina ogni velo di imbarazzo fu spezzato dalla fame, ogni inibizione fu sciolta da mani calde e labbra vorticosamente impazzite intorno alle nostre lingue, la paura fu messa a tacere e la mia borsa con il un telefono muto sparì. Le sue dita avevano finalmente con violenza penetrato la mia fica e il suo cazzo era già nella mia bocca intanto che la macchina andava e la strada complice ci portava a nasconderci.
Arrivammo in una strada nascosta, in uno spicchio si carezzava il mare blu sfiorato dalla luce tenue della luna, mi persi per qualche minuto in quell’acqua che sembrava tirarmi a sé e portarmi a giorni d’estate caldi con il sudore di Stefano che cadeva sui miei capezzoli e baciava la il mio odore mentre le nostre carni bruciavano; tornai a notti insonni passate a scriverci, a raccontarci fantasie, sogni, ricordi mentre il fumo della canna ci avvolgeva e il vino ci toccava l’animo e corsi a giorni dove facevamo l’amore anche a distanza, a schiaffi e morsi e baci che dopo ci lasciavano svuotati e ridenti schifosamente nudi e sporchi uno addosso all’altro.
Paolo ruppe il mio viaggio con una mano che strinse la fica e mi portò fuori da quella macchina, sulla spiaggia poco distante da lì, la spiaggia dove da ragazzina fuggivo con gli amici, dove spesso facevo l’amore al chiaro di luna con un mio ragazzo e dove da tempo sarei voluta andare, anche solo per passeggiare e lasciarmi i rumori alle spalle, la gente, la stanchezza per ascoltare quel fruscio leggero e lento del mare che si infrange come lingua che entra mordendo le labbra, si intrufola sotto la lingua di lei e inizia a leccarla e poi a mangiarla e poi a leccarla come farebbe alla fica bagnata.
Iniziammo a morderci ovunque, entrai tra le pieghe del suo collo, le succhiai, le laccai, le strinsi tra le mie labbra che aspettavano il suo cazzo, intanto le sue mani mi palpavano il seno, le sue dita silenziose sfioravano il mio culo per avvicinarsi in punta a un buco che ormai sapeva di Stefano, era sfondato e andava conquistato ora da Paolo. Non riuscii a trattenermi, lo buttai a terra perché si stendesse e salendo con voracità tra le gambe, conquistai le sue palle tra i denti e poi’poi lasciai che il suo cazzo entrasse nella mia bocca e mi dedicai a un pompino esagerato che fu interrotto dalle sue mani che mi tiravano a sé. Stavolta toccava a me stendermi e impazzire anche se già morivo dalla voglia di venire in una battuta che durasse molti minuti; la sua lingua mi eccitava tremendamente, sarà che era una lingua nuova a scoparmi la fica. Ad un tratto si fermò e capii che voleva essere portato da me a penetrarmi e portare a nudo i lembi più intimi della mia fica; lo avvicinai con una mano che leggera gli sfiorò il ventre ed ecco che inaspettatamente un altro cazzo mi stava scopando. Le sue mani toccavano, camminavamo sul mio seno, correvano sul mio viso e davano un tremolio che mi ricordava la pelle d’oca dell’acqua di mare fredda addosso che si incontra con il calore del sole.
Usciva ed entrava nella mia fica scopandola ora con violenza ora muovendosi lentamente e con dolcezza fino a fermarsi e a dirmi:
‘ho voglia di spararti sperma addosso fino a invaderti di me, fino a lasciarti un segno per l’indomani dove al risveglio io sarò stato solo e soltanto una follia di una notte’sai Giulia, non so se esploderti nella fica, se scoprire anche quel culo che tanto mi eccita o se venirti in faccia per poi veder scivolare il mio sperma sul tuo viso, lungo le pieghe del tuo collo e lentamente finire sul seno. Forse tra sfondarti il culo ed esploderti nella fica, il fiume del mio sperma preferisco farlo scorrere in viso’.’. Gli sorrisi e gli risposi
‘piangimi pure addosso Paolo”.
Ed ecco che quel suo cazzo ben fatto, lungo e spesso fu cacciato dalla mia fica lo raccolse, lui si alzò sedendosi sul mio ventre e appoggiando le pieghe delle sue palle gonfie sul mio clitoride ormai rosso e gonfio a guardare le labbra di una fica aperta e bagnata; la sua mano accompagnava il suo cazzo verso il mio viso, qualche gemito, gesti sempre più veloci e forti ed una pioggia di sperma venne sulla mia faccia fino a bagnarmi gli occhi, a celare le labbra, a scivolare vorticosamente lungo il collo, poi sul seno.
Non riuscimmo ad alzarci subito, recuperammo le nostre cose e mentre mi perdevo tra i lembi del mare che il vento sfogliava e la notte illuminava, tra le dita preparai la buona maria e fumai sola, Poalo non fumava’poche parole, qualche risata qua e là a interrompere il silenzio fino a che l’alba non spense le luci e ritornai a casa. Stefano già dormiva’non si era chiesto dove fossi, mi svestii e mi abbandonai a una lunga doccia e prima di addormentarmi mi sedetti sulla poltrona dove ero solita leggere e lo guardai per un po”.

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