Skip to main content
Racconti Cuckold

Un lungo cammino

By 22 Agosto 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Premessa
Questa &egrave la nostra storia o meglio, parte di essa. Per riservatezza i luoghi possono essere diversi, i nomi taciuti o cambiati e per amore del racconto alcune situazioni solo un po’ amplificate ed esaltate, ma quello che racconto &egrave successo davvero, particolari compresi. Adesso,siamo ormai entrambi non più giovani, voglio fare un balzo avanti, lo sto progettando già da un po’. Quando la storia passerà dall’autobiografico al fantasioso avviserò per tempo i lettori che ho smesso di raccontare quello che &egrave già successo ed ho iniziato a narrare quello che spero accada.
Quindici anni ! Erano trascorsi quindici anni da quell’unica esperienza in un club priv&egrave: esperienza insieme inutile, tragicomica, sterile. Dopo un insperato ‘si’, strappatole a dire il vero senza molta fatica, in poche ore avevo scelto (malissimo) il locale, avevo scelto (benissimo) l’abbigliamento più provocante che riuscissi a immaginare, fino ad applicarle anche un tatoo temporaneo a forma di farfalla sul seno abbondantemente lasciato scoperto dalla guepiere a balconcino, e ci eravamo lanciati in questa avventura. La mia impazienza mi aveva portato troppo presto sull’Appia Nuova, lì c’era questo locale pescato a caso su giornale di annunci ‘Porta Portese’, ma avevo approfittato della cosa e mi ero concesso un piccolo aperitivo alla serata che ci aspettava carica di attese inconfessabili: ce ne eravamo andati un po’ in giro, sedendoci poi a prendere un caff&egrave in un bar. Immediatamente avevo avuto conferma che, come al solito, avevo saputo ‘valorizzarla’ appieno’. già dal nostro ingresso nel locale più di un avventore non le levava gli occhi da dosso. Il cappottino aperto (erano i primi di dicembre) faceva ampiamente intravedere le gambe fasciate da calze nere che una mini in pelle lasciava abbondantemente scoperte e quando, con aria indifferente, le avevo cavallerescamente sfilato il soprabito dalle spalle, una camicetta nera di tulle trasparente aveva mostrato con chiarezza il corpetto di raso lucido (in realtà come ho già detto era una guepiere completa di reggicalze) che indossava sotto. Seduti, sapevo perfettamente che, per quanta cura potesse aver avuto nell’accomodarsi sulla poltroncina, inevitabilmente la pelle nera della mini, assolutamente priva di ogni capacità elastica, le era salita oltre il ‘limite di guardia’, mostrando con tutta evidenza il suo ripudio dell’ormai onnipresente collant a favore delle antiche calze da reggicalze, scoprendo l’orlo più scuro fermato da gancetti lucidi ornati da un fiocchetto nero. Leggevo chiaramente dalle facce della decina scarsa di uomini presenti nel locale, alcuni accompagnati dalla propria donna o da un’amica, altri da soli, sia l’effetto che procurava loro la vista di due gambe abbondantemente offerte allo sguardo, sia il giudizio che, quasi in automatico, la proprietaria delle suddette gambe si era immediatamente guadagnata ‘sul campo’. A seconda dell’estrazione culturale e del lessico abituale di ognuno dei dieci ‘giudici’ presenti lei era automaticamente stata etichettata come una puttana’..una troia’..una zoccola’..una prostituta’ una pompinara ! E il suo accompagnatore ? Ed a me che giudizio mi avrebbero affibbiato ? Riuscivo leggere anche quello nei loro sguardi’. era il frutto di un semplice ragionamento’di un sillogismo alla buona ma che non mancava di una logica inoppugnabile. Ero più vecchio di lei e certamente meno in forma quindi non potevo essere un amante di cui quella ‘signora’ potesse essersi invaghita, non mostravo di essere particolarmente ricco così da pagare la parcella di una tale accompagnatrice ‘di lusso’, ora si chiamano escort, categoria alla quale lei probabilmente apparteneva, ero stato troppo galante nel toglierle il paltò e nell’accostarle la poltroncina quindi le mostravo tenerezza ed amore, portavo una fede al dito della sua stessa foggia””dovevo per forza essere il marito’..pardon’.’il cornuto’. Certamente inadatto a reggere le redini di una puledra desiderosa di un vero stallone, incapace di ‘gestire’ le voglie della puttana che mi sedeva al fianco, impossibilitato a competere con tutti quelli, e dovevano essere parecchi, che provavano (e tanti certo ci riuscivano) a scoparsi la troia. Eccitato da questi pensieri, feci durare quei momenti il più possibile; bevemmo il caff&egrave, mangiucchiammo due biscottini che avevo chiesto come accompagnamento, scambiammo qualche parola. Se io ero preso dal vortice delle emozioni di quello che stavo provando e di quanto ancora avrei vissuto nelle prossime ore, devo dire che anche lei era stranamente silenziosa. Spaventato dalla possibilità che potesse pentirsi di aver acconsentito a quella serata così diversa dalle solite e stesse per tirarsi indietro all’ultimo momento, le proposi di andare via e di raggiungere lentamente il locale poco lontano. Mi alzai per prendere il cappotto e porgerglielo e così ebbi modo di vedere come in realtà l’orlo della gonna, forse anche per gli inevitabili, piccoli movimenti sulla poltroncina, era salito ben più di quanto mi fossi immaginato, arrivando a far intravedere la striscia di pelle che c’era tra l’orlo delle calze ed il tanga. Gli sguardi arrapati dei presenti allora erano davvero giustificati ed era per questo che, anche adesso che si era alzata e, con un gesto istintivo si era abbassata la gonna, non abbandonavano la sua figura snella sino ad accompagnarci fuori dal bar, per strada. Passeggiando lentamente (portava dei tacchi alti ai quali, ahim&egrave, non si &egrave mai completamente abituata) decidemmo di lasciare la sua borsa nell’auto, parcheggiata poco lontano, così da non avere la preoccupazione di doverla tener sempre d’occhio nel locale. Prima di giungere alla macchina, notai una farmacia già chiusa ma con il classico distributore di profilattici all’esterno così, senza una parola, la guidai in quella direzione e, fermatomi, ritirai dal dispenser una confezione da 8 profilattici. Lei, una volta di più, rimase silenziosa osservando i miei gesti ed io continuai a torturarmi con la domanda che mi frullava in testa già da qualche ora, già da quando le avevo proposto di andare in una ‘discoteca erotica’ (avevo voluto evitare il termine esplicito di club priv&egrave) e lei mi aveva detto di si: ma si era davvero resa conto di dove la stavo portando ? Di cosa sarebbe successo o, almeno, di cosa poteva succederle una volta dentro ? Sapeva che avrebbe potuto, per la prima volta, sentire dentro la sua dolce fichetta altri sessi diversi dal mio ? O aveva forse creduto potesse trattarsi solo di una versione diversa delle ‘passeggiate erotiche’ che talvolta eravamo soliti fare ? Ogni tanto, infatti, sempre su mia sollecitazione, lei si vestiva in modo più o meno os&egrave anche, a volte, esagerando davvero e ce ne andavamo in giro per Roma raccogliendo ad ogni angolo sguardi affamati di maschi che la divoravano con gli occhi. Raramente lei si negava a questo piccolo passatempo e pian piano aveva accorciato le gonne, accentuato le trasparenze, prima ridotto e poi abolito sia il tanga che il reggiseno. Può essere che pensasse che anche quella sera si sarebbe trattato solo del solito spettacolino a beneficio dei maschi che avremmo incontrato ? Nel tentativo di renderle più chiara la situazione, di provocarne una qualsiasi reazione che chiarisse i miei dubbi, avvicinandoci all’auto, le avevo detto che non volevo tenere io i profilattici in tasca, poich&egrave, magari nel locale, togliendomi la giacca, avremmo potuto non averli sotto mano al momento opportuno ‘. conveniva li tenesse lei nelle due piccole tasche ornate di zip luccicanti che rendevano la mini di pelle nera vagamente sadomaso. Non fece una piega, diligentemente lei stessa divise la striscia in due: quattro profilattici in una tasca e quattro nell’altra’..ma davvero poteva essere così ignara ? Davvero poteva pensare che volevo indossare per scoparla nel club, uno dopo l’altro, otto profilattici ? Una risposta certo non esplicita la ottenni appena giunti all’auto. Come d’accordo, lei posò la borsa che aveva tenuto a tracolla nell’auto, sotto i sediolini per celarla alla vista di qualche malintenzionato, ed indugiò a prendere un pacchetto di fazzolettini, lo stick del rossetto e l’immancabile, minuscola trousse per il trucco che non abbandonava mai. Sapevo che si sarebbe girata per consegnarmi il tutto da mettere nelle tasche della giacca, ma prima che potesse farlo, approfittando della sua posizione leggermente prona e della gonna, che, una volta ancora, seguendo il movimento del busto era salita notevolmente, percorsi con la mano tutta la rotondità del suo splendido culetto nel cui solco si perdeva il tanga nero e avanti, sempre più avanti, sfiorai il tessuto all’altezza della fichetta”non c’erano dubbi: il tanga era già fradicio di umori. Dunque anche lei si era eccitata a dare spettacolo nel bar, o forse l’aveva eccitata il mio gesto di affidarle tutti quei profilattici ‘.o meglio’.. forse stava già pensando a cosa sarebbe accaduto di lì a poco nel locale, altro che essere ignara di ciò che l’attendeva. Il tocco lieve delle mie dita bastò perch&egrave immediatamente si irrigidisse e lasciasse sfuggire un profondo sospiro. Mi sarebbe piaciuto continuare, masturbarla lì, tra le auto parcheggiate, con la gente che passava, chinata a mostrare il suo superbo culo. Lei non si sarebbe certamente sottratta alle mie mani, altre volte, in situazioni simili, aveva accettato con gioia le mie carezze. Ma mi trattenni. Tra poco l’avrei vista certamente ben più eccitata di quanto poteva mai esserlo adesso e poi volevo che vivesse le nuove emozioni che ci attendevano tesa, eccitata, vogliosa, senza la rilassatezza che avrebbe certo invece provato se adesso io l’avessi fatta venire sotto le mie carezza.
Ringrazio chi ha avuto la pazienza di arrivare sin qui. Non vi chiedo suggerimenti per il prosieguo della storia perché ancora per un po’ attingerò a ciò che davvero ci &egrave accaduto. Mi piacerebbe, invece, ricevere commenti, scambi di esperienze e si, anche critiche o spunti per migliorare lo stile ed il modo di narrare. Grazie.
Tutti questi preparativi, tutti questi pensieri e poi’..tanta attesa per nulla: un locale squallido’un paio di uomini di mezza età, tuttaltro che attraenti, e tre o quattro ragazzi coi capelli rasati, chissà, forse militari. Donne ? La proprietaria, donnone maturo, pesantemente truccata, oramai sfatta, che mostrava tutti i segni delle innumerevoli battaglie sostenute, accompagnata da quello che ci presentò come suo compagno e che, invece, aveva tutta l’aria di essere stato per tanti anni il suo pappone, un’altra bionda che poteva anche essere un trans e due ragazze, sicuramente dell’Est, che si aggiravano per la sala con il culo e le tette di fuori sbadigliando.

Io e lei ci eravamo seduti su un divanetto davanti ad uno schermo sul quale si susseguivano meccanicamente scene di sesso a ripetizione: coppie, terzetti, gang bang. Solo bocche, cazzi, culi e fiche. Niente erotismo, niente sensualità. Praticamente i 5 o 6 maschi del locale ci si erano quasi immediatamente seduti davanti dando la schiena allo schermo, preferendo alle scene del filmaccio porno la vista di lei che, sprofondata nel divano, certamente offriva la vista delle sue cosce sino al tanga.

Oziosamente mi chiesi se gli spettatori fossero in grado di notare l’alone scuro che certamente gli umori della sua fichetta avevano lasciato sul tessuto di seta. Stavo pensando su cosa fare quando lei mi disse piano: ‘ho paura’. andiamocene’. Io non avevo affatto paura, pur non essendo né un marcantonio né un cultore di arti marziali ritenevo, ‘sentivo’ che tutti insieme quei cinque o sei maschi arrapati non mi avrebbero opposto nessuna resistenza, qualsiasi decisone avessi preso.

Ma non potevo darle torto: peggio di così non sarebbe potuta andare. Ma presi tempo. Le proposi senza molta convinzione di attendere ancora una mezz’oretta, nel caso il locale si popolasse un pochino di persone ‘normali’ come noi, ma poi fui io stesso, dopo nemmeno un quarto d’ora, a prenderla per mano e ad uscire con lei da quel letamaio.

La delusione era grande, sia mia che, lo intuivo, sua. Non so cosa si aspettasse lei, magari come detto solo la possibilità di farsi ammirare o forse combinare qualcosa di erotico con me davanti a qualche spettatore (cosa che sapevo bene la eccitava molto), o chissà, aveva anche messo in preventivo di poter scopare con qualche sconosciuto, questo non l’ho mai capito. Certo &egrave che sembrava delusa come me.

Tornando a casa, passammo davanti ad un sexy shop che non avevamo mai notato e, nell’estremo tentativo di non restare proprio a ‘becco asciutto’, le chiesi se volesse entrare. Dopo solo un secondo la sua decisione era presa: ‘entriamo’. Era la prima volta che entravamo in un sexy shop e rimanemmo subito sorpresi dagli articoli che facevano bella mostra di s&egrave nelle vetrinette o sugli scaffali.

C’era ogni cosa si potesse desiderare in tema di sesso: intimo e vestiti da porno star, fruste, cappucci, manette, video porno di tutti i generi e per tutti i gusti ma soprattutto cazzi’.. rosei, neri, grossi, piccoli, vibranti, morbidi, copie di cazzi di attori porno famosi o forme di fantasia. Nel negozio c’erano solo due uomini, in cerca, chissà, di un film porno col quale segarsi a casa, in poltrona davanti alla tele, o magari di qualche attrezzo per l’autoerotismo, il cassiere, un commesso, io e lei.

All’inizio lei mi stava appiccicata mentre io la conducevo per le 3 o 4 stanzette comunicanti attraverso cui si sviluppava il sexy shop ed ero sempre io ad indicarle questo o quell’articolo. Poi, man mano, iniziò a tranquillizzarsi. Girava senza timore di qui e di lì, prendeva un vestitino in latex e se lo appoggiava indosso come per valutarne la taglia, scorreva i titoli dei video porno e ogni tanto ne sceglieva uno per leggerne le scarne indicazioni della trama riportate in copertina.

Io mi tenevo a distanza senza perderla d’occhio, non tanto perché avessi paura che venisse infastidita, poiché i pochi uomini come detto presenti mi sembravano tutte persone tranquille, ma per vedere se le fosse venuta voglia di dare un po’ di spettacolo. La mia speranza fu esaudita. Niente di eccezionale naturalmente, nessun pompino inginocchiata davanti ad un pantalone sbottonato, nessuna scopata feroce, violenta, con lei appoggiata al muro, le mutandine alla caviglia, ed il maschio di turno a stantuffarla da dietro, nessuna gang bang che potesse coinvolgerla insieme tutti i presenti.

Più semplicemente il solito spettacolino che, quando come detto ogni tanto andavamo in giro senza meta con lei vestita da troia, era solita recitare: si piegava in avanti mostrando di fronte le tette strette nel balconcino della guepiere e di dietro le calze fin oltre l’orlo, si accosciava per prendere un dvd e, a cosce aperte, mostrava senza pudore il tanga che sapevo essere un’altra volta bagnato per l’eccitazione di nuovi umori, prendeva uno o l’altro vestito esposto e lo stringeva addosso guardandosi allo specchio osservando così tutti quelli che la stavano mangiando con gli occhi.

Ma la troietta si superò quando giunse agli scaffali dei cazzi finti: ne prendeva uno, lo stringeva come per valutarne le dimensioni e la rigidità, accennava a un su e giù come se lo stesse segando, se lo appoggiava tra i seni. Uno con la ventosa lo applicò ad un vetro, e poi si abbassò, come per ammirarlo da vicino, appoggiando quasi la bocca a quel cazzo dritto, duro e nodoso come se già stesse assaporando il gusto di un lungo pompino. Mancò poco che lo cacciassi fuori e iniziassi a segarmi. Sono certo che, se lo avessi fatto, uno dopo l’altro tutti gli altri avrebbero fatto lo stesso perché avevo già notato, senza ombra di dubbio, i gonfiori che mostravano all’inguine i fortunati spettatori. Ma il sexy shop non era un club priv&egrave: era diversa l’atmosfera, mancavano le piccole comodità di un divano, di un letto, e poi sarebbe potuto entrare improvvisamente anche un malintenzionato’.insomma’.dovevo accontentarmi della sua piccola esibizione e così, a malincuore, la andai a riprendere ed, a braccetto, uscimmo, non senza prima aver comprato un DVD che sembrava essere ambientato in una discoteca, ed uno dei cazzi finti, di foggia assolutamente naturale e vibrante a più velocità, che più degli altri mi sembrava avesse prima destato il suo interesse.

A casa naturalmente lei ci fece subito conoscenza e questo cazzo finto ci accompagnò costantemente nelle nostre serate scoperecce per un annetto, sino a quando ci trasferimmo a Napoli e, non fidandoci di rinchiuderlo in una delle mille scatole che adoperammo per portare via da Roma le nostre cose, lo gettammo via.

Lo avevo usato su di lei in mille modi, facendolo vibrare sui suoi capezzoli rosei sensibilissimi, sfiorandole a turno la fica o il culetto, spingendolo dentro, sia davanti che dietro, sino ai coglioni di gomma, lentamente o sempre più veloce, dolcemente o quasi con cattiveria, e, ma non me lo consentiva sempre, lo avevo anche utilizzato per riempire la fichetta o il buchino, a seconda di dove io avevo già infilato il mio cazzo, simulando una doppia penetrazione.

Quelle volte sembrava quasi che, pur mostrando di gradire le sensazioni che provava, volesse trattenersi, non volesse completamente dare sfogo alla sua libido, cosa insolita per lei. Iniziava a gemere più forte, quasi a tremare, spingeva il bacino indietro per accogliere ogni centimetro dei due bastoni che la riempivano, ma non diceva nulla, sembrava non voler lasciarsi andare.

Così ero io a chiederle ‘cosa senti amore ‘. ti piace ?’ e lei con la voce che quasi le mancava ‘sento due cazzi’..uno in fica e uno in culo’.’. Ma io insistevo perché rispondesse anche alla seconda domanda ‘ti piacciono i due cazzi o’. (usando di proposito il plurale) vuoi che smettiamo ?’. Ancora esitava, cercava di mantenere un barlume di dignità, di conservare le maniere da signora ‘per bene’, da brava mogliettina.

E io incalzavo ‘dobbiamo continuare a scoparti così perché ti piace o dobbiamo invece smettere subito’ dandole contemporaneamente una sculacciata, cosa che da sola era già normalmente capace di farle fare un bel tratto in direzione dell’orgasmo. Allora quasi gridando lei mi rispondeva ‘siiiiiii”mi piacciono due cazzi”.sono grossi e duri come piacciono a me”continuate, continuate più forte’ e immediatamente dopo, mentre sussultava nell’orgasmo e sentivo la sua fica al tempo stesso contrarsi ritmicamente e riempirsi di umori caldissimi ‘che bello”vengo’vengo’.sono una troia’..sono una troia che ha voglia di cazzi”.’.

Ed ecco trascorsi tre lustri ! Un figlio, io che devo farmi spazio nel nuovo ufficio, lei con un’attività professionale da reinventarsi dopo gli anni romani, la scelta della casa”tante cose che l’hanno, che ci hanno allontanato da quei tempi spensierati, da quelle sensazioni dal gusto un po’ proibito, da quelle esperienze ‘hot’. Io ero molto impegnato e, certamente sbagliando, avevo abbandonato quelle abitudini, quella ricerca di situazioni, di atmosfere che tanto eccitavano entrambi. Era certo in massima parte colpa mia se il nostro menage si era ridotto ad un normale e tranquillo rapporto di coppia.

Il cazzo finto non era mai stato rimpiazzato’..non potevo più farla urlare col bambino nella stanza accanto e lei non &egrave tipo da chiedermi di procurarmene uno.

Solo ogni tanto, distanziati da anni, sprazzi delle vecchie emozioni.
Io che masturbo lei, coi jeans alle caviglie e le cosce spalancate, sdraiata sul seggiolino dell’auto, mentre in autostrada lampeggio ai camion davanti e faccio durare il più possibile il sorpasso così che gli autisti possano guardarla in quella posa oscena. Lei, una sera d’estate, il ragazzo dai nonni, che passeggia in mini semitrasparente senza nulla sotto sul lungomare affollato. Lei che compra un paio di stivali neri sopra il ginocchio, tacco altissimo e si guarda compiaciuta nella vetrina del negozio alzando la gonna sin quasi all’inguine, sognando di ancheggiare per strada su quei trampoli ben sapendo che gli stivali sarebbero rimasti inutilizzati nella scarpiera. Insieme compriamo un frustino da equitazione che uso, sempre durante una breve assenza del ragazzo, per accarezzarla dappertutto, sfiorarle il ventre, i seni, il sesso, colpirla su culo, rimasto sempre lo stesso, splendido, a dispetto degli anni, mentre lei lancia gridolini di dolore (poco) ed eccitazione (tanta).

In questi anni abbiamo parlato poco della serata al priv&egrave di Roma, sempre concordando sullo squallore del posto e dei suoi ‘abitanti’, ma io sostenendo che eravamo stati particolarmente sfortunati e lei dicendo invece che questi locali sono tutti così. In me, infatti, l’idea di tornarci &egrave sempre rimasta viva ed ogni tanto, in verità, a cadenze assai diluite nel tempo, in genere nel periodo estivo, ho sempre buttato lì ‘dai, sabato ti porto in una discoteca erotica’. La sua risposta &egrave sempre stata negativa, ma, la conosco bene, quel ‘no’ che non &egrave un no, &egrave la ritrosia a ‘esporsi’, compromettersi immediatamente di fronte ad una mia proposta buttata lì senza troppa convinzione. Insomma. E’ un no che, ne sono assolutamente certo, diventerebbe senza troppi sforzi un si se io davvero la ponessi di fronte al fatto compiuto, ad una serata già organizzata.

In questi anni, ogni tanto, mi sono anche informato sul web circa le possibilità di realizzare questa serata in qualche locale che non mi obblighi a trasferte di centinaia di chilometri. Effettivamente, potendo, sono certo che andare da Roma in su, cercando, questa volta, un club ‘serio’ mi darebbe una serie di garanzie maggiori: assoluta certezza di non incontrare ‘per caso’ qualche conoscente, maggior numero di coppie e singoli ‘reali’ cio&egrave non prezzolati o facenti parte dello staff del locale, strutture più grandi ed organizzate. Ma, onestamente, proporle di partire magari alla volta di Milano o, che so, Bologna per una serata trasgressiva sarebbe francamente eccessivo. Allora si che otterrei un secco e definitivo ‘no’.

Comunque, tra una miriade di possibilità, molte scartate in partenza perché visibilmente null’altro che bordelli di infimo ordine per prostitute estere e maschi paganti, parlando in chat e consultando opinioni di habitu&egrave di club priv&egrave, ho individuato due locali relativamente vicini e verosimilmente ‘validi’. Uno a metà tra una discoteca ed un priv&egrave, pare assai frequentato, con spettacoli sexy, serate a tema, atmosfera, almeno nella grande sala comune, abbastanza soft e l’altro, invece, più conforme all’idea che si ha di questi ritrovi: una grande villa isolata, coppie ‘vere’, ambienti in penombra (alcuni dicono eccessivamente bui e sembra anche molto caldi per un cattivo o assente impianto di condizionamento), una penombra piena di maschi con il cazzo già di fuori e pronti a palpeggiare ogni donna passi nelle vicinanze, la classica organizzazione degli ambienti: discoteca con divanetti per ‘socializzare’, sala di proiezione con film porno, dark room, glory hole, e stanze a tema con grandi letti, alcune, se non tutte, dotate di grandi vetri che consentono di assistere a ciò che vi accade dentro anche a chi si trattiene nei corridoi.

Anche la clientela pare sia assai diversa. Nel primo locale, come ho detto molto frequentato, insieme ad un ‘nocciolo duro’ di numerose coppie, ormai tutte amiche, gravita una miriade di persone che vanno da ragazzi in cerca di una facile trombata, comitive che vogliono assaporare una serata proibita, coppie alla ricerca di sensazioni forti. Il secondo, invece, &egrave frequentato da persone, coppie o singoli, il sabato sera preponderanza dei secondi, il venerdì delle prime, che cercano esperienze a sfondo erotico, senza fronzoli e senza lustrini o pailette.

Ora devo ammettere una cosa. Se fino a qualche tempo fa avrei ritenuto valide entrambe le possibilità, mettendo in previsione la possibilità di trascorrere una serata anche solo all’insegna dell’esibizionimo (suo) e del sesso soft, nel corso degli anni e soprattutto in questi ultimissimi qualcosa &egrave cambiato. E’ vero, quella sera a Roma ci eravamo anche preparati (almeno io) all’idea che lei potesse scopare con qualche sconosciuto, ma, in fondo, questa restava solo una possibilità e non era un risultato da ricercare a tutti i costi. Ma ora’..l’idea di vedere lei tra le braccia di un altro (di altri ???) mi eccita sempre di più. Indugio talmente in tale pensiero che, spesso, dopo essermi figurato ogni possibile variante, mi eccito moltissimo pensando a quanto potrebbe godere lei alle prese con ‘carne giovane’. Un po’ forse per l’età e, credo, anche per queste mie elucubrazioni sempre più frequenti, abbiamo pian piano diradato i nostri ‘incontri intimi’, e gli stessi motivi hanno influito certamente, oltre che sulla frequenza, anche sulla qualità.

Negli ultimi tempi, più di una volta, mentre lei, paziente e comprensiva, giaceva al mio fianco, ho percorso con le mani e con lo sguardo tutto il suo corpo. Davvero il tempo trascorso non ne ha quasi scalfito le proporzioni, l’armonia ! La taglia resta da tempo immemore la 42 e non c’&egrave un filo di pancia, solo il ventre, che da ragazza era rientrante, asciutto e tonico, ha acquistato una accennata e dolcissima morbidezza, secondo me ancora più sensuale ed eccitante. Il seno, piccolino e con due aureole rosa, &egrave ancora tonico e sodo come può esserlo quello di una donna assai più giovane. Le gambe, ancora molto belle, hanno solo più pronunciati alcuni capillari, un particolare che ho notato anche in alcune donne che hanno la metà dei suoi anni, ma che, purtroppo, l’hanno convinta a rinunciare quasi completamente alle gonne. Ed infine il culetto: sempre strepitoso, proporzionato, rotondo, sensibile; basta un tanga o una mutandina brasiliana e diventa”’da copertina.
In questi momenti provo uno stranissimo cocktail di sensazioni, contrastanti, forti, inquietanti. L’orgoglio di avere una donna così, l’eccitazione che mi dà questa vista, la consapevolezza di come potrebbe rendere felice qualsiasi amante, la frustrazione di non goderne come e quanto accadeva una volta ed il desiderio silenzioso, accettato e consapevole, ma in fondo non ammesso nemmeno con me stesso, di voler donare ad un altro (ad altri ???) questo tesoro ed a lei, ancora una volta ed una volta ed una volta ancora, il brivido di un amore duro, dolcemente violento, spossante, pienamente soddisfacente.

Credo di poter individuare l’epoca in cui questo desiderio, adesso maturo, evidente, fortissimo, come detto già latente da tempo, forse da ancor prima dell’episodio del club priv&egrave di via Appia Nuova, si &egrave affacciato con maggior consapevolezza nella mia mente.

Al nostro ritorno a Napoli, lei, abbandonando il vecchio lavoro romano, aveva cominciato ad introdursi in una nuova realtà ed un ambiente lavorativo completamente nuovo, con le tante speranze, le tante frustrazioni e le tante incognite che un passo del genere porta sempre con sé, mentre per me cambiare sede aveva comportato molti meno problemi e stress.

Al ritorno a casa, come &egrave naturale, condividevamo qualche episodio che ci era accaduto nella giornata, parlavamo di qualche collega, raccontavamo qualche aneddoto capitatoci al lavoro. Sempre più spesso, tra i tanti colleghi e colleghe che facevano capolino nelle sue chiacchiere, uno iniziava ad affacciarsi con più frequenza degli altri nel discorso, con commenti più lusinghieri, con ricorrenti, malcelati apprezzamenti, se non con una punta di palese ammirazione.

Dalle descrizioni che ne faceva e dall’esperienza che, ahim&egrave, ormai ho della vita mi sembrò di avere abbastanza chiaro a quale tipologia di uomini appartenesse il collega in questione. Mi sembrò essere il classico ‘maschio alfa’, sempre in cerca di femmine con le quali accrescere il suo harem e perpetuare i suoi caratteri genetici, quello che volgarmente viene anche definito come ‘un puttaniere’.

Quando finalmente lo conobbi ebbi la conferma di questo mio immediato giudizio: più o meno della mia età, ma ‘.. qui si fermavano le cose in comune. Fisico (molto) atletico, capelli brizzolati lunghi e ‘selvaggi’, una simpatica ‘faccia da schiaffi’, sfrontato, spiritoso, sicuro di sé.

Guardandolo non dubitai del pettegolezzo che una volta lei si era lasciata sfuggire, secondo il quale il collega ci provava in tutti i modi (e quasi sempre ci riusciva) con qualsiasi donna scopabile, di preferenza sposata, attraversasse la sua strada.

Non so, o meglio ancora non lo ammetto con me stesso, se fu a causa sua che ripresi la mia vecchia abitudine di spingere lei ad una maggior cura nel vestire, a prediligere capi che potessero adeguatamente valorizzare le sue doti fisiche, a farla anche, qualche volta, appena eccedere.

Approfittando di una passeggiata senza il figlio, in un fornitissimo negozio, le rinnovai il guardaroba, un po’ perché qualcosa che aveva era passata di moda, e un po’ perché, inventai, a Napoli, città di mare, occorreva avere un loock più mediterraneo, più giovanile, più ‘..stuzzicante. Spesi una bella sommetta, ma fui estremamente soddisfatto degli acquisti, quasi tutti ispirati da me.

Niente di esagerato naturalmente, trattandosi di abiti da usare giornalmente, per fare la spesa, qualche piccola incombenza e’.soprattutto andarci al lavoro. La caratteristica comune di tutti i capi acquistati era comunque un tocco di sexy che poteva consistere in una trasparenza, come per qualche pantalone chiaro per di più molto molto attillato o qualche gonna, panna o beige, marcatamente sopra il ginocchio, in una scollatura particolarmente accentuata, o, come per qualche pantalone o qualche jeans, una ‘vita bassa’ che assai prevedibilmente avrebbe consentito al tanga di turno di fare maliziosamente capolino.

Provai in prima persona l’effetto che questo tipo di guardaroba produceva una volta che lei, per telefono, mi propose di andare e prenderla al lavoro ad ora di pranzo per mangiare qualcosa insieme. Premetto che io la mattina uscivo prima di lei, quindi potevo solo immaginare (e ci perdevo realmente un bel po’ di tempo) quale capo scegliesse per la giornata e come e con che cosa potesse abbinarlo.

Arrivato sul posto in anticipo, approfittai per dare una scorsa ai titoli del giornale che ancora non avevo neppure aperto, dando solo ogni tanto un’occhiata al portone da dove lei doveva uscire di lì a poco. Abbandonando dopo un po’ la lettura del quotidiano, mi guardai un po’ in giro e quasi subito notai una donna all’angolo del marciapiede che mi dava le spalle. ‘Che bella scopata’ immediatamente pensai, adoperando un’espressione tipica napoletana, sinceramente un po’ più”colorita.

Senza essere né particolarmente alta, né con forme esageratamente procaci, tuttavia aveva una figura aggraziata ed armoniosa, un’aria molto sensuale, quel ‘certo non so che’ che ti fa desiderare, magari solo per un attimo, una donna piuttosto che un’altra, pur altrettanto bella e gradevole. Anche l’abbigliamento faceva la sua parte: una gonna di lino nera, ben aderente a fasciarle il culetto tondo, cinque dita sopra il ginocchio, sandaletti bianchi con tacco a stiletto e i legacci da schiava che le slanciavano la figura già snella, i capelli annodati in una coda di cavallo sbarazzina che le cadevano su una cannottierina di lino bianca con un’abbondante scollatura che prometteva chissà quale vista sul seno non grande, ma evidente in trasparenza.

Tutti questi elementi, insieme alle altre doti fisiche che si intuivano, alle proporzioni generali, all’atteggiamento del corpo, avevano suscitato in me quella frase, che se non aveva il pregio dell’eleganza, aveva certo quella della spontaneità e della sincerità.

Mentre ero intento a guardarla, la donna, quasi avvertendo il calore del mio sguardo, si gira: era lei ! Naturalmente conoscevo quella gonna per averla scelta io stesso, conoscevo quella cannottierina, quei sandaletti, l’unica cosa nuova era la coda di cavallo, acconciatura che le era certamente insolita. Ma il mix di tutto questo insieme, il credere di stare osservando una donna sconosciuta, anche un portamento diverso dal suo solito mi aveva fatto apparire lei sotto una luce diversa, avevo realmente osservato…. un’altra donna.

O forse’. non poteva essere che lei avesse preso a VOLER essere più desiderabile, più ‘appetibile’ e che questa aspirazione l’avesse realmente fatta diventare più sensuale, più ‘.. invitante ?

Nel vedermi venne verso di me. Da vicino era ancora meglio. Lo slip brasiliano nero che si indovinava sotto, un ombra appena più scura ma perfettamente delineata sul lino della gonna, scuro anch’esso, quella gonna che adesso saliva nel sedersi in auto, i seni strizzati nel push up ed esposti generosamente alla mia vista quando si abbassò per darmi il solito bacino, il viso sorridente, radioso, appagato, mi provocò un lampo nel cervello.

‘Non ti avevo riconosciuta con questa coda di cavallo’.sei ancora più sexy così’ le dissi sorridendo. E lei con un sorriso ancora più largo del mio ‘me lo ha consigliato B’. (il famoso collega) perché lì dentro i climatizzatori non sono molto efficienti e così soffro meno il caldo e poi’..ha detto che le cose belle devono essere esposte il più possibile’ e il suo sorriso diventò una risatina maliziosa.

La guardai Era tremendamente eccitante, adesso, seduta vicino a me’. ancora più di quando l’avevo vista attendermi sul marciapiede. Possibile che quello che stavo provando io non lo provasse anche B’.., che vedendosela intorno tutto il giorno, seduta a mostrare le gambe, in piedi, sui tacchi, a sporgere orgogliosamente il suo culetto, chinata per esaminare un documento con i seni bene in vista, non gli venisse voglia di aggiungere anche lei al suo branco di femmine, anzi, a farne la favorita ?

E se, invece, questo fosse già successo’. se magari un giorno prima, la settimana prima, o forse quella mattinata stessa lui l’aveva attesa in un corridoio e l’aveva stretta a sé, facendole sentire quanto grande era il suo desiderio, trattenendola mentre lei tentava, in verità solo per salvare la forma, di sottrarsi alla stretta, al bacino di lui che con forza cercava il suo, di evitare la sua bocca che si incollava alla sua in un bacio frenetico.

E se questa fase fosse stata invece già superata da tempo ? Se i due si erano già spinti ai furtivi appuntamenti in bagno, a lei che, forzata dolcemente ad inginocchiarsi, apriva con sapiente lentezza la zip dei suoi pantaloni e frugava alla ricerca di qualcosa di cui già avvertiva il profumo, già apprezzava il sapore ?

Sapevo benissimo per averlo io stesso provato in passato che queste situazioni ‘borderline’ la facevano impazzire, la possibilità di essere scoperta, la crudezza della situazione, la finzione di farsi ‘usare’ come una donnaccia, un luogo strano ed inusuale la facevano immediatamente bagnare, le accentuavano il respiro, le arrossivano la faccia ed il decolt&egrave mentre l’eccitazione le donava un velo di sudore sulle labbra, sul collo.

Immaginai ancora in un lampo. Forse anche questo era solo una cosa passata, un preludio a ben altro. Quanti degli straordinari serali a cui lei si diceva costretta aveva in realtà trascorso nella sua automobile, in qualche periferia, seminuda per lui, pronta ad ogni suo desiderio, ogni capriccio sessuale, china in un famelico pompino o ritta, seduta su di lui, a cavalcarne sempre più freneticamente il cazzo duro.

O magari era un motel di infimo ordine ad ospitare i due amanti. Quegli alberghi che accolgono oramai solo prostitute dell’est ed i loro clienti per qualche ora di amore mercenario. Magari il portiere, un uomo sudicio nell’spetto e nell’animo, vedendola arrivare, oramai la considerava già una vecchia cliente. ‘Eccola un’altra volta, la troia col suo toro’ mormorava tra s&egrave, mentre lei, già avvinghiata a lui, sculettava verso la squallida camera ancora puzzolente del profumo da quattro soldi della puttana che l’aveva appena lasciata libera, del sudore del suo cliente che, per qualche euro, aveva avuto la sua bambola di carne per sfogare una vita di frustrazioni, di desideri repressi. Allora l’uomo, con la scusa di dare una spazzata ai corridoi, abbandonava poco dopo la reception e, indugiando fuori della stanza dei due amanti, si gustava ogni lamento, ogni grido, ogni porcata che usciva dalla bocca della puttana mentre veniva montata.

Non lo faceva mai con le ‘professioniste’. Con quelle i sospiri, i gemiti, le parolacce, erano false, lo si avvertiva” erano solo merce che il disgraziato che in quel breve attimo credeva magari di amarle e di essere amato aveva pagato.

Lei no. Lei gridava davvero tutto il piacere che il cazzo dell’uomo le dava, latrava davvero al mondo intero la sua continua voglia di scopare, urlava che era una troia, la sua troia, che era pronta a qualsiasi bassezza, a qualsiasi suo innominabile desiderio sapendo bene che quello che stava dicendo era solo la verità.

Dopo due, tre ore lei usciva, sempre avvinghiata a lui, a cercarne la bocca con la bocca, le mani con le mani, come se non ne fosse ancora sazia, ancora coi segni rossi lasciati dalla sua barba, dalle sue mani, sulla pelle del volto, alla gola, sulle braccia. I capelli ancora un po’appiccicati dal sudore di una scopata forsennata, un’andatura ondeggiante, un movimento delle anche marcato, appena incerto, che all’uomo piaceva attribuire alla foga del maschio che l’aveva appena scopata o, forse era più probabile, al disagio che le procurava lo slip strusciando ad ogni passo su entrambi i buchetti, più e più volte violati senza riguardi, con forza, crudeltà, violenza. Era questo quindi quello che era già successo ?
Da quel giorno presi ad osservare con meticolosità ogni suo atteggiamento, ogni particolare che poteva rispondere alle mie domande, ai miei dubbi. O non erano forse già diventate delle speranze ?

Attendevo l’arrivo di ogni SMS per chieder subito dopo con aria indifferente “chi era amore, il solito amante ?” e lei ne rideva (no, non mi &egrave mai passato per la mente di spiare la sua corrispondenza. Curioso allo spasimo ma comunque rispettoso dei limiti). Così come ad ogni sguardo in più allo specchio prima di uscire “ma dai, ancora non sei sicuro di averlo conquistato definitivamente ?”

Mi venne anche naturale in qualche modo partecipare ancora maggiormente a quello che immaginavo.

Con maggior frequenza, una cdenza pian piano quasi giornaliera, di volta in volta le portavo un pacchettino con un regalo: una camicetta di tulle trasparente, un abitino elasticizzato, un completo, tanga e push up, leopardato così da essere ancora più provocante. E lei, immancabilmente, il giorno successivo indossava quanto aveva ricevuto in dono diventando sempre più desiderabile, sempre più sensuale, mentre io diventavo sempre più geloso e insieme più smanioso di sapere, di essere certo che quello che immaginavo, che in fondo desideravo, si era compiuto.

Che strano l’animo umano !

Ma segni inconfutabili non ho visti mai, n&egrave un segno sul corpo, n&egrave una macchia sui vestiti, n&egrave un sentore di dopobarba sul suo corpo.

A volte, onestamente, mentre “giocavemo” sul lettone, mi sembrava appena più dilatata, più facile da penetrare, questo in entrambi i “buchetti”, ma sapevo e so perfettamente che queste erano sensazioni direttamente collegate anche al suo maggior o minor desiderio, alle mie attese o ai miei sospetti, insomma, tutt’altro che prove oggettive, elementi inconfutabili.

Una volta, una sola, era molto più tardi del solito, già le 21, al suo rientro a casa, avvicinando le mie labbra alle sue nel consueto bacino di benvenuto, avvertii pungente, fortissimo, quello che ancora oggi ricordo come un afrore di maschio, un profumo di sborra che mi fece trasalire.

L’impressione fu netta, immediata e se ciò che avevo creduto di sentire corrispondeva davvero alla realtà (questo non l’ho mai saputo), l’odore era davvero troppo forte perché lei potesse averne conservato l’aroma da lungo tempo.

Certamente pensai era stato lui.

Lui le aveva sborrato in bocca poco tempo prima, forse immediatamente prima di salire a casa. Il sangue mi salì alla testa, il cazzo mi si fece di marmo, mi precipitai a frugarle voracemente con la lingua le labbra, la bocca, credendo, temendo, sperando di avvertire un sapore nuovo, il ‘suo’ sapore.

Lei sembrò capire, temere (come vedete ahim&egrave resto sempre nel campo delle MIE sensazioni, mai delle certezze) trasalì, sfuggì subito alla mia stretta rifugiandosi in bagno perché, fece appena in tempo a dirmi, era accaldata e voleva subito andare sotto la doccia.

Non &egrave certo necessario specificare che mi persi immediatamente in mille immagini di lei insieme a lui, di lei che nell’auto accostata al marciapiedi sotto casa, incurante della possibilità che io rientrando potessi sorprenderla, che potessero vederla amici, conoscenti, coinquilini, si era chinata sul suo cazzo, baciandolo, leccandolo, ingoiandolo fino alla radice, attenta nel momento supremo ad accogliere tutto il suo succo, a non sprecarne nemmeno una goccia, ad assaporarne fino all’ultima stilla.

Mi segai con urgente violenza sino ad una irrefrenabile, liberatoria sborrata Un giorno, era appena iniziato settembre, lei mi disse che B’. ci aveva invitato a cena a casa sua, insieme ad altri colleghi e colleghe. La cosa mi meravigliò perché sapevo che sul posto di lavoro regnava in genere una buona armonia, ma sapevo altrettanto bene che lei ancora non si era amalgamata al gruppo, anzi, più d’uno, forse proprio per la simpatia che l’aveva subito legata a B’., non accettava la nuova intrusa, ne rifiutava ogni tentativo di amicizia, non la considerava né la trattava da collega di lavoro.

Comunque l’idea di passare una serata con lei e con lui insieme immediatamente riempì i miei pensieri. Non aspettavo altro che quella sera per vederli chiacchierare, ridere insieme, chissà”sfiorarsi. Sperando e temendo al tempo stesso di avere conferma di quanto da me ormai tanto spesso e con tanta dovizia di particolari immaginato.

Rimasi a lungo incerto su cosa consigliarle di indossare per l’occasione. Fosse stato per me le avrei fatto superare ogni soglia di sensualità sino a quel momento raggiunta, ma comprendevo bene che ciò potesse essere inopportuno per una cena a casa sua, davanti a sua moglie ed a tutti gli altri ospiti. Così, anche per la curiosità di vedere come si sarebbe comportata lei in merito, evitai sino all’ultimo momento ogni indicazione, ogni consiglio che pure ero solito darle, su cosa indossare.

La sua scelta, pur se largamente al di sotto di quanto, come già detto, avrei irrealisticamente desiderato, comunque mi soddisfece in pieno. Pantalone estivo di lino bianco molto molto aderente, tanto da disegnarle perfettamente dietro lo spacco del culetto e a delinearne visibilmente davanti il sesso, camicetta corta in vita, di un turchese abbastanza trasparente, sandaletti dorati con tacco 9.

Stranamente aveva riesumato da uno scatolino, dal quale non usciva quasi mai, una cavigliera di argento che le avevo comprato tempo prima e che lei, adducendo la scusa che le rovinava le calze o che le irritava la pelle, raramente indossava. Me l’avevano venduta completa di un ciondolo raffigurante un pugnale o uno spadino che io avevo preso per un banale ornamento.

Solo molto tempo dopo, grazie alle frequenti ed assidue visite ai siti dedicati al cuckoldismo, principalmente a quelli statunitensi, assai più popolati ed’.espliciti, avevo appreso che in America era quello il simbolo che indica la propensione, la disponibilità della donna che lo indossa, chiamata appunto ‘Regina di Spade’, ai rapporti sessuali con uomini di colore particolarmente dotati.

La foggia singolare di questi ciondoli &egrave un simbolo, un segno inconfondibile che contraddistingue tra le mogli infedeli, quelle più troie, quelle più desiderose di essere violate da grossi cazzi neri, di essere continuamente e completamente ‘sfondate’.

Al momento non rammentai che B’.. e molti dei colleghi che sarebbero stati presenti quella sera avevano più volte organizzato viaggi negli U.S.A., da New York a Las Vegas a Miami, e che probabilmente erano a conoscenza di questo particolare simbolo in voga tra le ‘sweet wives’ statunitensi. Me ne fossi ricordato, questo inusuale gesto avrebbe senz’altro aumentato esponenzialmente la mia eccitazione immaginando perfettamente come sarebbe stato da tutti interpretato.

C’era unico neo nella sua toilette: lei aveva scelto un completino intimo di raso lucido color blu inchiostro, tanga e balconcino, che, se nella parte superiore era davvero indovinato, sia per come il taglio del reggiseno le valorizzava il decolt&egrave che per l’armonioso contrasto in trasparenza che formava con la camicetta, aveva però il tanga appena ‘abbondante’ rispetto le sue misure.

Sotto ad un pantalone bianco così aderente, per di più decisamente trasparente come sono i pantaloni di quel colore e quel tessuto, la mutandina appariva arricciata, irregolare, in una parola certamente stonata.

Glielo feci notare e lei, dando le spalle allo specchio e guardandosi il culetto splendidamente fasciato, convenne con me che era il caso di indossare un’altra mutandina ed iniziò a scegliere un altro completino intimo, mutandina e reggiseno. Io invece immediatamente presi nel cassetto della biancheria uno slip che, lo sapevo, le stava particolarmente bene. Una brasiliana di seta e pizzo viola, sgambata, abbastanza ridotta sul davanti e con uno splendido effetto tipo ricamo che valorizzava al massimo il suo culetto.

Lei la indossò e rifece immediatamente un controllo allo specchio, osservando la sua figura dapprima davanti e subito dopo, come prima, girandosi a guardarsi il culo. Questo tanga più dell’altro catturava immediatamente lo sguardo dell’osservatore, sia per il pizzo che, complice l’aderenza dei pantaloni, si evidenziava in tutti i suoi ricami, sia per il colore viola, quasi vinaccia, che spiccava con ancora più evidenza sotto il lino candido.

Subito lei allora non obiettò, come invece mi sarei aspettato (già questo mi fece avvertire un brivido di eccitazione), che quella mutandina era un capo troppo sexy, troppo sfacciato per una occasione del genere, ma piuttosto che l’evidente differenza di colore con il reggiseno blu, che pure si delineava chiaramente sotto la camicetta turchese, le dava troppo un’aria da zoccola.

Chiacchierando di abiti e biancheria, infatti, avevamo sempre concordato sul fatto che, mentre un completino coordinato, reggiseno e mutandina, pur se molto molto sexy, conserva tuttavia sempre una sua raffinatezza, una sua eleganza, i collage di indumenti intimi di diversa foggia e tessuto, ma soprattutto se di colore diverso o, come in quel caso, contrastante, facevano sembrare chi li indossava volgare ” anzi di più, la facevano apparire una gran troia.

Io, invece, questa volta mi affrettai a contraddirla, rinnegando quanto avevo anche io più volte affermato: ‘ma no cara, sei elegantissima’ e poi, mentendo spudoratamente, ‘tanga e reggiseno non si notano poi tanto e soprattutto la differenza di colore si percepisce appena’.

Con un sorrisino furbo lei fece immediatamente finta di credermi e si limitò a rimirarsi un’altra volta allo specchio, aggiustandosi e tirandosi in su ripetutamente il seno nel balconcino, così come sanno fare solo le donne, in maniera da farlo sembrare più ‘importante’, facendolo sporgere dal tessuto sin quasi ai capezzoli, e contemporaneamente tirando in su il tanga, che si incuneò ancora più profondamente nel solco del culetto, arrivando a fare quasi capolino dalla vita del pantalone.

Io, dal canto mio, andai in bagno per cercare di trovare al mio cazzo già duro una sistemazione che consentisse di non renderlo troppo evidente, presagendo che avrei avuto più volte questo ‘problemino’ nel corso della cena che ci attendeva, riuscendo a malapena a trattenermi dal masturbarmi. Effettivamente quella fu una serata indimenticabile.

Al nostro arrivo erano già quasi tutti arrivati, chi seduto nell’ampio salone, chi sulla terrazza alla quale si accedeva da una panoramica vetrata.

L’anfitrione ci accolse baciando lei sulle guance, forse troppo in basso, quasi sfiorandole il collo, che in lei &egrave una delle zone erogene più sensibili, stringendola con forza, per un attimo di troppo, a sé e dando a me una vigorosa stretta di mano accompagnata da un sibillino occhiolino. Poi il giro delle presentazioni, visto che per la maggior parte si trattava di persone a me sconosciute.

L’accoglienza era più o meno sempre la medesima: a lei le signore dedicavano un freddo saluto ed uno sguardo che la percorreva tutta con un’aria quasi tangibile di disprezzo, mentre i ‘maschietti’ le lanciavano sguardi ‘affamati’ da parte dei signori.

Ho detto ‘affamati’ e non già ammirati perché il loro non era l’atteggiamento di ammirazione, di compiacimento che un uomo dimostra ad una donna bella ed intrigante come &egrave sempre stata lei. Mi ricordava piuttosto lo sguardo voglioso che si dedica ad una battona ferma sul ciglio di una strada, da cui traspare solo il palese desiderio di scoparla per il gusto di ‘svuotarsi i coglioni’, la voglia animalesca di sentirla gemere sotto i propri colpi.

Questa era dunque la considerazione che avevano di lei ? O era soltanto la mia immaginazione a farmi credere fosse così ?

A me parve invece essere destinata una svogliata stretta di mano, spesso accompagnata da un’aria incuriosita, come se si attendesse di conoscere il marito di questa nuova ‘collega’ per comprendere”non so cosa.

Lei immediatamente iniziò a darsi da fare. Mentre la padrona di casa era relegata in cucina, evidentemente intenta alla preparazione delle portate che ci sarebbero state servite, e lì rimase quasi tutta la sera, lei, non so se per sua iniziativa o invitata a farlo dal padrone di casa in qualità (malignai) di vice-moglie, iniziò a servire in giro per il salone ed il terrazzo vassoi di stuzzichini, bicchieri con bevande fresche o aperitivi, tovagliolini.

Andava avanti e indietro, sculettando inevitabilmente come fa sempre quando indossa scarpe coi tacchi alti, complice anche il pantalone troppo stretto, con la cavigliera e lo spadino che luccicavano ad ogni passo, il volto arrossato dal caldo e dall’impegno, chinandosi ad offrire cibi e bevande con le tette in bella vista, il tanga che, sui fianchi e dietro sporgeva oramai visibilmente dai pantaloni, il culetto sempre esibito, impudico ed appetitosi un quei calzoni che erano diventati una seconda pelle, allo sguardo di tutti.

Lui la seguiva spesso con gli occhi, non so se solo a causa della mia immaginazione appariva orgoglioso, compiaciuto, e mi sembrò che più volte trovasse il modo di passarle accanto e sfiorarla con decisione, fermandosi di tanto in tanto a sussurrarle nell’orecchio chissà quale sciocchezza che però la faceva sorridere radiosa.

Addirittura chiacchierando amabilmente con alcuni ospiti lo sentii lodare la sua “fidanzatina” mentre le teneva una mano intorno ai fianchi. Anche se detto in tono leggero e scherzoso quella parola mi mise in imbarazzo…..sentivo che avrei dovuto controbattere qualcosa, ma non mi uscì di bocca nemmeno una parola.

Non sapevo se protestare scherzosamente, se controbattere con una frase arguta, se accennare appena al fastidio che mi avevano provocato le sue parole, ma non dissi nulla: so solo che sentii un calore al basso ventre e avvertii che l’eccitazione mi stava quasi sopraffacendo. Capii anche che il mio silenzio apparve ai presenti più fragoroso di qualsiasi urlaccio, più condiscendente di qualsiasi gesto, più consenziente di qualsiasi “si”.

Il copione si ripet&egrave durante la cena. Fu lei a servire le portate, mentre la padrona di casa soltanto al termine del pasto venne a raccogliere i complimenti di tutti, l’aspetto affaticato, ancora col grembiule, certamente distante anni luce da lei, sempre più sensuale nella sua iperattività.

Come avevo previsto, io dovetti rimanere quasi sempre seduto perché altrimenti la mia eccitazione sarebbe stata troppo evidente a tutti: solo ogni tanto il cazzo mi dava un po’ di tregua allentando per qualche minuto la spinta sui pantaloni e per tutto il tempo ebbi costantemente il terrore che potesse vedersi qualche segno della mia eccitazione, sotto forma di macchia di bagnato, all’altezza del mio inguine.

Spiavo con attenzione lei aspettando ( o non invece sperando ?) che potesse sparire insieme a lui per un po’, per tornare poi alla festa con la camicetta sudata, i capelli in disordine, l’aria sazia e soddisfatta, ma questo non accadde mai. O meglio. A volte entrambi sparivano alla mia vista, ma mai per un tempo sufficiente ad ipotizzare che fosse avvenuto tra loro tra loro qualcosa di più che un profondo bacio, un abbraccio sensuale, per lui una stretta di tette o una carezza al culetto orgoglioso e per lei un massaggio veloce al cazzo da sopra i pantaloni.

Ma mi bastava anche solo questo pensiero, questa vaga possibilità.

Al termine della serata ancora un labile indizio, una nota stonata.

Premetto che la casa, bellissima e molto grande, era una di quelle case antiche che ancora conservano vari ingressi. Noi, all’arrivo, eravamo entrati dal portone principale, che poi dava accesso ad una breve scala in marmo davvero coreografica, ma sia io che lei avevamo avuto subito prima non poche difficoltà ad individuare tale ingresso poiché non vi era, come di solito accade, alcuna indicazione circa il nome dei proprietari, né targhette vicino al campanello, né nomi al videocitofono.

Ebbene, al momento di andare via, lasciammo infatti il ricevimento praticamente tutti insieme, ebbi l’impressione che fosse lei a fare strada, a volte addirittura precedendo di qualche passo anche il padrone di casa, percorrendo, apparentemente senza esitazioni, due o tre stanze, anticamere, salottini e disimpegni, prima di giungere alla porta di uscita, un ingresso secondario, lontano e diverso da quello da cui eravamo arrivati.

Di istinto mi tornò alla mente uno dei tanti pettegolezzi che lei mi aveva riferito all’inizio della loro conoscenza (devo infatti dire che, dopo i primi tempi, aveva man mano smesso di parlarmi di lui) secondo cui, approfittando di qualche viaggio di lavoro della moglie, B’ preferiva in tali occasioni non rinunciare alle comodità e portarsi a casa l’amante di turno, scoparla nel suo letto matrimoniale con tutta calma, addirittura, sostenevano i più maligni, invitare qualche amico più fidato per’.esibire ed anche condividere l’ultima conquista. Ebbene. Come poteva lei conoscere così bene casa sua tanto da guidarci tutti, attraverso il labirinto delle tante stanze attraversate, ad un’uscita della quale avrebbe addirittura dovuto ignorare l’esistenza ?

Allora anche lei era stata gradita ospite del suo lettone, magari anche lei aveva sentito lui che, al telefono, invitava qualche sconosciuto a raggiungerli a casa per una ‘festicciola’ della quale lei era l’attrazione, la portata principale ? Non riuscivo a darmi altre spiegazioni o forse non volevo.

Appena a casa nostra lei si liberò dei vestiti e corse a fare la doccia come se avesse una gran fretta di venire a letto.

Intuii che aveva una gran voglia di scopare, sapevo che di lì a poco mi avrebbe cercato sotto le lenzuola, tentandomi con le mani, con la bocca, con la lingua, che avrebbe avuto bisogno di tutta la durezza della quale il mio cazzo, già stanco di tutte le sollecitazioni della serata, sarebbe stato capace.

Ma pur sapendo tutto questo, non ebbi nessuna scelta, non potei attendere neppure un secondo, non riuscii nemmeno a liberarmi dei pantaloni.

Aprii la zip e forsennatamente iniziai una sega a cui desideravo abbandonarmi ormai da ore, giungendo con pochi colpi all’epilogo, allo schizzo violento e prolungato che imbrattò il parquet e che mi affrettai a pulire subito con qualche fazzolettino di carta.

Dopo non servì a nulla prolungare la mia doccia, restare il più possibile in bagno per tentare di ‘recuperare’ le forze e la voglia, mentre lei mi attendeva impaziente a letto.

Nonostante la sua brama, le sue carezze, i suoi baci, non riuscii a rinnovare il desiderio che avevo immediatamente e con così tanta foga ‘dilapidato’ sul pavimento. Il mio cazzo rimase disinteressato a quanto avrebbe trasformato invece, e per tutta la notte, altro uomo in un toro instancabile, un porco libidinoso, un padrone feroce.

Malinconicamente quella notte non potei che penetrarla con le dita, leccando a lungo la sua fighetta vibrante, smaniosa di ben altre cure, di ben altre penetrazioni, di ben altri stalloni, riuscendo infine a farle raggiungere un accenno, una parvenza di orgasmo che la lasciò visibilmente insoddisfatta, stizzita, nervosa.

Mi addormentai molto più tardi, colmo di umiliazione per quanto accaduto, ma anche, e mi sorpresi che fosse così, incredibilmente eccitato dal mio stesso insuccesso, come se avessi in quel momento e in tal modo sancito la sua legittimazione a cercarsi da ora in poi ogni cazzo fosse capace di soddisfarla, quello di B’. prima di ogni altro.

Leave a Reply