Skip to main content
Erotici Racconti

Una stupenda via senz’uscita

By 16 Marzo 2017Febbraio 1st, 2023No Comments

Era un tardo pomeriggio come tanti d’altronde in quell’ufficio, per il fatto che io m’attardavo trattenendomi di proposito per sbrigare delle importanti questioni, in aggiunta a ciò pazientavo che la pioggia prolungata là di fuori quantomeno rallentasse. Le strade erano completamente allagate d’acqua, il vento al piano terra colpiva gli stendardi di plastica della sala delle esposizioni, mentre le catene che li reggevano facevano uno sgradevole rumore metallico, tanto che parevano dover strappare la tela plastificata da un momento all’altro. Altri trenta minuti e me ne sarei andata rimuginavo dentro me stessa, comunque pianissimo, però me ne sarei andata. Avevo aperto già la pagina sul sito di Facebook, tuttavia l’avevo dimenticata accesa, così nel frattempo con il puntatore sulla X compare un messaggio, visto che s’apre una finestra di dialogo sullo schermo:

‘Ciao, da quanto tempo non ti sento. Come stai?’.

Era lui. Io lo avevo completamente rimosso nel periodo di Ferragosto scorso quando lui m’aveva peraltro abbandonato per tutta la settimana, se non per scambiarci soltanto degli auguri generici, impersonali e senza affetto. Io senza molti complimenti né tante lusinghe, ma con un paio di SMS gli avevo educatamente e gentilmente chiesto di non chiamarmi più allontanandolo. Certo, bruciava e struggeva ancora di qualche centimetro sotto l’ombelico, il piacevole ricordo di quella notte e di tutto ciò che era successo dopo esserci incontrati alla fermata dell’autobus. L’agriturismo era raffinato e persino romantico, il letto grande e morbidissimo, lezioso e svenevole quel tanto che bastava per corromperlo e fuorviarlo in un’alcova di sesso goloso e sfrenato. Lui m’aveva subito acciuffato appena la signora era andata via dopo averci consegnato le chiavi, e arrotolati i jeans sulle ginocchia m’aveva leccato prepotentemente la fica già bagnata, ancorché non freschissima dopo la giornata delle lezioni. Io avevo avuto giusto il tempo di sfilare una gamba dai jeans prima che lui mi scopasse. A dire il vero l’avevamo fatto due volte prima d’uscire per cena, a ogni ripresa ci spogliavamo un po’ di più fino a quando c’eravamo ritrovati infine nudi, esausti e alquanto affamati.

Era una bella sera di metà febbraio, serena e non tanto fredda per quel periodo, la prima volta che vedevo le mura del Vaticano dal retro, appena il tempo di mangiare una pizza ed eravamo ritornati in stanza. Quella sottana di seta rossa con l’oblò tra i seni, curvo e stravagante sul mio corpo dopo esservi stata straziata due volte, l’ultima, incredibile, con i fianchi schiacciati nel letto m’aveva trapassato le budella dal sedere, dato che mi era salita una pelle d’oca di dolore mista a quell’insolito e strano piacere. Io ero venuta così forte e in modo molto travolgente, dal momento che sembravo stessi per piangere, con lo spazio che si deformava fuori dalle orecchie giacché avevo gridato all’incredibile. Sullo sfondo la musica del gruppo dei Jethro Tull aveva afferrato per mano i miei singhiozzi, irrefrenabili anche al solo tocco delle sue dita lungo i tricipiti e il fondoschiena, fino a quando io ero sprofondata nel sonno nella posizione obliqua come mi trovavo. All’alba, soltanto dei fantastici cornetti al cioccolato ci avevano fermato dallo scopare ancora. Quei frammenti di non più di qualche secondo, piccoli vetri d’un cristallo rotto nelle reni l’hanno infine incuriosito:

‘Mi senti?’.

‘Sì, certo, dimmi, ti ascolto’. 

D’improvviso parte una carrellata d’aggiornamenti, di amici e di conoscenti, la pioggia là di fuori non vuole saperne di rallentare, a un tratto dopo qualche istante di silenzio lui esordisce in modo convincente:

‘Ascolta, un mio cliente m’ha portato una bottiglia di Valpolicella, m’ha perfino riferito che questo è un vino da meditazione, però mi scoccia berlo da solo, perché ci vuole qualcuno che sappia apprezzarlo. Ti va d’aprirlo assieme stasera?’.

Lui non è mai stato un’individuo abituato a grandi giri di parole, talora la sua franchezza e la sua schiettezza fanno persino male e urtano in maniera ruvida e tagliente. Cazzo se mi va, però questa pioggia mi sconsiglia di sorbirmi due ore di macchina, oltretutto questi mesi m’hanno insegnato che sull’automobile d’una donna, che raggiunge un uomo a casa sua manca solamente la scritta ‘servizio a domicilio’. L’orgoglio e la pigrizia sconfiggono ovviamente il desiderio e la lussuria, perciò io brillantemente rilancio: 

‘Va bene, quest’oggi il tempo è inclemente, che cosa ne diresti invece per giovedì?’.

Ripensando ai miei proponimenti so bene che il tempo fino a giovedì non migliorerà, l’umidità e le piogge persistenti ci accompagneranno, perché gli esperti parlano addirittura d’un abbondante nevischio prossimo venturo. Ci vedremo a metà strada, rimugino frattanto dentro me stessa estrapolando dalla valigia i miei indumenti, così ho pensato bene d’indossare un completino di raso di colore blu notte, delle calze autoreggenti nere con un gioco di ricami del passato sui lati delle gambe, i miei fidati stivali di pelle nera con il tacco. Ho coperto degnamente il tutto con un vestito di maglia grigia con un’ampia scollatura quadrata ornata di jais e di pietre lucide nere. Lui nel frattempo mi raggiunge dove ho parcheggiato la macchina, io manifestamente intirizzita esco ed entro nella sua automobile. Quanto mi è mancata la sua espressione sorniona, tenuto conto che mi ricorda qualche rara foto di Aristotele Onassis da giovane, con quegli occhi di cristallo dietro gli occhiali da freddo e inflessibile intellettuale. Baci casti sulle gote, benché quelle dita nei capelli della mia nuca lascino graffi di voglie incallite strisciate dai suoi polpastrelli, io per l’occasione mi mantengo leggera e spensierata, eppure immaginare dopo un istante quelle stesse voglie altrove non mi tornano certo d’aiuto. D’improvviso ci ritroviamo nella sua abitazione, il focolare già acceso è molto confortevole, visto che anima vivacizzando l’ambiente, in quanto ci sollecita di toglierci gl’indumenti: 

‘Che cosa preferisci consumare per il banchetto?’.

Io sono realmente allettata e stimolata di ribadirgli che se concludiamo la serata nella stanza da letto, a quel punto io avrò molto più appetito e più tempo di definire e di disporre appresso il seguito, sennonché mi limito a replicare con questo tono:

‘Esattamente non lo so, per adesso non ho molta fame, vediamo che cosa suggerisce al momento il Valpolicella, fammi meditare, ben presto lo saprai’.

Lui agguanta la bottiglia dalla cantina e la colloca accanto al camino per alcuni minuti per far affiorare i profumi del vino. Le fiamme illuminano nel modo adatto i profili, i nostri volti, le mani e i bicchieri, nel frattempo i sentori amabili e sanguigni del Valpolicella si fondono mescolandosi al fantastico brano Bourée dei Jethro Tull, perché credo che io l’identificherò sempre con lui e con la loro melodia, in seguito m’abbraccia invitandomi per ballare. In quella tangibile occasione lui comincia a ispezionarmi con dei baci, però quell’abbraccio diventa presto una carezza e all’istante anch’io inizio a cedere piegandomi ai suoi voleri. Un altro sorso di vino e quegli abbracci diventano da ultimo baci carichi di passione, lui e diventato intanto famelico, perché m’impone di sfilarmi il vestito, ammira con cura le rotondità dei seni che riflettono le fiamme sul suo viso, mentre il colore rosso del fuoco abbozza di colore blu il reggiseno rendendolo d’un tono alquanto particolare. Lui frattanto mi saccheggia amorosamente con due dita nella mia pelosissima e nera fica che si sta già bagnando oltremodo, in modo accattivante e insperato mi chiede:

‘Che cosa vuoi fare?’. Io ho soltanto modo di sussurrargli argutamente:

‘Non farmi conversare, perché stasera non mi vengono le parole, io devo concentrarmi, fammi meditare per bene’.

Lui s’avvicina con il viso in direzione dei miei glutei scorrendo le mani lungo tutta la schiena, di riflesso io appoggio le mani con la faccia al tavolo e mi fletto in avanti sporgendomi leggermente con il busto, arrendendomi sennonché con la fica proiettata verso di lui e in direzione del fuoco, visto che sembra quasi volermela mangiare, perché si ferma soltanto qualche attimo dopo in quanto sono abbondantemente fradicia delle mie naturali secrezioni. Dopo avermi condotto per i fianchi sul letto mi colloca sotto di lui, prima in maniera tradizionale, perché so che gli piace godere da femmina e successivamente mi scopa alla sua maniera, in modo diretto, schietto e senz’ulteriori fronzoli. Nel momento in cui lo sento chiaramente sborrare dentro di me, vengo anch’io urlando il mio appassionato orgasmo, affrancata e liberata da quelle grida che portavo sparse nei polmoni. Un attimo dopo aver goduto, mentre io ho ancora il corpo caldo e fumante simile alla canna d’una pistola che ha appena esploso un proiettile, lui è di nuovo pronto per scoparmi:

‘Dai, sali su di me, perché con la posizione della smorza candela voglio gustarmi interamente le tue belle tette’.

Io sento il vino scorrermi nelle vene, mentre raccogliendo le ginocchia intorno al suo busto lo cavalco in maniera incivile, selvaggia e sgarbata, tenuto conto che sembriamo come due fiere, per il fatto che strepitiamo mordendoci sui nostri corpi. Il suo cazzo mi trapassa in modo sopraffino, io esco fuori di senno come giammai prima d’ora mi era capitato, mentre mi scopa lui m’infila persino un dito nel didietro facendomi delirare. Dopo averlo urlato per un’altra volta quel poderoso ‘vengo’, io non riesco più a dirlo per intero, per il fatto che attualmente si è del tutto lacerato in gemiti scoordinati e in sillabe disarmoniche, poiché quello che sopraggiunge mi sbaraglia, perché è un orgasmo del tutto impreparato, azzarderei riferire inatteso che mi sconquassa in pieno, perché in quel momento s’illuminano di colpo i meandri della mia mente buia, come se fossi davvero una bestia feroce notturna, a quel punto sentendomi depredata della pelle io mi rigiro tra le lenzuola totalmente sfibrata e soddisfatta. Lui tempo addietro m’ha fatto scoprire in maniera insperata l’arcobaleno, in quanto accorto ed esperto qual è passa la mano in quella curva, dove il costato da nord e i fianchi da sud invitano la mano dell’uomo a rallentare e a fermarsi, per gustarsi il panorama più antico del primordio per eccellenza.

La sua durezza s’aggira delicata attorniando la crudele e spietata punizione del dolore, che m’infliggerebbe se mi penetrasse il sedere meno gentilmente di così, la mia coscia alzata trova frattanto conforto nella sua diventata immobile, io allora per lenire quella lama nelle carni mi passo un dito sul clitoride, non espiro, ma inspiro ancora, giacché sembro recuperare a fatica l’ossigeno che mi serve per sopravvivergli. La stupenda attesa e la tappa iniziale diventano man mano febbre e frenesia sulle mie labbra, che boccheggiano sulle sue dita, sul mio bacino sferzato dal vento di piacere, sul suo cazzo che si dilata e che m’allarga, sulla sua voce sempre più spietata, siccome un arcobaleno di colori nuovi e inattesi s’aprono lungo le nostre schiene, si mescolano ai quei toni sempre più acquosi e meno nitidi. A quel punto può esservi soltanto l’orgasmo, che ho colto quando la lussuria m’accorciava i deliranti sospiri a occhi chiusi, mentre sentivo il sedere riempirsi del suo sperma. L’arcobaleno adesso si è spento in conclusione tra le nostre braccia, nel tempo in cui io insistendo accalorata più che mai gli manifesto: 

‘Io ho già considerato i ragionamenti e premeditato a sufficienza le argomentazioni che avevo in serbo. Attualmente mi è venuta voglia di carne, anche perché non resisto più. Andiamo?’.

‘Certamente, con piacere, dai rivestiti piccola, perché ho pensato a un posticino molto bello, giacché sono sicuro che ti piacerà senza dubbio, su vieni’.

Fuori nel frattempo la pioggia aveva smesso di cadere. Il giorno dopo sarebbe comparsa abbondante la neve.

{Idraulico anno 1999}  

Leave a Reply