Quell’interminabile tragitto in corriera stava finalmente per giungere al termine. Mi aspettava un weekend in una città che da sempre avrei voluto visitare, ma nella quale, durante i miei primi trent’anni di vita, non ero mai riuscito a recarmi. La possibilità stavolta mi venne data da un inaspettato invito ricevuto pochi giorni prima. La responsabile di una compagnia di e-commerce, con la quale collaboravo assiduamente da qualche mese, organizzò una sorta di rimpatriata dei soci. Io naturalmente figuravo tra gli invitati. Pur non conoscendo personalmente lei né nessun altro e sapendo ben poco della vita privata della mia riservatissima interlocutrice, pensai di ‘buttarmi’ ugualmente. In fondo mi ispirava fiducia.
Sceso dal mezzo recuperai il trolley e mi guardai intorno. Non sapevo esattamente chi cercare. Diamante s’era offerta di venirmi a prendere in autostazione, ma avevo di lei solo una sommaria descrizione che, in quel mare di gente, di certo non mi aiutava a identificarla. Donne sui quarant’anni, alte attorno al metro e ottanta, con lunghi capelli biondi, in effetti, non se ne vedevano molte ma, in quella ressa, scovarla era ugualmente un’impresa ardua. Fu lei, tuttavia, a trovare me. Me ne accorsi solo quando vidi una donna avvolta in un cappotto nero, lungo fino ai polpacci, avvicinarsi a me. ‘Sei Davide?’, mi chiese, con un sorriso dolce stampato in volto. ‘Si’, le risposi in tono flebile. ‘L’avevo capito subito. Diamante, piacere!’, disse, porgendomi la mano. ‘ Piacere mio!’, replicai, stringendogliela. La sua stretta era decisa e delicata, la sua pelle morbida e calda. Restammo mano nella mano per qualche secondo di troppo, dopodiché ci decidemmo ad uscire da quella bolgia.
Una volta fuori, raggiungemmo la sua auto poco distante. Infilai il trolley nel portabagagli e partimmo alla volta del luogo della festa: il suo appartamento. Nelle e-mail in cui organizzavamo la trasferta, sotto suo consiglio, prenotai in un bed & breakfast nei dintorni di casa sua. Le chiesi di poter posare i bagagli al b&b e darmi una rinfrescata prima di recarci al party, ma mi rispose che avrei potuto farlo dopo, dato che l’adunanza era già in corso e noi in netto ritardo. Interdetto non replicai, limitandomi a godermi il panorama della Città Eterna e non disdegnando, di tanto in tanto, di posare lo sguardo anche sull’affascinante donna alla guida. Col passare dei minuti, i discorsi si spostarono inevitabilmente su argomenti più personali. ‘Ma ti chiami davvero Diamante?’, le chiesi. ‘E’ importante?’. ‘Non cominciare, eh! Qualcosa di te dovrai pur dirmela prima o poi’, risposi, in finto tono seccato. ‘Dici?’. ‘La finisci di eludere le domande? Ok, lo vedremo. Tanto dal vivo non mi scappi’. ‘E chi ha detto che voglio sfuggirti?’, replicò, indirizzandomi un fugace sguardo, misto tra il divertito e il malizioso. Accennai una risata e, in silenzio, continuai a guardare fuori dal finestrino, rapito da quanto avevo intorno.
Ci vollero solo pochi minuti prima che Diamante mi riscuotesse dalla mia trance: ‘Allora, qui a sinistra c’è il b&b di cui ti parlavo, mentre”, restò in silenzio giusto il tempo di superare un isolato, ‘Qui abito io’, concluse, indicando un imponente palazzo giallo ocra con piccoli balconi e privo di decorazioni sfarzose.
Una volta posteggiato, scendemmo dall’auto e la seguii fino al pesante portone in legno. Poi ci infilammo nel piccolo ascensore anni sessanta che ci avrebbe portato sino al quinto piano. La vicinanza forzata con lei mi creava un certo imbarazzo, mi sentii quasi avvampare durante la salita, ma tentai di celarlo, con non poca fatica. Quando l’ascensore arrivò a destinazione uscimmo dal piccolo abitacolo. Aperta la porta fu solo musica e frastuono. Nei minuti seguenti mi sentii come la pallina di un flipper. Tour della casa, presentazione di tutti gli invitati, dei quali, come al solito, non avrei ricordato un solo nome, stereo ad alto volume, buffet. Un gran caos, insomma.
Se non altro, però, ragazzi e ragazze mi parvero quasi tutti molto alla mano, cordiali e simpatici. Mi ritrovai a scambiare chiacchiere con perfetti sconosciuti su ogni argomento: dall’arredamento al ripieno dei rustici. C’era chi ballava, chi usciva in balcone per telefonare, chi badava, più che altro, a che il proprio piatto fosse sempre pieno. Diamante era spesso nei paraggi. Per fortuna difficilmente si allontanava da me, e questo aiutava non poco la mia integrazione in un gruppo apparentemente già ben affiatato. Certo, la mia concentrazione andava a farsi benedire quando l’avevo vicina, ma, di sicuro, non era qualcosa di cui lamentarsi, data la sua indiscutibile avvenenza e il buon profumo della sua pelle.
Nel corso della serata mi ritrovai in balcone per rispondere ad una chiamata in arrivo. Liquidato l’interlocutore in un paio di minuti, e trovandomi da solo all’esterno dell’appartamento, mi poggiai schiena al muro a guardare il panorama, finché i miei occhi non si rivolsero al cielo stellato. Non so quanto tempo rimasi a fissare i puntini luminosi sopra la mia testa. Probabilmente diversi minuti. Finché Diamante non mi raggiunse. ‘Eccoti qui, non ti trovavo più. Pensavo fossi scappato!’. Risi appena. ‘Ma no, perché dovrei, mi sto divertendo’. ‘Ah, ed è per questo che ti sei rifugiato fuori?’. Mi fece ridere nuovamente. ‘Ero al telefono. Poi mi sono incantato a guardare il cielo. Mi capita spesso’. Si poggiò al muro accanto a me, alzando anche lei gli occhi. ‘E’ vero, è molto bello’. Per qualche secondo restò in silenzio. Poi mi chiese: ‘Cosa ti fa venire in mente?’. ‘Al momento, una cosa sciocca’. ‘Dai, dimmi’. ‘Da casa mia vedo le stesse stelle più o meno nella stessa posizione. Eppure mi trovo da tutt’altra parte ora’. ‘E la cosa ti dispiace?’. ‘Scherzi?’, mi voltai a guardarla, ‘Sono nel posto che sogno da una vita’. Ci fissammo per qualche istante, mentre Diamante si avvicinava a me sempre più, posandomi le mani sul petto. Poi, aggiunsi: ‘Con qualcuno che sta rendendo questa serata ancor più speciale di quanto mi aspettassi’. Non terminai quasi la frase che le nostre bocche si toccarono, prima timidamente, poi con più vigore. La morbidezza delle sue labbra mi indusse a stringerle fra le mie, lei fece lo stesso. In breve, anche le nostre lingue entrarono in contatto, accarezzandosi e quasi stringendosi in un dolce abbraccio. Dopo qualche secondo, Diamante si staccò, sussurrandomi: ‘Ti va di ballare?’. ‘Non sono capace’, le risposi, ‘Mai imparato’. Mi guardò con aria quasi affranta. ‘Niente niente?’. ‘Solo i lenti’, replicai. Il suo volto si illuminò. ‘Era ciò che speravo’, mi disse, prima di afferrarmi la mano e trascinarmi in salone. Armeggiò per qualche istante con lo stereo, poi i bassi di Barry White invasero la stanza. Per qualche minuto mi sentii come in un universo parallelo in cui c’eravamo solo io e lei. La tenevo stretta mentre i nostri piedi scivolavano sul pavimento. L’aroma dei suoi capelli mi inebriava e le sue braccia attorno al mio collo mi invogliavano ancor più a restarle incollato. Avrei voluto che quei momenti non finissero mai.
Ma il pezzo terminò e, ben presto, anche la festa. Gli invitati, ad uno ad uno, lasciarono l’appartamento, finché non rimanemmo solo io, Diamante e mezza casa da riassettare. L’aiutai a farlo, nonostante la sua riluttanza nel far ‘sgobbare’ un ospite e, in breve, riuscimmo a riportare all’ordine sia il salone che la cucina.
‘Se vuoi ti accompagno’, mi ripeté, con un filo di voce. ‘Se dovessi fare ciò che voglio, non ce ne sarebbe bisogno’, replicai, avvicinandomi a lei. Mi sorrise maliziosa. ‘Mi piace quando mi dai proprio le risposte che voglio sentire’.
Ero ormai a un passo da lei. Con un guizzo le fui praticamente addosso. L’afferrai dai fianchi, lei si avvinghiò al mio collo e prendemmo a baciarci nuovamente. Stavolta con più passione rispetto a prima. Le nostre bocche spalancate quasi tentavano di mangiarsi a vicenda. Le mani, intanto, scorrevano sui nostri corpi violando, senza ritegno, le barriere dei vestiti. Nel mentre, i miei baci, che dalla bocca passarono ai lobi delle orecchie e poi al collo, parvero infiammarla.
Diamante mi sfilò la maglia con una foga tale che quasi rischiò di strapparla, poi prese ad armeggiare coi bottoni dei miei jeans. Tolti anch’essi, fui io a dedicarmi a lei. Facendole risalire le mani lungo le cosce, iniziai a sfilarle il vestito dal basso, inginocchiandomi per baciare le porzioni di pelle che, centimetro dopo centimetro, venivano esposte ai miei occhi e alla mia bocca. Percepii gli odori della sua vagina, le contrazioni del suo ventre, la consistenza del suo seno. In breve, l’abito abbandonò il suo corpo, finendo per terra poco più in là. Il reggiseno seguì ben presto la stessa sorte, così ebbi modo di dedicarmi alle sue mammelle. Stimolai con la lingua prima un capezzolo e poi l’altro, strinsi i suoi seni tra le mani, mi nutrii dei suoi sospiri eccitati mentre impazzivo al contatto con quelle colline bianche e sode. Poi scesi. Le baciai ancora l’addome mentre, con le mani, sfilavo il suo perizoma nero. Arrivai ben presto al suo boschetto e all’umido del suo sesso. Le gambe di Diamante, appena divaricate, mi permisero di insinuare prima le mie mani e poi la mia bocca fino a raggiungerlo. Con le dita percorsi l’apertura della sua vagina, bagnandole dei suoi umori prima di portarmele alla bocca per assaporarli. Subito dopo, le mie labbra e la mia lingua si fecero strada nella sua intimità. Quasi sedendosi su un pensile della cucina, la ragazza spalancò le gambe, rivelando a pieno il suo frutto proibito. Divaricai appena le grandi labbra, andando a cercare il suo clitoride già gonfio. Lo strinsi nella mia bocca, lo tirai appena, mentre i suoi gemiti si facevano sempre più intensi. Poi affondai il più possibile la mia lingua dentro di lei, strappandole un gemito. La mossi in circolo. I suoi succhi colavano abbondanti tra le mie labbra e sul mio mento e, intanto, Diamante serrò le sue mani attorno alla mia testa per spingermi, ancora di più, contro la sua vagina bagnata. Mi aiutai anche con le dita, che affondarono in lei come una lama rovente nel burro. La masturbai con vigore, fin quasi a portarla all’orgasmo. Quando fu sul punto di venire, scossa dagli spasmi, mi staccai da lei, liberando il mio membro dalla costrizione degli slip. Mi diede a stento il tempo di sfilare l’ultimo indumento, che mi attirò a sé per baciarmi ancora, gustando il suo stesso sapore.
Mentre il mio corpo premeva nuovamente contro il suo, Diamante muoveva il bacino alla ricerca del mio sesso. Non dovette attendere molto. Ben presto, il mio glande incontrò la sua vagina iniziando a penetrarla. In breve fui completamente dentro di lei, strappandole un urlo liberatorio. Restai immobile per qualche secondo, per farla abituare alle mie dimensioni, dopodiché iniziai ad estrarre il mio pene lentamente, fino a svuotarla quasi del tutto, prima di riaffondarle dentro di colpo. E lei, di nuovo, urlò. Continuai così, aumentando il ritmo ad ogni spinta, fin quando quel piccolo gioco non si trasformò in un amplesso forsennato.
Sostenendola dalla zona sacrale, con lei avvinghiata al mio collo che teneva le cosce completamente spalancate, continuai a stantuffarla a lungo, baciandola e tastandole i seni con la mano ancora libera. I suoi umori continuavano a sgorgare copiosi dal suo sesso, colando lungo le nostre gambe.
Il suo orgasmo fu devastante. Ormai senza fiato, paonazza e sudata, serrò le braccia attorno al mio collo e le sue gambe attorno alle mie. Degli spasmi attraversarono il suo corpo, poi si lasciò cadere all’indietro, quasi sdraiandosi sul pensile. Il suo cuore batteva a mille e il suo seno, che presto tornò ad essere preda delle mie mani bramose, ballava al ritmo frenetico del suo respiro. Dopo qualche istante mi allontanò di alcuni centimetri e si lasciò scivolare in ginocchio sul pavimento. Non perse tempo, ed imboccò la punta del mio pene, intriso dei suoi succhi. Leccò tutta l’asta, assaggiò il glande, mentre masturbava quel palo di carne bollente davanti a sé. Alzò gli occhi a cercare i miei. Con voce spezzata mi disse: ‘Vieni anche tu, voglio berti’. Nel frattempo, le sue mani si muovevano sapienti lungo il mio membro e la sua bocca dava sollievo alla mia cappella, gonfia e arrossata. Pochi minuti dopo, le prime pulsazioni iniziarono ad investire il mio sesso. Diamante se ne accorse e lo imboccò per quanto possibile. Copiosi e densi fiotti di sperma caldo si riversarono direttamente nella sua gola. Poi, la ragazza si staccò dal mio pene e la sua lingua raccolse gli ultimi scampoli della mia eccitazione, che ancora fuoriuscivano dal mio membro. Un suo sospiro più lungo degli altri sancì la fine di quell’interminabile amplesso.
Appena si rialzò riprendemmo a baciarci, prima lentamente, poi con sempre più trasporto. In breve, il calore e la morbidezza del suo corpo, premuto contro il mio, mi causò una nuova, poderosa erezione. La sua mano non tardò a prendere possesso del mio membro, mentre Diamante mi rivolgeva un sorriso malizioso.
‘Si è già ripreso?’, sussurrò, in tono retorico. ‘Tu che dici?’, replicai, sorridendole a mia volta. ‘Meglio godersela a pieno questa vacanza’, conclusi. Poi ripresi a baciarla, poco prima di puntare, ancora, il suo invitante sesso aperto e grondante umori.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…