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Domino, la compagna di università – Seconda parte

By 26 Luglio 2025No Comments

Mi sveglio con la luce del mattino che entra dalla finestra.
Giro la testa e vedo che il posto accanto a me è vuoto; spero non sia andata via, dobbiamo chiarire molte cose.
A fatica mi alzo, la testa mi duole un po’, colpa degli eccessi della sera e della notte precedenti.
Mi dirigo barcollando verso la cucina e giunto sulla porta un piacevole profumo di caffè riempie le mie narici.
Lei è lì!!!
È girata e sta trafficando vicino ai fornelli.
Sentendo la mia presenza gira la testa.
-“Buongiorno.” – mi saluta – “Ho fatto il caffè ma non ho trovato niente da mangiare”.
Ha rimesso le mutandine e sopra ha una mia canottiera sportiva indossata sul corpo nudo, i capelli sciolti le scendono ad onde sulle spalle.
Anche così, di prima mattina e senza trucco, è splendida!!!
Mormoro qualcosa che può assomigliare a un “giorno” dirigendomi verso di lei.
Apro uno sportello e prendo una scatola di biscotti ed una di corn flakes e dal frigo una busta di latte.
Poggio il tutto sulla tavola e mi siedo a sorseggiare la tazzina di caffè, che lei mi ha preparato, senza dire una parola.
Lei mi fissa per un po’, poi scosta una sedia e si siede davanti a me.
-“Mauro sei arrabbiato con me?” – chiede.
Ci penso su un po’, anche perché non so cosa risponderle.
-“Allora?” – mi sollecita.
-“Arrabbiato no, deluso sì.” – mi decido a dire infine – “Avrei voluto più sincerità da te, avrei voluto saperlo prima, avrei voluto essere io a decidere se accettare o no”.
-“Ed avrebbe cambiato le cose?” – continua lei.
-“Non so” – rispondo confuso.
-“Ma non hai capito che il mio è stato un gesto d’amore?”
La guardo stupito.
-“Eh sì mio caro, perché se tu sei così ottuso da non averlo capito, te lo dico io: credo di essermi innamorata di te; è chiaro?”.
Rimango basito da questa sua dichiarazione.
-“Ma come puoi…” – balbetto – “Tu sei… Sei un ibrido…”
-“Adesso sei offensivo.” – ribatte gridando – “Io non sono un ibrido, sono una donna, hai capito DONNA”.
Rimango senza parole a questa sua reazione violenta.
-“E se vuoi, in questa mattina di primo gennaio, ti racconto la mia storia”.
Annuisco senza rispondere.
-“Bene, io sono nata maschio.” – attacca – “Ma crescendo scoprii che mi piacevano di più le cose delle femminucce. Mi piaceva giocare con le bambole di alcune amichette, a volte prendevo le scarpe col tacco di mamma e mi pavoneggiavo con esse davanti allo specchio.”
S’interrompe per bere un sorso di caffè.
-“Coll’arrivo della pubertà i miei istinti femminili aumentarono.” – continua – “prendevo di nascosto i vestiti di mamma e l’indossavo vedendomi più bella con essi che con gli abiti maschili”.
-“Poi un giorno mia madre mi sorprese mentre indossavo uno dei suoi abiti”.
-“E come la prese?” – domando.
-“Bene direi. Mi fece sedere senza fare scenate e cominciammo a parlare. Le confessai i miei istinti, di come mi sentivo più donna che maschio”. Parlammo a lungo e alla fine lei mi disse che avrebbe riflettuto sulla nostra discussione”.
Non la interrompo la lascio continuare curioso, ormai, dalla sua storia.
-“Ne parlò con mio padre ed entrambi decisero di portarmi da uno psicologo.
Lo psicologo oltre ad ascoltarmi mi prescrisse diverse analisi, dalle quali emerse che i miei livelli ormonali erano più alti di progesterone ed androgeni che di testosterone.”
Altro sorso di caffè.
-“In seguito, con una ecografia, si scoprì che nel mio addome, a fianco della vescica e della prostata, c’era un altro elemento che poteva essere quantificato come un’ovaia”.
Spalancai gli occhi stupefatto.
-“Non essere sorpreso, mi spiegarono che non era un caso molto raro, molti ragazzi durante la pubertà sviluppano organi simil femminili che poi, durante la crescita, si atrofizzano, ma la mia ovaia sembrava essere più sviluppata della norma”.
-“Queste rivelazioni rafforzarono in me l’idea di essere una donna e non un maschio”.
-“Con la crescita i miei caratteri femminili divennero sempre più evidenti e questo mi causò non pochi problemi. I miei compagni di scuola mi prendevano in giro e mi bullizzavano e con il liceo le cose peggiorarono”.
I suoi occhi erano diventati lucidi di lacrime al ricordo di quelle angherie.
Provai tenerezza e compassione per questi suoi eventi passati.
-“Al liceo conobbi Giacomo, il quale si affezionò a me e prese a proteggermi dagli altri che mi beffeggiavano. Più tardi mi confessò che mi capiva perché anche sua sorella Giada aveva il mio stesso problema”.
-“Con lui stavo bene e mi sentivo per la prima volta protetta da qualcuno che mi capiva. Tra noi nacque una profonda amicizia ed in seguito anche con Giada”.
-“Gli anni passavano e con essi anche i miei caratteri femminili si accentuavano ma non completamente.” – fece una pausa – “Voglio mostrarti una cosa”.
Si alza e si dirige verso la camera.
Ritorna poco dopo ed ha in mano la sua borsetta, da cui estrae un portafoto.
-“Questa sono io quattro anni fa” – dice mostrandomi una foto e poi un’altra.
-“Queste foto me le ha scattate Giacomo un giorno a casa sua, le porto sempre con me per ricordarmi quello che ero e quello che ho passato. Come puoi vedere il mio corpo come donna era già abbastanza sviluppato, ma non completamente, non avevo seno. Quello è stato un regalo di mio padre per la maturità”.
Ora la seguivo senza interromperla, preso da quella storia quasi fuori dalla realtà.
-“Ci spedì, me e mia madre, in una clinica svizzera dove mi praticarono una terapia intensiva di estrogeni che mi fece crescere il seno, che poi modellarono con alcune punture di un prodotto di cui non conosco il nome. Non ho protesi, per questo i miei seni sono morbidi e caldi al tatto”.
-“Mi sono quindi iscritta all’università come donna e quando, come normale, mi hanno chiesto come mai mi chiamavo Domenico, ho raccontato la solita storiella dei genitori che volevano un maschio”.
-“Ora sto aspettando la fine dell’università e quando avrò abbastanza soldi, andrò in sudamerica, in Brasile, dove c’è una clinica specializzata, e mi farò operare per diventare finalmente una vera donna”.
-“Bene la mia storia finisce qui, o meglio, arriva fin qui. Ora tocca a te dire cosa pensi”.
Rimango in silenzio per un lungo periodo a riflettere.
Lei non mi sollecita, si alza e versa dell’altro caffè per entrambi, poi prende a mangiucchiare i biscotti.
-“Mia cara Domino,” – comincio rompendo il silenzio – “la tua storia è qualcosa che mi tocca, mi commuove e mi addolora pensare a ciò che hai passato ed ai soprusi che hai dovuto subire”.
-“Non ti commuovere troppo.” – m’interrompe – “Quello che ho passato ha forgiato il mio carattere, mi ha reso più forte. Oggi sono io che decido a chi darmi e come farlo. Tu sei stato il primo con cui ho fatto l’amore, col sentimento, non il sesso”.
Rimango ancora una volta sbigottito davanti a questa sua dichiarazione.
-“Ora la palla è tua.” – continua – “Sei tu, ora, che devi decidere cosa fare del nostro rapporto”.
-“Devo riflettere.” – dico dopo una pausa – “Non posso risponderti subito. Ora come ora ti dico che non me la sento di impegnarmi in una relazione così complicata. Dammi tempo”.
-“Bene, prendi il tuo tempo, ma tieni presente che io non sono disposta ad aspettare in eterno”.
-“Un’ultima domanda, se mi consenti”.
-“Vai”.
-“Hai detto che tu e Giada siete amiche da lungo tempo. Avete mai… avuto rapporti” – chiedo.
-“No. Ci lega una profonda amicizia ed il fatto di essere simili, ma non abbiamo mai fatto sesso”.
-“Te l’ho chiesto perché stanotte ho visto che Giada è molto attiva e da come gemeva la ragazza la stava facendo ben godere”.
-“E tu che ne sai se io sono solo passiva o anche attiva? Solo perché stanotte ho subito passivamente, credi che sia sempre così?”
La guardo interrogativamente.
-“Solo il tempo può risponderti” – dice in maniera enigmatica lasciandomi nel dubbio.

Nei giorni che seguirono il nostro rapporto si raffreddò.
Parlammo poco ed a volte io cercavo di evitarla, dibattuto nel dubbio di cosa fare.
Da una parte volevo mantenere la relazione con lei, da un’altra avevo paura di non essere in grado d’impegnarmi in qualcosa che credevo estremamente complicato.
Fu così che una sera invitai a cena mia cugina Luisa, con la quale avevo un rapporto particolare di stima ed affetto, per chiederle consiglio (vedi La cugina infermiera).
Durante il pasto le raccontai della notte passata con Domino, della storia della sua vita e di come io mi sentissi indeciso su cosa fare; con Luisa non avevo segreti.

-“Vedi Mauro,” – inizia – “da quello che mi hai raccontato penso che questa ragazza, e sottolineo ragazza, perché se lei si sente donna è una ragazza a tutti gli effetti, abbia del coraggio da vendere e sia molto intelligente, quindi tu saresti uno stupido a lasciarla andar via”.
-“Ma lei mi ha detto che mi ama ed io non so se sono disposto ad avere una relazione amorosa con una trans, non so se ne avrò il coraggio”.
-“E chi ha parlato di amore? Io intendevo di continuare ad averla come amica, il tempo poi farà il resto”.
-“E voglio dirti un’altra cosa.” – continua – “Non fossilizzarti sull’argomento della diversità. In natura l’omosessualità e la bisessualità sono molto comuni, siamo noi che ci siamo imposti delle regole sociali dove questi comportamenti devono essere esclusi. Domino ha lottato e sofferto per affermare la sua personalità e solo per questo va rispettata”.

Le parole di Luisa mi ronzarono nella testa per giorni, finché presi una decisione.

Siamo a lezione di disegno e Domino è seduta accanto a me, assorta nel lavoro.
-“Ti va se oggi pranziamo assieme?” – le domando.
Lei solleva lo sguardo dal foglio sorpresa e mi guarda.
-“Certo, perché no” – mi risponde con un sorriso che le illumina gli occhi.
Siamo a mensa seduti uno di fronte all’altra.
-“Domino ti chiedo scusa” – inizio.
-“Per cosa?”.
-“Beh perché da quella notte ho cercato di evitarti, di non parlarti”.
-“Sai ho pensato la stessa cosa” – risponde ironicamente.
-“Sì, scusami, ma nella mia testa avevo tante idee confuse e non sapevo cosa fare”.
-“Ed ora ti si sono chiarite”.
-“Sì, Domino io voglio che restiamo amici, che la nostra relazione continui com’era prima di quella notte. Per quanto riguarda amore od altro, per ora non posso darti una risposta, solo il tempo lo potrà, ma voglio sinceramente continuare a volerti bene come amica. Sei disposta ad essere la mia migliore amica, per ora?”
Lei ci pensa su per un po’, poi il suo volto s’illumina di un sorriso radioso.
-“Sì Mauro, voglio essere la tua migliore amica, anche se dovrò reprimere i miei sentimenti e… evitare di saltarti addosso” – conclude con una risata cristallina che fa voltare molti dei presenti.

E così il nostro rapporto si stabilì su dei binari di sincera e leale amicizia.
Ogni tanto ci scambiavamo qualche bacio, ma senza andare mai oltre, rispettando il nostro accordo iniziale.
Passarono i mesi ed arrivò giugno e ci dovevamo preparare per la sessione estiva d’esame.

Siamo seduti al tavolo della mia cucina, tutti sudati e mezzi nudi a causa del caldo afoso che il ventilatore non riesce a mitigare.
Domino è seduta davanti a me, la testa china su un testo di arte.
Indossa solo degli shorts ridottissimi ed il reggiseno.
Ogni tanto alzando gli occhi non posso non ammirare quelle due rotondità abbronzate (e sì lei ha già cominciato ad andare al mare) che sembrano voler uscire dalle coppe.
Poi mi riprendo, bevo un sorso di acqua fredda e ricomincio a studiare; ma sono nervoso, distratto e lei lo percepisce.
-“Che hai?” – mi domanda – “Sembra che oggi non riesci a concentrarti”.
-“È vero sono deconcentrato”.
-“E cos’è che ti distrae, qualche pensiero?”
-“Tu” – le rispondo di getto.
-“Io?” – fa stupita.
-“Sì, tu. Ogni volta che alzo gli occhi e vedo le tue tette che strabordano dal reggiseno, la mia concentrazione va a farsi fottere”.
-“Non mi dire” – fa scoppiando a ridere – “Dopo tanto tempo ti stai riaccorgendo di me!!!”
-“Non essere sciocca.” – dico seriamente – “Tu sei sempre nei miei pensieri, cerco solo di resistere e distrarmi, ma oggi non ci riesco”.
-“E allora arrenditi, smetti di studiare e fai qualcos’altro”.
-“Forse hai ragione” – dico chiudendo il libro ed alzandomi.
Lei abbassa gli occhi e continua a studiare.
-“Senti ho un’idea.”- dico ad un tratto – “Che ne pensi se per oggi pomeriggio lasciamo stare e ce ne andiamo a fare un bagno in piscina?”
Lei mi guarda un po’ perplessa.
-“Pensi sia bene? Gli esami sono tra due settimane”.
-“Ma dai.” – insisto – “Siamo già abbastanza preparati e poi possiamo recuperare domani, o anche stasera quando fa più fresco”.
-“Daccordo, mozione approvata” – fa alzandosi sorridendo.
-“Ok allora, passiamo a casa tua a prendere costume ed asciugamano ed andiamo” – dico allegro.
-“Non ce ne bisogno, In auto ho ancora la borsa di domenica, quando sono andata al mare, c’è tutto l’occorrente”.
Pochi minuti perché anch’io prenda il necessario ed usciamo.
Prendiamo la sua auto, una anziana A112 che il fratello le ha regalato quando ha sostituito l’auto della moglie.
Mentre lei guida io mi godo lo spettacolo delle sue gambe abbronzate che escono dagli shorts, nude fin quasi all’inguine e la loro vista mi provoca una semierezione.
Arrivati in piscina andiamo negli spogliatoi e ci cambiamo.
-“Ci vediamo a bordo vasca” – le dico prima di lasciarla.
Sono seduto su una sdraio che l’aspetto quando lei appare.
È una visione da sballo, con quelle tette e quel culo messi in evidenza in un bikini rosa.
Noto le teste di molti uomini che si girano ad ammirare quello spettacolo di donna; se solo sapessero!!!
-“Mamma come sono accaldata. Io mi tuffo” – dice scalciando via gli zoccoli e gettandosi in acqua.
-“Che fai tu non vieni?” – mi chiede quando riemerge guardandomi dal bordo delle piscina.
-“Arrivo” – e mi tuffo anch’io nel fresco rigenerante dell’acqua.
Nuotiamo e giochiamo un po’, quando siamo stanchi ed usciamo, lei strizza la lunga coda di capelli e si distende su una sdraio.
-“Volevo chiederti una cosa” – le dico guardandola.
-“Cosa?”.
-“Come fai con quel bikini a nascondere… A non far vedere… Insomma hai capito?”
-“Caro Mauro,” – fa scoppiando a ridere – “non sai proprio niente di abbigliamento intimo femminile. In commercio si trovano capi come questo che hanno degli slip contenitivi dentro i quali puoi mettere qualsiasi cosa senza che si noti”.
-“Ah, ho capito” – ma in realtà non so se ho capito veramente.
È sera quando rientriamo, siamo stanchi ma rilassati dal bel pomeriggio passato assieme, tiro fuori due pizze dal congelatore, le scaldo in forno e ci sediamo a mangiare.
Dato il caldo ancora insistente siamo entrambi vestiti molto succintamente; io solo con un paio di boxer e lei con una tshirt, sotto la quale non ha niente, visto come i suoi capezzoli spingono la stoffa, ed uno slip.
Mentre mangiamo noto che Domino non stacca gli occhi da me.
-“Che c’è?” – le chiedo – “qualcosa non va?”
-“Non c’è niente che non va, anzi, stavo solo pensando”.
-“A cosa?”
-“A come stiamo bene noi due assieme, ci manca solo una cosa per essere una coppia perfetta”.
-“Domino non ricominciare, noi stiamo bene assieme come amici e basta”.
-“Sarà, ma a me quella cosa manca” – dice guardandomi con occhi che intuisco pieni di desiderio.
-“Continua a fare proprio caldo, si scoppia.” – dice sollevando la tshirt e sfilandola dalla testa – “Non ti dispiace vero?” – fa appoggiandosi in avanti con le tette nude tra le braccia.
A quella vista mi si secca la gola e per poco non mi strozzo con un pezzo di pizza.
-“Che hai? Eppure non è la prima volta che mi vedi seminuda.”
-“Domino per favore…” – dico con la voce strozzata.
Lei si alza e viene dietro di me, mi appoggia le mani sulle spalle e inizia a massaggiarmi la base del collo.
-“Domino ti prego…”
-“Mi preghi per cosa?” – fa lei, intanto la sua mano scende sul mio petto e continua ancora più giù fino a raggiungere il suo obiettivo, che, ormai, ha la consistenza del marmo.
-“Vedi che hai voglia anche tu” – mi sussurra all’orecchio, mentre stringe nel palmo il membro rigido, attraverso la stoffa dei boxer.
Non riesco a replicare, ho la lingua asciutta, la testa mi gira.
Afferra la spalliera della sedia e la tira indietro, poi con un movimento fluido passa davanti e s’inginocchia.
Estrae il cazzo dai boxer e lo impugna carezzandone la punta con il pollice e guardandomi fisso negli occhi.
Poi abbassa la testa e se lo fa scivolare in bocca fino alla radice.
Un brivido misto di piacere e di timore mi attraversa la schiena; questa “donna” mi fa impazzire e mi mette paura allo stesso tempo.
-“Allora ti piace” – mi dice sentendo il mio tremore ed alzando il viso sorridente.
Non rispondo ma inarco la schiena ad invitarla a continuare e lei si rimette il glande tra le labbra e me lo aspira come se volesse svuotarmi le palle.
Continua… e continua finché sento lo sperma che sale impetuoso e le riempie la bocca e da me prorompe un ruggito animalesco.
-“Uuuggghhh…” – grido rauco mentre l’orgasmo mi assale.
Lei si toglie il cazzo e dalla bocca piena di sperma e una parte le cola sui seni.
Mentre io continuo a menarmi per spremere le ultime gocce, lei mi guarda sorridente e con aria trionfante.
-“Vedi che non mi puoi resistere, hai troppa voglia di me, anche se cerchi di negarlo” – mi dice mentre io mi accascio sulla sedia sfinito.
-“Ed io ora che faccio?” – chiede sedendosi sulla tavola e abbassando il bordo dello slip a mostrarmi il suo pisello dritto.
-“Dai, per favore, fai godere anche me” – m’implora prendendomi le mani e attirandomi verso di lei.
Non so che fare e per non deluderla prendo il suo membro con una mano e inizio a menarlo lentamente.
-“Puoi fare qualcosa di meglio,” – mi dice – “come ho fatto io”.
Mi abbasso e, timidamente, do un paio di leccate al glande.
Il profumo che sale dal suo pube ha qualcosa che mi penetra nel cervello e mi fa perdere ogni inibizione e remora.
Allora con un gesto deciso abbasso la testa e mi metto in bocca la cappella ed inizio a succhiarla.
-“Aahh bravo hai capito… Sììì così, continuaaa…” – geme prendendomi la testa tra le mani quasi a bloccarmi in quella posizione.
Ma non serve; ormai ho deciso, voglio farla godere!!!
Continuo a succhiarla per un po’, poi mi stacco, le lecco le cosce, lo scroto, scendo ed arrivo al suo buchino e dopo averlo ben leccato, cerco di penetrarlo con la lingua.
-“Ooohhh Mauro, amore miooo… Mi stai facendo impazzireee…” – urla.
Sento che inizia a tremare e per eccitarla ancora di più le metto un dito nel pertugio, mentre risalgo ad imboccare il cazzo e sento sulla punta le prima gocce di sperma.
-“Ooohhh sììì… Non ti fermareee… Sto per venire…” – geme inarcando la schiena.
Quando sento che è prossima all’orgasmo mi tiro indietro; non sono ancora pronto a ricevere lo sperma in bocca.
-“Oh nooo…” – urla – “Non oraaa…”.
Si distende sulla tavola, prende il cazzo con la mano e se lo mena frenetica fino a quando un getto di sperma le bagna il ventre.
Continua a menarselo per un po’ mentre io la guardo rapito.
-“Sei stato cattivo, mi hai lasciato proprio sul più bello” – mi rimprovera alzando la testa per guardarmi.
-“Vado in bagno a pulirmi” – si solleva, scende dalla tavola e si dirige verso il bagno.
Sono piuttosto turbato; non posso darle torto, lei mi ha portato fino alla fine prendendo il mio seme, mentre io non ho avuto il coraggio di farlo.
Sento scorrere l’acqua della doccia e decido di seguirla in bagno, magari per chiederle scusa.
È sotto la doccia, si volta sentendomi entrare.
-“Cosa c’è?” – mi chiede.
-“Volevo darmi una lavata anch’io e pensavo potessimo farlo assieme”.
Mi guarda ironica, poi mi fa cenno col dito invitandomi ad entrare.
L’acqua scorre su di noi e il fatto che i nostri corpi nudi si sfiorano e si urtano nello spazio ristretto, sortisce l’effetto di eccitarci di nuovo.
Mi posiziono dietro di lei e con una mano le carezzo il seno, mentre le faccio sentire tra le natiche la durezza del mio cazzo.
-“Sei di nuovo in tiro?” – fa ironica.
Faccio scivolare la mano sul suo ventre fino al suo sesso che sento ben duro.
-“Anche tu, sento”.
La faccio girare, la bacio, poi m’inginocchio e, stavolta senza esitazioni do una bella leccata al suo membro per poi infilarmelo in bocca.
-“Aaahhh…” – il suo gemito di piacere mi arriva attraverso lo scroscio dell’acqua.
-“Fermati.” – mi dice – “Qui possiamo scivolare usciamo fuori”.
Si stacca da me, esce dalla doccia e prende un asciugamano per asciugarsi.
Poi si appoggia al lavabo in una posa seducente mostrandomi il culo.
-“Vieni” – m’invita.
Non me lo faccio ripetere e mi avvicino a lei.
-“Prima baciami” – mi fa allargandosi le natiche
M’inginocchio e infilo il viso tra quei globi profumati.
Lecco quel buchino che sento fremere e contrarsi sulla lingua, mentre lei dimena i fianchi dal piacere.
-“Sììì… Leccami bene, ammorbidiscilo… Poi ti voglio dentro…”.
A quelle parole mi esalto ed intensifico il lavoro di leccaggio.
Non contento, m’insalivo un dito e lentamente glielo infilo dentro e comincio a ruotarlo come per allargare il suo stretto pertugio.
-“Ooohhh Sììì… Come è bellooo…” – geme.
Dopo un po’ mi mette una mano sulla testa e mi stacca da lei.
-“Basta, ti voglio dentro. Vieni”.
Mi posiziono dietro di lei, che ha appoggiato una gamba sul lavabo e si allarga le natiche con una mano, insalivo per bene il glande e lo appoggio a quel buchetto invitante.
-“Spingi, non aver paura, son ben rilassata” – dice con voce roca.
Seguendo il suo invito do una spinta e, come risucchiato, una metà del cazzo entra nel retto.
-“Aaahhh…” – il suo gemito accompagna la penetrazione, ma non penso è di dolore, ma più di piacere.
-“Dai continua, non mi fai male… Mi piace” – dice a conferma di ciò che pensavo.
Do un’altra spinta e tutto il cazzo scivola in lei fino ad appoggiare il mio pube alle sue natiche.
-“Sììì… Cosììì… Ora fammi per bene”.
La prendo per i fianchi e comincio a pomparla lentamente facendo quasi uscire il cazzo e poi rispingendolo dentro fino in fondo.
Nello specchio vedo il suo viso stravolto dal piacere e questo mi da la carica e prendo ad incularla con più foga.
Quando la sento che inizia a tremare, anch’io sono prossimo all’orgasmo.
Mi stendo sulla sua schiena e passando una mano davanti prendo il suo pisello duro ed inizio a segarlo.
Questo la porta al culmine e comincia a gridare.
-“Aaahhh come ti sentooo… Non resistooo… Vengooo…” – e il suo seme bagna la mia mano.
Questo e le contrazioni del suo sfintere sul mio cazzo mi portano all’estremo.
-“Vengooo… Vengo anch’iooo…” – le urlo nell’orecchio e mi scarico in lei con lunghi getti.
Quando le ondate del piacere si attenuano e ci calmiamo, mi sfilo da lei ed un lungo filamento di sborra le cola dal foro dilatato bagnandole le cosce.
Lei si gira e mi bacia appassionatamente.
-”Mi hai fatto godere immensamente.” – mi sussurra sulle labbra – “Ora, però, ho bisogno di un’altra doccia” – conclude sorridendo.
-“Sì, vai, dopo la farò anch’io; meglio farla separati questa volta” – le dico ricambiando il sorriso.
-“Poi telefono hai miei e dico che stanotte resto da te”.
Non posso che essere felice di questa sua decisione.

Durante i successivi quattro anni di università, Domino ed io mantenemmo saldo il nostro rapporto di amicizia, ma non facemmo più del sesso; alla fine lei accettò il fatto che io non potevo amarla come lei voleva.
Io ero sempre il suo caro e miglior amico, mi sarei sempre occupato di lei e l’avrei protetta da tutti e da tutto, ma tutto lì.
Dopo la laurea continuammo a vederci ed a stare assieme, poi io partii per il servizio militare.
Durante una licenza la cercai, ma i suoi genitori mi dissero che era partita, ma non mi dissero dove.
Chiesi informazioni a Giacomo e Giada e alla fine Giada mi confessò che era partita per il Brasile per farsi operare e che da allora non avevano avuto più notizie e che non sapevano come rintracciarla.
Finito il militare partii per lavoro in Inghilterra senza ancora avere più notizie di lei.
La rincontrai anni dopo ad una fiera d’arredamento a Milano, dove partecipavo con il mio studio di architettura.
Fummo sorpresi e felici di ritrovarci proprio lì e decidemmo di cenare assieme per raccontarci tutto il tempo in cui non ci eravamo visti.
Quando arrivò rimasi come al solito incantato nel vederla!!!
Indossava un elegante abito lungo con una scollatura che metteva in risalto il seno prosperoso, i lunghi capelli, raccolti a coda, le scendevano morbidi sulla schiena scoperta, ai piedi, come al solito, decolté con tacco altissimo.
Forse perché sapevo che finalmente era veramente donna, la trovavo sempre più bella e desiderabile!!!
Mi raccontò che dopo l’operazione aveva avuto un posto in un mobilificio di gran nome a Varese, dove ancora lavorava come capo designer, intanto aveva conosciuto un uomo, Alfredo, al quale aveva raccontato tutto del suo passato e con il quale ora si era sposata in Spagna.
Fui felice di sapere che, finalmente, era riuscita ad avere una vita normale ed era felice.
Le raccontai anch’io la mia vita dalla nostra separazione, che ero sposato e che avevo un figlio.
Finita la cena ci separammo e terminata la fiera non la rividi più.

La storia è stata un po’ lunga, ma avevo bisogno di raccontarla con tutti i particolari affinché fosse chiaro il tipo di rapporto che Domino ed io abbiamo avuto e come questo abbia inciso su di me.

I commenti e i suggerimenti sono ben accetti, scrivetemi pure a miziomoro@gmail.com

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