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Sono Viviana, ho ventinove anni e voglio raccontare, anzi confessare, in che razza di pasticcio sono caduta a causa di una debolezza, di un momento di perdizione.

Io e mia sorella abitiamo nello stesso quartiere. Lei è di sette anni più grande di me, è sposata e ha due figli. Io sono fidanzata attualmente con Raimondo.

Una mattina ero andata a correre al parco e mi sono imbattuta in Angelo, mio cognato. Noi donne non siamo stupide, e mi ero sempre accorta che Angelo aveva degli sguardi e delle attenzioni nei miei confronti che poco avevano a che fare con la normale routine tra cognati. E inoltre qualche messaggino ammiccante me lo aveva spedito. Niente di troppo compromettente, erano quei classici messaggini che provano a far abboccare. Ma mi ci ero sempre tenuta a distanza, rispondendo vaga e divertita, senza mai dare l’impressione di essere complice o di lasciar intendere chissà che.

Che mio cognato fosse un porco lo sapevo un po’ dai racconti di mia sorella, che soprattutto ai tempi dell’inizio del loro amore mi raccontava delle sozzerie che combinava e di quanto lui fosse dotato. In effetti avevamo passato insieme una vacanza al mare, ero andata a trovarli anche per stare un po’ con i bambini. E lì successe che entrai dentro il bagno mentre lui usciva dalla doccia, e potei vedere il suo cazzo a riposo, ma ben sostanzioso. C’era stato imbarazzo da parte mia, mentre lui si era limitato a restare fermo, in piedi, senza coprirsi. Anzi lì per lì mi era parso di scorgere anche un ghigno di compiacimento. E sempre in quella vacanza era successo che in acqua me lo ero ritrovato qualche volta molto vicino, forse troppo. Non erano strusciamenti innocenti.

Ma torniamo al fattaccio. Quella mattina lo incrociai al parco, io stavo correndo e lui camminando verso casa, dopo aver lasciato i bambini a scuola. Ci siamo salutati con cordialità e lui mi ha proposto di bere un caffè.

Ho provato a rispondere che dovevo finire l’allenamento, ma lui ha insistito e io ho accettato. Ero anche stanca, quindi ho preso la palla al balzo per smettere. Tutta sudata mi sono seduta con lui al bar. Abbiamo chiacchierato un po’ di tutto e lui come al solito è stato scherzoso e divertente. Mi guardava con malizia ma senza essere fastidioso. Non indossavo gran che, e il sudore teneva i miei indumenti da corsa ancora più incollati al corpo.

Da qualche tempo stavo studiando per diventare massaggiatrice professionista e lui mi chiese aggiornamenti su questa attività. Gli dissi che a breve avrei dovuto sostenere degli esami e che proprio quel pomeriggio sarei andata in libreria a cercare un manuale di anatomia. Lui si accese e mi disse che ce lo aveva in casa, che gli era servito per alcuni studi di arte.

-Te lo porto a casa.

-Ma no, figurati.

-Arrivo tra poco, così tu intanto puoi farti la doccia.

Non ebbi il tempo di replicare che lui era già per strada, diretto a casa sua.

Camminai verso casa mia un po’ frastornata. Era un tipo invadente, però faceva in modo di non fartelo intendere. E non avevo fatto nulla per rifiutare il caffè insieme e nemmeno la sua visita successiva. Ero intenzionata a prendere il manuale e poi mandarlo via. Inoltre nel pomeriggio avrei dovuto vedermi con il mio fidanzato, Raimondo. Qualche giorno prima avevamo litigato ed era arrivato il momento di fare pace. Anche se intravedevo tutti i sintomi della noia, che mi raggiungevano ogni qual volta da lì a poco avrei lasciato il mio fidanzato di turno. Non sono adatta alle relazioni stabili, per quanto io provi a impegnarmi. Finisco sempre per annoiarmi e preferire cambiare. Inoltre Raimondo è tanto buono e gentile, ma sembra un anziano impiegato della posta. E a letto ha ben poca fantasia e trasporto, non certo supportato da una dotazione importante, anzi.

Appena uscita dalla doccia, con indosso il mio accappatoio, arrivò Angelo.

Gli aprii il portone e non feci in tempo a cambiarmi che lui era già in casa. Posò il grosso manuale sul tavolo e mi chiese se la schiena mi facesse ancora male. In effetti al bar gli avevo confessato che forse a causa di un movimento brusco in montagna, mi ero un po’ fatta male. E anche a correre facevo più fatica.

-Sì, non passa del tutto.

-Ti ci vorrebbe un massaggio.

-Bella roba. La massaggiatrice che va a farsi fare un massaggio.

-Posso fartelo io, a domicilio.

-E da quando sapresti fare i massaggi?

-Da sempre. Chiedi a tua sorella.

-Non so, non mi sembra una buona idea.

-Dai dai, basta chiacchiere. Mettiti sul lettino.

-Ma no, dai.

Ma lui stava già prendendo olio e asciugamani e sistemando il lettino che tenevo in bella vista in salotto.

-Vado a mettermi qualcosa addosso.

-Non ci pensare nemmeno. Con l’olio rischi di ungere tutta la biancheria. Metterai gli asciugamani sopra le parti pericolose.

-Pericolose per chi?

Che stupida, mi ero messa anche a scherzare sul doppio senso di lui. Ma che stavo facendo?

Anche questa volta mi ero fatta convincere, e in pochi secondi mi trovai nuda sdraiata sul lettino, a pancia in giù.

Lui con professionalità sistemò un asciugamano sopra il mio sedere e prese a farmi colare l’olio sulla schiena. Poi iniziò a muovere le mani. E ci sapeva fare, lo stronzo. A tecnica era un po’ grezzo, ma aveva due mani grandi e calde. E le muoveva molto bene. Presi a godermi il massaggio, anche troppo. Lui si dedicò al collo, alle spalle. Poi scese alle gambe, ai piedi. Dovetti anche mugulare un po’, visto che il massaggio ai piedi è il mio preferito.

Senza potermene accorgere in tempo, mi trovai senza asciugamano a coprire il mio sedere, e sentii l’olio colarmi sulle natiche e poi nel solco delle chiappe. Provai una debole protesta mentre le sua mani già si muovevano sul mio culo. Impastavano e aprivano e stringevano. Con decisione ma con grande sapienza. Inutile dire che quel massaggio stava prendendo una piega pericolosissima. Dovevo fermarlo. Sentivo le sue manone prendere una chiappa per una e dilatarle. I miei buchi si schiudevano e davvero lui ero sicuro potesse vedermi tutta aperta e sconcia.

-Come va la schiena?

-Mi sembra meglio. Abbiam finito?

-Macchè. Ora ti faccio passare tutto. Ti faccio tutto.

Ancora quella spavalderia, quella sfrontatezza. E ancora la mia sottomissione.

-Piega le ginocchia, così. Inarca la schiena.

Mi guidava in quel cambio di posizione. Ero rannicchiata tenendo le braccia distese davanti a me, la schiena tesa e allungata. Era una sensazione positiva, uno stretching utile. Se non fosse che di fatto ero messa a quattro zampe e adesso avevo completamente all’aria i miei buchi. E infatti fu in quel momento che la farsa finì. Lui mentre mi girava attorno fingendo di sistemarmi meglio finì per fermarsi proprio alle mie spalle. Appoggiò entrambe le mani sui miei fianchi e senza indugiare iniziò a leccarmi la figa. Non riuscii nemmeno a protestare. Fu una leccata così profonda e lenta che restai persa.

-Angelo, che fai?

Non ci fu risposta. Continuava a leccarmi e leccarmi e anzi si spostava ogni tanto sul mio buco del culo, allungando la lingua fino a infilarmela un poco dentro. Mi stava facendo impazzire.

-Fermati, ti prego.

Ma godevo, eccome se godevo. Continuò a leccarmi il buco del culo e con le dita mi masturbava. In pochi minuti venni forte sul suo viso.

-Oddio. Che mi fai. Smettila.

Non smetteva. Anzi, lo sentii staccarsi dalle mie natiche e tirarsi su.

-Ora ti prendi il cazzo.

E pochi secondi dopo infilò quel suo magnifico cazzo dentro di me.

-Oddionoooo.

Mi riempiva tutta. Ormai ero abituata alle dimensioni di Raimondo e invece questo cazzo era almeno il doppio. Spesso, duro. E poi Angelo era massiccio, non parlava, non mi chiedeva se mi faceva male o se mi piaceva. Mi scopava.

Si abbassò con le mani, raggiungendo le mie tette. Mentre mi scopava teneva tra le dita i mei capezzoli gonfi. Godevo come una troia. Venni ancora.

Con un pollice insalivato mi massaggiava ancora il buco del culo. Doveva essere una fissazione. E mi tornò in mente quella volta anni prima che mia sorella mi raccontò di come lui l’aveva inculata per bene già la prima volta che avevano scopato. Doveva essere un marchio. Ci teneva a sottomettere del tutto la sua femmina. E io lo permettevo. Non c’era più bisogno di oppormi. Quando tolse il cazzo dalla figa, capii subito cosa stava succedendo.

-Fai piano.

-Ti inculo, scrofa.

E così fece. Entrando con lentezza, scivolando fino a farmi sentire le palle sulla figa bagnata.

Sbuffai, ero piena e sfondata. Una volta entrato per bene prese a muoversi, prima con lentezza, poi sempre più forte e veloce. Non connettevo più. Stavo urlando e godendo. Mi teneva per i capelli e scendeva ogni tanto a mordermi il collo. Mi graffiava la schiena. Mi stava davvero facendo quello che voleva. Ma mi stava piacendo. Non provavo vergogna. Solo dolore e goduria. Venni con il suo cazzo su per il culo. Glielo dissi.

-Vengo, cazzo. Vengo ancora stronzo.

-Brava, puttana. Godi. Ti faccio diventare la mia puttana.

-No, no.

Ma godevo, tanto. E tanto più quando lui con uno spasmo e con un ansimare animalesco mi si svuotò dentro. Rimanemmo così, attaccati come bestie uno dentro l’altra. Poi si sfilò e sentii colarmi la sborra fuori dal buco. Ne raccolsi un po’ con la mano, per saggiarne la consistenza e la quantità. Ne aveva fatta tanta.

Restai a quattro zampe sul lettino, mentre lui si rivestiva e se ne andava. Aveva scopato la cagna di sua cognata. E lei si era fatta montare. Ora cosa sarebbe successo? Avrei dovuto smetterla subito. Passando davanti allo specchio osservai il rossore sulla mia pelle, i segni sulle cosce e sul viso. Anche la schiena testimoniava il passaggio di quel bastardo. E dal mio culo continuava a colare fuori il suo sperma…

VVV

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