‘Mi dai l’indirizzo del tuo ufficio?’.
WhatsApp, in rete mobile, ci mise più del solito a far partire quel messaggio ma, alla fine, prima uno e poi due segni di spunta confermarono il successo dell’operazione.
‘Perché?’, fu la sua risposta, pressoché immediata.
‘Devo mandarti una cosa’.
‘Che cosa? Hai scritto un altro libro?’.
‘Quante domande’ dai, su, veloce, che ho un sacco da fare’.
‘Non puoi spedire al mio indirizzo di casa? Scrivi un’altra città nel mittente però, lo sai che la tua gli crea qualche malumore’.
Il tira e molla andò avanti per un po’, prima che riuscissi ad ottenere le coordinate che mi servivano.
Il resto della mattinata trascorse fra mille faccende, preparativi, e infinite ricostruzioni mentali su quello che sarebbe potuto accadere, su ogni obiezione possibile, su ogni cosa che sarebbe potuta andare storta. Nei mesi precedenti, tutto quello che poteva andar male, era effettivamente andato male. Mai vicenda fu, più di quella, vittima della cinica legge di Murphy. Ma quel giorno no, quello doveva essere il giorno della svolta, del riscatto, il giorno in cui quel pesante, pesantissimo fardello del non detto avrebbe dovuto essere vuotato, una volta per tutte.
Non avevo per nulla appetito, troppa ansia e troppe cose da fare mi tennero ben lontano dal cibo. Tuttavia, nel pomeriggio feci una lunga doccia per togliermi di dosso la fatica di aver percorso settecentocinquanta chilometri durante la notte precedente, e di aver girovagato per tutta la mattina in una città praticamente sconosciuta alla ricerca di un hotel decente, non troppo distante dall’indirizzo che ero riuscito a recuperare.
Poco prima delle diciotto, arrivai al civico designato.
Nonostante il caldo afoso di quel pomeriggio d’inizio estate, sentivo brividi corrermi lungo la schiena, e in testa un vortice di pensieri che quasi mi dava le vertigini. L’attesi poggiato alla fiancata della mia auto, a qualche decina di metri dall’uscita del suo luogo di lavoro. Ogni volta che il muso di una vettura superava il cancello, il cuore mi si fermava nel petto, per riprendere a battere solo quando alla guida scorgevo un volto sconosciuto al posto di quello che aspettavo di vedere. Una. Due. Tre. Quattro. Cinque auto. Cinque falsi allarmi. Il sesto allarme, invece, fu quello vero. Guardò a sinistra e poi a destra, per immettersi in sicurezza nella carreggiata. E fu allora che i nostri occhi s’incrociarono. Inizialmente, mi lanciò uno sguardo distratto. Poi, la vidi mettere meglio a fuoco l’immagine. Quando sgranò gli occhi, mi resi conto che aveva capito tutto. Con espressione seria guidò nella mia direzione. Arrivata al mio cospetto, ci guardammo per qualche secondo senza proferire verbo.
‘Che’ ma’ ma che ci fai qui?’, balbettò, guardandosi intorno con circospezione.
‘Ti immaginavo più spavalda’, le dissi, con un sorriso ironico dipinto in volto.
Lei restò in silenzio. Mi guardava. Continuava a guardare attorno a sé. Imbarazzata e scossa al tempo stesso.
‘Dove puoi lasciare l’auto in modo che non dia nell’occhio?’, ripresi.
‘Ma’ perché’ che”.
‘Va bene, ho capito. Vediamo se questo ti schiarisce un po’ le idee’, le dissi, appena prima di aprire lo sportello della sua auto, prenderle la mano stretta al volante e condurla in piedi fuori dall’abitacolo.
Con lei ancora frastornata e completamente in balia degli eventi, l’attirai a me e sfiorai le sue labbra con le mie. Provò a parlare, ma non le diedi il tempo di farlo e, questa volta, prolungai appena il nostro contatto labiale. Scostandomi, notai di nuovo le sue labbra schiudersi per dire qualcosa. Mi avvicinai ancora a pochi millimetri da lei, tenendo i miei occhi fissi nei suoi.
‘Sshhh”, sussurrai.
Il bacio che ne seguì fu ben più intenso. Inizialmente, non sapeva come reagire mentre le mie labbra cominciarono dapprima a sfiorare e poi a stringere le sue. Dopo qualche secondo, però, si abbandonò all’istinto. Schiuse le labbra, si avvinghiò con le braccia attorno al mio collo e, mentre tentavamo quasi di mangiarci a vicenda, le nostre lingue iniziarono a saettare l’una attorno all’altra, stringendosi in un abbraccio carico di tutta la passione che avevamo represso. Una mia mano circondò sua nuca, scostando i capelli per attirarla a me il più possibile. I suoi avambracci, intanto, si serrarono ancor più attorno al mio collo, fin quasi a farmi male. Quel bacio sembrò durare un’eternità. Ci staccammo solo quando rimasti completamente a corto di fiato. Rossi, col respiro affannato, sembrava chissà per quante rampe di scale avessimo corso.
Mi sorrise. Annaspando alla ricerca d’aria, mi disse: ‘Tu hai completamente perso la testa’.
‘Si, infatti’, replicai, fissandola con finta aria imperturbabile.
‘Cos’hai in mente?’, chiese, con voce suadente.
‘Lasciamo la tua auto da qualche parte. Inventa una scusa con lui, un invito a cena, che so. Stasera sarai soltanto mia. In tutti i sensi’.
Arrossì, abbassando gli occhi per un solo istante, prima di tornare a perdersi nei miei.
La sua frase successiva, pronunciata con un ampio sorriso e con gli occhi lucidi, mi confermò che non ero l’unico fuori di testa in quel fazzoletto di terra. ‘Non mi sbagliavo’ sei pericoloso’. Scoppiammo a ridere, emozionati ed eccitati.
I minuti successivi trascorsero all’insegna della ricerca di un garage per la sua auto, di arrancate e confuse scuse telefoniche e, nel mentre, di abbracci, baci e carezze che non fecero altro che amplificare il reciproco, incontenibile desiderio.
Mezz’ora più tardi, stavo già premendo il suo corpo contro la porta della camera d’albergo, mentre la mia lingua continuava ad esplorare la sua bocca e io cercavo, alla cieca, quella dannata serratura.
Una volta dentro, richiusi alla svelta il battente, mentre lei già tentava di sfilarmi la maglia. Quando ebbi le mani libere, io feci lo stesso. Tremavamo come due adolescenti, facendo fatica persino a slacciare i bottoni dei jeans o i gancetti del reggiseno. Ma non ci mettemmo più d’un paio di minuti prima di ritrovarci completamente nudi, col mio corpo schiacciato sul suo, adagiato sul materasso. I suoi capezzoli duri premevano contro il mio torace e, mentre le sue gambe provavano a catturare le mie, avvertivo distintamente il calore e l’umido del suo sesso investire la mia coscia.
Mi staccai a fatica dalla sua bocca famelica, iniziando a far scorrere le mie labbra sul suo corpo. Dal mento, al collo, e poi ancora più giù. La baciai lungo lo sterno, fino a seguire, con le labbra, il contorno del suo seno abbondante ed invitante. Imboccai un capezzolo, stimolando l’altro con le dita. Poi invertii le parti. La voglia di lei, però, era troppa per perdersi in futili giochi. Ci sarebbe stato tempo per quelli.
Continuai a scendere. A sfiorare con le labbra il suo bacino, scivolando lungo la gamba destra. Risalii, senza arrivare al centro del suo piacere, ma passando a stringere anche l’altra coscia tra le labbra, e godendo dei suoi sospiri, dei suoi gemiti appena accennati, della sua voglia crescente. Quando arrivai alle sue labbra bagnate, quasi urlò. La penetrai appena con la lingua, prima di andare a cercare il suo clitoride. Lo strinsi tra le labbra, lo tirai, lo succhiai, mentre due delle mie dita iniziarono a farsi largo dentro di lei, per abituarla al passo successivo. Era carica, vogliosa, tremendamente sensuale, e bagnata in modo quasi osceno. Non ci mise molto a venire, stimolata dalla mia lingua agile, dalla mia bocca famelica, dalle mie dita curiose. E né si trattenne dal farlo rumorosamente, incitandomi a non smettere mai.
Ma dovetti farlo mentre riprendeva fiato. Scorrendo sul suo corpo fino a ritrovarci faccia a faccia. Ci baciammo ancora, con foga. Mangiandoci le labbra, la lingua, col suo sapore a riempire le nostre bocche. Ci fermammo quando il mio glande iniziò a premere contro l’ingresso della sua vagina. La punta si fece appena largo in essa, Ci guardammo negli occhi, ansimanti. Stavolta fu lei a rompere il silenzio, ben sapendo cosa volessi sentire in quel momento.
‘Sono tua. Sono sempre stata tua, fin dal primo giorno. Voglio fare l’amore con te. Ora, qui, subito’.
Prima che potesse finire la frase, entrai completamente in lei, di colpo, strappandole un urlo di piacere misto a sorpresa. Per una frazione di secondo chiuse gli occhi. Mentre ero fermo col mio membro completamente piantato nel suo sesso bagnato e aperto, li sgranò, fissandomi, con sguardo carico di desiderio.
Iniziai a muovermi lentamente, uscendo per metà a rientrando. Una, due, tre volte. Al ritmo del suo respiro. Poi, iniziai rapidamente ad aumentare la velocità e la forza degli affondi. Solo pochi secondi più tardi, il mio pene, completamente lucido dei suoi umori, entrava e usciva da lei a velocità folle, strappandole continue urla e gemiti, e facendo sobbalzare il suo seno in maniera quasi ipnotica.
Era tutto come doveva essere. Rumoroso, intenso, privo di qualsiasi taboo. Sicuramente, in parecchi tra i vicini di stanza avranno sentito i nostri versi ma, in quel momento, noi eravamo altrove. Persi l’uno nell’altra, sia letteralmente che metaforicamente.
Tra gemiti, urla, sospiri, incitamenti e il mio muovermi rapidamente e quasi con violenza dentro di lei, l’orgasmo ci investì in fretta. Lei venne per la seconda volta, stringendomi a sé e gridando il suo piacere nel mio orecchio. Io mi trattenni qualche secondo di più.
Mancava la ciliegina sulla torta.
Portai il mio membro, pregno dei suoi umori e al massimo dell’erezione, a un passo dalle sue labbra. Lo imboccò senza dire nulla, per quanto possibile. Leccò via i suoi succhi, bevendoli avidamente. Lo ripulì quasi del tutto. Quando fui sul punto di raggiungere anch’io il picco del piacere, forzai al massimo la sua bocca, riversandole in gola numerosi ed abbondanti fiotti di sperma caldo e denso. In parte le colò fuori dai lati della bocca. Un po’ ne raccolse con la lingua, altro glielo riportai alle labbra usando il mio membro quasi come fosse un cucchiaio. Una volta che ebbe ingoiato fino all’ultima goccia, mi sdraiai nuovamente sopra di lei. Il mio sesso, ben lontano dal perdere consistenza, premeva contro la sua gamba, in attesa di ricominciare a donare a lei e a me stesso nuovi, esaltanti orgasmi.
Ma prima’
La fissai negli occhi. Col mio viso a un passo dal suo. Avvertivo il suo alito investirmi il volto. Sapeva di me. Probabilmente aveva già capito. Sorrise. ‘Non devi farlo per forza’, mi disse, con un filo di voce.
‘No, non devo farlo per forza’, replicai, appena prima che la mia bocca prendesse nuovamente possesso della sua, baciandola con immutata passione, nonostante fosse ancora impastata del mio seme.
Restammo con le labbra unite a giocare con le nostre lingue fino a quando il mio sapore non svanì completamente, e il mio membro non tornò a diretto contatto col suo sesso ancora più bagnato.
Prima di riprendere nuovamente possesso del suo corpo, afferrai la cornetta del telefono allungando il braccio sul comodino.
‘Reception? Si, stanza trecentotredici. Vorrei ordinare una cena per due’ no, non importa cosa, basta sia abbondante. Fra almeno mezz’ora’ si, abbiamo un po’ da fare prima’ grazie’.
Riagganciai. Lei mi guardava sorridendo.
‘Abbiamo da fare?’, mi chiese, maliziosa.
‘Non vorrai cenare prima di aver fatto una doccia, vero?’, risposi, facendole l’occhiolino.
‘Solo se mi fai compagnia”, replicò, abbassando decisamente il tono della voce.
Nel mentre, ci alzammo in piedi e, tenendola per mano, la condussi verso il bagno, ammirando il suo corpo morbido e sensuale muoversi sfiorando il mio.
‘Sarà una compagnia più piacevole di quanto immagini, vedrai”, le dissi, mentre entravamo nell’ampio box doccia e richiudevo le porte scorrevoli dietro di me, un attimo prima di sbatterla contro le piastrelle, fiondandomi ancora a cercare le sue labbra e il suo corpo caldo e fremente.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…