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Racconti Erotici EteroTrio

Io, Silvia e sua sorella Aurora

By 30 Novembre 2024No Comments

La storia è un misto di finzione e realtà, il nome del protagonista è omesso per via del racconto in prima persona mentre gli altri due nomi sono immaginari.

Io e Silvia eravamo compagni di corso all’università, entrambi 24 anni, giovani e pieni di energia. Lei era alta, 1,75 metri, magra, con un seno piccolo ma sodo, occhi e capelli castani. Io ero alto 1,90, magro, e con un debole per lei da sempre. Dal giorno in cui si era seduta accanto a me in aula, salutandomi con un semplice “Hey”, non avevo smesso di immaginare cosa ci fosse sotto quei vestiti.

Abitare vicini non aiutava a spegnere le fantasie: ogni volta che tornavamo insieme dall’università, la sua vicinanza mi lasciava un misto di frustrazione e desiderio. Quando ci salutavamo con un bacio sulla guancia, sfioravo di proposito le sue labbra. Lei rideva, come se fosse un gioco innocente, ma io speravo che prima o poi sarebbe successo qualcosa.

Il giorno della mia laurea arrivò dopo cinque anni di studio e sudore. Alla festa mi distrussi completamente: avevo bevuto troppo per camminare da solo. Quando arrivarono le 3 di notte, Silvia e sua sorella Aurora, che era venuta in città per l’occasione, si offrirono di accompagnarmi a casa. Aurora era l’opposto di Silvia: alta 1,70, robusta, con capelli neri e occhi azzurri. Aveva tre anni in più di lei e un’energia che non passava inosservata.

Mi misero in mezzo, con un braccio attorno al collo di Silvia e l’altro attorno ad Aurora. Dopo mezz’ora di camminata arrivammo al mio appartamento. Silvia prese le chiavi dalla mia tasca e aprì la porta.
“Devo pisciare,” disse Aurora entrando.
“Quanta raffinatezza,” rispose Silvia ridendo.
“Dai, che mi scappa!” E si dileguò verso il bagno.

Io mi trascinai in camera mia e crollai sul letto, vestito e ubriaco. Silvia mi seguì. “Dove hai il pigiama?” chiese. Con un gesto vago glielo indicai. Lei aprì l’armadio e tornò da me, cominciando a svestirmi. Non ero così fuori da non accorgermi di quello che stava succedendo. Quando mi tolse la maglietta, il suo tocco mi fece venire un brivido. Quando mi sfilò i pantaloni, mi eccitai visibilmente.
Si fermò per un attimo, fissando il rigonfiamento nelle mie mutande. “Ti sei fatto di viagra?” chiese ridendo.
“Perché?” risposi, cercando di sembrare innocente.
“Ce l’hai duro.”
“Capita quando una ragazza carina mi sveste.”
Lei arrossì, ma non si fermò. “Vuoi togliere anche le mutande?”
“Direi di sì, voglio dormire pulito,” dissi.

Silvia si chinò e iniziò a sfilarmi le mutande. Appena il mio cazzo fu libero, si alzò in aria come una molla, colpendola leggermente sul viso. “Ahia!” esclamò, per poi mettersi a ridere. “Ma quant’è piccolo!”
“Non è piccolo, è nella media!” ribattei.
Lei lo prese con una mano e, con l’altra, lo misurò. “Due palmi e mezzo,” disse con aria divertita.
“Continua a toccarlo e diventa più grande,” risposi, ormai senza filtri.
Lei si legò i capelli con un elastico che aveva al polso, poi tornò a guardarmi. Con una mano riprese il mio cazzo e cominciò a muoverla su e giù. Lentamente all’inizio, poi sempre più veloce. “Ti piace così?” chiese con un sorriso malizioso.
“Assolutamente sì,” ansimai.

Ogni tanto sputava per lubrificare meglio, facendo scorrere le dita con facilità. Dopo qualche minuto, si fermò e si chinò verso di me. Sentii il calore della sua bocca quando prese il mio cazzo tra le sue labbra. La sua lingua girava attorno al glande mentre saliva e scendeva con la testa, aiutandosi con le mani.
Era evidente che non era esperta, ma il suo impegno mi faceva impazzire. Ogni tanto si fermava per riprendere fiato, ma non mollava. “Certo che ce ne vuole per farti venire,” disse ridendo. Poi aggiunse: “Hai un preservativo?”
“Non ne ho,” mentii, sapendo benissimo di averne nel cassetto.
“Allora niente penetrazione,” disse, togliendosi la maglietta.

Per la prima volta vidi il suo seno: piccolo, perfetto, con i capezzoli tesi. Si tolse anche i pantaloni e le mutandine bagnate. Il suo corpo era incredibile, con la pelle liscia e la pancia piatta. Si mise sopra di me, afferrò il mio cazzo e lo strofinò sulle sue labbra vaginali. “È sbagliato,” disse con un filo di voce. Ma non si fermò.

Con un colpo verso l’alto, lo spinsi dentro di lei. Silvia gemette, il suo corpo tremava mentre si adattava alla mia lunghezza. Iniziò a muoversi lentamente, poi sempre più veloce, cavalcandomi con energia. Ogni movimento era accompagnato da gemiti che riempivano la stanza. Le sue mani si aggrappavano al mio petto mentre io le stringevo il seno.
Il suo sudore colava sul mio corpo, i suoi capelli legati rimbalzavano mentre continuava a muoversi. Non potevo più trattenermi.

“Aaaah!” gridò, fermandosi di colpo. Guardò verso la porta. Aurora era lì, appoggiata allo stipite, con un sorrisetto.

FINE PRIMA PARTE

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