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Era ormai più di un anno che lavoravo nello studio L. & P. e che portavo avanti la relazione segreta con Giada (vedi Una piacevole sorpresa).
Nell’imminenza delle festività natalizie i capi organizzarono una cena di auguri a cui furono invitati i collaboratori dello studio ed alcuni dei clienti più importanti.
Era un evento a cui si poteva partecipare con le consorti e tra il personale dello studio io ero il solo ad essere single.
Per un po’ pensai di portare con me Giada, ma, poi, scartai l’idea, non volevo che, magari, qualcuno la conoscesse e si venisse a sapere che avevo una relazione con una trans; fu così che mi recai alla cena da solo.
Il ricevimento era stato organizzato nella sala del più elegante hotel della città e gl’invitati, specie le donne, erano tutte vestite elegantemente.
Andrea L., uno dei due proprietari dello studio, era rimasto vedovo da qualche mese ed era intervenuto portando con se la figlia Diana.
Quando mi fu presentata, rimasi incantato dalla sua bellezza; non tanto alta, forse un po’ più di 1,60, ma con un visino di una bellezza accattivante ed un fisico che aveva tutte le curve al giusto posto.
Capelli castani che le scendevano lunghi oltre le spalle, splendidi occhi azzurri, indossava un corto tubino rosso, aderente, con una scollatura a V che esaltava il seno, non molto grande, ma che s’indovinava pieno e sodo, il vitino stretto con una piena curva dei fianchi e le belle gambe con i piedini calzati in un paio di sandali rossi con cavigliera e tacco alto.
Nel complesso una giovane e bellissima donna!!!
Durante l’aperitivo era sempre al fianco del padre, che parlava con i clienti e non lo lasciava un attimo, intimidita, forse, da quell’ambiente che non le era consono.
Approfittando di un momento in cui il padre si era appartato con un cliente, presi al volo due flûtes di champagne e mi diressi verso di lei.

-“Vogliamo fare un brindisi?” – le chiedo approcciandola.
Lei si gira e mi guarda con fare interrogativo.
-“Sono Manuel, un collaboratore dello studio, tuo padre ci ha presentati prima” – le dico per rassicurarla.
-“Ah sì, ora ricordo.” – fa un po’ confusa – “Scusa ma con tutta questa gente sono un po’ frastornata, non sono abituata”.
-“Ti capisco, anch’io non sono abituato ad eventi del genere, e, poi, sono tutti più anziani di noi”.
Lei sorride alla mia battuta ed alza il bicchiere per il brindisi.
Continuando a parlare apprendo che ha 25 anni, studia giurisprudenza all’università e che il suo obiettivo è diventare procuratore.
La nostra conversazione va avanti fino a quando veniamo chiamati per accomodarci per la cena.
Per un caso fortuito ci ritroviamo seduti uno accanto all’altra, possiamo, così. continuare a conversare per conoscerci meglio.
Mentre mangiamo, lei mi parla dei suoi studi, delle sue ambizioni, io le racconto un po’ della mia vita, del mio lavoro allo studio e così via; più la guardo, più l’ascolto e più mi sento attratto da lei, dalla sua semplicità nel comunicare, dalla sua schiettezza.
-“Senti io ho bisogno di respirare un po’ di aria fresca.” – le dico quando, finalmente, finita l’interminabile cena, ci possiamo alzare – Ti va di uscire sulla terrazza?”
-“Sì, anch’io non ne posso più di stare qui dentro”.
Recuperato il suo soprabito, usciamo sulla terrazza a goderci l’aria fredda della sera e lo splendido panorama della città che si stende sotto di noi.
-“Diana mi piacerebbe incontrarti in una situazione diversa da stasera, se tu lo vuoi” – azzardo a dire dopo un po’ che, in silenzio, assaporiamo la pace che ci circonda.
-“Sì. perché no, anche a me farebbe piacere rincontrarci e conoscerci meglio” – risponde dopo qualche istante di riflessione.
Ci scambiamo i numeri di telefono e rientriamo nella confusione del ricevimento.

Il venerdì successivo la chiamai.
-“Ciao sono Manuel, ti ricordi di me?”
-“Certo, come va?”
-“Bene, pensavo che, son hai altri impegni, potremmo vederci domani pomeriggio ed andare a visitare i mercatini di Natale, Ti va?”
-“È una bella idea, è da molto che non lo faccio. Quando e dove ci vediamo?”.
Definito l’appuntamento ci lasciamo.

Per un caso strano la notte seguente nevicò ed il giorno dopo c’erano 20 centimetri di neve che ricoprivano le strade della città.
Quando c’incontrammo, vedendola scendere da un taxi, mi venne da ridere.
Era imbacuccata in un piumino bianco che la faceva sembrare il doppio di quello che era ed in testa aveva un cappello di pelliccia-

-“Cos’hai da ridere” – mi chiede.
-“Sembri un pupazzo di neve”.
-“Non ridere, io sono molto freddolosa; anche così coperta ho freddo”.
-“Allora andiamo al coperto?”
-“No, ho voglia di camminare, forse così mi scaldo un po’”.
Cominciamo a girovagare tra le bancarelle che offrono di tutto, dai giocattoli per i piccoli, ai croccanti e le caldarroste.
Diana è felice come una bambina, guarda e tocca tutto, acquista diverse cose, alcune sono stupidaggini, ma è contenta ed io sono contento di essere insieme a lei.
Passiamo così qualche ora spensierata e all’ora di cena ci fermiamo in una tavola calda a mangiare pizza e supplì.

Dopo quel pomeriggio ci rivedemmo altre volte ed ogni volta per me era sempre più piacevole stare con lei e la trovavo sempre più attraente.
Poi una sera, dopo l’ennesima cena assieme, al momento di salutarla sotto casa, lei mi guardò con occhi languidi ed io invece del solito bacino sulla guancia, azzardai a posare le labbra sulle sue.
Rispose al bacio con passione facendo danzare la sua lingua con la mia e piantandomi le unghie nella nuca per trattenermi, ma finì tutto lì; si stacco da me e corse veloce verso il portone, senza dire una parola.
Continuammo a frequentarci senza, però, andare più in là dei baci.
Il padre le aveva comprato un’auto di seconda mano, così quando c’incontravamo lei veniva a prendermi sotto casa per poi riaccompagnarmi.
Mi sentivo un po’ a disagio, ma ancora non avevo i soldi per acquistare un’auto.

Siamo arrivati sotto casa mia e mi giro verso di lei per salutarla.
-“Non ho ancora voglia di rientrare.” – dice guardandomi – “non hai qualcosa da bere assieme?”
-“Certo.” – rispondo entusiasta – “Parcheggia e saliamo”.
Quando entriamo in casa la porto in cucina.
-“Cosa vuoi bere? – le chiedo guardando dentro il frigo – “Ho della birra, coca, aranciata…”
Non ottenendo risposta, mi giro e lei non c’è più!!!
-“Diana dove sei?” – la chiamo.
-“Sono di qua” – la sua voce mi arriva dalla camera da letto.
Mi dirigo verso la camera e quando entro rimango basito.
Lei è in ginocchio sul letto, si è tolta il vestito ed è rimasta in completo bustier e brasiliana di pizzo nero, con tanto di reggicalze e calze e con le scarpe dal tacco alto ancora ai piedi.
-“Mi vuoi?” – mi chiede con gli occhi socchiusi che brillano.
Annuisco senza rispondere.
-“Allora avvicinati” – mi fa sdraiandosi sul letto.
-“Levami le scarpe” – mi ordina alzando le gambe e porgendomi i piedi.
Seppur sorpreso dal suo tono di comando, obbedisco sfilandole le scarpe e lasciandole cadere a terra.
-“Bravo. Ora baciami i piedi. Bacia i piedi della tua padrona” – continua sorridendo.
Non avrei mai immaginato che, dietro la facciata da brava ragazza, nascondesse un carattere da dominatrice.
La situazione, comunque, è eccitante ed io mi lascio prendere; non è la prima volta che faccio del footlicking ed assumo il ruolo di dominato da una donna, Giada mi aveva già introdotto a questo tipo di giochi di ruolo nel sesso.
Prendo i suoi piedi tra le mani e li avvicino al viso; emanano un odore misto di sudore e cuoio delle scarpe, ma non è sgradevole.
Depongo un bacio sull’alluce coperto dalle calze, salgo a baciare il collo del piede per, poi, arrivare alla caviglia e passare a baciare e leccare l’altro piede.
-“Succhia le dita” – comanda.
Prendo l’alluce tra le labbra ed inizio a succhiarlo, poi con i denti afferro la punta della calza e la lacero mettendo a nudo il piede, poi faccio la stessa cosa con l’altro; ora posso succhiarglieli e leccarglieli sentendo il sapore della sua pelle.
Lei non se la prende per le calze rotte, anzi, mi sorride e mi prende il viso tra le piante umide carezzandolo.
-“Basta ora.” – dice dopo un po’ – “Spogliati e stenditi accanto a me” .
-“Vieni” – mi fa con voce sensuale, scoprendo i seni e togliendosi la mutandina.
Resto immobile, interdetto da quello che vedo.
-“Che c’è non ti piaccio?” – chiede sorniona ben certa del contrario.
Mi scuoto ed in un lampo tolgo i vestiti e salto sul letto davanti a lei che, intanto, tolti il bustier e le calze, si è sdraiata a gambe aperte e nuda, mi mostra la figa lisciandosela con le dita.
-“Vieni qui, sdraiati accanto a me”.
Eseguo senza esitazioni ammirato ed eccitato dal suo corpo.
Quando sono disteso lei si solleva e mettendomi le cosce affianco alla testa mi sbatte la figa sul viso.
-“Lecca, fammi sentire la tua lingua” – mi ordina.
Non posso dire nulla perché lei mi preme la vulva sulle labbra ed inizia a muoversi avanti ed indietro strusciandomela sul viso.
La sua figa è calda ed umida ed ha un odore ed un sapore forte che, però, non mi dispiacciono, anzi, mi eccitano.
Estraggo la lingua e l’infilo tra le sue labbra intime, provocandole un gemito di piacere.
-“Uuhhmm… Sììì… Bravo… Leccami bene… Mettila dentro…”
Preme forte sulla mia bocca ed il suo forellino posteriore, che è a contatto con la punta del mio naso, spinge, quasi volesse farsi penetrare.
Andiamo avanti così ed io quasi soffoco sotto la pressione delle sue carni, poi, ad un tratto, la sento irrigidirsi.
-“Sììì… Oraaa… Vengooo…” – ed un getto di liquido m’invade la bocca; non so se sono umori o urina.
Lentamente si calma lasciandomi lo spazio per respirare.
-“Fermo ora, non ti muovere”.
Scivola verso il basso dandomi le spalle, lasciando una traccia umida sul mio petto e sullo stomaco.
Si solleva e preso il membro con la mano se lo passa tra le grandi labbra, poi, lo punta all’ingresso della vagina e, lentamente, lo fa scomparire nel ventre.
Le sue carni intime mi avvolgono in un abbraccio bollente e mi danno una scarica di piacere che mi porta sull’orlo dell’orgasmo.
-“Non venire, aspettami” – dice restando ferma con il pene profondamente piantato in lei, dandomi il tempo di calmarmi.
Quando mi sente più calmo, inizia una lenta cavalcata; da dietro vedo il membro uscire e rientrare in lei, avvolto dalle labbra della vagina.
Non ci vuole molto e la pressione, in me, risale a livelli pericolosi.
.”Diana non resisto… Non ce la faccio più,,, Sto per venire…” – rantolo stringendole forte i fianchi.
-“Ancora un po’… Resisti… Sto arrivando anch’io…” – mugola.
Ancora qualche affondo e si ferma, il pene completamente dentro, stringe e rilascia i muscoli interni in un massaggio irresistibile.
-“Oraaa… Vengooo… Vieni anche tuuu,,, Riempimiiii…” – grida.
Al suo grido mi lascio andare e la seguo nell’orgasmo, scaricandole nel ventre una valanga di sperma a lungo trattenuto, che le riempie la figa.
Quando le ondate del piacere scemano per entrambi, si solleva, lasciando colare un rivolo di sperma sul mio inguine e si mette di fianco a me, prende il mio uccello tra le mani ed inizia a leccarlo per ripulirlo.
-“Ti è piaciuto?” – domanda tra una leccata e l’altra, guardandomi dal basso.
-“E me lo chiedi? Mi hai fatto morire di piacere” – rispondo a voce bassa.
-“Bene, sono contenta e soddisfatta.” – fa sollevandosi e venendo verso il mio viso – “Lo faremo ancora, ma ricorda, sarò io a decidere quando e come. Sei daccordo?”
-“Tutto quello che vuoi amore” – le dico dandole un bacio leggero sulle labbra.
-“Amore? Ma quale amore.” – fa ridendo – “Per il momento abbiamo solo scopato. Tu mi piaci Manuel, ma per il sentimento si vedrà col tempo”.
-“Dov’è il bagno?” – domanda scendendo dal letto.
Le indico la direzione e lei si allontana con una mano tra le cosce.
Quando torna s’infila il vestito, senza neanche rimettere l’intimo che caccia nella borsa, si avvicina a me e mi bacia sulle labbra.
-“Ciao, ci sentiamo, ti chiamo io” – e si avvia alla porta. lasciandomi sul letto soddisfatto ma sconcertato dal suo comportamento.

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