– Dove cazzo ho messo i miei occhiali da sole?
Il sole abbacinante ferisce i miei occhi in questo principio sfolgorante di un’estate che si preannuncia torrida e ne dà un assaggio. Sono appena uscito dall’acqua di un mare deserto nel primo pomeriggio e mi dirigo sotto il mio ombrellone. A lungo avevo nuotato verso il largo e volgendomi, avevo potuto ammirare il litorale con la pineta retrostante, lo skyline degli edifici svettanti e le colline che si ergevano azzurrine sullo sfondo. Bellissimo.
La spiaggia è spopolata di bagnanti: i più sono a pranzo o a farsi un pisolino nell’attesa di far ritorno più tardi.
Avrei dovuto trovarmi qui per una breve vacanza con mia moglie, ma lei per un contrattempo inerente il suo lavoro, ha rinunciato. Nondimeno mi ha spedito al mare a vedere la nostra casa di villeggiatura e controllare che tutto fosse a posto.
Comunque ora son qui e armeggio disperatamente nel marasma, nel caos della mia borsa da mare – che tutto ingoia e gelosamente nasconde -, alla ricerca dei miei amati Wayfarer che finalmente recupero.
Mi posso così dedicare al mio interesse precipuo di questi giorni oziosi: la contemplazione di Valeria, la mia vicina d’ombrellone.
Valeria è una classica, bruna bellezza mediterranea, le cui forme armoniose sono dolcemente ammorbidite dalla recente maternità. In questo momento sta allattando il suo bambino di circa sei mesi e, al di là della tenerezza del gesto, sono attirato dalla prorompente carica erotica della ragazza.
Scannerizzo ogni centimetro quadrato della fanciulla partendo dalle perfezione dei suoi piedini, delle sue gambe tornite e via via fino alla bruna chioma dei suoi capelli che a volte lei scosta con la mano, a volte raccoglie con un elastico rivelando il suo bel volto a tratti deliziosamente imbronciato. A proposito di bruna capigliatura, Valeria mostra qualche ciuffetto bruno che fa capolino dai bordi dei suoi slip, chissà forse per una trasandatezza dettata dal tempo limitato che può dedicare alla cura della persona o chissà, se per un piacere suo o del suo uomo nel mantenere la sua intimità arricchita di un bruno vello. Resta il fatto che per me è un valore aggiunto questa peculiarità, avendo intrapreso una solitaria – e destinata al fallimento – lotta ecologica contro la deforestazione degli inguini femminili.
Ho conseguito una grossa esperienza in fatto di femmine, non solo per la pratica consolidata, ma anche per la conoscenza acquisita grazie alla frequentazione dei playboy della riviera che mi avevano generosamente dispensato dei loro consigli, nei locali dove l’odore del caffè si miscelava a quello acre del fumo e il lungo inverno era occasione di rievocare le straordinarie avventure della stagione balneare, purtroppo alle spalle. Già da quando ero poco più di un bambino avevo bevuto, succhiato avidamente quei racconti, come un poppante il latte materno, traendone proficuo insegnamento che, al momento opportuno, avevo saputo mettere in pratica con lusinghieri risultati.
Percepisco in Valeria da sguardi perduti, sognanti verso orizzonti di desideri frustrati, da sospiri trattenuti, un grido che chiede, che implora aiuto.
Così come uno squalo coglie coi suoi recettori la difficoltà di un pesce ferito, così vedevo i germi di un’insoddisfazione negli occhi della ragazza e un predatore, per sua natura, in questi frangenti non può non attaccare.
Fra noi erano bastate poche parole, gesti educati – un caffè offerto e recatole cortesemente fin sotto l’ombrellone -, e soprattutto sguardi allusivi che si incrociavano per stabilire un’intesa complice che aspettava solo l’occasione propizia.
Forse adesso ci siamo.
La zia Rosa, che questi giorni accompagna Valeria dandole un aiuto, si materializza sotto l’ombrellone vicino e rivolgendosi premurosamente alla ragazza:
– Valeria vai a riposarti un paio d’ore a casa. Il bimbo dorme e se mai si svegliasse lo porterò a fare un giretto in spiaggia.
– Se dovessi averne bisogno fammi uno squillo.
Il suo volto a stento nasconde la sua emozione, un’impazienza ansiosa che non mi sfugge e conferma la giustezza dei miei progetti.
– Tranquilla, vai e rilassati. Un po’ di sollievo ti è necessario.
Anticipo la partenza di Valeria, la precedo e attendo, con indifferente nonchalance il suo passaggio presso il bar dello stabilimento balneare.
Mi passa accanto e lancia uno sguardo d’intesa, impercettibile – ma non per me -, la lascio sfilare davanti, poi con fare indolente la seguo tenendomi a debita distanza.
Nel tragitto che percorro posso ammirare l’incedere di Valeria, che indossa un poco castigato prendisole, quel suo ondeggiare dolcemente il bacino, i suoi glutei sodi, le sottili caviglie, le belle gambe abbronzate.
Mi guardo intorno: la strada è deserta sotto un sole che, quasi allo zenit, rende corte le ombre sotto di noi. Mi riconcentro sul culo sublime che mi danza qualche metro innanzi. Valeria giunta a una linda villetta entra in casa.
Attendo per poco, sono emozionato e impaziente.
Busso dolcemente alla porta che si apre subito, rapidamente varco la soglia.
Sono intimidito, quasi bloccato, ma dura poco.
Il profumo della sua figa m’avviluppa come una nuvola di squisitezze, mentre io insinuo la faccia sotto il suo prendisole. Le mie mani impazienti rimuovono la sottile barriera di tessuto costituita dai suoi slip che si interpone fra il mio volto e quel paradiso, posso sfiorare le labbra genitali, leccare quel fiorellino contornato – come avevo sperato – da splendidi, folti ricci neri imperlati di goccioline dall’aroma inebriante. La giovane donna emette gemiti, mugolii di soddisfazione allorché titillo, torturo eroticamente il suo bottoncino pulsante. Le sue mani premono il mio volto sul suo inguine ardente.
La casa é in penombra e i raggi di sole, che si fanno strada fra le stecche delle persiane, rigano di strisce di luce gli oggetti e i nostri corpi ora nudi. L’accarezzo, poi Valeria sale su di me guardandomi, appoggia le cosce sulle mie avvicinando il bacino: é la posizione “fior di loto”, una della mie preferite. Averla di fronte a me, beandomi della sua bellezza, rende la mia penetrazione particolarmente soddisfacente, lei si agita e inarca la schiena avvicinandomi le floride mammelle che, sotto lo stimolo dell’ossitocina, fanno schizzare gocce di limpido, dolce liquido sulle mie labbra. Allupato incremento la mia azione, succhiando quei capezzoli che mi regalano il loro nettare. Le mie mani esigono la loro parte di piacere e si muovono instancabili.
Mi gusto le carni di questa giovane femmina che si concede appassionatamente ai miei desideri osceni.
Valeria è totalmente compiacente, finalmente libera di dar sfogo alle sue voglie compresse; nel suo agitarsi, muoversi, negli spasmi della sua fresca figa mi fa letteralmente impazzire come da tanto tempo ormai non mi capitava.
Mi balena un pensiero: sono vampiro sessuale che sugge ed estrae una linfa rinvigorente da quel bocciolo rugiadoso traboccante di energia vitale, alla ricerca di stimoli nuovi che lo liberino dell’ovvio, dell’abitudine sorda, pervasiva e paralizzante.
Esplodo nel suo grembo, lei geme eroticamente avvinghiata a me, mentre io lo sono a lei. Vorrei fermare il tempo, cristallizzare l’istante in un’eternità di sublime godimento ma, purtroppo, l’incanto volge al termine, la bacio per distillare l’essenza e conservare il ricordo di questo momento irripetibile
Dopo essere uscito con circospezione dalla villetta, penso al rapporto appena consumato fatto di sguardi di gesti, d’inviti, di offerte senza che quasi parola sia stata proferita: essenziale, intenso e indimenticabile.
Cambio programma e decido di anticipare il mio ritorno a casa alla mia quotidianità banale,
Alzo gli occhi; il sole attraversa le candide piume dei gabbiani in volo rendendole splendenti, fluorescenti, contro un cielo d’un azzurro così intenso da far male.
Sorrido amaro e sospiro.
È un racconto vero o di fantasia? Molto bello davvero
Purtroppo di fantasia.