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All’inizio degli anni 80 abitavo in una piccola frazione della val di Fassa
Come ogni estate la valle e il paesino si riempivano di turisti, tra di loro un sacco di bei ragazzi che io dodicenne avevo cominciato a notare.
Speravo che notassero anche me, sapevo di non essere bella come le mie amiche e per quello mi mettevo magliette aderenti senza reggiseno in modo che risaltasse il mio seno ancora piccolo.
Vicino casa mia un ragazzo si metteva spesso sulla panchina a leggere un libro e sembrava più interessato al suo libro che a guardare le ragazze che schiamazzavano intorno a lui.
Mi parai davanti a lui facendogli ombra:
“È molto interessante quel libro?” gli chiesi sfacciatamente.
Alzò gli occhi e mi guardò soffermandosi sul mio petto. La cosa mi inorgoglì e per farlo risaltare le mie tettine inarcai la schiena.
Chiuse il libro e mi face posto sulla panchina, più grande di me certamente di qualche anno era interessato a una ragazzina che gli faceva domande.
“Mi chiamo Fernanda, ho 14 anni … e mezzo.” anche i mesi fanno la differenza
“Mi chiamo Carlo e ho 16 anni.”
“Hai la ragazza?”
“Perché lo vuoi sapere? Tu hai un ragazzo?”
“Mi piacerebbe saperlo, io non ho un ragazzo.”
“L’ho avuta, poi sono cominciate le vacanze e ci siamo lasciati”
Mi brillarono gli occhi. A partire da “Cosa leggi?” o tempestai di domande fino a quando non me ne fece una lui: “Giri sempre senza reggiseno?”,
Mi paralizzai, non credevo si vedesse, e arrossii.
“Dovrei metterlo?”
“Hai delle tette che stanno su da sole, non ne hai bisogno. Sono belle traverso la maglietta.”
“Possiamo vederci ancora?”
“Si”
“Allora non metto il reggiseno quando ci rivediamo, se ti fa piacere”.

I giorni a seguire se non fosse stato in escursione in qualche rifugio, lo avrei incontrato su quella panchina e mi facevo raccontare come passava le sue vacanze nella nostra valle.
All’epoca non c’erano i cellulari e per telefonare alle mie amiche andavo nella cabina di fianco alla panchina. Lo invitavo sempre in cabina con me, mi piaceva sentirlo vicino e inevitabilmente in una cabina telefonica stavamo stretti e ci toccavamo con i corpi, le prime volte involontariamente poi sempre più intenzionalmente.
Quando la scollatura era discreta vedevo che sfruttava la sua maggiore altezza per guarda dentro
Arrivò anche ad abbracciarmi, a passarmi il braccio attorno per sentire il mio piccolo seno sodo, lo lasciavo fare la cosa mi eccitava moltissimo: era la prima volta che un ragazzo per giunta più grande si interessava a me.
Un giorno gli chiesi.” Vuoi vedere casa mia?” annuì.
Lo accompagnai a casa, sapevo che non c’era nessuno. Gli feci vedere le varie stanze e per ultima la mia stanza quello che era tutto il mio mondo.
Si sedette sul letto e mi chiese: “Mi fai vedere le tette?”
Rimasi impietrita, era una cosa che non mi aspettavo.
Rimanemmo a guardarci, lui in attesa e io che non sapevo cosa fare fino a quando non mi decisi e lentamente sollevai la maglietta fino ai capezzoli.
Stavo mostrando il mio seno a un ragazzo, che guardava ammirato qualcosa che sarebbe diventato una quarta ma ora sera si e no una prima.
Mi fece cenno di sedere accanto a lui, lo feci.
Mi accarezzo le guance, dolcemente mi diede un bacio poi la mano scese sul seno.
Ero tesissima, tutto nuovo, non sapevo cosa fare.
Lo abbracciai e gli chiesi: “Ti piace?”
“Moltissimo” mi rispose sollevandomi di più la maglietta.
Capii che dovevo toglierla e lo feci.
“Ti piaccio per davvero?”
“Te lo dimostro” mi prese la mano e la guidò tra le sue gambe sui jeans.
Aveva l’uccello durissimo, più delle altre volte che avevo avuto occasione di sentirlo nella cabina telefonica, e io lo stavo toccando attraverso i pantaloni.
Mi baciò sulle labbra e mi fece stendere sul letto restai a guardalo mentre lui si toglieva la maglietta e rimaneva a torso nudo, poi si stese accanto a me.
Cominciammo ad accarezzarci prima dolcemente poi sempre più freneticamente fino a quando non gli infilai una mano nei jeans, la mia curiosità era troppa, volevo vederlo, toccarlo.
Si aprì i jeans per facilitarmi l’esplorazione, io andai oltre, e glieli calai assieme alle mutande.
Ed eccolo, dritto, sospeso nel vuoto quasi capace di reggere un carico, bello turgido per me.
Ero orgogliosa, ero stata capace di eccitare un ragazzo a quel punto.
Allungai una mano, volevo sentire quella pelle sempre nascosta, inarrivabile, e quando lo ebbi in mano cominciai a massaggiarlo. Carlo cominciò a guidarmi la mano, lo fece con delicatezza fino a quando non divenni autonoma nel farli una lenta sega, intanto lui cominciò ad aprire i miei jeans e a infilarci una mano.
Andò direttamente dentro gli slip e raggiunse la mia fessurina coperta appena dalla prima peluria rada, e mi fece provare il brivido del suo dito che scivolava sul grilletto.
Mi stavo riavendo da quella specie di scossa quando mi accorsi che mi stava abbassando i jeans che ormai erano a mezza coscia. Non ero preparata a quello, capii subito che sarebbe poi toccato alle mutande. Avevo fatto la cazzata di spogliarlo e ora lui si aspettava di dovere spogliare me.
Lo lasciai fare ammirando quella sia asta dritta che puntava verso di me.
Quando fui libera si stese su di me e riprese ad abbracciarmi, lo abbracciai pure io, eravamo ormai completamente nudi e avvinghiati.
Mi ritrovai sopra di lui e sentendo quell’asta dura premere tra le mie gambe che istintivamente le allargai per lasciargli il posto.
La mia patatina si ritrovò per la prima volta a contatto con l’uccello di un ragazzo, adagiato contro le labbra per tutta la sua lunghezza.
Cominciai ad ancheggiare per strofinare la mia patatina su quel membro con movimenti sempre più ampli. Carlo mi aveva afferrata per i fianchi e mi aiutava nel su e giù spingendomi sempre più contro il suo membro. Lo sentii lentamente scivolare sempre più dentro, spinta dopo spinta. Feci per fermarmi ma Carlo mi mise le mani sulle chiappe e mi tirò verso di sé facendolo arrivare fino in fondo. Sentii un gran bruciore e lui vedendo la mia smorfia lasciò il mio sedere.
Rimasi stesa su di lui tenendolo dentro, mi ero resa conto di non essere più vergine, e a quel punto non volevo più lasciarlo andare.
Ripresi fiato e mi alzai col busto e ripresi ad ancheggiare, ora andava avanti e indietro dentro la mia patatina occupandola tutta.
Mi drizzai mettendomi seduta sulle ginocchia a smorza candela e ripresi il movimento, bagnatissima eccitatissima, ormai infoiata. E continuai, con la testa all’indietro e gli occhi chiusi, le sue mani sul seno, intenta a sentilo dentro la mia pancia, a godere della sua presenza dentro di me in attesa di un orgasmo che si stava annunciando come il fischio di un treno lontano che si avvicinava.
Un’esplosione calda invase il mio ventre e mi sorprese, seguita subito fa quell’orgasmo che stavo attendendo e mi investì in pieno, quel treno era più vicino di quello che pensavo.
Mi accasciai su di lui per riprendere fiato.
Senza perdere l’erezione e senza uscire mi fece girare e venne lui sopra e lentamente riprese a scoparmi.
Venni ancora, poi ancora fino a quando non venne anche lui e questa volta si fermò.
Restammo a coccolarci un po’ sul letto.
“Credo che tu mi abbia riempito di sbora.” gli dissi.
“Credo anche io.”
“Spero di non restare incinta.”
“Abbiamo fatto una bella cazzata.”
“Cazzata ma bella.”
“Mi piacerebbe rifarlo, però.”
“Anche a me, ma usiamo i preservativi la prossima volta.”
“Meglio, dopo vado a procurarli. Così domani…”
Attesi quei preservativi, trepidando e andammo avanti così per il resto della sua vacanza.

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