Skip to main content
Racconti Erotici EteroUncategorized

La notte della resa dei conti 2

By 15 Agosto 2025One Comment

Le passai il giubbotto e la pistola. Prese la seconda fosse stata un oggetto alieno.
-Io… non… non ho mai…-, iniziò. Tremava. Era sull’orlo della crisi.
-Va tutto bene. Ce la caveremo.-, dissi io abbracciandola per un istante. In realtà non andava bene: secondo l’orologio mancavano ancora almeno sette ore alla fine dello Sfogo.
Sette ore erano fottutamente tante. Le possibilità di restarci secchi erano altissime.
“Lucido. Devi restare lucido, soldato!”, mi imposi. Sì: dovevo mantenere la mente fredda, evitare di farmi soverchiare dal panico e soprattutto trovare un riparo.
Stava per piovere, lo sentivo dall’aria. Mi ricordai che al termine del bosco c’era la strada e, dopo appena 0.7 km circa, la città.
-Andiamo. Dobbiamo continuare a muoverci.-, la spronai. Lei annuì. Il giubbotto antiproiettile la faceva sembrare un ridicolo feticcio in tenuta combat. Le passai anche il visore notturno.
Corremmo lungo il bosco. Tenni la radio che avevo preso a uno dei commando morti a portata di mano. Non fui deluso.
-Merda, li hanno uccisi! Tuttti e tre!-, esclamò qualcuno.
-Trovate quei due figli di troia! Lui potete ammazzarlo ma lei… lei prima ce la fottiamo.-, decretò quello che pareva il capo dell’unità. Assensi in risposta. Diversi.
Arrivammo a una radura, scivolammo lungo una scarpata. Stava iniziando a piovere
-Ho freddo…-, sussurrò lei, tremando. MI tolsi la maglia, senza pensarci. Gliela misi.
Puntai la mitraglietta alle nostre spalle, coprendo la sua fuga. Un secondo, due, tre, quattro.
Niente. Mi girai a mia volta. Dovevamo rallentare i nostri inseguitori, o depistarli.
Depistarli era fuori discussione, ma rallentarli no. Mi serviva solo del filo…
Frugai nelle tasche della giberna. Filo, banalissimo filo dannazione!
Trovai qualcosa. Filo riassorbibile per suture. E nastro isolante telato.
Perfetti: attaccai la granata a un albero, tendendo il filo dalla spoletta al tronco di un albero opposto. Non sapevo se avrebbe funzionato, ma valeva la pena provarci.
Ripresi a correre. Caddi, mi rialzai. Lei era poco distante.
-Meno male che non hai messo i tacchi…-, dissi, cercando di fare ironia.
-Già…-, ammise. Nonostante la risposta laconica, notai l’ombra di un sorriso.
-La strada è proprio là dietro!-, esclamai. Era vero. La vedevamo.
Una volta lì, avremmo potuto tornare in città, oppure, se avessimo avuto una simile fortuna, fermare un veicolo e prendercelo. E poi… poi saremmo solo dovuti andare avanti a sopravvivere sino alla fine del fottuto Sfogo.
Era cominciato tutto così dannatamente bene… E poi tutto si era complicato. Enormemente…

Dopo il trio, la nostra vita proseguì normalmente, almeno per un po’.
Vicky e io facevamo nuovamente sesso. Lei sembrava aver ripreso un ardore da tempo scomparso, e io potevo bearmi di sapere che il nostro matrimonio era salvo.
Louise e noialtri c’incontrammo un paio di volte. Cene piacevoli, o pranzi domenicali.
Ormai la consideravamo a tutti gli effetti come un’amica, più che una partner sessuale.
Le cose cambiarono quando Vicky fu trattenuta al lavoro una sera, e Louise venne a casa nostra per recuperare un berretto che aveva lasciato da noi.
-Posso?-, chiese entrando, timidamente.
-Entra. Il berretto è qui, sulla credenza. L’ho lavato.-, dissi.
-Grazie.-, sorrise lei. Si guardava attorno. Era già stata da noi, ma quella era la prima volta che Vicky non entrava nell’equazione. Il che non era giusto.
-So che non dovrei essere qui.-, ammise infine.
-Già… Dovresti andare.-, dissi.
-Voglio farlo, ma… mi chiedo…-, iniziò lei a occhi bassi per poi fissarmi, -Tu… per te era solo… una notte e via?-, chiese infine. La guardai.
“Sì. Dille che era solo quello. Una notte e basta. Sesso a tre per sbloccare il vostro rapporto e poi fine. Diglielo. Non fare il cretino! Sei sposato, cazzo! Sei…”.
La mia mente razionale tacque quando scossi il capo.
-No. Non solo. Almeno non per me.-, riconobbi.
-Spiegami.-, incalzò lei, incrociando le braccia. Era comunque molto bella nonostante gli abiti invernali che la coprivano.
-Vedi, abbiamo iniziato a cercare qualcuno quando abbiamo capito che il nostro rapporto non funzionava più…-, dissi. La nera annuì appena, gli occhi color nocciola che parevano scavarmi dentro.
-Già. Una bella nottata di sesso…-, dissi, mentre sentivo le emozioni affiorarmi dentro, -Tutti quei bei discorsi della dottoressa sulla poligamia e tutte le stronzate…-.
-Aspetta… voi siete venuti a cercare me perché una strizzacervelli vi ha detto che potevo servire a migliorare il vostro rapporto?!-, chiese Louise, più arrabbiata che sorpresa.
-Sì… Ma poi… Poi c’è stata quella notte. E le volte che ci siamo visti…-, iniziai io.
Perché mi stavo giustificando? Non volevo che se ne andasse e non volevo tradire mia moglie.
Bell’impasse…
-Ascolta, per me è ok: ci siamo visti e ci siamo piaciuti. Ma tua moglie… è tua moglie. Sei sposato e…-, Louise buttò fuori la risposta come se le fosse pesata dentro fisicamente sino a quel momento.
-Louise, credimi, vorrei davvero che fosse più facile. Vorrei che…-, iniziai.
-Lo voglio anche io.-, sussurrò lei. “Lo voglio”, aveva detto, non “lo vorrei”.
-Louise…-, iniziai.
-Senti, siamo adulti e penso che entrambi siamo abbastanza onesti con noi stessi da ammettere cosa proviamo. Se per te c’è qualcosa, se c’è come c’è per me, allora non ha senso negarlo.-, disse la nera, -Cazzo, io…-, parve perdere di vigore all’improvviso, -Io continuo a pensare a quella notte con voi… ma soprattutto con te.-, sussurrò infine, gli occhi color nocciola che agganciavano i miei come missili di contraerea su un bersaglio.
-Louise…-, mormorai avvicinandomi. Lei non si ritrasse.
-Jhon…-, sussurrò Louise. Mi afferrò il viso e mi baciò. Fu rapido, quasi fulmineo. Non resistetti oltre. La baciai, la mia lingua che si trovò a esplorare presto la sua bocca e a giocare con quella di lei, serpentina e agile.
Ci staccammo, rapidamente, improvvisamente, atrocemente consci che avevamo varcato un confine. Un confine invalicabile. Louise annuì. Uscì dopo avermi lasciato il suo numero.
“Le parlerò”, mi ripromisi. Vicky avrebbe capito. Non era una stupida, avrebbe ascoltato…

-Che bisogno hai di quella tipa?-, chiese dopo che avevamo fatto l’amore quella sera.
Avevo scelto quel momento per tentare di parlargliene, prendendo l’argomento alla larga, un metodo collaudato per affrontare problemi e simili. Avevo iniziato menzionando quanto il nostro rapporto fosse migliorato da quando avevamo fatto quel trio con Louise.
E ovviamente, Vicky aveva reagito alzando le barricate.
-Non è che ho bisogno di lei. Penso solo che sarebbe giusto rivederla, no? In fin dei conti, forse dovrebbe sapere che ha salvato la nostra relazione.-, dissi.
-Lei non ha salvato chissà cosa: mi ha solo sbloccata, ok? E non intendo rivederla per questa o altre ragioni. Ci abbiamo fatto sesso? Sì. È stato piacevole? Sì. Ma io sono tua moglie e lei è una che incontra gente per scopare tramite i siti.-, disse Victoria.
-Vicky, lei non merita il tuo disprezzo.-, dissi io.
-E allora cosa merita? Una bustarella?-, chiese acida lei, -Era solo un una tantum, tu lo sai e io lo so. Ora piantala di sparare cazzate…-.
Non c’era verso. Non intendeva parlarne. E mi resi improvvisamente conto delle crepe che cominciavano ad apparire nel nostro rapporto apparentemente idilliaco.
“Quando è diventata così?”, mi sorpresi a chiedermi.
Non trovai la risposta, ma mi accorsi che anche la mia domanda era stata posta con uno stato mentale diverso. Nei Marines ci insegnavano a valutare una situazione in circa cinque minuti. Questioni di massima importanza andavano affrontate rapidamente e senza tentennare o concedere spazio a indulgenze come la paura o l’orgoglio.
Se c’era qualcosa da dire lo si diceva e basta, così mi aveva spesso ripetuto il sergente.
Decisi nei successivi cinque minuti. -Ti amo, tesoro.-, dissi baciandola. Lei sorrise.
Non chiamai Louise. Andai avanti con quella vita per sei giorni. Sei giorni in cui Victoria e io sembravamo la coppia perfetta, innamorati e tutto. Ma in realtà, qualcosa si era guastato, in me. Quando baciavo Vicky pensavo a Louise, al nostro bacio. Quando facevamo sesso, a tratti l’immagine di Louise nuda si sovrapponeva a mia moglie nella mia mente e…
E io finì col rendermi conto che quell’ex modella afroamericana mi aveva stregato.
Fu così che, al settimo giorno, le inviai un SMS, semplice, rapido, breve.
“Dobbiamo parlare”. Rispose rapida.
“Domani, al Nate’s. Monk’s av. 5th”, scrisse lei in risposta.
“Alle 13?”, chiesi.
“Alle 16”, rispose. Annuii. Feci un rapido messaggio a Henry Kelso, richiedendogli di prendere il mio posto per domani. Addussi a un incontro importante dovuto a un parete malato.
L’indomani fui al Nate’s all’orario previsto. Louise era lì, abbigliamento casual, jeans, maglia, semplice. Mi sorrise.
-Ciao.-, disse mentre mi sedevo. Ordinai un caffè espresso, lei un deca.
-Ciao.-, dissi. Ci fissammo per un lungo istante, senza parlare.
-Senti, io…-, iniziai.
-No, è che…-, fece lei. Tacemmo, sorridendo come idioti.
-Prima tu.-, dissi. Mi pareva giusto fosse lei a cominciare.

-Senti, lo so che non dovremmo ma… al diavolo! Io… tu…-, s’impappinò lottando contro la timidezza. Le presi una mano.
-Anche io.-, ammisi, -Ma… mia moglie non ne vuole sapere.-, aggiunsi.
-Ah, già. Le regole…-, disse Louise fissandomi delusa, e forse con speranza.
“Le regole…”, pensai io. Le regole che avevo accettato con tanta faciltà…
Ma opporsi lì non sarebbe servito. Era anche vero che, quando avevo accettato, la situazione era interamente diversa. Non potevo prevedere che sarebbe finita in quel modo.
Il sentimento tra noi era nato dopo. Quando? Non saprei dirlo.
Durante il sesso, quando i nostri sguardi si cercavano?
Dopo? O durante le varie uscite a tre? Forse era nato durante il nostro iniziale conoscersi, possibile?
-Sai cosa penso?-, chiese Louise, -Penso… penso che le regole a volte… forse vadano infrante…-, disse infine senza attendere la mia risposta.
Io rimasi di sasso. Stavamo davvero discutendo di tradire mia moglie?!
E, cosa più importante, io davvero non consideravo una simile eventualità come un torto a lei anche solo nell’esprimerla a parole?
-Louise…-, iniziai, -Quello che provi… quello che provo…-, mi fermai, guardandola.
-Capisco…-, mormorò lei. Aveva le lacrime agli occhi.
-Aspetta.-, dissi prendendole il braccio mentre si alzava. Si fermò.
-Io… io non riesco a ignorare quel che sento.-, mormorai. Lei mi sorrise. Si protese, mi protesi.
Nessuno di noi pensò alle conseguenze, al dopo, al tutto…
E il bacio accadde semplicemente.
Fu appena accennato, casto, ma talmente pieno di promesse da farmi quasi male.
-Andiamo.-, sussurrò lei prendendomi per mano, -Casa mia non è distante.-.

Immagino che ora qualcuno potrebbe pensare a me come a un bastardo, vero?
O magari a Louise come una meretrice con complessi, no?
Oppure era mia moglie a essere morbosamente gelosa?
In ogni caso, congetture a parte, la cosa più impressionante stava nell’inevitabilità di quell’atto. Un sassolino che causa una slavina è un paragone calzante, e tutti lo usano con leggerezza, finché non si è direttamente convolti in una simile catena di eventi.

Il bacio successivo fu molto più intenso e passionale. Louise si sincerò soltanto che la porta fosse chiusa prima di abbracciarmi baciandomi con passione assolutamente identica alla notte che avevamo condiviso. La sua lingua entrò nella mia bocca come un’ospite ben gradita, al pari della mia nella sua. La mia mano cercò il suo seno sotto la maglia, lo avvolse.
Era sodo e piacevole al tatto, inguainato dal reggiseno. Le tolsi la maglia e le slacciai il top.
Lei sorrise mentre mi slacciava la cintura e apriva i calzoni. Il mio sesso era già bello pronto.
-Jhon…-, mormorò lei mentre le baciavo il collo e mi toglievo la maglia a mia volta.
I suoi seni erano piccoli ma magnifici. Li baciai piano, vezzeggiandola.
-Lou…-, sussurrai. La baciai. Mi strinse il pene dopo averlo liberato dai boxer, manipolandolo piano. La baciai di nuovo, poi mi chinai e la presi in braccio. Pesava poco.
Rise mentre la portavo in camera da letto come uno sposo d’altri tempi.
La adagiai sul letto, lo stesso che avevamo condiviso con Vicky, con leggerezza.
Louise sorrise, togliendosi i pantaloni con frenesia mentre anche io mi strappavo di dosso le ultime vestigia di tessuto. Nuda, la contemplai. Mi accorsi solo in quel momento di una serie di difetti estetici di mia moglie che non erano presenti in Louise, ma soprattutto, del fatto che la sua timidezza, la sua vulnerabilità e il suo essere com’era me la rendevano così differente dalla donna che avevo sposato.
-Vuoi stare a guardarmi o…?-, chiese lei con un sorrisetto.
-O.-, dissi io con un sorriso. Presi a baciarle le gambe piano, risalendo fino al centro del suo piacere, ma senza dedicarmici, preferendo invece salire con la lingua lungo il suo corpo d’ebano, scivolando su di lei sino a baciarla sulle labbra.
Intanto le mie mani e le sue indugiavano sui nostri corpi. Sentivo i capezzoli di Louise eretti sotto il mio tocco. Scesi piano.
-Mmmh, sì… leccale un po’…-, mormorò lei. Feci proprio questo: prima un seno poi l’altro.
Poi scesi ancora. Sino allo stomaco e poi, al pube.
Louise si mosse con un sorrisetto.
-Non è mica giusto che goda solo io…-, disse prendendomi il pene con mano tremante di piacere. Prese a manipolarlo. Mi concentrai sulla sua vulva che già pareva bagnarsi.
Presi a leccare piano il clito, sino a sentire Louise emettere un gridolino di piacere, poi mi scostai, baciando le cosce, poi tornai sul clito e sulle labbra, per poi nuovamente baciare punti distanti dal centro del suo piacere. Intanto sentii il calore sul sesso, una lingua che passava lenta. Louise me l’aveva preso in bocca. Lo faceva lentamente. Senza fretta.
Come se avesse deciso di prendersi il tempo per gustarsi un gelato a lungo atteso.
Stava stimolandomi in modo magnifico: la sentii estrarre per un istante il mio sesso dalla sua bocca per poi baciare piano lungo il corpo del pene e scendere sino ai testicoli, mentre io continuavo a gratificarla oralmente e con pochi, sapienti tocchi delle dita.
S’inarcò brevemente come per godere, fermandosi dal fare qualunque cosa che non fosse gustare quel momento, salvo poi riprendere, con una lentezza che smentiva la frenesia del nostro incontro a tre.
-Lou…-, mormorai. Lei si staccò.
-Ti voglio.-, sussurrai. La nera sorrise, mettendo in mostra i denti bianchi.
-Prendimi…-, sussurrò distendendosi a gambe aperte davanti a me.
Mi misi in posizione e affondai. Lei strinse le lenzuola. Era come immergersi in un barattolo di miele caldo. Continuai, avanti e indietro, ancora e ancora. Mi protesi a baciarla, ci scambiammo boccate di saliva, il respiro rotto dal desiderio.
Finché non sentii l’orgasmo montare. Lei mi avvinghiò mentre godeva di nuovo e io affondai interamente nell’intimità di quella stupenda bellezza d’ebano, indonandole le interiora col mio seme. Ci sdraiaimmo. Uno accanto all’altra.

Fu dopo molti minuti, che osai parlare.
-Merda.-, dissi, -Mia moglie si chiederà dove sono…-.
-Merda…-, realizzò lei. Ci guardammo. Nei suoi occhi vidi paura, ma anche il dolore di perdermi.
-È stato un errore, vero?-, chiese lei. Scossi il capo.
-Se lo è stato, è stato il più bell’errore che ho fatto da molto, molto tempo.-, dissi.
-Tu sei sposato… Non avremmo dovuto…-, mormorò Louise.
Le presi il viso tra le mani, piano.
-Il matrimonio con mia moglie aveva già qualche crepa. E stare con te non le ha chiuse. Non ha riportato inidetro l’orologio. Ciò che è finito è finito.-, dissi.
Rimanemmo in silenzio.
-Non dovremmo rivederci… almeno per un po’. Io… ho bisogno di tempo, Jhon.-, disse lei.
La abbracciai e sussurrai che capivo.
Capivo eccome. Ci rivestimmo e uscii.
La rividi tre giorni dopo. Fu lei a chiamarmi. Finimmo nuovamente a letto.

Si dice che un sassolino possa causare una valanga cadendo da una montagna.
Quel sassolino aveva causato la valanga.
La cosa peggiore? Io sapevo che sarebbe potuto accadere. Sapevo benissimo.
E sono riuscito a essere cieco ugualmente…

One Comment

  • Eccellente storia, anche lo stile di scrittura è davvero ottimo! Mi piace soprattutto l’idea dei due piani temporali diversi che non vedo l’ora convergeranno e il secondo darà un contesto al primo. Aspetto la continuazione per capire come prosegue, ma un paio di idee me le sono fatte…

Leave a Reply