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La passione che travolge

By 4 Febbraio 2024No Comments

“Eccoci, molto bene, adesso decidi tu, oramai sei dei nostri” – così mi disse la responsabile del servizio annunciandomi nel mio primo giorno di lavoro.

Un lavoro desolato, incolore e squallido, senza orari, talvolta gramo, infelice e triste, però concreto, positivo e utile molte altre volte ancora. Io avevo soltanto ventitré anni, il servizio militare era terminato e avevo tanto bisogno d’un lavoro, così decisi di mettere in pratica ciò che avevo appreso in dodici mesi passati all’ospedale militare come infermiere.

Salii su quell’ambulanza e subito la prima cosa che mi colpì fu la luminosità insolita di quel piccolo spazio, su cui molte persone avevano perso la vita o passato i loro ultimi istanti. Io ero talmente assorbito e concentrato in questi alterati e distorti pensieri, che non m’accorsi del caposervizio che mi chiamava, poiché mi poggiò una mano sulla spalla dicendomi che afferrava e che comprendeva molto bene a che cosa stessi pensando, eppure che su quell’ambulanza molte persone avevano trovato aiuto, assistenza e persino la salvezza.

La sua voce era fiduciosa, suadente e tranquilla, così mi misi a sedere mentre Filippa, il caposervizio, mi spiegava dove fossero le varie attrezzature. Era un fresco lunedì di gennaio, per molti freddo, ma non per me: Filippa parlava, ma io non ascoltavo, giacché sentivo soltanto, vedevo le sue mani muoversi e il suo volto reso luminoso dalla luce bianca che entrava dai grandi finestrini sui lati del mezzo. Lei era in uniforme, la classica da soccorritore arancione con la scritta 118 e la sua qualifica, quella tuta in realtà le stava un po’ stretta, dato che non era magrissima, anzi, un po’ in carne, però che cosa importava, in fondo io ero lì per lavorare.

Quando la mia mente finì di fantasticare e di vagare nei suoi infiniti meandri, Filippa aveva terminato la spiegazione, ma io non avevo capito nulla, tuttavia annuii sempre, nonostante fossi consapevole del fatto che in caso di necessità non avrei nemmeno saputo da che parte girarmi. In questo modo ci mettemmo comodi in una piazza della città vicino al centro, ad attendere una chiamata dalla sede per un intervento. Poco distante c’era un bar, a tal punto l’autista scese per andare a bere un caffè che io speravo fosse lungo, molto lungo. Appena sceso, mentre stavo per pronunciare qualcosa verso Filippa, lei scese e salì dietro con me chiedendomi se avessi veramente capito oppure no, anche perché mi disse che invece di guardare dove lei m’indicava, io le avevo osservato con insistenza il seno.

L’episodio divertente era che non mi ero neppure accorto, sì, soltanto uno sguardo fuggevole, però nulla di più, comunque lei non era infastidita, anzi, sembrava una gatta che sta per saltare sulla preda, una magnifica e splendida gatta. Le chiesi se avesse un ragazzo, tuttavia lei mi rispose tagliando corto, che certe cose è più piacevole non saperle, s’alzò allora dalla sedia, chiuse le tendine del mezzo assicurandosi di chiudere il portellone con la sicura; io francamente non avevo ancora capito che cosa stesse facendo, però ci misi poco.

Filippa afferrò lo stetoscopio e mi disse di sentirle il cuore, mentre mi avvicinavo con lo strumento lei m’agguantò la mano e lo fece cadere, poi mi fece appoggiare il palmo sul suo prosperoso seno e mi sorrise beatamente. Io ero sommerso da un fermento di pensieri e di timori, lei in quell’istante poggiò una mano sui pantaloni abbassandosi e slacciando in ultimo i bottoni, io sentii un effetto caldo e per di più bagnato sul mio glande, mentre ebbi un brivido che mi pervase tutto facendomi tremare. Filippa alzò lo sguardo e spostandosi i suoi lunghi capelli rossi, riprese a baciarmi e ad accarezzarmi sul pene ormai diventato durissimo, nonostante l’imbarazzo e l’impaccio.

Lei era affettuosa e amabile, captavo la delicatezza con cui si muoveva e mi toccava, sentivo calura, frenesia, cominciavo a sudare quando lei si slacciò la giacca e sollevandosi si sfregò con i suoi meravigliosi seni su di me baciandomi il collo. Ormai ero totalmente preso e cominciai a toccarla smaniosamente; aveva un bel corpo in carne, per il fatto che io adoro le donne che non si uccidono a forza di diete, d’altronde qualcosa in una donna deve esserci da toccare, così le accarezzai tutto il corpo, poi attraversando i pantaloni, scesi nella zona intima e lì di sotto sentii la sua fenditura bagnata e bollente. Filippa si stese sul lettino e mi disse d’avvicinarmi che aveva una cosa da offrirmi. Fu bellissimo insinuarsi e penetrare in quel corpo appassionato, desideroso e seducente, sempre con un delicato movimento lei venne prima di me nel momento più bello, ma non ci fu soltanto quello: il secondo orgasmo infatti, arrivò insieme a me, dove mi stesi su di lei spingendo con tutti i muscoli, mentre lei s’aggrappò alle mie spalle socchiudendo gli occhi.

Avvertii che avevo già eiaculato abbondantemente dentro di lei, malgrado ciò Filippa non sembrava preoccuparsi più del dovuto, visto che si spostò di lato, cominciò a leccarmi e a sfregare il mio cazzo ancora sodo e umido su tutto il suo viso, andò avanti così per un quarto d’ora senza tregua, infine io sborrai nuovamente, questa volta però innaffiandole la faccia.

Io ero agitato, trafelato e persino sconvolto, rimasi su di lei ancora per qualche secondo, lei mi baciò e si scusò discolpandosi per quello che era successo, giustificandosi come se tutto ciò m’avesse arrecato assillo, fastidio e impiccio. Io le dissi con quel poco di fiato che avevo in corpo, che lei era stata una persona perfetta e per di più meravigliosa, la baciai a mia volta, mi rivestii e lei fece altrettanto.

L’autista era sparito, intrattenendosi e conversando con la proprietaria del bar, anzi, questa è sennonché un’altra vicenda, perché da quel giorno io e Filippa siamo sempre in equipaggio insieme e single nella vita.

La passione ci aveva trovato, investito e alla fine travolto. Entrambi non avevamo fatto nulla né per ostacolarla né per contrastarla, perché era stata una sensazione magnifica e spettacolare.

{Idraulico anno 1999}

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