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Dopo la notte con Anna rimasi ancora più perplesso.
In effetti, ancora una volta, come con tutte le donne della mia vita, salvo Alice, era stata lei a prendere l’iniziativa ed a dirigere il gioco e questo mi sconcertava, comunque qualcosa si era risvegliato in me.
L’indomani mattina, domenica, arrivato a casa presi una doccia e, poi, telefonai a mio figlio, dai nonni, per proporgli di andare a pranzo assieme al mare e restare con me a passeggiare fino a sera.
Sul momento lui restò stupito, ma, poi, accettò con gioia.
Passammo una bellissima giornata assieme e parlammo molto.
L’indomani arrivai in studio con l’umore a mille, salutai i miei collaboratori con allegria, causando lo sconcerto generale; ormai, si erano abituati a vedermi sempre cupo in volto e di poche parole, se non quelle necessarie al lavoro.
Mi accorsi perfino della stagista che, ormai, era lì da un paio di settimane.
Parliamo un po’ di lei: si chiamava Isabella, ma i colleghi già le avevano dato il diminutivo di Bella; era una biondina non ancora trentenne, capelli lunghi alle spalle, occhi blu, bel corpicino seducente e, a sentire gli altri, intelligente e spiritosa.
Ci era stata inviata dall’università per fare un periodo di apprendimento presso uno studio professionale.

Oggi decido di rompere il ghiaccio con Bella; mi affaccio alla sala progettazione e la chiamo.
-“Isabella può venire in ufficio da me, per favore?”.
-“Si accomodi, prego” – la invito quando entra.
-“Prima di tutto le devo chiedere scusa; è un po’ che lei è arrivata ed a parte il primo giorno, non le ho dedicato molto tempo, ma avevo la testa occupata in problemi personali”.
-“Oh non fa nulla.” – risponde – “Gli altri mi hanno messo subito a mio agio, mi trovo benissimo. Ha proprio un bello staff di collaboratori”.
-“Bene, allora; mi parli un po’ di lei, anzi, se non la disturba perché sono troppo vecchio, diamoci del tu come con tutti gli altri, mi chiami pure Mauro ed io posso chiamarla Bella?”
-“Certamente, va benissimo,” – annuisce sorridendo – “e tu non sei affatto vecchio” – conclude con una risatina garbata.
Comincia a parlarmi di lei: ha ventotto anni, è originaria di Scansano, vicino Grosseto ed è a Firenze per studiare architettura, è al quinto anno e le mancano pochi esami alla laurea.
Mentre parla la guardo bene; oggi indossa un maglioncino rosa leggero, aderente, che mette in evidenza un seno pieno e sodo, e, da come si vedono le impronte dei capezzoli, sotto non ha nulla, dei jeans attillati infilati in un paio di stivali leggeri di camoscio; tra il maglioncino ed i jeans, una striscia di pelle nuda con un ombelico molto attraente; nel complesso un gran bel pezzo di ragazza.
-“Bene, sono contento che ti trovi bene con noi.” – le dico quando finisce di parlare – “Ora torna pure al lavoro e ti prometto che da oggi mi occuperò di più di te”.
Le si si alza e si dirige alla porta permettendomi di ammirare il suo bel sederino stretto nei jeans.
Passano i giorni ed ho modo di osservare meglio Bella e più la guardo e più mi sento attratto da lei; la sua freschezza, la sua ingenuità, il suo corpo eccitante, il suo modo di vestire, tutte cose che mi attirano come fossero calamite.

Quando arrivò il venerdì mi recai all’appuntamento con Anna.
Le parlai della mia attrazione nei confronti di Bella, di come a volte mi sentivo colpevole per questo, come se fossi un vecchio satiro, ma non potevo farci niente, mi piaceva e tanto.

-“Bene,” – comincia Anna – vedo con piacere che sei uscito dal tuo torpore catatonico, ti ci voleva un shock, uno shock, scusami l’espressione, a base di figa” – conclude ridendo.
-“Ma lei è così giovane, ha più di dieci anni meno di me, potrei essere, non dico suo padre, ma suo fratello maggiore”.
-“E allora? Anche se è più giovane, tu provaci, sarà lei a decidere se starci o no; laddove non c’è violenza, non c’è coercizione, non c’è peccato” – dice filosoficamente – “Ti sei risvegliato, cerca di non riaddormentarti. Ci vediamo venerdì prossimo, stessa ora. Ciao”.
Fine della seduta.

Nei giorni seguenti curai personalmente il tirocinio di Bella, anzi le assegnai un incarico solo per lei.

-“Bella puoi venire in ufficio, per favore”.
-“Siediti” – le dico quando entra.
-“Bella durante questi giorni che ti sono stato vicino, ho avuto modo di constatare che hai un ottima preparazione e che sei molto dedita al lavoro”.
-“Grazie” – dice sorridendo.
-“Ho deciso di affidarti un incarico personale. Questo è il progetto ed il preventivo per la gara di una scuola a Impruneta, gara che intendo aggiudicarmi” – le dico passandole un fascicolo di documenti.
Lei lo prende un po’ esitante.
-“Ora vorrei che tu lo studiassi e, poi, discutessi con me le tue conclusioni, eventuali modifiche o le tue idee in merito. Ma non dire nulla a Dario, il progetto è il suo” – concludo sorridendo.
-“Ma… ma io non voglio rubare il lavoro a nessuno” – dice un po’ confusa.
-“Tu non rubi niente a nessuno.” – le faccio notare con una voce un po’ dura – “Sono io, il capo, che ti ho dato un incarico; se non te la senti dillo subito, altrimenti studia il progetto e quando sarai pronta vieni da me e ne discuteremo”.
-“No…no va bene, Quanto tempo ho?”
-“Prenditi il tempo che ritieni necessario, ma calcola che la gara è tra due mesi”.
-“Ok” – ed esce dall’ufficio.

Il venerdì successivo, come al solito, mi recai allo studio di Anna.
Le raccontai del mio incontro con Bella, e dei dubbi che mi avevano assalito dopo.
Ero stato troppo impulsivo e duro con lei? Avrei dovuto usare un approccio diverso?

-“Vedi Mauro,” – comincia, riguardando i suoi appunti – “tu vuoi fare il capo, ma non ne hai la stoffa. Voglio dire che il tuo carattere è fondamentalmente troppo buono, conciliante e remissivo; è più un carattere da schiavo che da padrone” – fa una pausa riguardando gli appunti.
-“Ma che dici!!! Io sono un imprenditore affermato; dirigo un’impresa con cinque architetti, più il personale amministrativo e secondo te non so dirigere le persone?”
-“Vedo che non capisci la mia analisi. Tu hai dimostrato sempre, nel tuo passato, sia nella relazione con Luisa, quando vivevate assieme, sia in quella con Blanche, di essere un sottomesso alle donne e se non sono loro a prendere l’iniziativa, tu non sai che pesci prendere”.
La guardo dubbioso; ma forse un fondo di verità c’è nel suo ragionamento.
-“Ne vuoi la prova? – dice alzandosi ed andando a chiudere la porta.
Torna a sedersi, ma sposta la poltrona fuori dalla scrivania.
-“Vieni qui” – mi ordina.
-“Ma…ma cosa vuoi fare?”
-“Ti ho detto di venire qui” – ripete con voce ancor più dura.
Non posso far altro che obbedire.
Oggi indossa un abito di cotone bianco, corto sopra al ginocchio, con una profonda scollatura che mostra la parte superiore dei seni, ai piedi sandali neri con strass, allacciati alla caviglia.
-“Toglimi le scarpe” – mi ordina sollevando un piede verso di me..
Obbedisco, slacciando le fibbiette dei sandali e togliendoglieli, intanto mi accorgo che sotto non ha niente e mi godo lo spettacolo del suo pube nudo.
-“Anche tu giri senza mutande; ti ha insegnato Luisa?”.
-“Quando fa caldo mi danno fastidio.” – mi dice – “Perché anche lei non le porta?”.
-“Eh già, dice che la biancheria intima le da fastidio. Era una delle cose che mi facevano impazzire quando abitavo con lei”.
-“Beh ha ragione, specie col caldo. Ora baciali” – e mi mette un piede sul petto e l’altro sotto il naso.
Ho imparato con Blanche, quanto alcune donne amino farsi baciare e leccare i piedi e, devo confessare, che io ne traggo un profondo piacere.
Il suo piede ha un odore misto tra un profumo. forse di qualche crema con cui li massaggia, ed il sentore della traspirazione.
È, comunque, un odore che mi manda subito in orbita ed il cazzo s’indurisce.
Do un lungo e lento passaggio con la lingua sotto la pianta e quando arrivo alle dita imbocco l’alluce e comincio a succhiarlo, poi passo la lingua tra le dita.
-“Bravo… Così mi piaci… Ora l’altro” – e sposta l’altro piede a portata della mia bocca.
Ripeto l’operazione con l’altro piede.
Quando è soddisfatta della mia opera, si allarga le labbra della figa con le dita di una mano.
-“Ora occupati un po’ della mia fighetta” – mi dice prendendomi per i capelli e tirandomi verso la sua vulva.
Mi ritrovo quella figa spalancata davanti al viso; affondo la lingua tra quelle labbra umide.
-“Bene così… Bravo il mio cagnolino lecca per bene la tua padrona”.
Intanto che insalivo per bene la sua figa, mi abbasso pantaloni e mutande, liberando il cazzo turgido e cominciando a menarmelo.
Dopo un po’ non ne posso più, allungo una mano verso la leva che regola l’altezza della poltrona e la tiro.
Il peso di Anna fa si che la sedia scenda fino in basso, portando la figa all’altezza del mio uccello.
Non le lascio il tempo di riflettere su quello che sta accadendo e con una stoccata la infilo fino in fondo.
-“Aaahhh” – geme, metà sorpresa e metà soddisfatta , “Sììì… Cosììì mi piaciii…Maschiooo… Continua non ti fermareee”.
-“E chi si ferma.” – penso – “Adesso ti faccio vedere di cosa è capace il cagnolino”.
La scopo quasi con violenza, le apro la scollatura liberando i seni e succhio e mordo i capezzoli duri come chiodi.
-“Ora… Sììì… Ci sonoooo… Sto godendooo…” – urla.
Sento le pareti della figa che mi stringono l’uccello nelle contrazioni del suo orgasmo e questo mi porta al limite.
Mi sfilo da lei e mi alzo puntando il cazzo contro il suo viso.
Vorrei infilarglielo in bocca, ma non faccio in tempo; il primo schizzo la colpisce sulle labbra, ancora semi aperte dal piacere, gli altri le annaffiano le tette scoperte.
Finito di sborrare mi ritraggo, lasciandola impiastricciata e con un’espressione sorpresa sul viso.
-“Hai fatto un bel casino.” – mi dice alzandosi – “Fortuna che ho il bagno qui dentro” – e si dirige verso una porta.
Io prendo dei fazzoletti di carta che sono sulla scrivania e mi ripulisco alla bell’e meglio, poi mi tiro su mutande e pantaloni e mi siedo sul divano.
-“Non so cosa mi sia successo.” – penso riflettendo.
Ad un certo punto qualcosa è scattato in me, ho realizzato che non potevo essere succube di quella donna ed è scattato l’istinto di prenderla, possederla, per essere io il dominatore.
Quando Anna torna, si è rivestita ed ha ripreso la sua aria professionale.
Si siede sulla poltrona e si rimette i sandali, poi sposta la poltrona davanti al divano, di fronte a me.
”Bene Mauro,” – comincia – hai capito cosa è successo?”.
Scuoto la testa interdetto.
-“Hai, finalmente, rotto il blocco che avevi dentro; anche se all’inizio ti piaceva fare il sottomesso, ad un certo punto è scattato in te l’istinto del maschio alfa, che voleva possedere la donna e non hai avuto più remore, mi hai presa di forza e scopata come un vero stallone”.
-“Ora,” – continua – “è questo che devi fare anche nella vita, tirare fuori la tua autorità e farti valere come uomo, ma soprattutto come maschio. Abbandona quel tuo modo di fare da cagnolino obbediente, che secondo me deriva dalle esperienze che hai avuto in gioventù con Luisa (vedi La cugina infermiera) e tira fuori le palle”.
-“Se hai capito cosa intendo dire, tu non hai più bisogno di me, ma se hai ancora dei dubbi, o se hai bisogno di parlare, di sfogarti, chiamami, ci vedremo ancora”.

Da quella seduta il mio modo di affrontare la vita cambiò, divenni più deciso e più autoritario, ma, soprattutto, più intraprendente con le donne.
Lasciai perdere di corteggiare Bella, perché realizzai che, primo era troppo giovane per me, e, secondo, perché lei mi aveva fatto capire che voleva laurearsi e poi trasferirsi all’estero per lavorare; diressi i miei interessi verso altri obiettivi.

Se volete conoscere la parte conclusiva della mia vita, leggete “La mia inquilina, una prof universitaria”, già interamente pubblicato.

FINE

I commenti e i suggerimenti sono ben accetti, scrivetemi pure a miziomoro@gmail.com

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