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La tentazione di Marilena

By 23 Giugno 2023One Comment

Sono Marilena, ho trentadue anni, lavoro come impiegata. Da qualche anno mio marito viaggia spesso in giro per il mondo per lavoro, e questo ha creato non poche tensioni tra noi due. Sono abbastanza certa che non faccia lo stronzo e non mi metta corna, nelle sue trasferte, ma chissà. Di certo la nostra vita sessuale è franata, diventando un mero esercizio fisico quando rientra e non è troppo stanco e non deve occuparsi di altre cose. Ecco, io sono una di quelle cose, o almeno così mi fa sentire.
Certo rimanere spesso da sola mi ha permesso di prendermi cura di me. Sia dal punto di vista fisico, ricominciando palestra e attività fisica e una dieta equilibrata, sia da un punto di vista culturale, andando più spesso al cinema, o teatro, o anche semplicemente leggere più libri.
Un paio di amiche sono le mie compagne di uscite, con cui ci permettiamo il lusso di qualche serata tutta per noi ogni tanto.
In tutto ciò anche la volontà di avere figli sta scontrandosi contro la nostra vita quotidiana, e il tempo intanto passa. Marco, mio marito, dice che sono ancora giovane e bella, e che questi sacrifici ci serviranno per avere un futuro migliore. Che lui tra un paio di anni potrà chiedere di finirla con la trasferte e potrà dedicarsi alla famiglia. Chissà.
Ma non voglio annoiare con le mie malinconie, quanto raccontare un episodio che mi ha cambiato la vita, e su cui ancora non riesco a dare un giudizio completo.
Da qualche mese in ufficio è arrivato un uomo di circa cinquanta anni, di origine meridionale, fisicamente ben tenuto e soprattutto molto spigliato, molto scherzoso. Intorno a lui si è creata subito molto simpatia, soprattutto devo dire tra le colleghe donne. Giuseppe, questo il suo nome, è in effetti uno dallo sguardo vispo, che evidentemente sa farci nella vita, e a quanto pare anche con le donne. Infatti il suo status di scapolo, o almeno così lui si è dichiarato, ha fatto sì che le sue incursioni in feste o aperitivi o semplici pranzi di lavoro si tramutassero in veri e propri corteggiamenti a cielo aperto. E qualcuna di noi, anzi parecchie, pare ci siano cascate. Ben presto nella chat dell’ufficio sono iniziate ad arrivare voci, allusioni, poi qualche racconto. Insomma Giuseppe era un vero e proprio sciupafemmine, per giunta molto dotato a quanto pare. Infatti una delle ultime sue prede, Vanessa, non aveva esitato a mandarci un resoconto dettagliato delle performance avute dentro un garage. Aveva detto che mai aveva scopato con uno con un cazzone così. Tutti quei racconti, insieme con la mia forzata astinenza, mi avevano non poco riscaldato. E Giuseppe non era certo uno di quei laidi porci che si fa fatica a starci insieme. Anzi.
Io ero però donna fedele, non sopportavo il tradimento all’interno della coppia. E su Giuseppe avevo gettato soltanto qualche innocente fantasia.
Però il destino a volte ti mette alla prova, e così un giorno in ufficio ci siamo trovati praticamente soli io e lui. Infatti tra ferie, smart working e un paio di malattie, l’intero piano era occupato appunto soltanto da me e lui, disposti in due stanze differenti.
Ci incontrammo in pausa pranzo al bar lì vicino, dove di solito pranzavamo tutti insieme. E lui non si comportò certo male, parlammo del più e del meno, scherzammo su qualche aneddoto dell’ufficio, su alcuni fatti di cronaca, e tornammo di sopra. Mi volle offrire il pranzo, e io accettai con la promessa che avrei ricambiato.
Una volta di sopra le cose iniziarono a cambiare, perchè lui veniva spesso nel mio ufficio con qualche scusa. Bevemmo insieme un caffè e poi fui io che andai nel suo di ufficio, che aveva un balcone che affacciava in un cortile, dove si poteva fumare tranquillamente. Ecco, un vizio ripreso nella mia solitudine è stato quello di una sigaretta ogni tanto.
Ce ne stavamo lì a fumare sulla soglia, abbastanza vicini l’uno all’altra. Lui mi spiava nel décolleteé molto spesso, e io non mi turbavo, anzi un poco mi piaceva fare la smorfiosa, ridendo alle sue battute.
-Certo che tu non te ne fai scappare una, eh?
-E tu che ne sai?
-Beh, negli uffici si parla.
-E di che si parla.
-Chiacchiere.
-Dai, voglio saperlo.
-Curiosone. Io credo che invece tu sappia di cosa sto parlando…
-Io sono uno che sa tenere bene i segreti.
-Ne sono sicura…ma altri no. Anzi, altre.
-Ah! Quindi sono vittima di gossip.
Ci facemmo una risata, lo spinsi per scherzo via e spensi la sigaretta.
-Non mi sembri proprio una vittima.
-Non faccio niente di male.
-In effetti sembrano tutte molto contente.
-Di cosa?
-Dai, smettila, non mi fare parlare.
-Dillo.
-Ti sei portato a letto mezzo ufficio!
Lui si era seduto nuovamente alla scrivania, mentre io rimanevo in piedi.
-L’unica che vorrei davvero però no.
-E chi sarebbe mai questa fortunata?
-Ora stai facendo tu la finta tonta.
-Dillo, su.
-Sei tu, Marilena.
-Ma io sono sposata.
-Io non voglio sostituirmi a tuo marito. Io voglio chiavarti.
Quel cambio di registro improvviso mi aveva stordito. Avrei dovuto andarmene indignata, invece rimasi lì a incassare il colpo.
-Beh, ti sei incantata? Ho detto qualcosa che non dovevo?
-Certo non ci hai girato intorno.
-Perché dovrei. Sei una femmina incredibile, mi arrapi di brutto.
-Smettila.
Nel mentre mi grattai una gamba, sul balcone ero stata evidentemente punta da una zanzara.
-Maledette, ci volevano anche le zanzare!
-Vieni qui, ho una cosa che fa passare il fastidio.
Senza timore mi avvicinai a lui, che tirò fuori dal cassetto un unguento dentro una boccettina di vetro.
-Cosa è?
-Una cosa che fanno al mio paese. Non si trova in commercio. È miracolosa.
-Ne sei sicuro?
-Vieni qua.
Mi spostò con decisione me senza violenza dietro la sua scrivania, appoggiandomi sopra.
-Ti hanno punto qui?
-Sì, proprio lì.
-Ben due. Hanno visto queste belle cosce e non se lo sono fatte dire due volte.
Indossavo infatti quel giorno un vestito leggero, a mezza coscia, maniche corte, con dei bottoni sul davanti. Ai piedi dei sandali eleganti ma con poco tacco.
Faceva troppo caldo e i formalismi erano per un po’ saltati.
Giuseppe si versò un po’ di quel liquido su una mano e iniziò a massaggiarmi delicatamente le zone dove ero stata punto. Poco sopra il ginocchio, ma dietro. Il suo tocco era piacevole, lo ammetto, e averlo alle mie spalle mi stava creando non poca suggestione.
-Già, proprio delle belle gambe.
Non risposi, e anche qui avrei dovuto farlo, per mettere subito in chiaro le cose. Ma non lo feci.
Lui si dovette sentire ringalluzzito da quel silenzio, e allargò un po’ il raggio d’azione del massaggio, iniziando a salire un po’ più sopra.
-Lì non mi hanno punto.
-Questo olio fa bene alla pelle, lasciami fare.
Lo lasciai fare.
A un certo punto mi toccò il retro del ginocchio e mi fece un po’ il solletico, glielo dissi.
Lui lo rifece e io gli dissi di smetterla. Allora riprese a salire con le mani, ora mi stava palpando le cosce.
-Qui ti faccio il solletico?
-…no…lì no.
-E qui, qui ti faccio il solletico?
Il mio respiro stava aumentando, ora le mani erano tutte e due.
Con una inevitabilmente raggiunse il culo, che iniziò a palpare generosamente.
-Giuseppe… devi smetterla. Io non…io non posso.
Abilmente si infilò dentro le mutande, palpandomi la carne viva. Aveva le mani calde, e mi stava facendo impazzire. Non riuscivo a staccarmi da quelle carezze.
-Che femmina che sei, che corpo che hai.
Ancora quelle parole severe, forti. In altri contesti non lo avrei permesso. Ma ora mi facevano eccitare.
Ben presto mi iniziò a masturbare, prima con un dito, poi con tutta la mano. Mi toccava fuori e poi infilava uno o due dita dentro. Ero bagnata, tanto.
-No…no…ti prego. Non voglio…non posso.
Lui sorrise, un ghigno appena accennato. E iniziò ad abbassarmi le mutande.
-Cosa fai? Sei impazzito? Siamo in ufficio!
-Stai brava, siamo soli. Ma per sicurezza chiudo la porta. Tu resta così, falle scivolare a terra.
Obbedii. Lui chiuse a chiave la porta e poi mi tornò alle spalle, raccolse le mie mutande e le appoggiò sulla scrivania.
Mi sollevò il vestito sopra la schiena e iniziò a leccarmi da dietro.
-Che culo che hai…che figa che sei.
-No…no…ah…ah. Cazzo…
Mi apriva le natiche e con quella lingua lunga mi leccava un po’ la figa e un po’ il buco del culo. Certo quello il mio Marco non lo aveva mai fatto, e invece mi piaceva, eccome se mi piaceva.
Mentre leccava continuò a esplorarmi la figa, e fu questione di un minuto che venni una prima volta.
-Brava…brava puttana mia.
Ancora quel linguaggio. Ma dentro di me sapevo che era vero.
-Ora lasciami andare…hai avuto già abbastanza.
-Non ci pensare proprio, io e te abbiamo solo iniziato.
Mi fece voltare e adesso le sue attenzioni si rivolsero alle mie tette. Sbottonò in fretta il vestito e si avventò su ambedue, tirandole fuori dal reggiseno. Avevo i capezzoli durissimi, e la sua lingua su di loro mi fecero subito godere tantissimo, come non aspettassi altro.
-Giuseppe…che fai…miodio…che mi fai fare.
E poi fu il suo turno, si sbottonò i pantaloni e fece uscire quel miracolo di minchia che possedeva tra le gambe. Aveva ragione Vanessa, anche io non avevo mai visto un cazzo così dal vivo.
-Eccoti qua le chiacchiere da ufficio.
-Sei un porco…fai schifo.
-Prendilo in mano, forza.
Era caldo, spesso, pulsava.
-Ti piace, vero? Ora è tutto tuo. Vai giù.
Guardandolo negli occhi obbedii anche a quell’ordine. Mi misi in ginocchio e cominciai a succhiarlo, con non poca difficoltà viste le dimensioni.
-Succhia, brava. Dai che ho i coglioni pieni. Mi hai fatto gonfiare come una bestia.
Ogni tanto rifiatavo e lo guardavo negli occhi. Era un demone della lussuria.
-Sei un bastardo…era questo che volevi da me? Che ti succhiassi?
-Puttana che non sei altro…questo è solo l’inizio…ora ti chiavo per bene.
-No che non mi chiavi.
-Toccati la figa, senti come sei bagnata e aperta. Muori dalla voglia.
Mi toccai tra le gambe e in effetti colavo. Avevo voglia di essere sbattuta, così feci ancora un po’ di scene mentre lui mi tirava su in piedi, mi poggiava di nuovo sulla scrivania e infine mi infilò il cazzo dentro. A quel punto non potevo più fingere.
-Ah diomio come ti sento…come mi apri…sei un porco…tu e il tuo cazzo…
-Prendilo…ti chiavo quando vuoi…femmina calda.
-Madonna sì, scopami che mi piace. Mi hai fatto diventare una troia.
-Questo sei.
Mi dava colpi forti e regolari, e venni una seconda volta. Mi teneva dai capelli, o dalle mammelle. Scopava bene, Giuseppe, era tutto vero. D’altronde con quella bestia che si trovava lì sotto era tutto più facile. Venni altre due volte prima che lui non tirò fuori il cazzo e mi disse di bermi tutta la sborra.
-Tutta la devi bere, tutta.
-Dammelo qua, maledetto.
Feci anche quello, e ne aveva tanta per davvero. Faticai ad ingoiare, ma riuscii a soddisfare anche quel suo capriccio. Ora si sentivano solo i nostri respiri.
-Contento?
Non mi rispose. Il suo ghigno però diceva che quella non sarebbe stata l’ultima volta che avrei gustato quel maschio.

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8
VVV

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