Milano, Piazza della Scala, tardo pomeriggio
Si sta preparando un temporale, l’aria è quasi irrespirabile, afa e smog a livelli soglia
-Meglio affrettarci-dici abbracciandomi le spalle nude-se ti bagni ti beccherai un accidente, come al solito.
E vedi di finire quel gelato, ti si sta sciogliendo in mano e sulle tette…-
Ridi e mi baci sulla guancia.
-Lo sai che da piccola, proprio qui, ho visto Nureiev? avrò avuto 5 anni.
Non lo scorderò mai, pensai che se c’era un dio doveva avere sicuramente il suo viso.
Chissà se era gia ammalato?-
In quel momento qualcuno mi urta la spalla e il resto del conogelato finisce per terra.
-Scusami, che sbadato, deve essere il caldo, davvero…
Fede? Ma sei tu? Non è possibile…dopo otto anni, sono otto vero?
Dio che piacere, fatti abbracciare, come stai? inutile chiederlo, uno splendore, lo vedo da solo…
Resto per un attimo immobile, incerta.
Poi riconosco il giovane uomo alto e magro dai capelli chiari, gli occhi azzurri
e l’accento veneto che mi sta di fronte.
-Lorenzo, ma dai…quanto tempo è passato, stai a Milano, ora?-
No, sempre a Pavia e sempre nel solito appartamento…-
-Strada Nuova, terzo piano?-
E ridiamo insieme, in memoria dei vecchi tempi, di quando frequentavamo la stessa Università e credevamo di esserci innamorati: una lunga relazione davvero, cinque mesi mi pare, quelli che interrcorrevano tra una sessione di esame e la successiva…
Francesco mi stringe la spalla: presento i due uomini.
Cadono le prime gocce di pioggia, saluto Lorenzo con vaghe promesse di rivederci e corriamo verso l’albergo, tu mi trascini prendendomi per mano, mentre chiedi:
-Un vecchio amore mai dimenticato?-
Il tono è quello del grande inquisitore, ormai ti conosco; e la tua gelosia -anche-retrospettiva se una volta mi eccitava ora per lo più mi indispone.
Così rispondo:
-No, qualche mese di scopate senza importanza; sai la genetica era il suo pane e lui mi ha aiutato molto; superato l’esame, finita la festa…-
E per evitare altri inutili discorsi mi tolgo in fretta quei pochi indumenti bagnati che indosso e mi ficco sotto la doccia bollente.
Nel piacevole benessere del sapone profumato e dell’acqua calda ripenso a quella breve storia di tanti anni fa che avevo dimenticato o almeno così credevo.
Invece mi stanno tornando alla mente tante cose…
Ci mettemmo insieme alla fine dell’inverno.
Come arrivò la bella stagione prendemmo l’abitudine di uscire in moto nei dintorni della città.
A tutti e due piacevano gli alberi e la campagna lombarda, così morbida e diversa dalle asperità liguri e svizzere a cui ero abituata.
La primavera faceva risplendere lampi di stelle sul grande fiume, appendeva ai rami grappoli di lillà, facendo intravvedere un cielo d’un azzurro tenue, quasi bianco, tra le fronde tenere degli alberi.
Dalla terra saliva un senso di quiete, quasi di eternità.
Mi lasciavo prendere dalla pace che era intorno a noi, desiderosa di naufragare in un mare tranquillo che mi pareva di aver sempre cercato.
Erano le languorose tristezze di una madame Bovary non ancora ventenne…
Lorenzo guidava adagio e io, abbracciandolo stretto, mi abbandonavo al calore del suo corpo, senza pensare a nulla.
Poi ci fermavamo, ogni volta in un posto diverso, e sull’erba dorata dai ranuncoli in fiore facevamo l’amore.
Una volta, ridendo, come per gioco, sdraiati per terra cominciammo a lottare fino a che lui non mi immobilizzò e fu dentro di me, ancora ansante e ridendo per lo scontro che ci aveva divertito quasi fossimo tornati bambini.
Era il tramonto.
Vedevo, supina, ondeggiare le fronde di un ontano e in mezzo al ricamo delle foglie frammenti di cielo tinti di carminio.
Il sole calava in un trionfo di colori.
Il mio piacere improvviso si mescolò a quello magico e sconosciuto della natura che lanciava il suo ultimo grido di esultanza prima di addormentarsi nella sera.
Chiusi gli occhi in un lampo di felicità che non aveva niente di umano, tanto da non sentire neppure il peso del corpo di Lorenzo sul mio.
Non era più un maschio, ma una divinità silvestre che mi stava possedendo.
Quando mi rialzai, mentre mi aggiustavo la gonna, guardando il viso del ragazzo capii che nulla era cambiato: io ero fatta di carne soggetta a un’altra carne.
Quegli attimi magici se ne erano andati e l’incanto finito.
Per sempre.
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Mamma mia ruben, mamma mia... Ti prego, scrivimi a gioiliad1985[at]gmail.com , mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze…
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le tue storie mi eccitano tantissimo ma avrei una curiosità che vorrei chiederti in privato: è possibile scriverti via mail?