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Racconti Erotici Etero

*MALEFICIO D’AMORE**

By 30 Dicembre 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Il giovane prete guardò, desolato, fuori dalla finestrella della canonica: la neve continuava a scendere, nonostante si fosse quasi alla fine dell’inverno; nel piccolo cimitero, addossato all’abside dell’antica chiesetta romanica spuntavano quà e là alcune croci, come braccia scheletriche tese a cercar il cielo in mezzo a tutto quel bianco accecante.
Era giunto da poco nello sperduto paese dell’Appennino, dove il tempo si era fermato all’anno Mille…
Vi era stato mandato dal Vescovo di Bologna per punizione: meglio allontanar subito dalla città e dalle tentazioni un religioso troppo bello per esser prete e in odore di eresia. Erano arrivate all’orecchio della Curia chiacchere su una certa nobile fanciulla che troppo spesso visitava la chiesa di S. Domenico dove il curato prestava la sua opera e anche di una strana amicizia che quest’ultimo intratteneva con il conte Francesco Risoli sospettato fortemente dalla Chiesa per certe pratiche ‘diaboliche’ di cui tutta la città parlava.

Così si decise di spedir l’ingombrante religioso in quel paesino in mezzo ai monti dimenticato da Dio e dagli uomini, nella speranza che in solitudine si ravvedesse e anche che le chiacchere a Bologna finissero.
In realtà il religioso, per quanto tentato dalla fanciulla di città, non aveva ceduto alle tentazioni della carne: era infatti ancora vergine, mentre a ricordo delle frequentazioni con Francesco Risoli gli erano rimaste in testa troppe domande senza una risposta insieme a una oscura inquietudine.
Nonostante dedicasse alla preghiera e alla meditazione molte ore al giorno il giovane si accorgeva
che la sua Fede stava miseramente crollando.
E questo lo faceva davvero disperare.

Scendeva la notte e nella piccola stanza nonostante il camino acceso, si gelava.
Così il prete decise di infilarsi nel letto per avere un po’ di calore.
Nonostante le lenzuola fossero gelate si addormentò subito, di un sonno agitato.
All’improvviso fu risvegliato da forti colpi battuti alla porta della canonica.
Si coprì con un vecchio mantello e rabbrividendo corse ad aprire, con in mano la vecchia lanterna che spandeva una fioca luce, chiedendosi chi mai potesse essere a quell’ora della notte.
Dischiuso l’uscio restò immobile, paralizzato: di fronte a lui, coperta da un lungo mantello scuro, stava una ragazza sconosciuta, alta,bellissima, gli occhi verdi splendenti sotto il cappuccio.
Con voce sottile, da bimba raffreddata, gli chiese se poteva entrare perché la notte era fredda, e lei si era perduta; il prete rabbrividì e non per le gelide folate di nevischio che l’investivono.
Come era possibile che una fanciulla vagasse sola di notte per quelle lande desolate, sotto la neve…da dove veniva, dove andava….
Avrebbe dovuto chiederglielo; invece, in silenzio si fece da parte e permise alla strana donna di entrare, pur sapendo di star commettendo un errore irreparabile.
Si abbandonò al destino e a quell’oscura voglia che ora sentiva crescere dentro di sé incontrollabile.
Lei si incamminò avanti a lui per la breve e ripida scala che portava di sopra e si diresse con sicurezza verso la camera da letto, come se fosse pratica della misera canonica.
-Mi chiamo Mariana R.- disse, mentre si toglieva il lungo mantello .
Era nuda sotto, splendida e terribile.

Aveva una carne candida, perfetta la grana della pelle, lucente e compatta: lui guardò senza respirare i seni grandi dai capezzoli simili a more mature e più giù, sotto il ventre piatto, il sesso, nudo, come quello di una bimba impubere, con il taglio netto che lo attirava come calamita.
La donna dischiuse le labbra, prese una mano al giovane prete e ne succhiò lentamente le dita , una per una, prima di dirigerle in basso, a penetrarle quelle labbra calde, che si dischiusero al tocco dell’uomo come un fiore di carne.
Allora lei si allontanò un poco per sdraiarsi sul vecchio letto di ferro le gambe dischiuse, in offerta, mormorando:
-Ho freddo, scaldami –
Il prete restò immobile, mentre una strana paura gli attanagliava le viscere, insieme a una eccitazione mai provata; desiderava follemente quella donna, e non solo per la castità a cui era uso da tempo.
Una fame incontrollabile, cieca, lo faceva sragionare: voleva quel seno ricolmo, quel ventre liscio, per perdersi tra quelle cosce aperte e invitanti, per penetrarla fino all’anima, perdersi in lei…

Le fu sopra affamato: Mariana lo guidò lentamente dentro di sé e lui fu stupito da tutta quella morbidezza e dal calore umido che, avvolgendogli il sesso, risaliva su, oltre le cosce, il ventre, il petto, il cuore, fino a esplodergli nel cervello.
Fecero l’amore per tutta la notte e lei lo trasportò nel suo splendido palazzo, dove brillavano l’oro e l’argento, le lenzuola erano di seta e il ristoro ambrosia : il corpo della donna caldo, morbido, esigente profumava del fiore del loto.

Quando si svegliò, era solo. Nessuna traccia della misteriosa visitatrice notturna; le lenzuola non recavan impronta del corpo di lei e neppure tracce del suo stesso seme.
Ma allora…se non era stato un sogno…chi era o che cosa era quella donna???
Con un brivido ripensò ai misteri cui il conte Risoli aveva cominciato ad avvicinarlo.
Era spaventato e confuso ma man mano che il giorno trascorerva l’ansia di riveder Mariana aumentava in lui a ogni minuto; provò ad andare in chiesa per pregare: rivide i suoi seni e le sue cosce in ogni ombra che le candele proiettavano sui muri chiazzati d’umidità.
Allora , temendo di impazzire nella solitudine della sua anima e di tutta quella neve che continuava a scendere, si chiuse in casa attendendo la notte.
E quando udì i soliti pesanti colpi all’ingresso il suo viso si illuminò di una gioia sconfinata;sapeva che era lei.
Tutto si ripet&egrave come la notte precedente, lui sparse il suo seme in tutti gli orifizi della donna, era instancabile, eccitato dalle mani e dalla bocca di Mariana che lo facevan delirare.
A questa seguirono altre notti e altre ancora.
Di giorno il prete si aggirava tra le casupole del paese, in mezzo alla neve, come un cane vagabondo sperduto in cerca del padrone.
La gente cominciò a segnarsi al suo passaggio e a non frequentare più la Chiesa.
Si mormorava che stesse impazzendo.
Già si era formato un gruppetto di uomini pronti a recarsi dal Vescovo appena la mulattiera
per Bologna fosse praticabile.

Infine una mattina fece per alzarsi, ma una strana spossatezza lo invase; tossi più volte, e sul lenzuolo comparvero macchie rosse che parevano fiori.
Allora guardò fuori dalla finestra:era iniziato il disgelo, ricomparivano le lapidi del cimitero; una, in particolare, lo attirava stranamente, doveva uscire per vederla da vicino.
Barcollando si trascinò fino a quel marmo e lesse un nome : Mariana R. e le date: nascita:4-8- 1774, morte:10-3-1793.
Era il 10 Marzo del 1893 : lei era morta esattamente cento anni prima .
Allora capì, e ricominciò a tossire, mentre gocce splendenti di sangue cominciarono a ornare di garofani purpurei la tomba del suo unico amore.
Cadde e non si rialzò più, indebolito dalla febbre della tisi che lo consumava: lo colse il freddo sdraiato sopra la vecchia tomba.
Lo ritrovarono nel tardo pomeriggio alcuni parrocchiani annegato nel proprio sangue che aveva tinto di rosso la neve e la croce con il nome di Mariana.


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