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M’s story. Capitolo 56. Nozze e collari

By 22 Dicembre 2022No Comments

Domenica 4 febbraio, ore 08:45. Sonia e io siamo all’aeroporto Marconi, all’uscita degli arrivi. Più indietro, Rodolfo vigila sulla nostra sicurezza. Ho chiesto a Sonia di mettere un tacco basso, da 5 cm: io ho messo un 12 cm, non li metto mai, ma non volevo sembrare troppo piccola a Onisto (Guimaraes). Risultato Sonia 174, Emme 170. Per il resto siamo vestite come quando mi ha conosciuta sullo yatch: divisa elegantissima da hostess.

Mentre aspetto, ricordo con tenerezza la sera prima: Camillo mi ha aspettata paziente e, con il permesso di Balthazar, mi ha corteggiata in modo simpatico e astuto, come fanno i romagnoli. Gli uomini di ogni regione italiana hanno qualcosa di tipico nel trattare con noi: i siciliani, per esempio, hanno delle durate incredibili. I calabresi comandano e vogliono controllare e decidere tutto. Con i campani sei serena e ridi qualunque cosa ti facciano.

Camillo ha ottenuto di portarmi in un salottino, a porte chiuse, siamo stati due ore… ma abbiamo solo parlato, mi ha distratta da quello che sta succedendo a Balthazar, mi ha chiesto mille cose, mi ha fatto ridere… Ma non mi ha voluta penetrare! Comunque, sono stata bene, e quando sono salita per non lasciare Balthazar da solo, sono crollata a dormire al suo fianco: purtroppo, stamattina sembrava ancora più invecchiato e stanco. Ma mi ha sorriso per tutto il tempo.

A Malpensa guardo tra i passeggeri che stanno uscendo: “eccolo!”, dico a Sonia, faccio ciao con la manina e salto di gioia nel rivederlo! Finalmente mi vede, ricambia il saluto, sorride felice! Ci abbracciamo, oggi sono più alta di lui, ma solo un pochino: non si fa scrupolo a darmi subito un fiocco da paura in bocca, baciandomi a lungo, mi dice qualcosa che Sonia traduce: ti ha pensato tanto, non vedeva l’ora di tenerti tra le braccia. Io mi riprendo, faccio le presentazioni, Sonia traduce per lui: “Questa è la mia amica Sonia, abbiamo quasi la stessa età: ci aiuterà a comunicare per tutta la giornata. Quello, invece, è il body guard che ci è stato assegnato per questa mattina. Ce ne sono altri nella mia Villa”.

Però, Onisto mi sembra distratto, ossia molto attento a me: mi mette le mani sotto la gonna, palpa dappertutto, quasi volesse esser sicuro che sono proprio io. La voce di Rodolfo ci richiama all’ordine, andiamo alla grande berlina e (ovvio), Onisto mi fa salire dietro con lui: Sonia ride e siede davanti con Rodolfo. Appena sulla tangenziale mi ha già spogliata di tutto, faccio in tempo a dire a Sonia: “Digli che sono mestruata, che ho anche l’assorbente grande, per piacere!”, che lui mi è già sopra che mi copre di baci, mi palpa dappertutto e lo ha tirato fuori: lo ha rigidissimo e si struscia su di me. Non ha ascoltato Sonia manco per niente, ma si accorge da solo che lì non si può. Nessun problema, c’è tanto spazio qui dietro… mi fa mettere a pancia in giù, usa i miei umorini per prepararmi il sedere e… faccio tutto il viaggio di ritorno con il suo uccellotto su per il sedere, sotto di lui!
Si prende la sua soddisfazione quando entriamo nel parco della villa e faccio in tempo a chiedergli: “Onisto, ti ricordi che siamo schiave, vero? Ora ci vedrai tutte, come siamo di solito”. Lui dice di sì, sorride soddisfatto come un gatto che ha trovato pesce fresco.

Appena in casa, gli presentiamo Leonida, direttore della prima villa: gli spiego anche che, da quanto ho capito, è proprio il nostro generale con cui dovrà parlare di quelle cose che gli servono in Mozambico. Chiediamo solo un attimo per correre a cambiarci e torniamo giù in abito da cerimoniale: io ho messo il mio collare più bello, quello di Leòn: grosso e pesante, in oro bianco tempestato di smeraldi che compongono il nome del mio padrone. Sonia ne ha uno normale, non è ancora marchiata quindi tutta in bianco: guepiere, calze, coda, scarpine ecc.; io in nero. Si sono già messi a discutere che io mi inginocchio ai piedi del generale Aresi: “Mio signore, il signor Guimaraes è amico del signor Bakoyannis, che non sta bene ma è qui al pianterreno, vicino al luogo delle nozze”. Si avviano a salutarlo, Sonia e io li precediamo, ci prostriamo davanti a Balthazar e riesco a sussurrargli: “Ti amo mio signore… ma mi hanno assegnata a Olindo, perdono…”. Balth mi sorride dolcissimo poi, con la voce che ora gli trema: “Io te ho asignata a Guimaraes, è buono così”.

Restiamo in ginocchio durante i loro saluti e chiacchiere: pian piano la villa si riempie: oggi ci saranno tutti. Impossibile preparare da pranzo per 15 padroni, 5 guardie e 16 schiave e aspiranti tali: Marta ha fatto venire un catering, gli uomini mangeranno in piedi, noi aspetteremo di essere libere, sperando ci lascino qualcosa.
Arrivano il maggiore (Adelmo) e il capitano (Vito) e, subito chiamati da Leonida, si infilano in uno dei salottini chiudendo la porta.
Manca un’ora alla prima cerimonia, quella dei collari: Marta è indaffaratissima e allora vado a cercare Nives, Nadia o Adelina per aiutarle nel caso avessero bisogno. Sono di sopra, emozionatissime, bellissime, perfette. Sale anche Giovanni, per controllare che tutto sia a posto, mentre i padroni (Leonida e Helio) e lo sposo (Karcharias) non possono salire. Torniamo di sotto e vedo che Camillo è solo, gli presento Filomena: pochi anni più di lui (36) non troppo piccola (164), abbandonata dal marito, esperta e marchiata, mai ribelle, estetica e corpo perfetti, sembra l’ideale per fargli compagnia e spiegargli tutto di noi. Lo spiego a Camillo: “Camillo, io dovrei chiamarti mio signore, ma consentimi di darti del tu finché non sarai socio. Vorrei presentarti una di noi, perché oggi sono assegnata ad un altro uomo. Questa è Filomena, una signora molto insicura e timida, ma ubbidiente come tutte noi. Se la accetti, ti terrà compagnia ed è in grado di rispondere a tutte le tue curiosità”. A Camillo non par vero di avere a servizio una bella ragazza come Filomena, la bacia sulle guance e subito se la porta a spasso per la villa chiedendole cento cose.

Guimaraes e i nostri tre ex militari escono: Leonida è in alta uniforme e chiede agli due ex militari di aiutarlo negli ultimi ritocchi; poi va in fondo alle scale ad aspettare. C’è già anche Helio, in smoking. Sembrano emozionati ed entrambi tengono una scatola in mano.
E’, l’ora sono le 11, Marta ci chiama tutte nel grande salone: il lettone quadrato è stato spostato per fare spazio allo “schieramento”: padroni che han schiava marchiata a destra, inginocchiata e tenuta al guinzaglio. Io sono inginocchiata al fianco di Balthazar, al guinzaglio, ma lui sta sempre peggio e deve stare seduto. Marchiate senza padrone (solo Filomena) a destra dietro, in ginocchio. A sinistra le guardie e, dietro, ospiti (due) e schiave ancora senza collare e novizie. Al centro, presiede Giovanni, il capo della nostra comunità.

Eccole che compaiono in cima alle scale: rosse in viso, timide, cercano con gli occhi i loro padroni: sembrano voler correre da loro, ma si controllano: scendono piano, fino a raggiungerli. Poi si mettono a quattro zampe e porgono il guinzaglio ai propri padroni per essere guidate fino davanti a Giovanni. Giunte al centro del salone, si distendono a terra, faccia e pancia contro il pavimento, davanti a Gio, dando le spalle a tutti noi: lui recita una breve formula e loro rispondono “sì”, che vogliono provare a diventare schiave per sempre, con una tempo massimo di tre anni. Giovanni le fa rialzare, prega Helio di accettare come schiava Nadia: lui accetta, apre la scatola e la cinge con uno splendido collare d’oro, con scritto il suo nome in rubini. Stessa cosa avviene per Nives, scelta da Leonida per servirlo, stesso collare. La loro mise da cerimonia resta color bianco. Si inginocchiano davanti ai loro padroni, slacciano, sbottonano e, quando compaiono i testicoli, li adorano leccandoli e baciandoli davanti a tutti noi: entrambe piangono di felicità, se saranno buone e umili, da oggi non saranno più sole. Siamo tutti e tutte commosse, parte un applauso.

Scende il silenzio, Helio e Leonida tornano al loro posto con le nuove proprietà sulla destra. Tutti guardiamo verso lo scalone.
Eccola! Adelina scende, lenta, piange come una fontana dalla felicità. La ribelle, quella che non dimagriva, la svogliata, quella che nessuno voleva penetrare ora è bellissima, raggiante, con la patatina che ruscella umori bagnandola oltre l’orlo delle calze. Karcharias la aspetta ai piedi delle scale, anche lui emozionatissimo. Il mio signore Balthazar mi chiede di aiutarlo a voltarsi, non vuole perdersi un attimo. Alla fine dello scalone lei si inginocchia per farsi agganciare il vecchio collare; tutti sentiamo distintamente lei che sussurra: “Ti amo mio signore… grazia di avermi scelta, è un sogno”.

La conduce a quattro zampe fino davanti a Giovanni: Gio legge le formule, entrambi rispondono “sì” e lui sostituisce il vecchio con un grosso e sfolgorante collare d’oro bianco, tempestato di Zaffiri (Adelina ha gli occhi azzurri) che compongono il suo nome. Quindi Marta aiuta la nuova sposa a cambiarsi e ad indossare la mise da cerimoniale color nero.
Il mio Balthazar piange in silenzio, trema, sembra più invecchiato: io sono in panico, ma lui mi dice “Questo è sogno di tutta mia vita: mio filio tiene buona ragazza. Io ho finito”.
Qui in Italia da noi, la cerimonia è più semplice di quella che han fatto a me in Argentina: soprattutto, in Italia, la sposa non viene penetrata da dieci padroni dopo il “sì”.

Ma Karcharias, la penetra, eccome: fiero di possederla davanti a tutti! E scoppia un applauso fragoroso, siamo tutti felici e persino Balth sorride tenerissimo, col volto coperto di lacrime. Grida, musica, tappi di spumante: si scoprono le tavole, imbandite da ogni squisitezza. Aiuto Balth ad andare ai tavoli, ma non mangia niente. Dò uno sguardo alle nuove, che sono rimaste inginocchio nella zona della cerimonia: sono tutte impressionate, serene, forse da oggi capiranno un po’ di più quanto si è felici quando si è scelte per servire.

Passano un paio d’ore di allegria: qualche padrone usa la sua schiava (per es. Max ha un arretrato di giorni e Marta viene sbattuta in ogni modo davanti a tutti), altri parlano, Guimaraes sta con Sonia e le chiede mille cose: sembra affascinato da tutto quel che ha visto. Richiesta di fargli un bocchino, Sonia sorride felice e ubbidisce. Saprò poi che Leonida e soci gli han risolto il problema della sicurezza nei suoi giacimenti in Mozambico: noi avremo una percentuale e i metalli rari saranno portati in Italia dalle navi di Rothschid e lavorati in un’azienda del gruppo di Otello: altra percentuale…

Anche Camillo si diverte: ha messo spalle al muro Filomena, le parla, la fa ridere, le accarezza il viso, la palpa ovunque per valutarla…
Il mio signore Balthazar ha smesso di piangere e sembra dormire, ma io resto con lui, a cuccia, ai suoi piedi.
Poi mi viene un dubbio. Accarezzo una mano di Balthazar: niente. Gli lecco il dorso: niente. Lo scuoto: niente. Lo chiamo: “Balthazar, mio signore? … Balthazar, amore?”. Ho capito. Urlo come una pazza: Balthazar!!! Balthazaaarrr!!!
Karcharias corre da suo padre, lo scuote. Vito ha nozioni di medicina, gli sente il polso. Quando vedo che scuote la testa, crollo svenuta a terra, senza sensi.

Apro gli occhi: sono nella mia cameretta, è sera, Claudio veglia accanto a me. Ho una flebo infilata in un braccio, sono confusa, mi gira la testa, ho tanto sonno. Realizzo che ho le braccia e le gambe bloccate con delle cinghie: devo aver fatto la matta. Una tristezza infinita mi attanaglia il cuore. Devono avermi sedata, mi riaddormento.

Riapro gli occhi, c’è Marta vicino a me. Finalmente piango. Piango a lungo, un pianto silenzioso. Marta fa chiamare il medico. Io piango. Mi visita, mi fa togliere la flebo e le cinghie, e io piango.
Lui: “Come si sente signorina?”
Io: “Triste”.
Parlotta con Marta, poi se va. Marta mi fa rialzare: “Ti abbiam dovuto far dormire, sei stata malissimo, ti ricordi?”. Scuoto la testa per dire di “no”. Mi veste normalmente, con una tuta da ginnastica e un cappotto pesante, mi porta giù: sono in forze, realizzo che il mio ciclo è finito. C’è Rodolfo che mi aspetta, usciamo e c’è il nostro cagnone che abbaia e scondinzola, sembra contento di vedermi, l’ultima volta l’ho fatto tanto correre e giocare… ma quanto tempo è passato? Andiamo nel parco, passeggiamo, il cane mi distrae, ma non ho voglia di farlo giocare. Non ho voglia di niente.
Stiamo fuori tanto e, quando torno in villa, stanno mangiando: non ho fame. Ho solo voglia di piangere. Vedo che Marta parla con Leonida, lui annuisce, mi chiama.

Leonida: “Emme, capiamo il tuo dolore, ma lo sai che è giovedì 8 febbraio? Sono 4 giorni che dormi, piangi, vegeti. Il tuo padrone Leòn sa tutto, ma non riesce a tornare prima di giovedì 22 ed è preoccupatissimo”.
Io: “Non lo sapevo mio signore, perdono. Chiedo il perdono di tutti e di tutte”.
Leonida: “Emme, non puoi continuare così, non hai mangiato niente. Devo mandarti a lavorare, la fatica ti aiuterà a star meglio, lo capisci?”. Annuisco.
Leonida fa un cenno a Rodolfo, che mi manda a vestirmi da schiava ma si raccomanda di tenere il cappotto. Quando scendo un’auto è pronta, si va a Villa M, al Lido delle Nazioni: domani ci si sveglia presto e andrò a lavorare al Villaggio Shakira, come tutte le altre.

Quando siamo sulla superstrada, Rodolfo ordina: “Fammi un bocchino”.
Io: “Grazie mio signore” e subito slaccio, abbasso, metto in bocca, succhio. Rodolfo mi conosce bene, sa quanto mi piace farli, e ha giustamente pensato che far bocchini mi aiuta a distrarmi, e ancor più farmi godere quando mi riempie la bocca del suo seme.
Rodolfo: “Brava, sei sempre una bocchinara fantastica, tra le migliori, bravissima”.
Mi scarica davanti all’ingresso: mi riceve Vito, ora è lui il direttore delle Nazioni, mentre Eugenio è assegnato a Shakira Village in permanenza. Rodolfo dice a Vito di usarmi, che mi distrae e mi fa bene, e subito riparte per la città. Alle Nazioni ormai c’è la maggioranza di tutte noi: tutte lavorano al Resort nuovo. Mi accolgono, mi abbracciano mi fanno le condoglianze, cosa che mi fa tornare a piangere. Ci sono alle Nazioni tre guardie: Vito, Alfio, Decimo. Poi ben nove schiave: Patty, Ottavia, Romina, Nadia, Nives, Filomena, Naomi, Aurora e Sonia.
Karcharias e Adelina sono in viaggio di nozze, ma non han detto quando torneranno.

Mi fanno inginocchiare davanti a tutte e Vito mi spinge il suo uccellone in gola: smetto di piangere, succhio, mi calmo. Mi accarezza i lunghi capelli biondi, mi fa calmare e, quando mi riempie la bocca, godo anche io. Anche Alfio e Decimo mi usano la bocca e le più giovani si avvicinano per vedere come faccio a prenderli completamente in gola. Mi vergogno, ma devo ubbidire e le lascio guardarmi. Godo sia quando spruzza Alfio, sia Decimo. Sto meglio, mi sto riprendendo: ringrazio tutti e tre, sia per avermi usata e distratta, sia per il seme.

Al mattino la sveglia è alle 06:00, mi danno da mettere una pesante tuta da operaia, scarponi, guanti proteggi mani e non so cos’altro. Alle 07:00 siamo al cantiere: a noi schiave toccano lavori leggeri, come pulizie, disboscamento, lucidature… ma per me, oggi, c’è il trasporto di detriti dei restauri dei muratori. Mi impegno, sudo, fatico: mi mangiano con gli occhi, non mi importa.
Devo solo pensare a lavorare, mi fa bene, è ciò che mi serve.

Continua

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