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Noelle capitolo 7

By 16 Luglio 2024No Comments

Il culo

Mi sveglio tardi, con davanti agli occhi il pene eretto di Roman e in bocca il sapore del suo sperma. Tra le gambe c’è un lago… devo aver sognato. Per fortuna mio marito se n’è già andato! Mi alzo in fretta, per andare al cantiere… non voglio andarci, ho paura di cedere di nuovo… poi mi dico che posso farcela: vado, entro e dico sta cosa del giardino, 5 minuti e poi scappo. Mi riderà dietro ma non mi importa. Mi infilo della biancheria un pò più resistente, autoreggenti nere, poi una maglia, un paio di jeans, un maglione a collo alto. Niente trucco. Guardo fuori, diluvia, prendo l’impermeabile e scendo in garage. Appena apro la portiera e vedo la macchia sul sedile mi sento salire un calore dal basso ventre…. No! Oggi no! Oggi devo essere forte! Metto in moto e parto. Cerco di parcheggiare il più possibile vicino al cantiere, ma sono sempre 50 mt da percorrere sotto la pioggia. L’ombrello l’ho scordato, quindi quando arrivo sono fradicia. Entro di corsa e lui è lì che parla con il capo degli operai, Mihai. Mi fa segno di aspettare un secondo, poi liquida l’uomo con poche frasi. Questo mi passa accanto con lo sguardo fisso sul mio seno e se ne va. Mi rivolgo a Roman e gli parlo subito dei lavori, in 5 minuti ho finito e faccio per andarmene ma lui mi ferma: 《dove vai con quest’acquazzone? Aspetta un minuto che spiova, intanto prendiamo un caffè…. prometto di fare il bravo…》 l’ultima frase mi fa paura e mi eccita allo stesso tempo. Rispondo piano, senza guardarlo negli occhi: 《suppongo che non ci sia niente di male in un caffè》. Mi tolgo l’impermeabile e mi siedo sulla sedia di fronte alla sua scrivania mentre lui armeggia con la macchinetta. Mentre bevo il caffè lui si appoggia alla scrivania dalla mia parte, allunga una mano e mi tocca i capelli: 《sei tutta bagnata francesina》 ho i brividi e non solo di freddo. Non rispondo e continuo a bere. Il cuore mi batte forte, sono in bilico, basta un niente per spingermi a uscire di corsa o per buttarmi ai suoi piedi. E lui fa esattamente quello che ci vuole per farmi cedere: mi afferra per i capelli e mi obbliga a guardarlo: 《allora te lo sei fatto il clistere?》… il muro che mi ero costruita frana sulla mia forza di volontà e la sotterra, sono di nuovo la sua marionetta! Senza aprire bocca guardo in basso e faccio segno di no con la testa; quindi mi lascia, va nel bagnetto e torna con una peretta in mano. È grossa, conterrà almeno mezzo litro. 《Fattene un paio francesina, non vorrei doverti punire perché mi hai sporcato》. Tremando mi alzo, prendo la peretta e entro in bagno. C’è solo un lavandino lurido e una tazza ancora più lurida, senza asse, con peli e gocce di urina. Respiro appoggiata al lavandino, mi guardo nello specchio e cerco di sgombrare la mente, sono ancora in tempo. Tanto per cambiare ho le mutandine bagnate, e sento i capezzoli che premono forte contro il reggiseno.
Non ci riesco, non ho la forza di volontà per andarmene, neanche per resistere un poco: mentre mi guardo nello specchio le mie mani hanno già slacciato i jeans e li stanno calando giù alle caviglie. Idem con le mutande… poi ci ripenso e me li tolgo, resto solo con le autoreggenti. Prendo la peretta e la riempio, mi accuccio sul water cercando di non toccarlo e inserisco il beccuccio nell’ano, fino in fondo. Premo sul palloncino e sento il liquido che mi invade l’intestino poi, quando finisce l’acqua, mi siedo e mi scarico: non posso evitare i rumori osceni di aria e liquido. Lui ha sentito sicuramente, sono schiacciata dalla vergogna, ma lo stesso mi alzo, e riempio di nuovo quest’arnese. Di nuovo mi siedo e stavolta per qualche perverso motivo la trattengo un paio di minuti, poi spingo con forza: il rumore è molto più forte, sento lui che commenta con un fischio, non mi sono mai sentita così umiliata ed eccitata allo stesso tempo! Già che ci sono svuoto anche la vescica, giusto per evitare di dover poi pulire come ieri. Mi rialzo, penso di rimettermi i jeans e le mutandine ma lascio perdere, otterrei solo di farmeli strappare di dosso. Apro la porta e vado da lui. È di nuovo seduto alla scrivania, ma adesso sul piano c’è un barattolino di olio di vasellina. Mi prende paura, non voglio che mi faccia male: 《per favore non farmelo. Facciamo come ieri, sì? Adesso che mi hai insegnato sono più brava, vedrai!》 per tutta risposta spinge il barattolo verso di me. Lo prendo poi guardo Roman, e lo supplico: 《ti prego!》 Si scosta dalla scrivania e vedo che ha già il cazzo di fuori, semieretto e bagnato di non so cosa. 《Vieni a succhiarmelo francesina》 e io automaticamente ubbidisco, mi inginocchio davanti a lui e lo prendo in bocca. Mi piace andare su e giù e sentirlo crescere dentro di me, vorrei che mi spingesse la testa con le mani ma non lo fa. Quando è bello duro, inizio a leccarlo, dalle palle alla cappella, tenendolo con le dita. 《Fermati, prendi il barattolo e ungimi tutto il cazzo con l’olio di vasellina》. Mi giro e prendo il barattolo, me ne verso un bel pò sulle mani e le passo per tutta l’asta, soffermandomi sulla cappella. Cerco di fare un bel lavoro, voglio che sia contento.
Adesso mi afferra i capelli e mi tira indietro con forza: 《alzati e spogliati!》 Ubbidisco, mi alzo dritta davanti a lui e mi tolgo quello che resta: maglione, maglia e reggiseno. Adesso sono completamente nuda, a parte le autoreggenti, in piedi con le gambe unite e la testa bassa, le mani unite dietro i glutei. Allunga una mano e mi prende un capezzolo, torcendolo fino a farmi scappare un urlo. Fa lo stesso con l’altro e di nuovo urlo. 《Mi piacciono questi mammelloni da vacca!》 e con entrambe le mani mi da due schiaffoni ai seni. 《Basta per favore!》 per tutta risposta porta un dito alla mia fessura, lo strofina bene e poi di colpo lo infila dentro. Con un gemito gli sbrodolo sulla mano, lui sembra soddisfatto ma non dice niente, tiene il dito dentro e lo muove piano. Sto ansimando, gli afferro la mano e spingo, per farlo entrare di più e intanto muovo il bacino. All’improvviso toglie la mano, e io ho una vertigine, devo appoggiarmi a lui. 《Girati e appoggia braccia e gomiti al piano della scrivania, tieni le gambe larghe e sporgi il culo in fuori》. Ubbidisco, immagino cosa stia per succedere e ho paura: 《ti supplico fai piano, non l’ho mai fatto lì》. Lo sento ridacchiare, poi sento un rivolo di olio che mi cola tra i glutei, lui me li allarga e ci passa le dita in modo da ungermi bene; e senza preavviso mi infila nel culo un dito tozzo, con foga. Rimango senza fiato ma non mi fa tanto male, è più un fastidio. Allora lo sento che si alza, toglie il dito e sento appoggiare la cappella all’ano. Mi aggrappo al bordo della scrivania e aspetto, quando con un violento strattone cerca di infilarmelo dentro! Solo che ho il culo strettissimo e le mani unte, perdo la presa sul piano e vengo spinta in avanti. Roman s’incazza! Mi afferra i capelli e mi tiene ferma con il gomito sulla schiena, mentre con l’altra mano direziona di nuovo il cazzo sul mio ano. Questa volta quando spinge non posso muovermi e entra dentro, con violenza, mi sento aprire in due ma è solo l’inizio. Dal dolore sono rimasta senza fiato, ma lui spinge ancora e ancora fino a che non me lo sento tutto dentro. A quel punto torna indietro e spinge di nuovo e via così, io sto piangendo dal dolore ma piano piano il retto si unge e scivola più facilmente. Non ho più forze per ribellarmi, lo lascio fare e in un angolo della mia mente spero addirittura che non si fermi. Ma lui si ferma: tirandomi per i capelli e tenendomi impalata si sposta indietro fino a sedersi di nuovo sulla sedia e io crollo su di lui, impalandomi più a fondo, questa volta il dolore è atroce. A questo punto mi lascia i capelli e mi afferra i seni con le mani, e li stringe e li torce. 《Masturbati vacca francese!》
Non me lo faccio ripetere, mi masturbo con entrambe le mani mentre muovo con forza il bacino su di lui, ormai ho perso la testa e vengo: una serie di mezzi orgasmi rovinati dal tremendo dolore al culo e alle tette. Infine mi spinge giù, sento il glande che esce da me con uno schiocco e finisco sul pavimento. Subito mi alzo e barcollando vado in bagno: camminare è quasi impossibile ma devo arrivare al lavandino! Ci infilo come posso il culo e apro l’acqua fredda! Resto li sperando che mi passi il bruciore ma Roman entra in bagno anche lui, col cazzo in mano, si siede sul cesso e si fa una sega davanti a me. Non oso muovermi perché l’acqua fredda mi placa il dolore ma soprattutto perché non riesco a staccare gli occhi da quel pene, allungo le mani per toccarlo e lui mi sborra addosso, sui capelli, in faccia e sui seni. Dopodiché si alza e va di là, dopo poco lo sento uscire dal container.
Resto così, seduta nel lavandino, fino a che non sento la sirena del pranzo degli operai, allora provo ad alzarmi dal lavandino ma sento una fitta tremenda e cado per terra. Adesso che sono fredda sento di più il dolore, non posso camminare! e sono nuda, vedo i vestiti ma sono troppo lontani, sono tutta sporca di sperma … vado nel panico! Adesso che faccio, se entra qualcuno? E stasera torna mio marito, se mi trova in questo stato? Aspetto un paio d’ore ma cambia poco, devo andare ma non posso farmi vedere così. Alla fine mi decido e telefono a Jezabel, per fortuna avevo lasciato la borsetta in bagno…. mi risponde fredda: 《sì?》《Jez sto male…. sul serio! … Sono al cantiere nell’ufficio di Roman… ho bisogno di aiuto! … Per favore ho solo te… 》 Butta giù senza rispondere, ma dopo neanche 20 minuti la vedo entrare dalla porta,deve aver guidato come una pazza! Mi guarda e nonostante lo scempio non mi chiede niente, d’altronde è tutto fin troppo evidente; mi aiuta a lavarmi e a vestirmi, mi porta quasi di peso alla macchina e mi porta a casa; mi mette a letto, non so cosa mi spalma sul sedere ma è miracoloso, anche sui seni, mi accorgo adesso che sono pieni di lividi. Non ho fame ma Jez mi obbliga a mangiare qualcosa, addirittura mi imbocca, e io la lascio fare…. La sera, appena arriva mio marito, sento che gli parla lei, non so cosa gli dice ma stanotte non viene a dormire nel letto. Si ferma lei con me, mi culla e mi carezza finché non dormo.
Per due giorni mi cura e non lascia entrare nessuno. Non mi parla, non risponde a quello che le dico, ma mi coccola come quando eravamo in Francia; sono due giorni bellissimi, vorrei poter stare cosi per sempre! No, non così, vorrei che tornassimo come prima…. Il terzo giorno mi sveglio e lei non c’è, sto infinitamente meglio, riesco a camminare quasi normale e i segni sui seni si vedono a malapena. E mi accorgo di avere al collo il mezzo sole che mi ha regalato!
Eppure da quando sto bene mi scordo di Jezabel e mi riprende la smania di Roman. Vado tutte le mattine al cantiere, ma lui viene solo uno o due giorni alla settimana. Se non lo trovo pulisco e metto in ordine il suo ufficio e il gabinetto, gli lascio piccoli regalini e poi mi masturbo sulla sua sedia. E spesso vado a spiare Maruska farsi scopare: a volte mi sembra che goda veramente a volte invece sembra solo un buco per seghe. In ogni caso mi eccita un sacco guardarla, sopratutto vedere dondolare le sue mammelle! E spesso lascio che mi veda mentre scopa. Ho preso l’abitudine di farmi male quando mi masturbo, sia al cantiere che a casa, soprattutto ai seni e ai capezzoli, ma anche alle cosce, la pancia, i glutei…. spesso arrivo a lasciarmi dei lividi o dei graffi.
Se invece Roman è al cantiere quando arrivo, mi abbandono completamente succube a lui. Accetto qualsiasi cosa, anzi chiedo di più: più dolore, più cazzo, più umiliazioni. Roman è un sadico, gode nel farmi male, io ho paura di questi giochi sadomaso ma non credo che godrei senza…. e più mi fa male, più lo ringrazio!
Mi eccita arrivare a casa con dei segni sul corpo evidenti, adoro il rischio di essere scoperta da mio marito…. la notte quando mi rigiro nel letto i lividi mi fanno male, ed è meraviglioso. Al mattino mi sveglio vogliosa e la notte vado a dormire appagata.
A furia di punizioni sto diventando brava, sia con le mani che con la bocca, sto imparando a capire in anticipo cosa vuole; ho imparato a farlo godere con le tette: sono contenta di averle cosi grosse, a lui piacciono e riesco ad avvolgergli il pene completamente! Adoro guardarlo quando gode nel mio seno, adoro sentire lo sperma caldo in faccia quando viene nelle mie mammelle. L’unica cosa che proprio non riesco a farmi piacere è quando mi sfonda il culo; certo, adesso riesco a rilassare in qualche modo i muscoli dell’ano, ma è sempre troppo doloroso, è una tortura che spero sempre finisca in fretta… e invece lui fa in modo che duri un sacco! Però sentire il suo corpo contro il mio, il suo odore, sentirlo bagnato di sudore, sentire che gode dentro di me, sentire il suo seme che mi cola fuori dal culo…. a volte quando sono per terra ai suoi piedi, disfatta dal dolore o dal piacere (o, più spesso da entrambi), provo l’impulso prepotente di ringraziarlo per tutto quello che mi concede! Allora gli bacio le scarpe, e le gambe, ma non oso andare più su delle ginocchia. Spesso in questi casi mi spinge via, ma non fa niente, l’importante è mostrargli quello che provo, oppure, a volte, mi prende per i capelli e mi sputa in faccia. E allora sono felice, non mi pulisco, è come una medaglia, un premio per la mia sottomissione!
Poi però torno a casa e trovo Jezabel e sotto la sua maschera fredda riesco a vedere tutta la sua dolcezza e forse… sì il suo amore è sempre lì. Quando si prende cura di me, quando mi sfiora i lividi o mi disinfetta i graffi, quando insinua le sue dita nelle pieghe del mio corpo martoriato, capisco di essermi spinta troppo in là, di essere su un terreno pericoloso; questa storia può farmi molto male ed è evidente dai segni sempre più marcati che ho sul corpo. Ma soprattutto mi rendo conto che sto rischiando veramente di perdere quanto ho di più prezioso: la pazienza di Jezabel non può essere infinita, prima o poi si arrenderà e tornerà, giustamente, a casa sua. E allora resterò sola nella mia degradazione, in questo abisso rivoltante fatto di fluidi corporali e violenze.
Jezabel ormai mi controlla ogni giorno per cercare i segni sul mio corpo e farli sparire, ma è sempre più difficile. Per fortuna Salvatore ha preso a viaggiare molto quindi è più fuori che in casa e quando non c’è Jez dorme con me. Non facciamo l’amore né ci baciamo, si limita a coccolarmi e a cercare di farmi passare i dolori del corpo e, in parte, dell’anima. Credo che se non fosse per aiutarmi e in qualche modo vigilare su di me, sarebbe già tornata in Francia.
Non so che cosa cerco in quel dannato cantiere! L’amore? No di certo! Orgasmi, sesso? Si ma non sono così importanti, anzi spesso non ottengo nè uno nè l’altro. È un viaggio, una discesa senza controllo nel mio personale inferno. E invece di frenare sto spingendo sull’acceleratore! Mi fa male, so che mi fa male, sia fisicamente che mentalmente, e che mi sta rovinando ma non posso stare senza. Sarebbe così facile smettere, basterebbe affidarmi a Jezabel, so che lei mi ama ancora, lei riuscirebbe, saprebbe come fare. Basterebbe un suo sguardo, un suo bacio! Ma dovrei volerlo… anzi no, dovrei desiderarlo, desiderarlo davvero! Invece l’unica cosa che desidero è sentirmi una troia, una sgualdrina, desidero sguazzare nel suo sperma, desidero degradarmi, arrivare ad accettare l’inaccettabile! Ma cosa sto pensando, la realtà è semplicemente che io sono felice così! Ed è questo l’inferno!
Un giorno di fine aprile arrivo al container e c’è dentro un operaio che sta montando un grosso anello sul soffitto, ride e parla in rumeno con Roman. Noto che ha fissato anche sul pavimento due anelli simili ma più piccoli, distanti circa mezzo metro tra loro, proprio sotto all’anello grande. Quando entro l’operaio mi guarda con un sogghigno, finisce di fare il lavoro e se ne va. Gli tengo la porta aperta perché ha gli strumenti e la scala, poi la chiudo dietro di lui. Non faccio in tempo a girarmi che Roman mi sbatte con forza contro la porta chiusa, mi solleva la gonna e mi strappa le mutande. Resto ferma, in attesa, passiva e vogliosa, l’unica cosa che faccio è allargare un poco le gambe. Tempo di sbottonarsi e me lo appoggia, è già duro, e mi entra in vagina, violentemente. Io sono già fradicia ed entra facilmente, spingo anche io, furiosamente, ma non faccio in tempo a venire, si ferma quasi subito, esce e lo appoggia all’ano. Mi spavento, senz’olio mi squarta! 《No ti prego non hai messo l’olio mi farai m….. AGGGGHUUU!》 mi esce un suono scomposto, i miei umori non sono sufficienti per lubruficarlo bene, fa un male d’inferno! Non si ferma continua a darmi spinte violente che mi sollevano letteralmente e ad ogni colpo sbatto contro la porta, mi immagino l’operaio che se la ride. Per fortuna finisce quasi subito, mi sborra dentro e si ferma; sono distrutta, non oso muovermi per il bruciore e anche lui resta immobile alcuni secondi; mi riempie con tutto il suo sperma e poi esce ma rimane attaccato alla mia schiena. Mi alita nell’orecchio: 《allora francesina, la salsiccia la preferisci con l’olio o al naturale?》 e ride come un idiota della sua battuta. Mi lascia e io scendo in ginocchio, con le lacrime agli occhi per il dolore, di sedermi neanche a parlarne. Resto inginocchiata con la faccia rivolta alla parete, non oso toccarmi dietro perché ho paura di cosa potrei trovare. Senza guardarlo gli chiedo :《quegli anelli sono per me?》 lui non risponde subito, lo sento che si avvicina. Mi strofina il cazzo bagnato e ormai moscio contro la guancia e intanto mi risponde: 《certo francesina sono i tuoi nuovi giocattoli》 Ma io ormai sono persa, nonostante lo strazio al culo, il contatto del suo membro mi fa girare la testa. Lo prendo delicatamente con le dita e lo riempio di baci, lo lecco piano, vorrei di più…. Non oso prenderlo in bocca, lecco via gli ultimi rimasugli di liquido seminale, ingoio ma ne voglio ancora! timidamente apro la bocca sbirciandolo da sotto, tento di …. mi arriva un ceffone! Mi scuso subito, non voglio che si arrabbi, lo so, non ho aspettato il suo ordine, colpa mia. Mentre si sistema i pantaloni: 《francesina, domani non posso esserci, spero non ti dispiaccia troppo. La prossima volta proviamo gli anelli…. 》 e se ne va.
Rimango lì, inginocchiata, sconfitta; il dolore alla faccia non lo sento neanche da quanto mi brucia il culo, resto ferma in ginocchio aspettando che mi cali un pò. So che dovrei sciacquarmi con l’acqua fredda, ma sono stanca! Sono stanca di lui, di me, di mio marito, dell’italia… mi manca la vita di prima, mi manco io come ero prima. Mi manca Jezabel! E all’improvviso scoppio a piangere, un lungo pianto disperato, senza più pensieri, né colpe né giustificazioni.

Marcellaeselene

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