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Racconti di DominazioneRacconti Erotici Etero

Noelle capitolo 8

By 24 Luglio 2024No Comments

Gli anelli.

Quando arrivo a casa trovo Jezabel sulla porta della mia camera, mi sta aspettando. Dalla mia faccia e da come cammino capisce subito che ho bisogno di lei, senza una parola si volta e va verso il mio bagno a prendere quello che serve. Quando torna in camera ha le mani cariche di pomate, garze e non so che altro. Mi guarda e si blocca, sorpresa: sono completamente nuda, in piedi davanti al mio letto, i vestiti per terra. Abbassa gli occhi e si avvicina, lascia tutto sul letto e, evitando i miei occhi, inizia a esaminare il mio corpo. La fermo con le mani e finalmente mi guarda.
《Ho bisogno di te Jezabel! Non dei tuoi occhi o delle tue mani. Ho bisogno di te!》
E prima che possa impedirmelo la bacio! La sento sciogliersi, piano piano risponde al bacio e scivoliamo sul letto…… facciamo l’amore, con furia, di fretta, come se avessimo paura di rompere l’incantesimo. Ci abbeveriamo dei nostri corpi e del piacere che riusciamo a darci l’una all’altra. E quando abbiamo finito restiamo sdraiate a baciarci. Rimaniamo nel letto tutto il giorno, lei mi sistema il didietro e io mi faccio portare su dei panini. Verso sera mi telefona mio marito, è dispiaciuto perche dovrà stare via tutta la settimana, e per una settimana io e Jez non usciamo praticamente dal letto. Facciamo continuamente l’amore ma parliamo pochissimo, lei non mi esige promesse e io non voglio ingannarla. La amo ma sappiamo entrambe che prima o poi tornerò in quel maledetto cantiere.
Il mattino che deve tornare Salvatore mi sveglio e lei non c’è, è tornata nell’ombra discretamente, ma so che continuerà a vegliare su di me.
Resto nel letto. Mi sento come all’ultimo giorno di vacanza prima di tornare a scuola. E sto già pensando al cantiere. So bene a cosa servono quegli anelli, Roman ha un sacco di riviste sadomaso nel suo ufficio, spesso me le mostra tutto compiaciuto, a volte le sfogliamo insieme. Domani. Domani vado, mi arrenderò a lui e ai suoi maledetti anelli, e saprò dargli tutto il piacere che devo. Adesso voglio riposare, voglio restare immersa nell’odore di Jezabel, voglio sentire il mio corpo che per una volta non è martoriato. Domani sarà il ritorno alla follia. Domani.
Sono al cantiere. Ho parcheggiato da un quarto d’ora ma non riesco a scendere dall’auto. Ho paura. So che se entro in quel container i nostri giochi saliranno di livello. Lo desidero tantissimo, voglio essere là dentro, sotto le sue mani, ne ho bisogno. Ma ho paura! È una paura fisica, che mi prende allo stomaco e non mi fa respirare. Potrei andarmene…. Alla fine mi decido e scendo.
Arrivo al container di Roman. Mi fermo davanti alla porta, mi liscio il vestito e appoggio la mano alla maniglia. Esito… fanculo! Ed entro……
Il container adesso è quasi vuoto, rimane solo la scrivania con la sua sedia, un altra sedia con sopra quelli che sembrano vestiti, un grosso baule e, in un angolo, un secchio di ferro con dentro uno spazzolone. E ovviamente gli anelli, quello grande al soffitto e sotto quelli piccoli al pavimento. Non so bene perché ma la scena mi mette i brividi. Di Roman non c’è traccia. Mi avvicino: il piano della scrivania è vuoto, non guardo nei cassetti e mi avvicino alla sedia. Appoggiati sopra ci sono: un paio di scarpe rosse, eleganti, tacco altissimo, sembrano del mio numero; un paio di collant a rete, neri; un corsetto, di pelle, rosso e nero, senza reggiseno, a prima vista molto stretto; un collare di quoio nero, borchiato, da cane ma senza guinzaglio; una benda, nera; una pallina di plastica, rossa, piena di buchi, con attaccato un laccio di pelle nera.
Niente mutandine, niente vestiti, niente altro. È ovvio cosa vuole che faccia. Quello che è meno ovvio è: lo faccio? Se lo faccio non potrò tornare indietro. Perché so che mi piacerà! Lo odierò, ma non potrò più farne a meno. Diventerà la mia vita. Un motivo per non farlo, per favore Dio, me ne basta uno solo… ma intanto mi sono già spogliata! Ho buttato i vestiti in un angolo e sono nuda davanti alla sedia. È aprile, non fa più tanto freddo, ma ho i capezzoli duri come chiodi. E ovviamente sono bagnata. Tanto. Mi decido e mi vesto in fretta, tranne che per il corsetto: è veramente troppo stretto, faccio fatica a respirare. Mancano solo la pallina e la benda. La pallina non ho idea di cosa sia, a cosa serv…. un momento! Vado alla scrivania, apro i cassetti finché trovo le sue riviste. Ne prendo una e la apro, la sfoglio in fretta…. ecco! Oh! Va in bocca e devo legarla dietro. Tipo bavaglio. Va bene, completiamo l’opera, pallina e benda.
E adesso? Immagino di dover aspettare. Chiaro, sono a sua disposizione, lui viene quando vuole…. a tentoni cerco la sedia, e mi siedo. No non credo…. no, meglio alzarsi. Mi metto davanti alla scrivania, appoggio il sedere sul piano, attenta alla porta, se lo sento arrivare mi metto dritta. La pallina mi obbliga a tenere la bocca aperta e sto sbavando, mi cola fuori dalla bocca sui seni. Aspetto…. …. …. …. mi sta provando…. …. …. …. più aspetto e più mi bagno. Mi sfioro… Dio si! Un pò più decisa… si … così…. mi siedo di nuovo, allargo le gambe. Ecco… oddio! Devo rallentare, manca poco, se vengo senza di lui s’incazza…. non ci riesco Dio mio! Ci sono ci sono ci sono… La porta si apre di colpo, sbattendo forte contro la parete, e io faccio un salto e mi ritrovo col culo per terra, sto ancora ansimando. 《la francesina ha tanta voglia che non può aspettare 5 minutini…. 》 gli chiedo perdono ma con sta palla in bocca non si capisce niente, provo a rialzarmi ma sta sedia ha le ruote e ricado per terra. Arriva lui e mi prende per i capelli, mi alza di peso. Bofonchio di nuovo scusa. Sempre tenendomi per i capelli mi sposta di un paio di metri, immagino di essere sotto l’anello. Mi porta le mani dietro la schiena e mi mette delle manette. Ho il cuore come un tamburo! Sento le sue mani sulle caviglie, con altre manette me le fissa agli anelli sul pavimento, adesso ho i piedi distanti mezzo metro. Mi tira su le braccia da dietro, facendomi male, e le fissa con una corda al soffitto. Devo piegare il busto in avanti per non lussarmi le spalle, sono quasi a 90 gradi, sento le mammelle che pendono sotto di me. Aspetto… . Rumore dal baule… 《AHAAAA!》 mi ha colpito sui glutei con uno stecco o un frustino o qualcosa, fortissimo! 《AAAAAH》 Di nuovo! E ancora! E ancora e ancora e… smetto di urlare e lui smette di colpirmi. Brucia. 《Hai imparato una lezione francesina: più urli e più ti colpisco》 Sto ansimando e sbavando, il bruciore ai glutei è fortissimo e la mia eccitazione non è da meno! Sento una mano tra le gambe, strofina e fruga, Dio si! Adesso mi avvicina la mano al naso, sento il mio odore, me la strofina sulla faccia. Sono al limite, se mi sfiora ancora vengo! Dov’è adesso? Ancora rumori dal baule. … 《NGGG》 mi sta attaccando qualcosa alle piccole labbra, sembrano pinze, non so, ma fanno male. 《AAAHAAAA》 Lo stesso ai capezzoli! Ma queste devono avere dei pesi, Cristo li sento pendere sotto, me li tirano, mi sento strappare! Adesso si è messo dietro di me, strappa i collant tra le mie gambe, sento che… OOOOOO! appoggia il glande alla fessura…. lo muove piano e lo riempio di umori. Mi prende per i fianchi e mi allarga, sta entrando, lentissimo. Sto godendo come una scrofa in calore, ma muovendomi i pesi che mi dilaniano i capezzoli si mettono a dondolare e mi fanno più male. Adesso comincia a scoparmi, piano, cerco di non muovermi ma è impossibile, figlio di puttana, più godo e più mi fa male, è uno strazio! Adesso sta aumentando il ritmo, e aumentano anche il piacere e il dolore, gemo e ansimo ma attraverso la pallina suono come una vacca che muggisce….. continua a scoparmi, non si ferma e lo sento, sta salendo, nonostante il dolore, sta arrivando, eccolo, si ci siamo….. Sarebbe un orgasmo potente ma tremo talmente tanto che cado dai tacchi, i pesi ai capezzoli si mettono a dondolare così forte che mi sento strappare dentro, il dolore è intollerabile, anche le spalle! Per fortuna lui mi tiene su con le mani, e mi rimette in piedi se no veramente me le rovinerei. Grido di frustrazione e di dolore, e lui esce, sento colare lungo le cosce, continuo a urlare. Mi calmo un poco e sento che mi libera le mani dalla corda ma mi lascia le manette, mi metto dritta; lui mi tira le pinze della figa fino a che si staccano, urlo ancora, poi tira anche quelle dei capezzoli finché si staccano anche quelle e io cado in ginocchio, senza fiato dal dolore. La benda sugli occhi è bagnata di lacrime, sento che mi infila un dito in bocca e mi toglie la pallina. 《FIGLIO DI PUTTA….》 approfitta della A urlata per infilarmi il cazzo in bocca, dritto fino in gola, e mi scopa, non respiro, e infine mi prende per i capelli e mi butta per terra. Resto sdraiata per prendere fiato. So che alla fine mi verrà nel culo, spero solo che usi l’olio stavolta.
Sento che mi gira intorno, ogni tanto mi dà un colpetto col piede. Mi libera le caviglie: 《alzati e vai alla scrivania!》 ubbidisco, solo che non so dov’è la scrivania e prendo una ginocchiata contro la sedia. Mi guida con le mani finché non mi trovo con la figa a un angolo del piano. 《Masturbati!》 Come faccio, ho le mani legate dietro la schiena… aah capisco. Inizio a strofinare la mia fessura contro l’angolo del tavolo, e mi piace, ooooh se mi piace! Adesso ci siamo, 《si》, mi piego in avanti, 《siiii》, ma mi arriva dietro, lo appoggia all’ano, 《no, aspetta!》 cerco di finire prima che entri, 《lasciami finire ti prego》, 《ODDIO!》 sta entrando senza l’olio, fa male, 《ti prego lasciami finire!》, poi spinge, con forza! Al solito, il bruciore annulla tutto, rimango io da sola col mio ano a fuoco, lui continua a fottermi il culo ma non ho più fiato, resto passiva a subire. Dura un’eternità, infine mi sborra dentro, esce e mi lascia lì, con la pancia sulla scrivania. Lui è venuto, io no e il dolore è atroce; spero che almeno mi liberi e mi lasci andare in bagno. E invece mi gira intorno e me lo ritrovo davanti, mi prende per i capelli, mi strappa la benda e mi appoggia il pene ormai moscio sulla bocca, lo strofina per tutta la faccia. Ma non apro la bocca, adesso ho troppo male! 《La francesina fa i capricci…》 mi tira su la testa e mi arriva una sberla, poi tirando per i capelli mi toglie dalla scrivania e mi butta per terra. Mi ritrovo sdraiata supina sulle braccia, cerco di rialzarmi ma non riesco. Mi si mette a cavalcioni sul torace, infila il cazzo tra le tette e si muove. Sono tesa perché ho male ovunque e ho il terrore che mi faccia ancora più male ai capezzoli, ma me le tiene delicatamente ai lati, mi piace sentirmelo li, adoro vedere il suo cazzo che spunta dalle mie mammelle enormi, guardo la sua faccia e gli piace, gli sta piacendo! Lo vedo crescere piano, adesso è di nuovo duro e aumenta il ritmo, allo stesso tempo stringe di più i seni, mi fa male ma non troppo, lo adoro…. si ferma, si alza in fretta e resta sopra di me col pene eretto: 《francesina, alzati che ti scopo》 … cerco di alzarmi in fretta ma ho i muscoli rigidi, muovo le gambe come uno scarafaggio sulla schiena, e lui mi guarda. 《Ti supplico Roman….》 vedo che raccoglie qualcosa da terra, si avvicina e mi infila di nuovo in bocca la pallina, ma non la lega, sa che non me la toglierò. Poi mi prende per i capezzoli martoriati e, mentre urlo di dolore mi tira su, di peso; mi sbatte con la schiena contro la parete e mi fotte così, in piedi.
Dura un tempo interminabile e, nonostante il dolore, vengo un sacco di volte, le gambe hanno ceduto già da un pezzo, mi sta sostenendo in piedi con le mani e col cazzo piantato dentro di me, ho già pisciato tutto quello che avevo, su di me, su di lui… e continua, come uno stantuffo, costante, eterno; e io continuo a venire! Alla fine mi sborra dentro e resta così, dentro di me, anche lui stanco e ansimante; e adesso sto piangendo e ridendo insieme, e vorrei abbracciarlo e baciarlo e ringraziarlo e…. ma ho le mani legate. Alla fine mi riprende i capezzoli, me li torce per l’ennesima volta e io per l’ennesima volta urlo, poi esce da me e resta a guardarmi: io scivolo lungo la parete e arrivo a terra, ma mi giro su un fianco perché il dolore all’ano e ai glutei non mi permette di sedermi. A quel punto si prende il pene in mano e mi piscia addosso, in faccia, sui seni, il pube, le gambe… dopo di che va in bagno. Ci sta un pò, sento che si sta lavando; poi viene di qua, si riveste e mi apre le manette: 《Francesina prima di andartene lava bene tutto e rimetti in ordine!》 e se ne va.
Rimango semisdraiata nel lago di urina, non ho la forza di muovermi e, tutto sommato, sento di essere nel posto che mi compete…. adesso che mi sto calmando inizio a sentire più forte il dolore al culo e ai capezzoli. Mi esamino, i glutei hanno i segni dello scudiscio, una decina di segni rossi molto marcati. Ma sono i seni che mi preoccupano di più: ho i capezzoli gonfi, scurissimi e tutti graffiati. Intorno alle areole anche i seni sono graffiati e sono quasi viola. La faccia mi brucia dove ho preso la sberla, devo essere rossa anche lì. Come faccio? Stasera torna mio marito, che gli dico? Provo ad alzarmi, fa malissimo ma devo resistere, barcollando arrivo ai miei vestiti…. merda sono scivolati per terra e adesso sono tutti bagnati di urina!
Raggiungo la borsa e chiamo Jezabel, e le dico tutto in un fiato che sono nella merda, ho bisogno di lei qui, subito, non so come fare…. Mi risponde che è all’aeroporto, sta per prendere un aereo per Marsiglia, si è presa una settimana di vacanza per passarla con la famiglia…. me n’ero scordata! Sono finita! Mentre metto giù scoppio in pianto.
Mi riscuoto quasi subito, devo fare qualcosa! In qualche modo riesco ad andare in bagno; prima i glutei: ci passo un asciugamano semipulito, vedo che non si sporca di sangue… bene! Ci vorrebbe del ghiaccio, ma non ne ho. Bagno l’asciugamano e lo appoggio dietro, lo bagno spesso per tenerlo fresco. Intanto mi guardo allo specchio la faccia e i seni: un disastro! Il seno adesso è quasi tutto blu, e ho un livido anche in faccia. Mi torna lo sconforto…. come faccio?? Va bene il seno, mi fa male solo a guardarlo ma posso nasconderlo, ma la faccia? Adesso uso l’asciugamano bagnato sulla guancia spero che…. si, dopo un pò mi sembra che migliori un pochino. Un pò di trucco e torno come nuova… mi giro per prendere i trucchi in borsetta e una fitta lancinante all’ano mi toglie il fiato! Mi sostengo al lavandino, respiro piano. Come cazzo faccio?! Calma! Mi siedo sul cesso, e inizio a mettermi il correttore con attenzione…. ce ne vuole parecchio, fondotinta non ne ho, metto del fard…. sembro una troia. Allora mi finisco di truccare, pesantemente. Adesso lo sembro veramente! Ma almeno si nota di meno il livido. Adesso mi alzo in piedi, piano. Devo togliermi questi….. vestiti, di dosso. Il collant è già strappato, finisco l’opera e lo tolgo. Tolto il collare resta solo il corsetto. Sfilarlo di sopra, strofinandolo sui seni, non se ne parla; inizio a sfilarlo di sotto, cercando di non sfregarlo sui glutei…. è una parola… con tante imprecazioni riesco a toglierlo, è ai miei piedi. Guardandolo mi torna in mente tutto e … e sento che mi sto bagnando! Dio mio se adesso Roman entrasse da quella porta lo supplicherei di farmi di nuovo tutto! Ho un giramento di testa, devo sedermi sul cesso. Porto una mano tra le gambe, Dio mio sono di nuovo un lago! Inizio a muovere piano il dito sul clitoride, non mi basta, lo infilo dentro, poi due dita, tre, spingo, con forza, Dio sto venendo, non riesco a trattenere un urlo… gli spasmi dell’orgasmo mi fanno di nuovo dolere il retto e mi calmo. Non mi domando neanche più cosa sono diventata, ormai mi accetto e basta.
Riprendo l’opera di restauro, vado avanti per un’ora buona. Adesso sembro una troia dopo uno scontro con un bus…. basta, più di così è impossibile, mi alzo e tenendomi al lavandino barcollo di là…. e mi blocco: la porta del container è aperta, e sulla soglia… Jezabel! Non ha preso l’aereo ed e tornata da me!Non reggo e cado in ginocchio, inizio a frignare, dico qualcosa ma non so neanche cosa. Lei molla la borsa e corre ad abbracciarmi. Rimaniamo così per alcuni minuti, poi lei si riscuote e mi lascia dolcemente. Torna la Jezabel pratica, mi guarda, si guarda intorno…. chiude la porta e torna da me. 《Salvatore è già a casa, se vai in quello stato può succedere di tutto. Ho un idea! Ma prima…..》 ed esce di corsa. Dopo due minuti torna con dei vestiti e le onnipresenti salviettine umide: mi pulisce alla meglio con quelle 《dopo avremo tempo per pulirti bene》 e mi aiuta a indossare i capi: un paio di mutandine di cotone, morbide e larghe, una mia vecchia maglia e una sua gonna, anche questa bella larga. Per ultimo delle pantofole. Mi accompagna in macchina, per fortuna ha parcheggiato proprio di fianco al container, e mi lascia lì. Torna dopo mezz’ora, durante la quale mi studio qualcosa da dire. Esce dalla porta senza riuscire a nascondere la faccia schifata e con i miei vestiti bagnati di urina in una borsa. Appena sale in macchina inizio: 《Jezabel, io…》 《non dire niente Noelle, preferisco non sapere. Non m’importa cosa fai nè con chi lo fai. Io ti amo, e ti starò sempre vicina. Torniamo in Francia! … per favore…. lo sai, la tua amica Annette può aiutarci. Ti prego!》 Nella mia testa le sto rispondendo *si Jez! Portami via da qui, andiamo dove vuoi, solo tu ed io!* ma quando apro bocca mi esce solo un 《no》, chiaro e definitivo.
《Va bene…. ok…. come preferisci…. allora, piano B: bisogna curarti e non puoi tornare a casa adesso, in quello stato. Una delle cameriere è mia amica, e ci può aiutare: andremo da un dottore che conosce lei, e poi andremo via per una settimana, non so, Agrigento, o Siracusa. Lì potrai riposarti. E magari cambiare idea》 《Ma come faccio con Salvatore?》 《Noelle non lo conosci proprio tuo marito eh? Gli dici che avevi bisogno di “girare” un pò, di parlare francese, di stare un pò da sola; mi hai presa su e siamo partite… lui ha 46 anni, tu ne hai 22 e lui lo sa benissimo, vedrai che non ti farà problemi. Digli che staremo via una settimana, e che gli mandi l’indirizzo dell’albergo così se vuole può venire a trovarti. Tanto puoi star sicura che non viene》 e mette in moto. Ci fermiamo al parcheggio, mi aiuta a scendere e saliamo sulla mia macchina. Usciamo dal cantiere, e si ferma dopo pochi chilometri, in periferia, telefona prima alla sua amica e poi a questo dottore. Ci può ricevere in un ora, Jez è molto convincente. Intanto che aspettiamo organizza la “vacanza”….
Il dottore ha metodi spicci ma ispira fiducia, mi visita e prescrive riposo e medicine e pomate e non so che altro, si incarica di tutto Jez. Io passo dall’essere paonazza all’imbarazzo alla vergogna; non apro bocca se non per dire dove fa male, lascio che Jez si occupi di tutto. La mia Jezabel … perché non posso semplicemente amarla?
La “vacanza” fila via velocissima, Jez mi rimette in sesto in pochi giorni e per il resto ci godiamo la tranquillità dell’albergo. Non facciamo più l’amore, mi sembra che Jez sia stanca: di me, dell’Italia, di tutto. Ha delle profonde occhiaie e più si avvicina il giorno del ritorno, più diventa ombrosa, triste. Non parla quasi ed è in qualche modo…. formale con me. Non voglio perderla, ho bisogno di lei!
Quando torniamo Jezabel torna nell’ombra, sa che adesso la mia testa è altrove, in quel maledetto cantiere. So bene che continuerà a vegliare su di me, finché ne avrà la forza. Ormai mi sono infilata in questa rete dei sensi, mi odio, lo odio ma non riesco a farne a meno, lo desidero più della mia pace mentale, più di ogni cosa! Non riesco neanche più a pensare a Jez se non quando sono a pezzi e allora lei arriva come un angelo salvatore…
Gli incontri con Roman ora sono cambiati, non sono più giochi, per quanto rudi, adesso lui è diventato più cattivo, più sadico, a volte si limita a farmi del male fisico e a sborrarmi in culo o addosso, ormai è raro che mi lasci venire. I vestiti che mi lascia da mettermi sono sempre gli stessi, sono sporchi e puzzano, l’ufficio è squallido e sudicio, io stessa mi faccio schifo, curo sempre meno la mia igiene e il mio corpo, mi sto lasciando andare….. Vado tutti i giorni al cantiere ma lui vene sempre meno, ormai lo trovo in media una volta alla settimana, e se non lo trovo resto di malumore tutto il giorno: sono intrattabile con le domestiche, la sera vado nel letto inquieta, dormo a fatica. Ma se invece lo trovo, quel giorno sono felice, in pace, mi sento completa! Eppure mi distrugge fisicamente e mentalmente, mi consumo in lacrime, lo supplico mille volte di smettere, rimango senza voce per le urla di dolore. I segni che mi lascia sul corpo sono sempre più profondi, fatico a camminare e spesso non oso neanche guardarmi il corpo, soprattutto i seni, mi fa senso vedere come mi riduce ogni volta. Ormai capita sempre più spesso che debba chiamare Jezabel per portarmi a casa e anche, mi vergogno, per pulire. Mi rimette in sesto fisicamente ma è sempre più difficile nascondere tutto a mio marito, anche se per fortuna in questo periodo è più all’estero che a casa.
Non ne vedo la fine, non so come uscirne, non voglio uscirne!

Marcellaeselene

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