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Racconti 69Racconti Erotici Etero

Sotto le feste

By 22 Dicembre 2014Febbraio 9th, 2020No Comments

Arrivai a casa per l’ora di cena con in mano la busta della spesa, bella zeppa di freschi e scorte. Aprii il portone e schiacciai il bottone dell’ascensore. Si accese subito ma dopo qualche secondo si rispense. Riprovai a premere. Il portoncino s’aprì e vidi entrare la mia vicina di pianerottolo. ‘Ciao ‘ la salutai a sorriso pieno ‘ mi sa che questo trabiccolo s’&egrave rotto anche stasera’ma quando si decideranno a farci i dovuti lavori?!’ ‘Cavolo’tocca salire a piedi allora! Eh vabb&egrave, un po’ di palestra fa sempre bene!’ rispose lei sorridendo col suo velato accento del sud. Iniziammo a salire ed iniziai a conversare ‘Senti che silenzio nel palazzo: gli studenti sono tornati a casa per le feste, le famiglie sono partite per le vacanze, il mio coinquilino &egrave tornato dalla famiglia’insomma rimangono solo i vecchietti e noi poveri disgraziati…ahaha’ commentai ridendo. ‘&egrave vero, pure io sono rimasta a casa da sola, scenderò tra qualche giorno. Però non mi dispiace questa calma!’ aggiunse più pacata e con un principio di fiatone. La osservai salire davanti a me: non che fosse bella ma si muoveva in un modo così morbido e sinuoso che avrebbe fatto venir voglia di prenderla lì, sulle scale o di mangiarla tutta. La incrociavo spesso col ragazzo, un moretto carino ma insignificante. La sua carica erotica era alimentata anche dalle mie esperienze uditive: capitava spesso che la sentissi copulare col suo uomo, in un mix di cigolii e urletti che le donava un’aura di piacere e sensualità. Arrivammo sul pianerottolo e ci mettemmo a cercare le rispettive chiavi. Mi si aprì la borsa della spesa e offrì la vista del suo contenuto alla mia vicina. ‘Che ti fai di buono?’ chiese innocentemente. ‘Risotto al pesce annaffiato da un prosecco della Valdobbiadene!’ ‘Oddio che buono! Quant’&egrave che non ne mangio uno”. Colsi la palla al balzo e sorridendo: ‘Beh, allora preparo per due!’ Rimase muta. Non si aspettava una risposta del genere. ‘Guarda che cucino bene, eh!!’ incalzai. La vidi persa ed imbarazzata. ‘Scusa, t’ho messa in imbarazzo. Volevo solo essere gentile, ma se questo dev’essere fonte di ambiguità o peggio di liti e tensioni, fa finta che t’abbia raccontato una pessima barzelletta’insomma, parlo chiaro, se il tuo uomo &egrave geloso e deve causarti rogne con lui, fa come se non avessi parlato. Scusami! ‘ ‘Seee, quello!! Ora se ne starà a bivaccare al bar del suo paese a birra e sigarette coi suoi amichetti d’infanzia’ma cosa gli costava stare qualche giorno in più?!’ Ora fui io in evidente imbarazzo, ma continuò lei ‘&egrave che proprio non me l’aspettavo un invito così diretto! E poi ‘ e temporeggiò con una pausa ‘ non ho nulla da portarti!’ ‘Peccato per te che abbia la dispensa piena di ottimi vini e abbia tutto l’occorrente qui nella busta! Se non ti va sentiti libera di rifiutare’ le dissi più calmo e con voce ferma, fissandola dritta nelle palle degli occhi! ‘Ok, ma dammi un’oretta per distendermi un attimo!’ ‘Fantastico! Ti aspetto, mi raccomando!’ risposi con un sorriso che contento e compiaciuto. Entrai in casa, mi feci una doccia veloce e mi tirai qualche su e giù per tenere a bada il mio amico: quella situazione m’intrigava’mi pareva quasi un sogno erotico. Apparecchiai con una delicata tovaglia chiara, i calici e un cestino di pane e focaccina già sporzionati. Sui fornelli tutte le vettovaglie necessarie alla cena.
Il campanello suonò e me la trovai davanti con un vasetto di Nutella: ‘Ho visto che avevi due baguette, e io ho trovato questa tra le mie provviste!’ ‘Lo sapevo che invitarti era una splendida idea’accomodati!’ Riempii i calici di prosecco e brindammo alla salute. Le feci vedere la casa: il mio appartamento era speculare rispetto al suo e mi disse che le nostre camere erano confinanti. Iniziai a cucinare e quando le chiesi se gradiva un po’ di peperoncino mi resi conto di non sapere il suo nome. Ci presentammo e ci ridemmo sopra: erano anni che ci conoscevamo, che ci salutavamo e scambiavamo qualche chiacchiera, ma senza sapere nulla l’uno dell’altra. Servii il risotto, cenammo e il vino scorreva a fiumi tanto da doverne aprire un’altra bottiglia. Si offrì di affettare la baguette, di ripassarla qualche minuto in forno e spalmarla bene bene di cioccolata mentre io stappai un fresco passito.
Brilli e allegri non mancammo di fare qualche battuta più sconcia, ma tutto nella normale amministrazione. D’un tratto mi disse: ‘Sai, una volta ho incrociato in ascensore una ragazza’aveva uno sguardo tremendamente soddisfatto! Da fare invidia!’ Mi colse un po’ alla sprovvista: ‘Beata lei…ma io cosa c’entro?’ ‘C’entri che guarda caso avevo sentito un bel po’ di rumorini divertenti provenire da camera tua’perché, tu non mi senti mai?’ La situazione stava prendendo una piega strana, complice il vino. ‘Certo che ti sento’e ad essere sincero mi stuzzica sempre un bel po’!’ risposi ridendo!
Mi misi in bocca una fetta di pane spalmato, lei s’allungò verso di me e ne staccò un pezzo con un morso, con gli occhi fissi sui miei, quasi a volerne vedere il fondo. Masticammo in silenzio fino a finire ciascuno il proprio pezzo. Respirammo e con gli occhi fissi portammo piano piano le labbra su quelle dell’altro, gustando ogni attimo e scandendo il tempo con sospiri colmi di eccitazione e feromoni.
Ci baciammo avidamente: le nostre labbra si levigavano a vicenda, millimetro dopo millimetro e le nostre lingue s’intrecciavano e lottavano avide l’una dell’altra, in un turbine magnetico. Le sue mani si poggiarono sul mio petto, le afferrai il viso con le mie, quindi scesi lungo le spalle e delicatamente sui seni, rotondi e burrosi. Strinsi un po’ le mani! Fu per lei il permesso di scendere sulla mia patta che incatenava la mia esplosiva eccitazione. Sganciò la cintura e fece saltare bottone dopo bottone. Mi alzai e la presi di peso, abbracciandola per i glutei. La portai traballante ed eccitato fin sopra il mio letto e ce la buttai sopra come fosse una preda di caccia. Con un morso le sganciai i jeans e li tirai giù. Feci calare i miei e mi sdrai al suo fianco. La baciai ancora mentre le nostre mani frugavano nelle altrui mutande. Ce le sfilammo, togliemmo le maglie e le sganciai il reggiseno. Nudi. La passione aveva fatto affievolire ogni vergogna. Eravamo lì, a disposizione l’uno dell’altra. Ci baciammo ancora e la buttai giù. Mi chinai ed iniziai a leccarla. Prima dolci leccate, poi morsetti a labbra e clitoride, quindi una visitina al buchino del culo, scuro ed invitante. Si girò a formare un sessantanove e mi leccò abbondantemente cappella e asta, poi giù giù fino a palle e perineo. Si bagnò il medio e iniziò a sfregarlo sul mio ano, come per sondare se poteva osare di più. Si fermò e mi fissò, fredda! ‘Non ti fermare” le sussurrai in preda alla passione. Sorrise e mi penetrò col suo ditino. ‘Quel coglione non me lo permette, manco gli sminuissi la virilità!’ e continuò a stantuffare più energicamente, poi a ruotare. Uscì e mi salì a cavalcioni. Mi guardò con uno sguardo che mi chiedeva di farla mia. La penetrai e iniziai a sbatterla su e giù sopra di me. Con la mano iniziai ad esasperarle i capezzoli: li torcevo e li strizzavo con dolcezza e vederla gemere e contorcersi m’incoraggiava ad osare di più. Mi leccai il dito e iniziai a lavorarle il culetto. Prima una falange, poi la seconda, poi anche l’indice. La fissai in volto: ‘Sei una favola!’ Si eccitò ancor più e iniziò ad urlare gaudente mentre ad occhi chiusi saltava su e giù sopra la mia asta assaporando ogni frammento della mia cappella e del mio dito dietro. La sentii contrarsi tutta per un lungo minuto, poi si accasciò su di me. Mi afferrò il pettorale, mi morse il lobo e con la voce commossa mi ringraziò. La girai e le infilai la lingua nel buchetto. Era troppo rilassata per opporre resistenza. La penetrai ancora con due dita, poi tre ed infine mi leccai la mano, la passai sul cazzo e la infilzai. La stavo possedendo. La stantuffai per qualche minuto e le venni dentro, nel suo esotico buchino. L’abbracciai per le spalle e le baciai il collo.
Dalla sua borsa si sentì la suoneria del suo cellulare. ‘Eccolo quel coglione…&egrave la sua suoneria! Fammi rispondere va’!’

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