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Orgiasenza censurasorella

É tornata mia sorella – Capitolo 5

È tornata mia sorella

Capitolo 5

Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, scrivete a william.kasanova@hotmail.com. Il mio profilo Telegram è @williamkasanova

È Manuele… è il cazzo di Manuele quello che mi sta scopando la bocca…
Posso sforzarmi finché voglio, fino a farmi scoppiare il cervello, ma è inutile: quello che sta occupando le mie fauci non è l’unico uomo che ho amato, ma quello di una guardia giurata di merda che ho conosciuto meno di un quarto d’ora fa. Le sue mani sulle mie tempie tengono la testa ferma, mentre lui muove avanti e indietro il suo bacino, il suo cazzo si scappella strusciando sulla mia lingua, si infila tra le mie tonsille, quasi sprofonda nella mia gola.
La mia bocca è piena di saliva, adesso, e ogni movimento me la fa ingoiare, rischiando di strozzarmi, o scivolare fuori dalle labbra, colandomi prima sul mento e poi sul seno. Se prima puzzava di eccitazione, ora l’inguine di Moretti è un attacco fisico al mio olfatto, feromoni maschili che mi stanno stordendo come se fosse una via di mezzo tra il puzzo del metano e il gas che si usa per le anestesie.
Qualcuno lancia un ringhio.
Apro gli occhi e guardo mia sorella, in tempo per vedere Borio grugnire: «Sto venendo! Cazzo, sì!» Tira fuori il cazzo dalle labbra di Patrizia, afferrandolo con una mano mentre con l’altra la tiene i capelli ramati. Mia sorella socchiuda gli occhi, discostando il viso mentre una smorfia di disgusto si disegna sui suoi lineamenti. Uno schizzo bianco prorompe dalla cappella di Borio, spiaccicandosi sulla guancia sinistra e la tempia di Patrizia, poi un altro ancora più potente che le prende anche la nuca e una parte finisce sulla schiena.
«Sì! Sì…» esulta il bastardo, mentre svuota le palle sulla faccia di mia sorella.
Lei chiude gli occhi e stringe i denti, disgustata, mentre lo sperma le cola lungo il volto. Il nuovo arrivato non smette di incularla.
Ti prego, non anche a me…
«Che pezzo di merda che sei, Giulio,» esclama Moretti, senza fermarsi un attimo. «Quella volevo limonarla, adesso come faccio che l’hai smerdata di bega?»
Gli altri due stronzi si mettono a ridere come se fosse la migliore battuta al mondo.
La porta oltre mia sorella si apre di nuovo, un nuovo agente, alto, biondo, fa il suo ingresso, chiude il battente con un movimento del piede. «Ah, ma allora ho capito bene!» C’è solo lascivia nel suo sguardo, come se stesse controllando una nuova troia da sbattere al mercato delle schiave. «Sono le due troie della profumeria?»
Borio si appoggia con il culo alla scrivania, il cazzo mezzo eretto, bagnato di saliva ed una goccia di sborra che cola verso il pavimento. «Già, e hanno avuto la cortesia di patteggiare». Ci indica con un cenno. «Unisciti alla festa».
Il nuovo venuto ci guarda soddisfatto. Si inclina per osservare meglio Patrizia a novanta gradi, le mani appoggiate alle caviglie. Ne alza una e lo saluta. «Ehi, bello: ti va di fare un giro con me?»
Lui le accarezza la guancia. «Mi spiace, ma prendo lei».
Patrizia si volta verso di me, ha una colata di sborra sbavata dove l’ha toccata. Mi fa l’occhiolino. «Fortunella, questo è carino!»
Ma mi sta prendendo per il culo? Uno stronzo mi ha appena scelta come se fossi una puttana in una vetrina di Amsterdam, e quella è felice per me?
[Benvenuta nel suo mondo. Hai presente quando ti chiedevi come fosse essere come la tua gemella, quando lei andava in giro a farsi sbattere e tu passavi le giornate a studiare? Eccoti accontentata!]
La mano che mi stringe i capelli mi strattona, strappandomi un gemito che il cazzo che ho in bocca impedisce di uscire dalle mie labbra. «Allora sarà meglio darsi una mossa, così sei tutta sua, cagna,» dice lo stronzo davanti a me.
Il nuovo venuto si avvicina, il suo sguardo mi palpa e si insinua in mezzo alle mie tette. «Sei gentilissimo, Marco».
Il cazzo martella le mie tonsille, i peli dell’inguine di Rossi si infilano e pizzicano le mie narici ad ogni colpo. «Tra amici e colleghi, questo ed altro…» Sospira, geme con forza, poi si sfila mentre un odore quasi fisico mi avvolge. Cerco di distogliere il volto quando vi appoggia sopra il cazzo bagnato, la mano che stringe i miei capelli mi limita. Fiotti caldi e collosi mi colpiscono sul viso, li sento colare sulle guance e chiudo gli occhi prima che mi finisca anche lì la sborra. Spero non notino la mia espressione di disgusto.
«Vedo che ti è piaciuta la puttanella,» sogghigna Borio.
La pressione sui miei capelli cede e il cazzo di Rossi si allontana. Il fetore della sua sborra è qualcosa di tremendo, mi blocca il respiro. Mi passo le mani sul viso per cercare di togliermelo di dosso, ma sono disgustata all’idea di toccarlo con le dita. Spezzo l’indugio usando il dorso per togliermi la goccia che sta scivolando sulle mie labbra. Le stringo, come mi stringe la gola, gli occhi mi bruciano e sono sicura che non è l’odore.
La mano di quello nuovo si posa sotto il mio mento e me lo solleva verso di lui. Non ha ancora tirato fuori il cazzo. Mi sorride. Quasi stride qui dentro. «Mi chiamo Alessandro, e sarò il tuo dolce amante».
«Chiavala e falla finita, Bianchi,» dice Borio, «che quando arrivano gli altri non vorranno mica fare la coda».
Fisso lo stronzo appoggiato alla scrivania, la mia rabbia diventa frustrazione. Quali altri? Quanti cazzo di agenti di merda ci sono in questo fottuto supermercato?
Intercetto lo sguardo di Patrizia. «Ci divertiremo, Ale!» esclama, ma non lo sta pensando davvero. Vero?
[Sicura sicura? In Austria tua sorella dev’essere l’eroina delle guardie giurate, e non solo quelle dei centri commerciali.]
Alessandro sospinge verso l’alto il mio mento: mi alzo lentamente. Tutti mi fissano, i loro occhi stringono le mie tette, ridono della sborra che cola sul mio viso. Sono un’avvocata, e quel pezzo di merda di Borio si sta menando il cazzo sogghignando e guardandomi. Dovrei denunciarlo, ma dietro il suo culo peloso è appoggiata la refurtiva che ci hanno trovato addosso.
«Andiamo, gioia,» Bianchi fa un cenno. Volto il capo nella stessa direzione: non c’è nulla, lì, solo il-
[Ti vuole fottere contro un muro. Saverio non lo fa. Ma lui ti rispetta…]
Scaglio uno sguardo di odio verso Patrizia, ma lei troppo intenta a farsi scopare in culo. Lo stronzo la tiene per i polsi, lei inclinata a novanta, geme, ansima. Si diverte. Spero di no.
Troia maledetta! In che casino mi hai cacciata? Cosa cazzo sei tornata a fare?
Una mano si infila sotto il colletto della camicetta, strattona. Un colpo più deciso e le maniche scivolano lungo le braccia. «Cosa…»
Mi volto, Bianchi ce l’ha in mano. Scuote la testa. «Questa non ti serve più.» Fa un cenno al mio seno. «E nemmeno quello, e i pantaloni e le mutandine».
Deglutisco. Adesso devo denudarmi?
[Se voi farti scopare, dovrai spogliarti. Credi si scopino tua sorella e si seghino guardandoti? ]
La gola mi si stringe all’idea.
[Ma vai a cagare! L’idea che Manuele si seghi pensandoti ti riempie di soddisfazione, bugiarda!]
Borio mi guarda storto. Se non mi spoglio lo farà lui, e non con educazione, ne sono certa.
Muovo le mani lentamente dietro la schiena, come se fossi davanti a dei cani idrofobi e dovessi evitare i movimenti inconsulti.
[Tanto hanno visto fino ad ora le tette di tua sorella, pensi che possano fare a te qualcosa di diverso da quanto hanno fatto a lei? Per quanto ti piaccia crederlo, avete la stessa taglia di seno.]
Il ferretto scatta e faccio scivolare il reggiseno lungo le braccia. Inspiro a fondo per non mettere le mani sopra le bocce. Ho l’impressione che un’aria gelida passi sulle mie tette, che si stiano per ghiacciare. Devo tenere giù le mani…
Borio non le guarda nemmeno, accenna ai miei pantaloni. Continua a tenersi in mano il cazzo bagnato di saliva di mia sorella. «Anche quelle, bella, o devo fare una telefonata».
Figlio di puttana… Chiudo gli occhi e inspiro a fondo, l’aria del locale è viziata dall’odore di polvere, chiuso e uomini arrapati. E ne devono arrivare altri…
Afferro il bottone dei pantaloni senza guardare e lo faccio passare oltre l’asola. La pressione sui fianchi diminuisce, adesso mi sento davvero indifesa. Apro la zip e i pantaloni scendono lungo le gambe, afflosciandosi sui piedi. Sollevo un piede per togliermeli e Bianchi è accanto a me.
Mette una mano sulla mia nuca, mi volta la testa verso la sua e la sua bocca è contro la mia. Spalanco gli occhi, il fiato mi resta nei polmoni. L’altra mano si appoggia sul mio basso ventre, le dita scivolano sotto l’elastico delle mutandine. Mi irrigidisco quando aprono le labbra della mia passera, scorrono fino in fondo e si appoggiano sull’ingresso dell’utero. Sto tremando, il sudore pizzica sulla mia schiena.
Bianchi si stacca dalla mia bocca. Un ghigno distorce il suo volto. «Sei bagnata, troia, meglio!»
Apro la bocca per sputargli in faccia ma mi volta e mi spinge contro il muro, piegandomi. Perdo l’equilibrio e getto le mani contro la parete, mancando per un pelo di colpirlo con la faccia. Il mio seno pende, scuotendosi per la caduta e il cuore che galoppa.
La rabbia brucia il mio petto, faccio per girare la testa ma una mano mi afferra di nuovo i capelli. Mi tira indietro il capo, strabuzzo gli occhi.
Le dita di un’altra mano si infilano tra l’elastico delle mutandine e le chiappe. Mi abbassano gli slip, sento l’aria scivolare lungo il solco del culo, soffiare sull’ano, insinuarsi tra le cosce e accarezzare le labbra della vulva. A strattoni, le mutandine scendono lungo le gambe, si depositano sui pantaloni. Una scarpa s’infila tra le mie caviglie, tiene abbassati i miei vestiti abbandonati sulle mie, di scarpe.
La voce di Bianchi proviene dalle mie spalle. «Solleva i piedi, troia». Una tirata di capelli mi lascia capire che non ho altra scelta.
Le mie scarpe s’impigliano, si bloccano, ruotando i piedi escono dai miei pantaloni e dall’intimo. Respiro a fondo, ma la testa mi gira, la pelle si fa d’oca sulle braccia, devo pisciare.
Il fiato mi si mozza quando una mano si infila tra le mie cosce e un paio di dita penetrano per una nocchia nel mio utero.
«Perfetto, bagnata proprio come piace a me!»
Perché mi sto bagnando? Perché il mio corpo vuole far credere a loro che mi sta piacendo quello che mi sta accadendo?
[Perché è da quando Patrizia ti ha detto che si è scopata Manuele che sogni di vederla scopare, e già da prima volevi fare sesso con lei in un’orgia, te lo ricordi?]
Deglutisco. Le dita escono dal mio corpo, dal mio utero cola liquido.
La scarpa mi colpisce alla caviglia sinistra. «Apri le gambe, da brava».
Vengo aggredita dalla puzza delle mie ascelle. Ho messo il deodorante ma puzzano, puzzano come mai prima di ora. Lo stronzo mi tira ancora i capelli. Stringo i denti: prima finiamo…
Apro le gambe, sconfitta. Muoviti, bastar-
Mia sorella sbatte con la schiena contro il muro alla mia sinistra. Ha le gambe sollevate, appoggiate sulle spalle di uno degli stronzi, che le stringe le tette e la fissa soddisfatto. Il cazzo spunta per qualche centimetro dalla figa di Patrizia, ad ogni colpo che le dà liquido trasparente e liquido biancastro scivola fuori dalle grandi labbra violacee, raccogliendosi sulle palle pelose.
Lei avvinghia la testa di lui con le braccia, la sua piegata all’indietro, gli occhi spalancati. «Cazzo! Sì!» urla senza fiato, «Scopami! Scopami!»
Mi ritrovo a bocca aperta, davvero sta godendo così? Patrizia ama essere scopata in quel modo selvaggio?
[Manuele nei tuoi sogni segreti come lo fa? Chiedendoti il permesso di penetrarti? Non mi pare affatto.]
Il cazzo di Bianchi si fa strada nel mio utero. Spinge, scivola fuori, rientra.
[Non sai se indignarti perché ti scopa o perché non ti fotte come stanno scopando Patrizia, giusto?]
Fisso le minuscole crepe sul muro. Non voglio pensarci.
[La stessa differenza che passa tra una cena da Cracco e mangiare la pasta appena scolata, vero?]
Deglutisco, la gola si è chiusa. Non voglio vedere mia sorella…
[…godere così tanto?]
…essere scopata con tale violenza. É…
La porta si apre di nuovo, i due, un nero alto come un palo della luce e due bianchi, uno muscoloso e l’altro che a stento sta nell’uniforme, basso e con pochi capelli. Il muscoloso…
[Magari ti scopa in acrobazia come Patrizia!]
…da una gomitata al nero. «Va’ che due fighe, ‘sta volta, Kwame!»
Kwame sorride soddisfatto. «Questa volta ci divertiamo». Allunga la mano e l’altro ci batte la propria.
Bianchi mi tira i capelli, il suo cazzo sprofonda ancora di più e rimane fermo. Grugnisce, emette un verso, sospira, si svuota dentro di me. Il suo piscio bianco riempie la mia figa.
Il cazzo scivola fuori, un po’ si sborra lo segue e una sensazione di bagnato corre lungo la gamba destra. La stretta sui capelli si allenta, posso finalmente abbassare il capo. «Grazie, troia».
«Vienimi dentro! Riempimi!» urla Patrizia. Il tizio la sta coprendo tutta, tenendola contro la parete, la bacia sul colle, le mani che le sostengono il sedere. Lo stronzo sembra voglia bucare il muro da come stantuffa con il suo bacino. Si ferma, si mette in punta di piedi, resta così per delle decine di battiti di cuore, grugnisce anche lui.
Qualcuno alle mie spalle mi prende per le anche. «Sdraiati sul tavolo».
È il tipo grassottello. Quella uniforme sembra l’abbia rubata tanto gli sta male, troppo lunga e troppo stretta. Sorride come un sedicenne alla sua prima scopata, ma deve andare più verso la sessantina che per la cinquantina. Dev’essere quello che fa la guardia alle macchinette automatiche, ma le svuota prima lui.
Non c’è la targhetta identificativa sull’uniforme.
«Muoviti, mignotta, non ho tutto il giorno» e mi spinge.
[C’è davvero gente che ha interessi diversi dallo scoparsi un’avvocata bionda e in forma? Che affronto.]
Chi non fissa mia sorella che sta scendendo dalle braccia del suo amante, guardano me. E tutti hanno il cazzo in mano, se lo segano per tenerselo duro o per l’eccitazione. Per fortuna non sono sola e c’è anche Patrizia, o me li troverei tutti dentro di me, uno dopo l’altro.
[La cosa non ti disgusta quanto vorresti, vero?]
Non so cosa mi porta davvero ad appoggiarmi contro la scrivania, a spingermi con le mani e a sedermi sopra quel piano freddo. Il gelo passa attraverso le scapole, i seni si appiattiscono sul petto, scivolano verso le ascelle. Mi impedisco di tenerli fermi con le mani, quasi abbia paura di fare qualcosa di sbagliato.
Mi fanno male i capezzoli tanto sono turgidi…
Il muscoloso appena arrivato annuisce, la velocità e il rumore della sua sega aumentano. «Gran bella figa!»
Il grassottello apre le mie cosce, vi mette sotto le mani e le solleva. Il suo cazzo è appena oltre il mio inguine. «A me piace di più il suo culo». Le mie gambe si appoggiano sulle sue spalle e le mie chiappe si staccano dal piano.
Perché mi meraviglio? Mancava un buco… Il mio fiato si mozza ugualmente quando il mio ano si apre alla pressione della cappella, la nerchia che entra nel mio intestino per tutta la sua lunghezza.
Cazzo, s- no! Bastardo, il mio culo! Stringo i denti, i miei occhi diventano delle fessure.
Questa volta Patrizia si appoggia al tavolo accanto a me, è prona. Mi sorride, le leggo negli occhi il divertimento.
[L’ha fatto apposta, non mentiamoci: ruba nei supermercati per fare gang bang. E, indubbiamente, le piace.]
«Ale, anche tu da queste parti?» Guarda il mio corpo, si morde un labbro. «Concordo, la mia gemellina è proprio una gran bella fica!»
Il suono di un ceffone fa voltare Patrizia. Uno nuovo, appena entrato, ha la mano sollevata appena sopra una sua chiappa.
«Anche tu sei una gran bella fregna, roscia».
Lei risponde con un occhiolino. «Invece di prendermi a schiaffi il culo, perché non ci metti dentro il tuo cazzone?»
Il bastardo ride, si mette le mani ai pantaloni e li apre. «Me l’ha chiesto lei! Mai deludere una donna». Ha in mano la nerchia che scompare tra le chiappe di Patrizia. «Dammi le mani, zoccoletta!» Lui l’afferra per i polsi, la tira verso di se, sollevandola fino a staccare il seno dal tavolo, e inizia a fotterla. il corpo di mia sorella si spinge in avanti ad ogni colpo.
Lei morde le labbra e stringe gli occhi. Dalla sua gola provengono una serie di gemiti di piacere ad ogni spinta. Le tette sembrano frustare l’aria ad ogni spinta.
[Sembra splendere quando gode, vero? So che vorresti baciarla, strusciarti contro di lei, ditalinarla mentre ha un orgasmo.]
Non riesco a staccare gli occhi da lei, la mia figa si allaga di desiderio, vorrei che il vecchio mi scopasse con più forza. Voglio godere anch’io come lei! Riesco a trattenere la mano destra dal martoriarmi il clitoride, ma quella sinistra stringe la tetta, dura e calda. Fammi urlare, bastardo!
Quello è sudato, rosso in volto. Sembra abbia fatto una decina di rampe di scale per venire. E viene troppo presto. Emette un sospiro, sembra abbia appena fatto una scoreggia piuttosto che avermi sborrato nell’intestino.
Mezzasega…

Continua…

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