“Che ne sarà di me”?
Eravamo studenti provenienti dal Sud e ci eravamo stabiliti in una città del Nord per frequentare l’Università. Io, che mi chiamo Saro e Paolo. Entrambi provenienti da famiglie benestanti che intendevano creare un futuro migliore per i loro figli. Vivevamo in un appartamento del centro senza condividerlo con altri studenti. Eravamo soli io e lui. La casa non molto grande era abbastanza comoda. Paolo lo conoscevo da almeno due anni e nel tempo frequentato insieme ci eravamo affiatati uscendo sempre insieme. Alto 1.74 circa, leggermente muscoloso ma non palestrato, moro di capelli aveva una bella bocca e occhi neri limpidi e maliziosi. Io ero più bassino di dieci centimetri circa, con capelli lunghi castani un po’ arruffati con occhi grigi, struttura magra ma proporzionata con un unico decoro il punto luce nei rispettivi lobi.
Eravamo in quella casa da almeno quattro mesi e mezzo e c’era ancora qualche borsa del viaggio da sistemare. Nel corso della frequentazione universitaria ancora non avevamo fatto amicizia con nessuno, un po’ per mancanza di tempo e poi credo che bastavamo l’uno all’altro. Ognuno aveva la sua camera, mentre mangiavamo quasi sempre insieme nella piccola cucina, non facendoci mancare nulla. Essendo in due riuscivamo a dividerci i compiti, io sistemavo dentro casa e lui invece faceva le spesa fuori. I mesi passavano dietro i libri di studio mentre eravamo già entrati in primavera inoltrata, le giornate cominciarono ad allungarsi e a riscaldarsi portando un piacevole tepore nell’aria.
Il rapporto con Paolo nel frattempo si era consolidato ed era diventato più affettuoso, in effetti Paolo non mi dispiaceva come coinquilino, ma nessuno dei due aveva mai fatto alcun riferimento alla propria sessualità. Io avevo fatto qualche esperienza con delle ragazzine ma di poco conto, tipo baci e soprattutto petting. Lui, Paolo, invece, non mi aveva mai raccontato nulla. Si aggirava per casa quasi sempre con le mutande a calzoncino corto e non nascondo che l’occhio – spesso e volentieri-, mi cadeva sul suo pacco notando quanto era gonfio.
Scoppiò il caldo, e tra lo studio e l’afa perdemmo un po’ della compostezza iniziale dei primi tempi. Cucinavo io a casa e molte volte si presentava a tavola stravaccato con le mani perennemente sopra il pacco gonfio che se lo massaggiava tutto. La mia curiosità si concentrava sul pacco, ma lui non si curava delle mie occhiate letteralmente incollate proprio lì.
Una notte che non riuscivo a prendere sonno girandomi più volte sopra il letto umido del mio sudore, mi alzai per fare la pipì in bagno e, come mio solito non accendevo la luce in quanto non volevo disturbare, con passo felino e silenzioso passai dalla sua camera, girai lo sguardo distrattamente in quanto c’era una certa penombra proveniente dalla finestra che riprendeva le luci in strada, e notai che Paolo era nudo e disteso supino con il cazzo eretto, scoperto e molto teso. Mi bloccai immediatamente, mi misi meglio per non farmi scoprire ma anche per spiare in maniera più decisa. Riuscii a vedere il cazzo tesissimo e la cappella che doveva essere bella a rilievo. Rimasi estasiato e con un certo languore nelle parti basse. Rimasi ancora per un po’ affascinato da quella visione ma preoccupato per le smanie di Paolo il quale poteva anche alzarsi da un momento all’altro decisi di continuare il mio tragitto verso il bagno. Al ritorno – sempre guardando in camera sua – mi accorsi che si era messo di lato tuttavia la visione del pezzo di carne era rimasta vivissima in me portandomi un certo turbamento.
Durante la notte ebbi sogni onirici dove compariva anche Paolo con il cazzo bene in evidenza. Ero rimasto abbagliato da quella visione e anche il mio inconscio era stato messo in subbuglio. Toccai il mio cazzo che non poteva neanche paragonarsi a quella mazza di carne. Mi alza, al primo chiarore e cercai di scrollarmi di dosso quei pensieri e presi di getto il libro di studio con la speranza di non pensarci più.
Il giorno successivo dove non dovevamo recarci all’Università mi misi d’accordo con Paolo di rilassarci un po’ guardando un film sul divano, così avremmo dato un po’ di respiro alle nostre menti e ai nostri corpi un po’ sudaticci. Avevo notato che Paolo era nervoso e un po’ smanioso con la mano incollata sul pacco con la scusa di sistemare e aggiustarsi il cavallo.
Così scegliemmo un film italiano di commedia recente e ci appostammo sul divano. Lui venne ovviamente in mutande col pacco in evidenza mentre io avevo una canottiera leggera e calzoncini leggerii.
Seguivamo il film ma poiché era un po’ lento nello scorrere mi venne un certo abbiocco, mi ridestai alla mezza gomitata di Paolo e sobbalzai un po’, Paolo si voltò sorridendomi scoprendo i denti bianchissimi. Per un po’ cercai di mettermi d’impegno per stare attento al film ma poi la palpebra cominciò nuovamente a scendere e la seconda gomitata di Paolo non tardò a presentarsi accompagnato da un altro scoppio di risa. Misi per scherzo il broncio poi Paolo mi disse che se volevo potevo utilizzare le sue cosce come cuscino così potevo guardare il film in maniera più rilassata e non avrei rischiato di far rotolare la testa. Rimasi sorpreso della sua sortita ma mentre la mia mente vagava in cerca di non so quale spiegazione, la mia testa, molto più veloce, già si stava sistemando sulla sua pancia a livello dell’ombelico con davanti il suo pacco che da quella posizione sembrava enorme.
Per un po’ non successe nulla ma mentre la mia palpebra era leggermente scesa le mie orecchie già non seguivano più il sonoro del film. Ero attentissimo ai minuscoli movimenti del basso ventre di Paolo in quanto o Paolo si accomodava effettivamente meglio o Paolo muoveva in maniera impercettibile il pacco verso la mia bocca. La mia mente già si stava arrovellando sul dilemma se il movimento era fortuito o invece era intenzionale.
Il movimento del pacco era diventato impercettibile ma continuo, era come se in maniera leggera si strusciasse, cosa che percepivo direttamente sulle mie labbra le quali registravano anche una certa tensione come se il movimento era prodotto da un movimento profondo controllato.. Non mossi il capo da sopra le sue cosce tutto concentrato sul pacco che era arrivato a sfiorarmi le labbra. La voce di Paolo ruppe il silenzio assordante della stanza, pareva provenisse da lontano, leggermente roca, tesa. Dovetti concentrarmi per capire che cosa mi aveva chiesto. Poi mi sentì ripetere la domanda forse perché pensava che mi fossi assopito e io realizzai che mi stava chiedendo se mi volevo togliere da quella posizione. “Togliermi da quella posizione” mi ripetei nella mente: ma no assolutamente! non intendevo per nulla al mondo smuovermi da quella posizione. Risposi che io ero molto comodo. Non rispose Paolo. Ma qualcosa nell’aria era cambiato. Percepivo una certa elettricità tra noi che si era innestata dalla mia risposta. Pensandoci bene forse Paolo si era preoccupato di qualche passo falso e voleva sincerarsi di non commettere qualche sciocchezza che avrebbe potuto rovinare il nostro rapporto affiatato. Quindi, all’improvviso mi si aprì la mente, dedussi che se per me questa situazione andava bene probabilmente adesso ci sarebbe stato un seguito.
Il pacco ora si strusciava sulle mie labbra in maniera leggera ma con movimenti più larghi, sentivo la pressione sulla bocca, lo struscio era diventato più insistente, più incisivo e le labbra si muovevano e si spostavano in maniera evidente. Sentii un certo languore nella zona del mio cazzo, le orecchie, gli occhi erano concentrati tutti sul movimento del suo pacco che nel frattempo era diventato gonfissimo.
All’improvviso il mio occhio registrò l’ombra della mano di Paolo che con le dita si avvicinava sul bordo delle mutande a calzoncino, la vidi scomparire dentro le mutande e liberò il cazzo gonfio, eretto davanti a me. Me lo trovai davanti e lo ammirai con gli occhi, Bello, lungo e nodoso con la cappella lucida violacea che troneggiava, potevo osservare le nervature e le vene gonfie. Rimasi affascinato da quella visione confermandomi ciò che avevo visto da lontano quella notte quando mi ero recato in bagno. Lo stupore mi fece esplodere un ricordo di ragazzino sepolto nel mio inconscio. Ricordai che dormivo con un compagno di scuola nello stesso letto e lui cominciò a toccarsi e io curioso lo vidi con la lucetta che mi portavo sempre dietro per paura del buio. Vidi il suo cazzo teso e mi chiese se glielo potevo menare cosa che feci fino a fargli uscire una sborra giallina e odorosissima. Il ricordo di quel cazzo caldo che per me appariva grande e il piacere che avevo nel tenerlo stretto nella mia mano e vederlo scappellato ogni volta che la mia mano scendeva giù venne conservato gelosamente dal mio inconscio ed ora avevo il cazzo teso di Paolo davanti.
La mano di Paolo prese il suo cazzo e lo scalpellò ancor di più, il cazzo gonfiò ancora, lo stava menando davanti a me, poi con la mano sinistra lo piegò all’indietro verso la mia bocca portando la punta della cappella a toccare le mie labbra e ci si strusciò tutta la lucida cappella. Sentii il suo profumo di maschio eretto e lascivo e quella cappella dalla pelle liscia che strusciava e si inumidiva delle mie labbra semi aperte. Poi fece un leggero movimento col bacino dove si arretrò di qualche centimetro portando la punta della sua cappella grossa e gonfia proprio in linea con la mia bocca. Puntò dritto versa la mia bocca, roteò la cappella sulle mie labbra fino a quando si schiusero leggermente e mentre con l’altra mano mi teneva ferma la nuca, con un colpo di bacino il cazzo gonfio di Paolo abbattendo la debole resistenza delle mie labbra entrò tutto dentro la mia bocca. Il capo di Paolo reclinò all’indietro per godersi ad occhi chiusi la mia bocca.
La mano destra di Paolo posta sulla mia nuca spingeva per il suo cazzo e non rimase altro per me che ingollarmi tutto quel pezzo di carne che potesse uscire dalla mia bocca. Tutto dentro. La mia bocca registrava quel pezzo di carne che ingombrava tutta la bocca e mentre il suo bacino si muoveva con quel sali e scendi la mia lingua leccava le sue alte pareti. La mia lingua era impazzita a leccarlo, sentivo la punta sbattermi sulle gote, non c’era bisogno che stringessi le gote già il cazzo grosso di Paolo mi aveva preso tutta la massima apertura della bocca. Aveva la pelle piena delle nervature e la mia lingua dovette faticare parecchio per insalivarlo tutto. Paolo emetteva dei gemiti di piacere, ogni tanto la sua mano spingeva la nuca per far entrare tutto il suo cazzo dentro la bocca, il suo muscolo era teso e gonfio espanso al massimo della potenza mentre la mia bocca assaporava tutta la sua lunghezza e larghezza e la mia lingua calda e umida cerva di lappare quanto più superficie di piacere. Anche a me sfuggiva qualche gemito rumoroso ed ero eccitatissimo. Avevo il mio cazzo mezzo eretto, ora la mia bocca si muoveva da sola e con molto piacere ma non sentivo più la sua mano sopra la nuca. Mentre succhiavo il cazzo sentii la sua mano che si strusciava sulla mia chiappa ancora coperta dal pantaloncino leggero. Sentii che era entrato dentro le mie mutande e le dita ora stuzzicavano il buco del mio culo. Mi penetrò col dito medio ed io mi sistemai per sentirlo meglio. Andò in profondità e io sentivo le ondate di piacere a livello anale. Qualcosa si impadronì di me nel senso che le mie azioni non passavano più dalla mente ma erano dirette e corporee. Chissà il porco da quant’è che ci pensava a sverginarmi il culo, chissà se si toccava il pacco pensando a questa azione del suo dito ficcato dentro il mio culo. Mi eccitai ancora al pensiero.
La mia bocca ormai si era impossessata del cazzo di Paolo, se lo gustava con piacere. Il mio corpo aveva irrigidito i muscoli del collo per sollevare la bocca per poterlo ingollarlo con tutta l’altezza possibile del cazzo. Le mie gote strette sulle pareti del suo cazzo lo tenevano serrato e mentre il mio culo si apriva totalmente al dito medio di Paolo, io affondavo senza ritegno le succhiate emettendo a mia volta dei gemiti rumorosi. “Ne voglio ancora, dammelo tutto, sei un porco Paolo” Ormai Paolo doveva essere arrivato, era rigido e si sentiva che stava cercando di resistere ma la mia bocca non dava tregua a quel cazzo meraviglioso. All’improvviso Paolo cominciò a smaniare, cominciò a gridare “Si! Si Si! continua troia, succhialo tutto!! Non ti fermare troia!”. Le mie orecchie al pensiero di essere ormai una troia mi fecero aumentare di più il ritmo, le mie labbra strinsero di più il cazzo di Paolo e affondarono di più i colpi, me lo sentivo quasi a sfiorare le parti molli che sollecitavano i conati di vomito. Cazzo! disse Paolo gemendo, non c’è la faccio più! Sto venendo! Arretrò col bacino per staccarsi da me ma lo bloccai lasciando le mie labbra serrate attorno al suo cazzo, cercò di svincolarsi ma lo tenni stretto dentro la bocca. Gridò allora che stava venendo ma io non avevo intenzione di mollare quel pezzo di carne meraviglioso. Il cazzo di Paolo ad un certo punto rimase fermo e poi con un grugnito esplose sborrando tutta la sborra calda dentro la mia bocca aperta. Una quantità notevole di sperma che ingoiai tutta assaporando quel liquido bianco che inondava la mia gote fino alle ultime goccia, continuai a leccarlo tutto, malgrado fosse già munto fino a quando cominciò a perdere vigore. Mi assicurai che il cazzo di Paolo fosse tutto pulito e mi alzai dal divano e senza voltarmi me ne andai.
Non parlammo dell’accaduto e continuammo a studiare come se nulla fosse successo, osservando Paolo lo trovai un po’ più disteso mentre io ancora non avevo metabolizzato quanto era accaduto.
Qualche giorno dopo sempre con la stessa atmosfera finimmo di mangiare ed eravamo a tavola, mi alzai di scatto dalla sedia e si ruppero le ciabatte, delle scarpe infradito in gomma, mi sfuggì una imprecazione. Paolo rise con tutti i denti bianchi che possedeva, e mi rispose che sarebbe andato a riposare a letto. Rimasi solo ad ordinare la cucina e la tavola mentre a piedi nudi continuavo a rimestare gli avvenimenti precedenti Non riuscivo a capire cosa gli frullasse in testa. Ma perché non ne parla, pensai tra me e me.
Continuai a sistemare la cucina, poi mi accorsi che anche in altre stanze Paolo lasciava sempre qualcosa fuori posto, in questo era molto disordinato. La mia animosità verso di lui aumentò, un magone mi si fermò a livello della pancia creando un po’ d’ansia. Dopotutto avevo ingoiato tutta la sua sborra calda. Il pensiero di quello che era successo prima aumentò la sensazione di calore nel basso ventre. Non sapevo cosa fare ed ero bloccato mentalmente.
Dopo qualche ora nell’assoluto silenzio della casa mi ero appisolato sul famoso divano, cercando di scacciare i mille pensieri che affollavano la mia mente. Non potevo continuare più. Mi stavo rodendo le mie energie. Mi alzai di soprassalto e a piedi nudi mi recai nella stanza di Paolo. Lo trovai disteso sul letto con un pezzo di lenzuolo bianco a coprire le sue parti intime, a terra vidi le sue mutande a calzoncino. Sembrava in dormiveglia e senza far rumore mi sedetti accanto a lui osservandolo meglio.
Lui aprì un occhio, e senza espressione alcuna mi disse piano che non mi aveva sentito arrivare. Sorrisi un po’, e alzando i piedi, gli risposi che essendo a piedi nudi non poteva sentirmi. Fece una espressione buffa poi mi disse che numero di scarpe portavo. Strano che non lo sapesse. Risposi che portavo scarpe con numero 40, a volte anche il 39. Uscì la mano da dentro il lenzuolo e la allungò verso di me raggiungendo la mia coscia. La muoveva accarezzando la pelle, osservai quella mano muoversi e osservai che l’altra mano di Paolo armeggiava verso il suo pacco che cominciava ad alzarsi. Un certo languore si stabilì in me. La mano di Paolo su di me raggiunse il cazzo da sopra la stoffa del pantaloncino. La temperatura pian piano aumentava e potevo avvertire quella elettricità tra noi. Paolo spostò il capo verso di me sempre armeggiando sul suo pacco. Paolo mi sorrideva e i nostri visi erano molto vicini. Si avvicinò con le labbra e mi stampò un bacio. Rimasi sorpreso. Mi ribaciò di nuovo questa volta cercando di entrare con la lingua. Entrò dentro la mia bocca ed io lo ricambiai. Le nostre bocche si incollarono. Una strana sensazione mi avvolse, non avevo baciato ancora un altro maschio, era il mio primo bacio.
Mentre avevo la sua lingua in bocca, la mia mano si mosse verso la sua pancia muscolosa, accarezzandola e lisciandola, sentii un fruscio e un leggerissimo venticello, aprii gli occhi e vidi che Paolo si era tolto il lenzuolo da sopra il pacco e il suo cazzo durissimo svettava già scappellato e gonfio. Una visione paradisiaca che elevò ulteriormente la temperatura e l’elettricità tra noi. La sua bocca si sciolse dalla mia mentre la mia mano raggiunse la base del suo cazzo gonfio e lo presi in mano, era caldissimo, bollente la sua cappella viola troneggiava, la toccai con le dita apprezzando la sua pelle intima così liscia, ne delineai i contorni con i polpastrelli, spinto dal piacere ed ipnotizzato da quel cazzo durissimo mi sollevai verso di lui scivolandogli da sopra l’addome e raggiunsi con la bocca quel cazzo fantastico avvicinando il naso e respirando il suo odore gli leccai la grossa cappella con la punta della lingua roteando su tutta la superficie mentre le mie mani appoggiate sul letto cercavano un equilibrio tra i movimenti di Paolo messo sotto di me che armeggiava col mio cazzo dopo avermi tolto e fatto scivolare i mie indumenti intimi.
Mentre eravamo nella posizione classica del sessantanove mi gustavo tutto dentro la mia bocca quel cazzo durissimo e gonfio e Paolo gemeva forte per il piacere che ogni affondo gli produceva e soprattutto il modo in cui riuscivo a ingollarlo tutto in bocca stringendolo con le gote e lappando la sua pelle intima a colpetti di lingua. Paolo aveva in bocca il mio, sentivo il calore della sua bocca e un suo dito esplorava il buco del mio culo facendosi più intraprendente e spingendo dentro il suo dito medio. Sentivo che piano piano il suo dito entrava nel mio orifizio facendomi scappare dei profondi gemiti, il mio corpo dava e riceveva piacere su piacere e, mentre la mia bocca affondava sul cazzo grosso e tutto scappellato di Paolo il buco del mio culo aperto accoglieva dentro il suo dito medio che ora entrava ed usciva senza incontrare difficoltà. Sentii qualcosa sul mio buco, forse aveva versato del liquido e ora col dito me lo spargeva dentro e nelle pareti della mia rosellina. Mi ricordai all’improvviso che quando ero entrato aveva sul comodino un flacone di olio questi per le pelli più sensibili. Sentì per l’appunto il mio buco ormai aperto e lubrificato, entrava il suo dito medio fino in fondo e ora qualcos’altro cercava di aprirsi. Dedussi che non poteva essere che un altro dito. Cercava Paolo di far entrare due dita. Ma la mia bocca era troppo impegnata con quel pezzo di carne ormai tutto rosso e gonfio che entrava ed usciva dalla mia bocca e ogni tanto veniva titillato nel suo prepuzio fino al prossimo affondo dove ero riuscito a farlo entrare tutto in bocca dopo aver preso un bel respirone. Il cazzo tutto scappellato di Paolo era teso al massimo della sua espansione, pulsava e sentivo le vene gonfie che portavano calore inebriante per la mia lingua. Ma mentre la mia mente già avanti con gli eventi fantasticava sulla mega sborrata che da lì a breve avrei ricevuto gustandomela in maniera inebriante mi senti dare dei colpetti sui fianchi da Paolo. Mi fermai all’improvviso. Mi voltai incuriosito verso di lui il quale mi chiese di aspettare un momento che voleva cambiare posizione. Mi tolsi da sopra di lui, la mia mente cercava di anticipare le mosse di Paolo. Forse vuole che mi metta in ginocchio e mi vorrà eiaculare tutta la sua sborra calda. Invece, in piedi sul letto mi lasciò a quattro zampe. Si avvicinò dietro di me e diede dei colpi di minchia sul mio culo, non sapevo cosa dire anche perché non sapevo la sua intenzione e rimasi a guardare poi si avvicinò col cazzo gonfio in mano, si spostò dietro di me e puntò sulla mia rosellina. Sentì il sua punta poggiato sopra il mio buco del culo e visto che lui che mi sovrastava da dietro cominciò a fare pressione per entrare e io gli chiesi un attimo di aspettare, non ero preparato mentalmente a questo, lo vedevo che era infoiato da morire, ma ero stato preso alla sprovvista ma Paolo non aveva nessuna intenzione di aspettare e continuò a spingere la sua cappella grossa sul mio buco del culo, mettendosi in posizione più alta in modo da scendere perpendicolarmente verso il mio orifizio cercando di farsi strada allargando la pelle attorno al mio ano che sentivo a poco a poco cedere di fronte alla pressione della sua cappella ma mentre la mia mente stava per obbiettare un rumore squarciò la stanza, una specie di risucchio, ma che cosa è successo chiesi a Paolo. Mi sentivo il retto pieno come se dovessi andare in bagno, Paolo era fermo, con la voce arrochita dal piacere mi disse che mi aveva rotto il culo e ora l’avevo tutto dentro. “Ora sei la mia troia, hai tutto il mio cazzo dentro il tuo culo Sara!” Presi coscienza che il rumore sentito non era altro che il cazzo aveva forzato lo sfintere ed ora mi trovavo inculato da Paolo.
Sentì il peso di Paolo che spingeva con i muscoli delle cosce che strisciavano lateralmente con le mie, potevo sentire che il suo cazzo entrava ed usciva ora con una certa facilità, mentre mi toccavo ogni tanto con la mano il mio cazzo eretto anche per distrarmi per non sentire un certo bruciore ma per il resto sentivo un calore che s’irradiava soprattutto nella mia zona anale regalandomi sensazioni voluttuose ad ogni affondo, cominciavo a gemere per il piacere, Paolo mi mollò un ceffone sulla natica destra e mi apostrofò che ormai ero una troia che amava il cazzo, esclamò “Sara sei una troia” !!! Sentirmi chiamata al femminile mi fece un certo effetto e mentre quel porco di Paolo mi stantuffava il buco del culo io stavo godendo ad ogni colpo inferto al mio retto ed poiché aveva preso anche ritm, in ogni affondo mugolavo dal piacere voluttuoso che si era impadronito di me. I colpi di Paolo si fecero più ficcanti e il rumore delle sue palle che sbattevano sul mio scroto era diventato preponderante, era riuscito a infilarlo tutto fino alle palle. Sentì che Paolo stava ansimando e aumentò i colpi ma anche io era arrivato e volevo che concludesse, le ginocchia erano tutte indolenzite, Paolo si fermò per un momento poi cominciò a dare gli ultimi colpi, sentii irrigidirsi il cazzo dentro le mie viscere e cominciò quasi ad insultarmi: Troia! sto venendo tutto dentro il tuo culo, ti sto rompendo tutto il culo! Io ansimavo a bocca aperta, la mia voce pure roca per il piacere lo invitava a sborrare. “Sei un porco! -gli dissi-, sborra porco! Avanti sborra porco!” Paolo aveva gli ultimi forti colpi e quindi pressava ancor di più per infilarlo tutto dentro poi cominciò a gridare “Vengooooo” Sentii un grugnito e un liquido caldo che inondava tutto il retto, il cazzo non si mosse dallo sfintere stava continuando a sborrare, mi ritrovai tutto il culo pieno della sborra di Paolo. Si tolse e io mi lasciai cadere sul letto, pure Paolo si lasciò cadere accanto a me. Cercai di respirare a piena bocca mentre i battiti cardiaci diminuivano cominciai a respirare in maniera più normale. Avevo goduto e anche tanto. Ero stanco e volevo dormire. Ci alzammo e andammo insieme a far la doccia.
Un giorno a pranzo mentre eravamo impegnati a studiare per gli esami di punto in bianco, mi disse che gli sarebbe piaciuto passare una serata in discoteca. Lo guardai, ed annui, aggiunsi che forse ci voleva per rompere un po’ la monotonia dello studio. Mi sorrise, nuovamente. Lo guardai in maniera interrogativa, Mi passò per la mente il pensiero di che cosa stava architettando dentro il suo cervello. Mi disse dopo un lieve colpo di tosse, che non voleva andarci con me. Sgranai gli occhi. Mi uscì di getto rispondergli “e con chi, scusa?”. Silenzio. Mi guardò bene negli occhi e poi con naturalezza mi rispose: “con Sara”. La mente si fermò e poi mi scoppiarono tutta una serie di pensieri che mi fece imballare il cervello. Cosa voleva dire che voleva andarci con Sara e non con me? Lo riguardai ed aveva il volto soddisfatto di chi era riuscito a stravolgere la nostra tranquillità: mi aveva lasciato interdetto e non sapevo che cosa obbiettare, o almeno volevo obbiettare ma non sapevo da dove cominciare.
Cercai di riprendermi, gli chiesi direttamente di spiegarmi che cosa volesse dire andarci con Sara e non con Saro. Cercai anche si sorridere per alleggerire la richiesta. ”Mah quello che ti ho detto, mi rispose, mi va di andare in discoteca ma non voglio andarci con Te ma voglio andarci con Sara.”. Ribattei che Sara non esisteva ma solo Saro. Sorrisi soddisfatto della principale ed unica obiezione. “Anzi”, continuai. Dissi a Paolo che mi chiamava lui Sara ma per tutti ero Saro. Lui scosse la testa e cominciò a parlarmi: “Vedi Sara – mi chiamò ancora così-, questa è forse l’occasione per Sara uscire allo scoperto e non mi dire che non hai “un’anima femminile molto forte” perché io non ci credo!
“Ma chiaramente questa è una prova,- continuò-, infatti, andremo in una discoteca, quella dove vanno i turisti così non incontreremo persone conoscenti o peggio ancora colleghi di studio”. Rimasi in silenzio. Mi prese le mani e mi disse che lui ci teneva moltissimo e mi tenne le mani. Non c’è dubbio che Paolo era molto persuasivo. “Ma come faccio” gli chiesi. “Tranquilla – mi rispose, – qualche giorno l’abbiamo per organizzarci”. “Domani scenderemo a comprare degli abiti da donna adatti a te in un negozio dei cinesi così non spenderemo molto”. Non volevo contrariarlo. Io ci stavo bene con Paolo e non volevo che ci fosse qualcosa che poteva dividerci. Per il resto non sapevo cosa pensare. Mi si stava svelando un mondo dietro la richiesta di Paolo ma dovevo anche interrogare sulla mia identità e in primis sulla mia identità di genere. Pensai che magari non fosse così impegnativo e che tornati a casa tutto sarebbe tornato come prima. O almeno lo speravo. Paolo scomparve dalla cucina tornando indietro con un sacchettino, da cui uscì una scatola di cartone, di scarpe. Incuriosito l’aprii e trovai un paio di infradito femminili con la zeppa alta della mia misura!
L’indomani scendemmo presto e come prima cosa andammo in negozio non lontano da dove abitavamo e comprammo tutto l’occorrente. Fortunatamente avevo misure regolari e così comprammo una gonna jeans che arrivava appena sopra le ginocchia, un top con le spalline fini, un reggiseno imbottito e dei riempi coppe in stoffa per riempire il reggiseno. Poi Paolo comprò i trucchi. Gli dissi che mancavano le scarpe ma mi rispose che me li avrebbe comprato lui in un altro negozio. Tornammo a casa, Paolo sembrava gasato, contento ed eccitato, io camminavo accanto a lui e gli feci notare che forse dovevamo acquistare una parrucca. Si fermò ad osservare i miei capelli neri che nel frattempo erano cresciuti in volume. Mi rispose che avrebbe chiesto al suo amico cinese -quello dove andava periodicamente a tagliarsi i capelli – se avesse un’amica che facesse al caso nostro. Non prendemmo più l’argomento e continuammo a camminare in silenzio fino a casa ognuno con i suoi pensieri.
La settimana successiva fu un turbinio di prove. Ero un po’ imbranato e dovetti guardarmi tutti i tutorial del web per come ci si trucca e dovetti fare un sacco di prove. Avevo il volto arrossato per le continue barbe che ero costretto a farmi. Gli abiti andavano bene e comincia a depilarmi il corpo. Ogni tanto passava Paolo e passava la mano nelle cosce e nelle gambe per verificare che non ci fossero più peli.
Risposi che non c’era bisogno di vestirsi elegante in quanto non credevo che i partecipanti alla discoteca in maggioranza turisti importasse l’eleganza. Mi rispose: “Si, ma chiaramente devi apparire donna fin dal primo sguardo”. Provai molte volte i vestiti e continuai a tenerli oltre le prove, ufficialmente per adattarmi ai vestiti ma segretamente trovavo eccitante indossare questi vestiti femminili, praticamente li indossavo continuamente notando che mi trovavo sempre più a mio agio, molto più attenta e decisa come se la mia consapevolezza fosse aumentata rispetto a prima e cominciai ad abituarmi ad esserei chiamata da Paolo con il nome di Sara.
Decidemmo insieme che ci saremmo andati il prossimo sabato ed io convenni i con lui che forse con la molta confusione sarei passata inosservata.
Arrivò il venerdì e Paolo nel primo pomeriggio mi accompagnò verso il suo amico cinese, entrammo insieme in bottega il quale ci accolse con un grande sorriso, mi squadrò e poi mi fece cenno di seguirlo in un altro corridoio, lo percorremmo tutto fino all’ultima stanza. Entrammo e cominciò a parlare nella sua lingua con una donna bassina, classica cinese molto magra. Questa si spostò e mi osservò e abbassò la testa per darmi il suo saluto che io ricambiai sorridendole a mia volta. Mi fece cenno con la mano di sedermi in un sgabello. L’uomo che mi accompagnò scomparve dalla stanza. La donna cinese prese i miei capelli e cominciò a tastarli con le mani. Dopo di che mi chiese di alzarmi per andare in un lavabo non certo bianchissimo mi fece cennò di abbassare il capo e cominciò ad aprire il rubinetto.
Davanti lo specchio mi guardai con i capelli bagnati, poi vidi che la donna cinese cominciò ad armeggiare con pettine e rasoio. Chiusi gli occhi per non vedere.
Aprii gli occhi e la donna cinese aveva quasi finito, mi guardai bene davanti lo specchio e all’improvviso capii che cosa aveva fatto: aveva tagliato i capelli creandomi una leggera frangetta e nei lati li aveva lasciato lunghi ma aderenti alle mie guance per incorniciare il volto. Cercava di diminuire la parte scoperta del volto coprendolo con i capelli acconciati. In effetti poi il trucco avrebbe mistificato la parte del viso scoperto con un sapiente uso di un po’ di fondotinta e con gli occhi truccati. “Furba l’amica” pensai. Guardai la donna e annui e sorridendole cercai di farle capire che il taglio mi era piaciuto molto. La donna orientale mi sorrise e fece un inchino cerimonioso.
Quando mi vide Paolo, mi squadrò il capo davanti e dietro e gli piacque il taglio. Forse era quello che aveva in mente lui. Così tornammo a casa con la mia idea di fare una prova generale non so se Paolo era d’accordo. Glielo chiesi e lui fu d’accordo. Arrivati a casa mentre lui telefonava a casa io mi vestii di tutto punto compreso i trucchi che tanto faticosamente avevo imparato ma che ancora non aveva stabilizzato la mia mano tremolante.
Appena fui pronto mi guardai allo specchio. Il risultato mi piacque, In effetti con il viso leggermente nascosto dalle ciocche lunghe mi dava il vantaggio di spostare l’attenzione su altre cose ed è per questo che tutto doveva essere perfetto. Mi presentai da lui che era seduto sopra il divano. Mi fece girare più volte e annui. “Vedi! -mi disse -, chi potrebbe scambiarti per un uomo”. Mi portai le mani sopra il seno imbottito. Tirai i vestiti un po’ qua e un po’ là per sentirmi a mio agio ma vestita così bene con i capelli fatti e truccata di tutto punto mi sentivo completamente un’altra persona. Non esisteva più Saro. La mia parte femminile aveva preso il comando delle operazioni schiacciando la mia parte maschile che appariva completamente annullata.
Mentre mi rimiravo davanti lo specchio Paolo si presentò con un sacchetto dove c’erano dei pacchetti: entrò la mano e ne uscì con un pacchetto che mi consegnò. Appena lo aprii ed estrassi il contenuto dalla confezione capii subito che era un profumo da donna. Lo aprii e me lo spruzzai addosso nei polsi e nel collo. Poi fece nuovamente lo stesso gesto con un‘altra confezione di cartone dove c’erano degli orecchini pendenti che cercai di indossare subito chiedendo a Paolo di aiutarmi a togliere i punti di luce dai miei lobi e appena ci riuscimmo scappai davanti lo specchio per guardarmi come mi stavano.
Tornai in salotto da Paolo con un bel sorriso contenta dell’immagine che avevo vista allo specchio e Paolo aveva il braccio teso con un’altra confezione di cartone. “Ma che è Natale?” scoppiai a ridere. L’aprii immediatamente e c’era un girocollo forse d’argento con un ciondolo grigio, Paolo lo riprese e mi fece girare per aiutarmi col gancetto per farmelo indossare. Mi piacque tanto il risultato – era quasi strepitoso – ero completamente spersonalizzata a favore di Sara. La cosa strabiliante che indossavo quei vestiti non come forma di travestimento ma li sentivo come se fossero miei.
Camminavo avanti e indietro non nascondendo una certa eccitazione. Guardai attentamente vicino Paolo e mi accorsi che c’era un altro sacchetto accanto a lui. “Ma cosa c’è in quel sacchetto?”. “Ah sì!” rispose prontamente, prese il sacchetto e ci entrò la mano: uscì una scatola. Una scatola di scarpe. Me la diede. Spacchettai la scatola e l’aprì e trovai un paio di sandali neri col tacco alto. “Provali” disse con una certa normalità. Mi sedetti sul divano e indossai i sandali. Certo mi sentivo letteralmente sopra i trampoli visto che il tacco era alto circa dieci centimetri, mi rimirai spingendo i piedi per entrare meglio le dita nelle fascette che andavano modulate secondo la monta del piede e il laccetto dietro sopra la caviglia doveva essere un po’ più stretto.
I miei piedi bianchi con le unghia smaltate di rosso scuro spiccavano nel nero lucido della pelle della scarpa. Lo ringraziai e mi alzai per provare la camminata. Feci più volte il corridoio cercando di stare in equilibrio. Qualcosa in me suggerì di abbreviare i passi tenendo i piedi vicino, registrai che anche il portamento era cambiato: il baricentro doveva essere riequilibrato alzando il culo in alto o e il petto si era automaticamente alzato davanti. Il culo ondeggiava mentre camminavo ma serviva anche a tenere equilibrata la camminata. Il perizoma che avevo indossato un po’ tirato per bloccare il pene per non farlo sporgere mi premeva sulla striscia del culo. Dovetti andare in bagno a risistemare i genitali nel perizoma per evitare che mi sfregasse sul culo durante la camminata. Mi sentii più a mio agio dopo averlo sistemato. Tornai da Paolo camminando sui tacchi facendo bene attenzione a non ondeggiare troppo con soddisfazione da parte sua. Mi disse che c’eravamo. “Ottimo lavoro” risposi. Lui si alzò dal divano e mi disse che avremmo mangiato una pizza fuori così avremmo fatto una prova. Rimasi gelata. Bloccata. Ma rimasi in silenzio. Le gambe cominciarono a tremarmi leggermente.
Ci preparammo e io mi sistemai i capelli, una occhiata al trucco e fui davanti la porta pronta per uscire. Paolo mi fermò “aspetta ti manca ancora una cosa”….Lo guardai incuriosita, si allontanò qualche minuto e ricomparve con un’altra scatola di cartone. Presi la scatola e l’aprii. Dentro c’erano una borsa. La provai subito e diedi una occhiata dentro. C’era pure un portafoglio femminile. Lo guardai e dissi “vero! Ma pensi proprio a tutto”! Non potevo camminare da Sara con un portafoglio maschile. Risi per l’imperdonabile gaffe. Paolo si mise a dire che lui pensava a tutto e lo diceva con un tono trionfalistico.
Ridendo cominciammo a scendere da casa e le gambe si irrigidirono malgrado gli inviti di Paolo a rilassarmi ma lui non capiva che un conto era vestirsi da donna in casa un altro era gettarsi nella vita di ogni giorno e stare tra la gente che ti scruta e che ti osserva.
Arrivai in macchina con il braccio di Paolo sopra le spalle per sorreggere il mio passo ancora incerto.
Il viaggio verso la il luogo dove Paolo aveva scelto di mangiare e di fare la prova era a dieci minuti di macchina e il tragitto fu silenzioso. Mi guardai nello specchietto anteriore sempre per verificare che le ciocche di capelli coprissero un po’ il volto. Mi guardai la gonna jeans e la stirai con le mani, allungai i piedi e mi fece un certo effetto guardarmi le lunghe dita che uscivano dalle fascette dei sandali con le unghie smaltate di rosso scuro, lo stesso feci con le mani che le unghie lunghe smaltate dello stesso colore.
La mia mente era affollata di tanti pensieri. Mi girai e guardai Paolo che si mostrava sicuro di sé. Per chi stava facendo questo? Per me ? per lui? Arrivammo nel locale che non era certo pienissimo e scegliemmo un tavolo periferico. Tutto scorreva liscio e non ci fu nessuna anomalia o qualche sguardo di troppo. Tutto nella regolarità. Lo stesso Paolo mi disse che mi ero preoccupata per nulla. Anche io tesissima e molto nervosa, logorata di stare sul chi vive, ora mi stavo rilassando sciogliendomi un po’ e apparendo meno legnosa e rigida. Facemmo qualche passo per prendere anche un gelato e mi accorsi che mi muovevo meglio con meno paura. Paolo mi disse di osservare la regola di dare uno sguardo davanti e uno sguardo ai piedi per controllare dove poggiarli, baricentro sempre centrato tra le gambe in modo che i piedi non rimanessero troppo distanti l’uno dall’altro e mai allungare troppo il passo ma solo passi brevi e lenti.
Facemmo un pezzo di strada camminando concentrata sulle nuove regole e tutto andò bene. Tornammo a casa tranquillamente ed io stessa mi muovevo con naturalezza senza scimmiottare movenze esageratamente femminili.
Finalmente mi lasciai cadere sopra il divano a cercare di riordinare i pensieri mentre Paolo si mise a guardare la TV, si toccava il pacco e mi stavo chiedendo se era il caso di sostituire la sua mano con la mia. Allungai la mano e la poggiai sul pacco abbastanza voluminoso. Chiuse gli occhi. Con la mano feci scivolare la zip e la intrufolai per far uscire il cazzo di Paolo il quale si lasciò scappare un gemito. Presi il cazzo e cominciai a menarlo piano ma insistentemente. La mano di Paolo mi fermò. “No Sara preferisco domani appena torniamo dalla discoteca che sarà al massimo del suo splendore”. A malincuore lasciai quel pezzo di carne e augurandogli la buona notte andai in camera per sistemarmi per la notte.
E venne il giorno del sabato. Durante la mattina cercai di studiare ma avevo il pensiero alla sera della discoteca e del dopo discoteca. Andai in bagno a cospargermi di crema per cercare di fare qualcosa per placare l’ansia . Mangiammo giusto qualcosa e poi andammo a letto ognuna nella propria camera per un pisolino prima di dedicarci a noi.
Ci svegliammo al pomeriggio inoltrato e subito mi piombai in doccia, e mentre Paolo si faceva la barba e si curava il viso cominciai a vestirmi, non ci volle molto. Trattandosi di inizio estate la vestizione si riduceva alla gonna jeans e il top. Certo mi sistemai il reggiseno cercando di aumentare la percezione del seno aiutandomi con le imbottiture di stoffa e utilizzando un reggiseno con i ferretti. Mi sistemai i capelli e mi truccai. Mi sentii bussare dalla mano di Paolo il quale mi fece vedere una scatola di biancheria intima. Aprii e dentro c’era un perizoma nero. Tolsi tutto e misi questo indumento lo ancorai dietro dentro il solco del culo e tirai un po’ per appiattire i miei genitali. “Com’è?? chiese Paolo. Mi sento un po’ tirata risposi. Mi portò un flacone di olio per bambini. Che devo fare dissi? Metti qualche goccia alle pareti dello sfintere ti inumidiranno la zona anale e il “filo scorrerà meglio”. Eseguì all’istante sotto i suoi occhi e cominciai a piegarmi per verificare lo sfregamento del nuovo perizoma sul mio cuio.
Dopo mezzora abbondante eravamo pronti. Dopo un bel sospirone aprimmo la porta e ci avviammo verso la macchina io riuscii a camminare senza problemi coi sandaletti a spillo. Tutto sembrava andare per il meglio. Raggiungemmo la sala dopo venti minuti circa e ci mettemmo in fila per entrare. Molti erano turisti ma la sala sembrava piena.
Appena dentro la sala sentii la musica assordante a tutto volume. Non riuscivo a sentire nulla da Paolo il quale mi parlava ma non riuscivo a capire nulla. Andammo in una zona della discoteca dove c’erano altri ragazzi e ci mettemmo a ballare assieme agli altri.
Comincia a sciogliermi un po’ ballando con Paolo, mi muovevo a ritmo della musica sempre dando uno sguardo ai piedi. La sala si riempì e presto non ci fu molta distante tra gli avventori. In qualche caso i nostri corpi sbattevano accanto agli altri dandomi l’impressione di qualche “mano poggiata” ma non volli neanche approfondire per non crearmi altre tensioni cerebrali. Continuammo una buona mezzora poi Paolo mi fece segni che avrebbe preso da bere e si allontanò e rimasi sola ma rimasi tranquilla a ballare. Il mio sguardo poggiava su tutto e mai si soffermava su qualcosa.
Dopo un bel po’ di tempo mi cominciai a chiedere di dove fosse finito Paolo. Ah ecco lo vidi, si era fermato a parlare con alcune ragazze. Perché mi stava lasciando sola in mezzo a degli sconosciuti. I ragazzi che erano attorno a me non colsero questo mio stato di ansia. Tra il gruppetto c’era un ragazzo sul biondiccio e occhi chiari che si avvicinò a me. Non sembrava un predatore da discoteca forse voleva solo parlare. Mi disse ciao accompagnandolo con un gesto della mano. Risposi al suo saluto sorridendogli. Si mise a ballare vicino a me senza essere invadente, ogni tanto mi sorrideva e io per cortesia lo ricambiavo. Non sembrava italiano pensai. Veniva da un gruppetto dove c’erano anche delle ragazze sul rossiccio e con le lentiggini. Si avvicinò e mi allungò la mano e mi disse che si chiamava Robert e che era inglese ma veniva sempre in Italia e che quindi lo parlava con un po’ di dimestichezza. Annuii e risposi al suo saluto con la mano e dissi a lui che io mi chiamavo Sara. Bene, avevo fatto pure conoscenza con un altro uomo ma in tutto questo che fine aveva fatto Paolo??? Comincia a preoccuparmi non sapevo se andarlo a cercare, i miei occhi roteavano da una parte all’altra nella speranza di vederlo ancora in compagnia ma almeno di vederlo. Mentre la mia mente cercava una soluzione sul da farsi Robert mi raccontò che era in vacanza dalla zia ma lui abitava a Londra. Io annui ma il mio pensiero era rivolto a Paolo. Cercarlo oppure aspettare che ricomparisse? Gli chiesi se era inserito in un gruppo turistico e mi rispose che lui personalmente no ma aveva nel gruppo persone che lui frequentava a Londra e gli faceva da accompagnatore. Chiesi a lui l’orario e ormai mancava Paolo da quasi un’ora abbondante. Gli presi il braccio e lo fermai dal suo parlare e gli dissi che dovevo lasciarlo per andare a cercare il mio amico perché non avevo la più pallida idea di dove fosse finito.
Con il cuore in gola andai per tutta la sala con la speranza che non gli fosse successo niente. Ma non c’era. “Stronzo, stronzo, stronzo” ripetei a me stessa. Aveva rovinato tutto, questo cretino. Cercai in ogni dove, mi fermai. Pensai che forse era uscito. Con la coda dell’occhio vidi la ragazza del bar e ci andai a parlare. Si voltò, mi diede ascolto, le chiesi se aveva visto un ragazzo moro e gli diedi una sommaria descrizione di com’era vestito. La ragazza mi disse che c’era un ragazzo che si era sentito male. Trasalii. Con voce leggermente tremolante le chiesi dove si trovasse e mi disse che si trovava nella sala adibita ad infermeria. Chiesi le indicazioni per arrivarci e mi piombai sul luogo.
Lo trovai disteso su una barella di ferro, dentro la sala c’era un giovane. Ma cosa è successo gli chiesi. Il giovane mi squadrò e mi chiese se ero un parente. Dissi che era il mio coinquilino. Annui. “E’ ubriaco fradicio”! disse. Già l’avevo adocchiato, continuò, beveva per farsi grande con alcune ragazze straniere”. Insomma faceva il cretino, feci io. Il ragazzo scoppiò a ridere. Un bel problema. E ora? Chiesi. “Chiaramente non può stare qui“. Ma come faccio chiesi a lui”. Il giovane mi spiegò che se io non potevo doveva chiamare l’ambulanza. Cercai una soluzione ma sola non ci sarei riuscita mai. Potete aiutarmi a metterlo in macchina chiesi. “Si certo ma poi come fa per scenderlo, hai qualcuno che ti può aiutare?”. Mi venne una folgorazione! Gli chiesi se cortesemente poteva aspettare qualche minuto. Scappai immediatamente alla ricerca di Robert. Lo trovai, gli presi la mano e tornai nella saletta. “Senti Robert, aiutami, devo portare a casa il mio coinquilino che è ubriaco fradicio e io sola non ci riesco. Robert mi disse che doveva tornare in albergo assieme agli altri. “Robert ti prego, ti scongiuro, aiutami, non preoccuparti per il ritorno ti accompagno io non ti lascio da solo.” Dovevo avere uno sguardo implorante perché fece si con il capo. Io tirai un sospiro di sollievo. Andai dal giovane della saletta e gli chiesi se potevo mettere la macchina davanti il locale per farlo caricare di peso. Mi disse che per lui era una ottima notizia che avrebbe chiamato i buttafuori per accompagnarlo fuori dal locale. Mi disse “vada a prendere la macchina”. Dissi a Robert di seguire il movimento dei buttafuori e mi feci consegnare il portafoglio, le chiavi e il portafoglio. Uscii subito dal locale per prendere la macchina. Sistemai il sedile in avanti e partii per raggiungere l’entrata del locale. Scesi dalla macchina e aprii le portiere in attesa di Paolo. Dopo qualche minuto comparve Robert seguito da tre buttafuori i quali avevano preso di peso Paolo e lo fecero entrare in macchina. Meno male che il Suv era spazioso. Ringraziai i buttafuori e invitai a salire davanti Robert. Entrò ancora un poco titubante ma infine entrò. Prima che potesse esserci un ripensamento da parte Sua ingranai la marcia e partii. Era già tardi e non trovammo traffico mentre i nostri dialoghi si ridussero a qualche frase. Arrivammo sotto casa e riuscì a posteggiare proprio vicino il portone di casa. Uscimmo dall’auto e con molta fatica scendemmo Paolo, non si reggeva in piedi e mi sforzai moltissimo assieme a Robert per portarlo a casa al piano. Con immensi sforzi riuscimmo ad entrare in casa e riuscimmo a depositarlo sopra il suo letto. Dovetti riprendere fiato. Poi un po’ più serena lo spogliai. Era tutto bagnato di sudore e faceva un cattivo odore di alcool. “Chissà quanti bicchieri avrà bevuto”. Invitai Robert in cucina e gli offrì del succo di frutta freddo per ritemprarsi. Bevemmo in silenzio solo con i nostri pensieri e i nostri respiri ancora affannati. Poi Robert mi guardò e mi disse che era già tardi e che avrebbe dovuto già essere in albergo per non far allarmare i suoi amici. Gli dissi solo un attimo, controllo Paolo e poi faccio la pipì e mi sistemo un attimo che devo essere stravolta.
Arrivai in bagno e finalmente feci una pipì lunghissima. Ero indecisa se togliere ogni cosa così da farla finita subito. Invece, no, mi dissi che sarei andata fino in fondo. Andai allo specchio e mi ritoccai i capelli e il trucco e una spruzzata di profumo. Ero un po’ più tranquilla. Non volli nemmeno cambiare le scarpe ormai mi ero abituata a stare con i tacchi alti. Andai nella stanza di Paolo. Dormiva. Appresi sulla mia pelle i limiti di questo ragazzo, non sapere dei propri limiti era un gran brutto che si mangiava tutti gli altri pregi che certo aveva. Mi presentai nuovamente davanti a Robert che sentendo i tacchi si era alzato nel frattempo dalla sedia. “Vieni Robert che ti accompagno a casa”, lo dissi con un tono ammiccante e mentre lo precedevo, pensai a Robert con tutta la mia gratitudine per aver aiutato una sconosciuta.
Durante il viaggio non volendo stare in silenzio parlai del più e del meno con lui e malgrado fosse tardi e stanchi eravamo riusciti a stabilire un dialogo. Con l’app trovai il suo albergo e mentre mi dirigevo gli chiesi quando sarebbe partito per l’Inghilterra. Arrivammo di fronte ad una struttura con accanto un giardino e un discreto belvedere, l’aria era calda e la luna si stagliava in alto nel cielo. “Fai il giro dall’altro lato mi disse. Così feci e arrivammo in posto silenzioso dietro il giardino. Spensi la macchina e ci rilassammo.
“Grazie Robert per quello che hai fatto per me”, esordii. Sei un ragazzo d’oro e molto carino Robert. Mi rispose che anche io ero carina. Mi feci seria, senti Robert io sono una ragazza trans che ha iniziato un percorso di transizione. Dissi così perché non sapevo che dire di me. Fu la prima cosa che mi venne in mente per essere sincera con lui. Perfino io mi sorpresi delle parole che uscirono dalla mia bocca. “L’avevo capito” mi disse Robert. Ci fu un momento di silenzio. Poi Robert mi dissi che lui quando era sceso in Italia pensava di avere una storia con una donna italiana e scoppiò a ridere. Risi anche io. Mi faceva tenerezza, era davvero carino. Lo splendore della luna illuminava il silenzio e i suoi occhi chiari. …”e invece, continuò, neanche un bacio ho ricevuto da una italiana” e scoppiò nuovamente a ridere. Io a volte ero impulsiva, avevo delle uscite che evadevano il controllo mentale. E così di getto mi sentii dire che se era per questo non c’era da preoccuparsi, mi allungai all’altro sedile e gli stampai un bacio sulla bocca morbida. Rimasi a metà. Tra il mio e il suo spazio. Rimase sorpreso. Ridendo esclamò – alzando leggermente la voce straniera -, che lui intendeva un bacio vero! Non so che cosa mi prese. Era un insieme di stanchezza, di eccessivo rilassamento, la serata meravigliosa. Ci guardammo negli occhi e poi sempre più vicino fino alla sua bocca, la mia socchiusa e la sua aperta. Mi entrò la lingua che ingombrò la mia bocca e la mia lingua che cercava di lottare per fermare un certo languore che mi attanagliava il basso ventre, ma poi mi lasciai andare accompagnando la sua lingua che usciva e poi irruente la entrava tutta dentro la mia bocca. Gli presi la nuca con la mano e lo spinsi affondando i baci nella mia bocca. Quando finimmo cercai di riprendermi un po’ e gli dissi piano che ora non l’avrebbe potuto dire più che non aveva baciato nessuna ragazza italiana. Sorrise con gli occhi e poi si avvicinò ancora verso la mia bocca. Lo lasciai fare, la sua lingua mi spalancò la bocca e riprendemmo a toccarci con le lingue a piena bocca. Di nuovo con la mano dietro la nuca lo spinsi a me, poi lui con la mano destra prese la mia mano sinistra che era poggiata sul sedile per tenermi in equilibrio e se la poggiò sul suo cazzo. Percepii un bel bozzolo duro. Lo tastai senza timidezza mentre lo baciavo e glielo lisciai con la mano aperta. Non male pensai. E mentre le nostre bocche erano unite la mia mano percepiva che il suo cazzo già eccitato si ingrossava sempre più stirando il suo pantalone.
Mi staccai dal bacio ma la mia mano rimase sul suo intimo pacco. Fece una smorfia Robert. Lo guardai negli occhi e gli chiesi se faceva male. Mi disse che stava resistendo parecchio. Che delicato pensai. La mia mano cercò la zip, la trovò e la tirò poi entrò la mano dentro i boxer e tirò fuori il suo cazzo che sventolava bello dritto. Robert mi fissava negli occhi, io reggevo il suo sguardo mentre con la mano sinistra lo menavo e lo scappellavo liberando la sua cappella rosea lucida. Era più lungo di quello di Paolo ma meno grosso alla base. Potevo sentire i sospiri di Robert che ogni tanto chiudeva gli occhi, lo liberai ancora dal pantalone e gli toccai le palle gonfie di desiderio. A Robert gli scappò un gemito. Già lui era eccitatissimo e io avevo quella sensazione di calore che cominciava a partire dal basso ventre fino alla zona anale che sentivo più umida. Lasciai la mano da sopra il cazzo per mettermi in ginocchio sul mio sedile poi mi fiondai nuovamente sul lungo cazzo di Robert e cominciai a leccargli la cappella lucida con colpetti di lingua umida, poi feci scorrere la punta della lingua sul frenulo e tutto attorno, poi apri tutta a bocca e prima di farlo scomparire tutto dentro la mia bocca calda, lo guardai di lato intensamente con i miei occhia da cerbiatta. Robert gemeva mentre lo spompinavo su e giù, ogni tanto lo uscivo per lappare la cappella per rimetterlo tutto dentro. Il cazzo teso scappellato divenne lucido, poi gli leccai le palle alla base e poi tutto dentro nuovamente. Robert oramai gemeva rumorosamente. Con la voce rotta dal piacere mi disse “Ancora Sara hai una bocca fantastica e una lingua calda”. Quel pezzo di carne veniva leccato dentro la mia bocca ed inumidito a piena lingua. Robert aveva il capo reclinato. Lui con la mano poggiata dietro la mia nuca seguiva i movimenti della mia bocca. Poi lasciò la nuca e me la ritrovai sul mio sedere. Mi toccava il culo con la sua mano calda. Mentre me lo stavo succhiando pensai a quella mano e di quando Paolo mi scopriva il culo infilandomi il dito medio dentro. All’improvviso mi si aprì la mente e mi accorsi che Paolo mi aveva fatto mettere delle gocce di olio proprio nelle pareti del culo per trovarlo accogliente per la sua mazza di carne nel dopo-discoteca. “Che stronzo” pensai. Poi feci l’impensabile. Lasciai il cazzo di Robert, lui si tirò il capo guardandomi negli occhi, gli dissi di stare zitto e di non fare domande. Mi sollevai la gonna jeans fino alla vita sotto gli occhi di Robert, mi sollevai e mentre gli davo la schiena dal suo lato passeggero abbassai le mutande. Mi avvicinai e gli chiesi di scendere un po’ ma sempre verso di me. Lo fece subito. Mi avvicinai con la mano destra tesa dietro fino a quando trovai la sua grossa cappella e poi mi sistemai sopra di lui fino a che raggiunsi con la punta il mio ano.
Robert – gli dissi-, aiutami: prendi il cazzo e posizionalo proprio sotto il culo. Lo fece, sentii la sua cappella bussare davanti l’ano. Divaricai le gambe per allargare la base poi gli chiesi di spingere mentre a mia volta spingevo verso di lui. Spinse forte e io feci pressione in giù per farlo entrare poi sentimmo un rumore come si fosse stappato qualcosa, circostanza che già io conoscevo e che mi eccitava tantissimo e che ci fece gemere dal piacere ad entrambi. mi ricordai di ringraziare a Paolo per quelle gocce di olio sulle pareti del retto e mi trovai tutto il cazzo di Robert infilato nel culo ma non si mosse subito, io iniziai a roteare il bacino per “sentirlo intimamente dentro di me” cercando di memorizzare le sensazioni si, anche di bruciore, ma anche di piacere, quella sensazione di essere piena dietro. Roteando il bacino e fare un movimento di su e giù mi permetteva di lubrificarlo con le mie secrezioni. Poi questo sali e scendi fu aiutato da Robert che cominciò a spingere proprio mentre io abbassavo il culo. E ad ogni affondo il godevo, il culo mi dava sensazioni voluttuose e meno violente rispetto a Paolo. Come se il mio culo godesse dei gemiti di Robert e si godesse quel palo di carne. Cominciai a dimenarmi sopra il suo cazzo, sentivo che sbatteva dentro le pareti del mio retto qualcosa che trovavo meraviglioso poi mi sollevai un po’ e mi lascia cadere nuovamente con i miei gemiti, con quella sensazione di essere piena di lui. Ora capivo le donne che si lasciavano sodomizzare a quale sensazione si riferivano.
Col movimento a cavallerizza sentivo il suo cazzo bellissimo che m’allargava il buco del culo. Robert gemeva e spingeva con i suoi fianchi e ad ogni affondo mi sentivo il retto pieno solo del suo cazzo. Robert accompagnava i miei movimenti per farli coincidere con i suoi ma il mio culo si era allargato e quindi usciva ed entrava ritmicamente facendomi scappare dei gemiti. Contrariamente a Paolo, Robert cercava di farmi godere e aspettava che fosse il mio orgasmo a partire. Il mio di cazzo gocciolante sbatteva sulla mia gonna quasi combattesse da solo piroettando per l’aria. Nei miei movimenti senti che Robert lo penetrava fino ai coglioni e io ogni volta che ci arrivava indugiando e roteando col bacino e chiudendo gli occhi per assaporare il piacere intimo per sentirlo mio. La secrezione rettale e il retto che si era allargato aveva reso i movimenti più fluidi e cominciai ad aumentare il ritmo saltellando sul cazzo di Robert durissimo con affondi che mi lasciavano estasiata di piacere, moltiplicai gli affondi ormai senza alcun ritegno, ormai sbattevo sui suoi coglioni gonfi, ero quasi vicina ad una sensazione di orgasmo, Robert stava zitto concentrato sul suo cazzo. Gli dissi con voce roca “ancora Robert dai lo voglio ancora, non smettere di spingere, spingilo tutto nel mio culo, si ancora, hai un cazzo bellissimo”. Da parte sua le mie parole sortirono che i colpi di Robert erano più forti ad ogni affondo il che equivaleva a ricevere una scarica elettrica di piacere. All’avvicinarsi di questa sensazione cominciai a sussultare moltiplicando i miei affondi, mi facevano male le mani che servivano per stare in equilibrio. Il retto aperto dal cazzo di Robert ad ogni scorrere faceva rumore, si sentiva che oramai mio culo era una fica. lo faceva scorrere , uscire un po’ e poi se lo inghiottiva tutto. Mi sentii chiamare da Robert che stava per venire. “Si, dissi forte, dai Robert sborrami tutto dentro il culo” si fermò diede un ultimo affondo scomparendo fino ai coglioni e poi sentii un liquido caldo proprio quando ebbi un orgasmo fortissimo che tremai tutta dal piacere.
Il cazzo di Robert mi aveva scaricato una quantità immensa di sborra calda. Rimanemmo fermi. Cercammo di respirare normalmente. Poi presi la borsa e da dentro prelevai un pacco di fazzoletti. Mi presi due fazzoletti e altri li diedi a Robert. “Aspetta Robert”, gli dissi, appena mi tolgo scenderà tutta la sborra”. Prendemmo altri fazzoletti che lasciammo alla base del suo cazzo. Approfittai del venire meno del vigore del suo cazzo e appena mi staccai sentii il rumore del mio culo che si stappava. Della sborra uscì fortunatamente sopra i fazzoletti e venne intercettata. Io mi infilai due fazzoletti uniti e mi tappai il buco del culo e tornai nel mio posto di guida. Presi i fazzolettini umidi e cominciai a pulire ogni cosa. Dopo dieci minuti, puliti alla bella meglio scendemmo finalmente dalla macchina. Robert mi raggiunse e facemmo una breve passeggiata a piedi, ile gambe non le sentivo più. Mi tenne la mano e io la sua e arrivammo davanti il portoncino. Portai il mio indice sulla sua bocca, lui capì, mi alzai con i miei sandaletti fino alla sua bocca e lo baciai infilandogli la mia lingua calda in un ultimo bacio. Poi ci guardammo negli occhi e gli dissi “vai!”.
Accesi il motore e diedi un ultimo sguardo a quello che stava attorno a me. Al cielo e a l giardino e alle sue piante alte come sentinelle testimoni della mia pazzia. Poi tornai a casa. Era tardissimo. Arrivata a casa controllai immediatamente lo stato di quello stronzo di Paolo. Poi vidi che era in un profondo sonno. Chissà quanto aveva bevuto lo stronzo!
Andai in bagno, tolsi tutto compresi i fazzoletti utilizzati a mo’ di tappo ed entrai dentro per una doccia tiepida.
Uscì e indossai l’accappatoio e rimasi davanti lo specchio per struccarmi e anche per pensare agli ultimi avvenimenti. Poi mi avvicinai di più verso lo specchio e mi guardai tutto il viso. Gli occhi riflessi sullo specchio.
Poi dalla bocca usci : Sara…che ne sarà di te…..già che ne sarà……
Alma
Note dell’autrice:
Qualsiasi riferimento a cose e/o persone è del tutto fortuito e non è riferito ad eventi precisi. Se qualcuno si è offeso da quanto scritto chiedo scusa fin da ora in quanto ho cercato di rendere irriconoscibili luoghi e persone.
Detto questo, il racconto non è frutto della fantasia dell’autrice ma corrisponde a una storia vera.



scusa, al quarto sono bloccato!
ti ringrazio, mi fa molto piacere sapere che ti sia piaciuto! il secondo capitolo l'ho completato. nel terzo sono bloccato.…
ne ho scritti altri con altri nick...spero ti piacciano altrettanto.
Vedi la tua posta indesiderata
Ti ho scritto, mia Musa....attendo Tue...