I muscoli delle gambe mi tremano, ma dopo un paio di tentativi riesco ad alzarmi in piedi. Lo specchio di fronte a me riflette uno spettacolo a dir poco rivoltante. Ho la faccia sporca di merda. Ce l’ho spalmata sulle guance, sul naso e sulle labbra. Non è molta ma non è questo il punto. La mia dignità è scomparsa, incenerita a forza di scorregge da colui che fino a pochi giorni fa chiamavo cugino, adesso chiamo padrone. Devo smetterla di considerarmi un uomo, è una parte che non posso reggere. Vincenzo ha smesso da un pezzo, ormai, e temo abbia fatto bene perché, a giudicare dal quello che vedo, non c’è più niente di umano in me. Niente.
Lentamente, m’infilo nella doccia ed apro l’acqua. Ho gli occhi chiusi e le immagini che mi passano davanti sono sempre le stesse: il suo viso, la sua risata, il suo corpo’ il suo culo. Dio quanto lo amo, vorrei vivere col muso tra le sue chiappe, ad annusarlo. Ogni mio pensiero è votato a lui mentre l’acqua mi scorre addosso, portando via il suo odore dalla mia pelle. Ma non c’è acqua né sapone che possano lavare via il potere assoluto e devastante che ha su di me e che mi ha ormai impiantato sotto pelle. Lui’ il mio padrone’ il mio bel padrone.
Finisco di fretta ed esco ad asciugarmi, non voglio farlo arrabbiare. Ad un tratto sento un vociare confuso arrivare dall’altra stanza. Non riesco a capire bene cosa dicano, riesco solo a cogliere un qualcosa che suona come:
‘Vincenzo, vado in bagno”
‘Cazzo!’ penso nel panico. Sono ancora mezzo bagnato e nudo come un verme ma apro di corsa la porta e mi fiondo verso la prima camera che trovo. Il cuore mi batte all’impazzata mentre sento dei passi lungo il corridoio e una porta che si chiude. Chiunque sia è entrato nel cesso. Sono in apnea e, poco a poco, mi rilasso. A chi appartiene quella voce, non l’ho sentita abbastanza bene da riconoscerla.
Mi guardo intorno. Mi accorgo di essere in camera di Vincenzo, la grande stanza dove, poco prima, il mio padrone si è schiacciato la sua ragazza mentre si faceva leccare i piedi da me. Su una parete c’è un poster di Belén seminuda con la faccia a bocchinara. Che devo fare? Sono confuso. Dov’è il mio padrone? Per assurdo, sento di aver bisogno di lui in questo momento, ma non m’azzardo ad uscire da lì, potrebbero vedermi. Mi siedo sul suo letto, indeciso sul da farsi e, come mi leggesse nel pensiero, d’un tratto entra nella stanza. Indossa un paio di shorts e una maglietta senza maniche. Che potere che emana. E’ solo un biondino di vent’anni ma, ai miei poveri occhi ormai plagiati, è davvero possente. Ha un sorrisetto pericoloso negli occhi.
‘Giù dal mio letto, cane di merda! Chi te l’ha detto che puoi starci?!’ mi dice a metà tra l’arrabbiato e il divertito. Io mi getto subito a quattro zampe sul pavimento.
‘Scusami padrone! Mi dispiace!’ lui ridacchia mentre alza un piede e me lo poggia sulla testa. Comincia a spingere e mi schiaccia la faccia a contrasto con le piastrelle di graniglia. Mi guarda dall’alto e sogghigna mentre l’odore della sua pelle nuda torna a soggiogarmi:
‘Ho una brutta notizia per te, frocetto!’ mi dice ‘Matteo è dovuto rientrare a lavoro, deve sostituire un collega all’ultimo momento, quindi non viene” lo ascolto e non so se tirare un sospiro di sollievo oppure’
‘So quanto ci tenevi a vedere il suo cazzo, troietta, ma ho una bella sorpresa per te, hehehe!!’ mi schiaffeggia la faccia col piede mentre ridacchia e io tremo. Quelle parole possono solo significare sciagura per me.
‘Fabio è tornato a casa.’ mi dice aspettando una mia reazione. Io lo guardo allibito e lui scoppia a ridere:
‘Hahaha! Hai visto? Lo sapevo che saresti stato contento! Hahahaha!!’
Fabio è l’altro mio cugino, il fratello minore di Vincenzo, un ragazzino furbo e sveglio ma schivo e un po’ impacciato che, anche se certamente non più un bimbo, tutti considerano il piccolino della famiglia. Cos’ha in mente? Non vorrà’
Ridacchiando si abbassa e mi afferra i capelli. Si dirige verso la poltrona sulla quale diversi suoi vestiti giacciono stropicciati dopo l’uso, trascinandomi come un cane. Io provo a non lamentarmi ma sento dolore ai capelli. Si butta a sedere e mi porta la faccia su una delle sue ascelle. E’ sudato, nonostante la doccia di poco prima puzza, ma io so già cosa devo fare. In automatico tiro fuori la lingua e comincio a pettinare quell’umida peluria bionda. Lui ridacchia:
‘Però! Sei un cane intelligente, in fondo! hahahaha!!!’ che gran bastardo che è. Sospira spensierato e si appoggia allo schienale incrociando le braccia dietro la nuca, a godersi la pulizia. Quant’è maschio quell’odore e quanto sono frocio io, cazzo!
‘Dunque, adesso facciamo un bel gioco!’ tremo ma non gli rispondo, continuo a leccare in silenzio il suo sudore acido.
‘Vedi’ Fabio è un po’ imbranato, però è mio fratello” attacca a spiegarmi ”il che significa che, per quanto ti riguarda, è un padrone da servire, troietta, sono stato chiaro?’ me lo sentivo che era lì che voleva andare a parare. Non ci posso credere, non anche con lui! Con la morte nel cuore rispondo: ‘si padrone”
‘Certo, è ancora un moccioso e non sa come gira il mondo” precisa ”ma mi pare scontato che uno solo dei suoi gioielli di famiglia vale infinitamente di più della tua vita di merda!’ chiude la morsa del braccio che sto leccando e io sono intrappolato dalla possanza dei suoi bicipiti. Provo a ripetere un ‘si padrone’ ma esce fuori sono un mugolato animale che lo fa ridere.
‘Hehe! Penso sia arrivato il momento che il nostro Fabietto capisca qual’è il suo posto ma soprattutto qual’è il tuo, schiavo, perciò” quasi mi stritola la testa mentre io guaisco come un animale ”adesso voglio che tu entri in quel cesso e ne esca solo dopo che lui ti avrà usato in qualche modo!’ mi viene di nuovo da piangere ‘Non m’interessa come farai, non è un mio problema, però intendiamoci bene” allenta la presa, mi afferra di nuovo i capelli e mi fronteggia ”se il mio fratellino dovesse spararsi una sega da solo quando ci sei tu in casa, che sei nato apposta” mi sorride perfido ”beh, non vorrei essere nei tuoi panni, checca! Hehehehehe!’ mi dà una sberla piuttosto forte, poi mi strattona di nuovo i capelli, seduto in punta alla poltrona. Nel momento esatto in cui il suo viso, ora così vicino al mio, si contrae in una smorfia, il suo suono gutturale mi fa capire di dover spalancare la bocca al massimo delle mie possibilità proprio mentre lui sputa via una mistura di saliva e muco direttamente sulla mia lingua. Sorride:
‘Ingoia e fai il tuo dovere!’ piega una gamba e mi mette il piede in faccia. Sto per attaccare a leccare, pensando che sia questo il suo volere, ma non fa altro che spingermi via brutalmente. Cado all’indietro mentre lui si alza e si getta sul letto.
‘Muoviti!’ è l’ultima parola che sento, poi esco di camera. Sono completamente schifato ma eseguo e mi dirigo verso il bagno col sapore del suo sputo ancora in bocca.
Resto davanti a quella porta immobile per quelle che sembrano ore, mangiato e torturato da milioni di dubbi, di paure e di domande. Perché vuole coinvolgere anche lui in tutto questo? Non gli basta aver tirato dentro Giulia e Matteo? La mia mente è massacrata dall’indecisione. D’altra parte so quanto Vincenzo tenga al ragazzino e, vedendola dal suo punto di vista, immagino sia una bella comodità avere uno schiavo tuttofare, quindi vuole fargli assaggiare la facile vita da padrone. Perché? Perché mi è successo tutto questo? Con ogni frase, con ogni gesto, il mio caro cugino riesce a rendere la mia esistenza più miserevole, eppure io continuo ad ubbidirgli, non posso farne a meno, cazzo. Basta solo quel suo sorriso strafottente a soggiogarmi.
Prendo un gran respiro e busso alla porta col cuore che sta per esplodermi:
‘Vincenzo, neanche al cesso posso stare?’ la sua voce immatura mi arriva da dentro la stanza. Mi faccio coraggio ed abbasso la maniglia. La porta non è chiusa a chiave, il che mi stupisce un po’, ma del resto Fabio non si aspettava certo che qualcuno lo disturbasse.
La spalanco, nudo come un verme. Entro in fretta e la richiudo alle spalle.
‘Ma che? Gianni, che cazzo fai?!’
Davanti a me c’è un adolescente non molto alto e piuttosto magrolino, seduto sul water con gli shorts alle caviglie e le sue nudità che fanno capolino dal mezzo delle sue cosce.
‘Gianni! Che cazzo ci fai tutto nudo nel cesso di casa mia?!’ mi ripete allibito e un po’ arrabbiato, ma soprattutto imbarazzato. Ha gli occhi marroni incorniciati da un paio di occhiali leggeri dal bordo nero, e un visetto regolare, un po’ infantile, con qualche lentiggine sul naso. I capelli biondo scuro sono abbastanza lunghi, ma non troppo. Li lega con un elastico alla nuca, almeno quelli che ci arrivano, il resto dei ciuffi ribelli gli dondola ai lati del volto e lui passa il tempo a cacciarli dietro le orecchie. Per la seconda volta non rispondo alle sue giuste proteste indignate. Semplicemente m’inginocchio. Lui è sconcertato. Carponi mi dirigo verso la tazza del cesso col suo sguardo che non mi molla, immobile, con la bocca leggermente aperta. Chissà cosa gli passa per la testa, poveretto, mi fa quasi tenerezza. Ma non ci posso pensare, ho un compito da svolgere e devo farlo bene, c’è in gioco la mia incolumità.
Abbasso la testa fino a che la mia fronte sfiora il pavimento tra i suoi piedi nudi e dico:
‘Hai bisogno di me, Padrone?’ non vedo il suo viso ma sento la sua voce:
‘Gianni, ma che dici? Vincenzoooo!!!’ chiama a gran voce ma non ottiene risposta. Alzo gli occhi, adesso sono in ginocchio di fronte a lui.
‘Tu sei fuori di testa!’ mi dice e fa per alzarsi. L’uccello non è del tutto in tiro e gli rimbalza un po’ rigido sulle palle, non lontano dal mio viso. Un pene normale, in effetti, se solo non appartenesse a chi, per semplice diritto di nascita, mi è palesemente e dolorosamente superiore. Vuole andarsene ma io gli cingo le caviglie e getto di nuovo il viso a terra supplicandolo.
‘Lasciami!’ quasi me lo urla, ma io scoppio a frignare e le mie labbra sfiorano inconsapevolmente i suoi piedi chiari e glabri. Alterno qualche umido bacio ai miei singhiozzi, mentre lui sempre più stranito e incredulo:
‘Gianni! Che succede, cazzo?! Smettila!’ si risiede sulla tazza del cesso, non potendo muoversi, è talmente sconvolto che non si copre neanche più. Ha l’uccello sempre a metà e aspetta una mia spiegazione. Passano alcuni secondi, poi:
‘La smetti di piangere e mi dici perché siamo in questa posizione?’ il suo tono è più dolce ora, deve avergli fatto davvero un brutto effetto vedermi piangere. Alzo la testa e mi accorgo che mi sta guardando, è rosso in viso dall’imbarazzo. Riprendo coraggio e decido che la verità è l’unica cosa che posso dirgli.
‘Fabio’ ti prego, scusami’ io’ lasciami spiegare” esito e lui, col volto serio e un po’ confuso mi dice solo:
‘Certo’ dimmi!’ è tutto orecchi. Da dove comincio?! Ingoio e abbasso lo sguardo fino al tesoro proibito.
”sai cos’è quella cosa che’ beh, quello che hai tra le gambe?’ la sua espressione cambia, aggrotta la fronte e mi risponde con un’ovvietà nella voce che tende quasi a darmi dello stupido:
‘E’ un cazzo, Gianni’ ma sei frocio o cosa?’ aggiunge un po’ aggressivo. Vincenzo è il solo a sapere della mia omosessualità.
‘Ti prego, fammi parlare’ io non’ non sono frocio” mento spudoratamente, non so neanche perché ”e’ e fare tutto questo mi fa schifo, te lo giuro’ ma la verità è che’ beh, vedi, io servo tuo fratello” lui continua a guardarmi stranito:
‘Gianni, ma che cazzo dici?’ ingoio e riprendo a spiegargli.
‘E’ così Fabio’ Vincenzo è il mio padrone, non chiedermi perché, ti supplico, però è la verità. Lui ordina e io semplicemente’ eseguo. Qualunque cosa voglia’ QUALUNQUE” sottolineo l’ultima parola con la voce. Lui ha un sopracciglio alzato ma non dice niente, aspetta che io prosegua. Se solo sapesse che nemmeno un’ora prima dentro a quel cesso la mia testa era a contatto con la merda di suo fratello maggiore che scoreggiava e cacava come se io facessi parte dell’arredo, probabilmente vomiterebbe.
‘Lo so che sembra assurdo ma è tutto vero’ lui mi possiede’ e” esito un attimo, poi lo guardo negli occhi e con il cuore in mano gli dico ”e se nelle tue palle c’è il suo stesso sperma’ beh, quanto è vero dio, io DEVO servire anche te, padrone” comincio a singhiozzare sull’ultima parola. Mi accuccio di nuovo e torno a carezzargli con la faccia il dorso del piede che puzza ostentatamente di giovane maschio. Che schifo. Perché lo sto facendo, non mi è stato ordinato! Eppure lascio che il suo odore, come già quello del fratello, mi penetri sotto pelle, strusciata dopo strusciata. Lui mi guarda attento, adesso, ancora senza parlare e il suo pene è rimasto a metà, evidentemente il vedermi in quello stato non gli fa poi tanto ribrezzo.
‘Vedi lui’ lui mi ha spedito qui e se esco da questo bagno senza che tu mi abbia usato per uno qualsiasi dei tuoi bisogni io’ sono fottuto, Fabio’ ti prego” concludo e bacio qualche altra volta la sua pelle chiara, inumidita dalle mie lacrime. Dopo qualche secondo sento la sua voce:
‘Gianni” alzo la testa e lo trovo a guardarmi, è sempre imbarazzato ma ha una strana espressione, probabilmente gli faccio pena ”non so se ho capito quello che hai detto e a dire il vero non so se voglio capirlo’ però una cosa l’ho capita” si tira indietro gli occhiali prima di dirmi ”tu sei malato” non me lo dice con cattiveria, è una semplice quanto platealmente ovvia constatazione dei fatti ”e di brutto” rincara. Abbasso lo sguardo ”però’ sei mio cugino e’ se posso aiutarti’ insomma, hai detto che non puoi uscire di qui finché non ti ho” non trova la parola, o forse non riesce a dirla.
”usato” suggerisco io. Lui prende fiato e sbuffa:
‘Uffa, io sono entrato qui dentro per farmi una sega in santa pace, adesso tu sei lì in ginocchio a dirmi ‘ste cose, mi chiami padrone, che cavolo dovrei fare?’ è indeciso sul da farsi e aspetta che sia io a dirglielo, alla fine è solo un ragazzino. Non gli rispondo ma se non prendo l’iniziativa sono nella merda, metaforicamente parlando, stavolta.
Allungo una mano e lui mi guarda ma non dice niente. Afferro dolcemente la sua asta barzotta che è così calda. Lui apre la bocca ma continua a non fiatare. Il suo respiro è un po’ accelerato, come i battiti del suo cuore. Sospira allibito però è compiaciuto del contatto, glielo leggo negli occhi. Chissà, magari la mia è la prima mano estranea che lo tocca. Comincio a muoverla su e giù, lentamente e la sua orgogliosa virilità me la riempie pian piano. Glielo meno a venti centimetri dalla mia faccia e Fabio mi arriva dentro le narici, arpionandomi il cervello. Quell’odore di sporco e sudato, dato da un’altra giornata terribilmente afosa quanto spensierata, passata probabilmente in giro con i suoi amici e speziato con quel tocco di testosterone a mille che gli adolescenti rilasciano a manetta, mi investe fiero e prepotente.
Lo guardo negli occhi mentre lui già non protesta più. Questa nuova sensazione, evidentemente molto piacevole, gli impedisce di farsi ulteriori domande. Si è rassegnato a godere. Il perverso gioco di Vincenzo si compie.
‘Va bene così, Padrone?’ gli chiedo leggendo già il piacere sul suo bel visetto.
‘mmmmm’. si’ io’ toccami le palle, per piacere’ e sfiorami leggermente la cappella”
‘Si, Padrone” eseguo. L’altra mano mi si riempie del suo scroto gaio e più che cospicuo, ricoperto da una peluria bionda molto, molto rada, appena percettibile. Continuo a segarlo, avanti e indietro, lui ha gli occhi chiusi, forse è imbarazzato ma sta sicuramente pensando a qualche sua compagna di classe che vorrebbe chiavarsi. In questo momento, come ogni maschio di indubbia salute psicofisica, si rende conto che sparare fuori sperma è più importante di qualsiasi altra cosa. Lo guardo’ anzi, no! Lo ammiro e lo vedo per la prima volta con occhi diversi, non so perché ma la mia bocca si apre e non posso evitare di dirgli:
‘Padrone’ tu non devi chiedermi niente per piacere’ basta solo che ordini’ l’unico piacere che conta è il tuo’ solo il tuo” lui sospira e rilassa i muscoli delle gambe, allargandole mentre si appoggia alla parete dietro. Potrei giurare di aver visto l’ombra di un sorriso sulle sue labbra, dopo le mie parole.
Comincia ad ondeggia leggermente sulla tazza dove è seduto, e si morde il labbro inferiore. Cerco di percepire ogni sua smorfia di piacere per capire se sto facendo un buon lavoro o no ma è evidente che la cosa gli piace un sacco. Dopo pochissimo lo sento mugolare, scivola leggermente in avanti sulla tazza, adesso è a dieci centimetri da me, il suo cazzo inizia a pulsare, le sue labbra si contraggono, è tutto sudato:
‘Aaahhh Gianni’ porca puttana’ aaaaahhhhhhh!!!!’
Non mi muovo di un millimetro e lui mi esplode in faccia. Cinque o sei schizzi biancastri, densi e bollenti mi colpiscono la fronte, un occhio, il naso, le labbra, una guancia. Il mio nuovo, ignaro, Padroncino mi imbratta, marchiandomi come suo mentre l’odore del suo sperma mi violenta il cervello, soggiogandomi inesorabilmente a lui. Apre gli occhi col fiato corto e mi guarda, tutto sporco del suo seme. E’ fatta.
Prima che uno di noi abbia il tempo di parlare la porta si spalanca. Immagino chi è, perché Fabio mi da uno spintone per allontanarmi da lui, mi getta con le spalle a terra e si alza di colpo, tirandosi su gli shorts, agitato e imbarazzato davanti al suo fratellone. Vedo Vincenzo sulla soglia che sorride malefico.
‘Vincenzo io” attacca balbettando un po’ per tentare di giustificarsi ”lui’ lui ha detto che” mi indica, sul pavimento.
‘Cosa ti ha detto il cesso, fratellino? Non lo sapevo che la porcellana parlasse, hahaha!!!
Fabio lo guarda con le sopracciglia alzate. Probabilmente non crede alle sue orecchie ma pian piano si rende conto che tutto quello che gli ho raccontato è vero. Vincenzo fa pochi passi verso di me, in un gesto ormai spontaneo e naturale, mi afferra per i capelli e mi trascina verso il cesso, costringendo il mio viso sulla tazza, con la testa al centro del buco, il viso di lato e l’acqua del wc sotto il mio orecchio destro. Lascia la presa e io non oso muovere un muscolo. Guardo i due fratelli, Vincenzo è in piedi davanti a me, Fabio è due o tre passi più indietro, ancora intontito. Il suo sperma mi cola dentro l’occhio e la mia visione si offusca.
‘Caro fratellino” attacca Vincenzo mentre si cala gli shorts. Il suo cazzo viene fuori molle e pigro, ma sempre sovrano e maestoso ”ora sei meno ‘bimbo’! hehehe!!’ gli da una gomitata complice e il ragazzo si schernisce leggermente, arrossendo e sorridendo imbarazzato. Vincenzo si afferra l’uccello scoprendo il prepuzio, divarica leggermente le gambe tornite e, con un liberatorio ‘aaaaahhhhhh’ apre il getto d’oro. E’ caldo il suo piscio, quanto è caldo.
‘Vedi, al mondo esistono gli uomini, come me e te” spiega il maestro, chiacchierando disinvolto, mentre continua a pisciarmi in faccia sotto lo sguardo allibito del suo discepolo ”e poi ci sono quelli come lui che, grosso modo, valgono quanto’ una secchiata del nostro piscio, hahaha!!’ Fabio pende dalle labbra del fratello ascoltando ogni parola di colui che, essendo diversi anni più grande, non solo sa come si porta il cappello ma è un fulgido ed edificante modello da seguire, un pozzo di scienza di vita da cui imparare, una sorta di eroe ai suoi giovani occhi.
‘Lo vedi come sta buono il nostro cuginetto? E’ perché ha giustamente capito qual’è il suo posto nel mondo e l’ha accettato da brava checca e questa è la vita che si merita, hehehe!!’ le ultime gocce mi colpiscono il mento mentre se lo scrolla. Ha finito. Si tira su gli short mentre io resto immobile. Provo ad aprire gli occhi per guardarli.
‘Vincenzo hai appena pisciato in faccia a nostro cugino’. ti rendi conto?’ Fabio è ancora incredulo ed è comprensibile, anche se la sua espressione non è più così scioccata, può darsi che le parole del fratello comincino a sortire un certo effetto? Vincenzo si mette a ridere:
‘Hahaha!! Beh, moccioso non ti sfugge niente con quegli occhiali, vedo!’ il suo tono è quello del fratello maggiore che prende in giro bonariamente il minore ‘Certo che gli ho pisciato in faccia! Dove altro dovrei pisciare, huh?’ ridacchia e sorride beffardo ‘Ho pisciato dove ogni uomo piscia e dove tu hai sborrato poco fa: nel cesso! Hahaha!’ Fabio incamera ogni sillaba di quella grottesca lezione. Adesso ha un’espressione incuriosita e mi guarda fisso. Vincenzo gli poggia una mano sulla spalla e continua la sua perorazione.
‘Vedi piccolo, noi e lui non siamo neanche della stessa specie.’ gli mette un braccio intorno alle spalle, in un gesto amorevole e compagnone mentre con la destra mi indica ‘Guardalo bene!’ i loro occhi mi osservano e sulle labbra di Fabio comincia ad esserci l’accenno di un sorriso. Io sono immobile coperto piscio e dei residui di sperma che Vincenzo non è riuscito a lavar via.
‘Noi respiriamo aria, lui è nato per sorbirsi le nostre scorregge e per annusarci i piedi sudati dopo una giornata d’estate’ hai presente che buon odore hanno quando ti togli le scarpe da ginnastica? hehe!’ anche Fabio sorride sempre più divertito.
‘Quando abbiamo sete noi beviamo coca cola, lui aspetta buono buono finché non abbiamo bisogno di pisciare’ e se è fortunato nel frattempo gli regaliamo un bel rutto sul muso!’ Vincenzo incede impietoso puntandomi il dito, come un verme. Lo shock iniziale di Fabio è ormai sparito. Adesso non è più solo attento ma morbosamente interessato. Io non fiato.
‘Noi bramiamo la figa.’ continua sorridendo ‘Presto imparerai che una volta provato il cazzo della nostra famiglia, nessuna può più farne a meno” gli struffa i capelli ”e allora vedrai che scopate goderecce ti farai, moccioso! Hehehe!!’ Fabio ride adesso, pregustandosi già il momento in cui quell’allettante profezia si avveri.
‘Lui al massimo brama le tue palle sudate e il tuo buco del culo’ sporco se è possibile’ dico bene frocio?!’
‘Si, Padrone” rispondo mesto ricevendo un sorriso perfido.
‘Dai, andiamo!’ si rivolge poi al fratello ‘Non vorrai mica perdere tempo dietro a quella nullità’ le palle te le sei svuotate no?’ fa per uscire dal bagno.
‘Sai che ho fame? Matteo doveva portare le pizze ma non è potuto venire, vediamo che c’è in frigo!’ propone allegro. Fabio è immobile davanti al cesso continua a guardarmi.
‘E lui?’ chiede parlando di me in terza persona, come se io non fossi nella stanza. Con dolore noto che il mio nome è già sparito dalla sua mente.
Vincenzo fa capolino dalla porta:
‘Mangerà dopo, come i cani” mi guarda schifato e divertito ‘Lavati schiavo, non vorrai venire a tavola come una latrina” poi ridacchia ”SOTTO il tavolo intendevo, ovviamente, hahahaha!!!!’ Sento l’eco delle sue risate che si allontana nel corridoio, un suono che, contro la mia volontà, mi eccita.
Raddrizzo il capo mentre Fabio mi studia. Poi si abbassa, mi guarda incuriosito come un bambino che esamina un gioco per la prima volta. Ha due dita sporche di sperma, per la fretta con cui si è coperto poco prima. Me le avvicina alla bocca e, senza dire niente, me le preme sulle labbra. Le dischiudo al contatto e nel giro di un attimo sto succhiando via il suo seme. Lui mi sorride:
‘Com’è il succo dei miei coglioni?’ mi chiede realmente incuriosito.
‘E’ ottimo, Padroncino’ proprio come quello del Padrone” gli dico abbassando lo sguardo. Un conato di vomito mi assale ma deglutisco.
‘Hehehe! Mi spiace, Gianni” mi fa alzandosi e tirandosi un ciuffo dietro l’orecchio ”è la sborra di famiglia, hahaha!’
Si volta, penso che voglia andarsene ma lo sento armeggiare con la zip. Alzo gli occhi in tempo per vedermi le sue chiappe sudaticce davanti al viso. Gira la testa e indietreggia quanto basta perché il suo ano sia quasi a contatto col mio naso. Poi fa esplodere un peto. Inalo il suo tanfo micidiale e rimango inebetito, più che per l’odore perché non mi aspettavo l’avrebbe fatto. Lui si alza gli shorts e si volta di nuovo a guardarmi dall’alto, dov’è giusto che stia.
‘Grazie Padroncino” dico io e lui scoppia in una risata prima di mostrarmi le terga ed uscire dal bagno.
Come raggiunge la cucina li sento spassarsela di gusto, volgari e sguaiati, commentando, inevitabilmente crudeli, la squallida scena che mi ha rivelato agli occhi del piccoletto per la patetica, penosa e pietosa creatura che sono.
Mi faccio una doccia. E’ la seconda in meno di un’ora e la trovo totalmente inutile visto che i loro giochini continueranno ed io continuerò a subirli. Mi asciugo e mi avvio in ginocchio verso la cucina. Vincenzo è ancora seduto a tavola completamente nudo. Il solo vederlo mi fa tremare le ginocchia, anche volendo non potrei mai stare in piedi davanti a lui. Cazzo, di colpo non so perché l’ho fatto per tutti questi anni. Fabio è in piedi, vicino al lavandino, con indosso solo gli shorts. Sta tagliando del pane. E’ il primo ad accorgersi di me, mi guarda e sogghigna, poi torna al suo da fare. Vincenzo mi ha notato ma mi ignora completamente. Attendo ordini.
Fabio si prepara un panino con del prosciutto, poi si siede a tavola, e comincia a mangiare, guardandomi.
‘Vìnce, lo sai che prima, quando in bagno mi supplicava di usarlo si è messo a strusciare la faccia sul mio piede mentre piangeva” finisce la frase già ridacchiando in maniera un po’ infantile e il fratello si unisce a lui ”e poi ha cominciato a baciarmelo” continua tentando, con successo, di ben impressionare il suo fratellone.
‘hahaha! Beh, è normale, piccolo! Te l’ho detto che è stato messo al mondo esclusivamente per servirci, no?! E’ il suo scopo nella vita, quindi si sente realizzato quando lo fa! haha!’ ridono mentre mi guardano.
‘E a te che effetto ha fatto?’ chiede poi il maggiore d’un tratto incuriosito. Fabio ci pensa su, un attimo, poi sorride:
‘Beh, è stato solo per pochi secondi, e poi ero troppo allibito per farci caso, però’ pensandoci ora è stato divertente.’ Vincenzo ride, fiero del suo atteggiamento.
‘Beh, secondo me devi addestrarlo a riconoscere il tuo odore?’ un sorriso negli occhi di Fabio.
‘Davvero?’ gli chiede come aspettasse il suo permesso.
‘Certo fratellino! E’ intelligente, ma è pur sempre un cane, deve ancora capire che odore ha il suo nuovo padroncino e tu devi fare in modo che non se lo dimentichi MAI più! hahaha!!’ Fabio si volta verso di me.
‘Gianni, vieni qui!’ mi muovo a quattro zampe sotto il suo sguardo vispo. Si tira indietro un ciuffo per l’ennesima volta quando sono di fronte a lui che è seduto sulla sedia a torso nudo. Da un morso al suo panino e con la bocca piena mi dice:
‘Baciami il piede come hai fatto prima.’ è ancora leggermente rosso in viso. Io mi accuccio ed obbedisco. Il suo piede lungo è ancora caldo e io bacio la sua pelle chiara, mente il suo odore mi entra nuovamente nel cervello stavolta, ahimè, per restarci. E’ buffo. Non so dire il perché ma è un po’ diverso da quello di Vincenzo, sento la differenza. E’ forse più acuto, più acidulo, ma allo stesso tempo vagamente dolciastro. Cristo, sono davvero un cane!
‘Ma come fa? E’ da vomito!’ commenta Fabio, una nota di disgusto nella voce.
‘Hehe! Già! Te l’immagini che schifo baciare i piedi a qualcun altro?!’ si sente rispondere. Il giovane continua a guardarmi un po’ nauseato. Capirai! E’ lui ad essere nauseato! ‘Eppure guardalo!’ continua Vincenzo ‘Hehe! Hey, checca! Dì a Fabio quanto sei felice di baciargli i piedi!’
Quanto lo odio, dio mio! E allora perché ogni parola che esce dalla sua bocca mi va vibrare l’anima?
‘Sono felicissimo Padroncino, grazie dell’onore!’ mento spudoratamente mentre il rigetto che ormai non mi abbandona mai si fa sentire. Ridono i fratelli. Alcune briciole di pane cadono sul pavimento di fronte a me, inutili scarti del pranzo che il mio incurante cuginetto, il piccolo della famiglia, il mio nuovo padroncino sta masticando a quattro ganasce.
Ad un tratto piega la caviglia in laterale e il piede s’inclina. Capisco di dovergli baciare la pianta e mi accingo a farlo.
‘eheheh!’ sento una nota di rimprovero nella voce di Vincenzo ‘Hai i piedi tutti sporchi a forza di camminare scalzo per casa, moccioso!’ in effetti sulle piante c’è una sorta di patina nerastra. ‘Che si può fare!?’ continua pesantemente sarcastico. Fabio guarda suo fratello divertito, mentre finisce di mangiare il suo panino. Io so già dove vuole andare a parare e mi preparo psicologicamente.
‘Hai suggerimenti, checca?’ ingoio e le parole mi escono di nuovo da sole.
‘Padroncino, sarei così felice di leccarteli fino a che non sono puliti” risate, non solo per le mie parole ma, probabilmente, per il tono piatto e sconfitto della mia voce. Non credo che Fabio si renda conto che faccio tutto contro la mia volontà ma, evidentemente, la cosa lo diverte.
‘Beh, se proprio ci tieni, leccali pure, hehehe!!’ mi concede il piccoletto.
‘Grazie padroncino, quanto sei gentile” e comincio. Glieli lecco per una decina di minuti. Lecco e ingoio lordume, sudore e schifo mentre loro finiscono di mangiare tra una risatina e l’altra.
Dopo aver abusato verbalmente di me per un po’ mi dimenticano e parlano d’altro finché Fabio:
‘Basta, smettila” mi dice, allontanandomeli dalla faccia, poi arriccia il naso ”bleah, adesso sono tutti bavosi, che schifo” sorride, me li appoggia sulla schiena nuda e comincia a strofinarli, per asciugarsi. Vincenzo ridacchia guardando la scena:
‘hehehe! Funziona anche come zerbino, fico! Hahaha!’ poi schiocca le dita indicando il pavimento accanto a sé e io gattono fino a lui che sta, intanto, buttando giù una bicchierata di una qualche bibita gassata. Posa il bicchiere sbattendolo sul tavolo e mi sorride. Mi si avvicina e apre la bocca. Un rutto prepotente m’investe la faccia che io, come un automa, ho messo lì a sua disposizione. Li sento ridere di nuovo, poi Vincenzo mi schiaffeggia un paio di volte e dice al fratello:
‘Dobbiamo dargli da mangiare a ‘sto schiavo, altrimenti non può servirci al meglio, hehe! Prendi un po’ di pane!’
Ha almeno la decenza di nutrirmi, penso.
‘E’ finito! Anche il prosciutto, l’ho usato tutto per i nostri panini” risponde il fratellino con un’intonazione un po’ strana, come credesse di aver sbagliato a non lasciarmi niente. Povero ingenuo, preoccuparsi così per una banale nullità.
‘Cavolo! E adesso?!’ gli fa eco Vincenzo che, con un’apprensione artefatta e menzognera e un luccichio negli occhi, prosegue ‘mmm’ bisogna rimediare” si alza e prende il cellulare sul canterano. Chi cazzo chiama, ora? Che accidenti avrà in mente? Tremo già al pensiero.
‘Akil! Ciao bello, come va?!’ aggrotto la fronte. Akil? Ma che? Akil è un ambulante senegalese che passa spesso in negozio e di cui Vincenzo è affezionato cliente. Da quanto ne so, i due sono abbastanza in confidenza e il mio bel padrone lo chiama sovente per farsi portare la merce direttamente a casa.
‘Si, tutto bene, amico! Sei in giro con Yusuf?’ io e Fabio stiamo a guardare in silenzio, cercando di capire, cercando di immaginarsi che cosa stia per succedere anche se è evidente che le nostre emozioni in questo preciso istante siano diametralmente opposte. Lui sorride e leggo eccitazione nei suoi occhi, quell’eccitazione divertita che si prova quando si sperimenta qualcosa di nuovo ed allettante. Io comincio ad avvertire un presentimento che non riesco a staccarmi di dosso, un presentimento tutt’altro che piacevole.
‘Senti un po! Te la ricordi quella passerina bianca che ti ho promesso?!’ del sudore freddo comincia a formarmisi sulla fronte.
‘Hehehe!! Allora ascoltami bene” il mio padrone si sta allontanando, fino a chiudersi in camera e io rimango con un palmo di naso. Resto immobile.
Un rumore mi desta. Fabio si è alzato dalla sedia e mi guarda. Siamo soli per la prima volta da quando ha scoperto tutto.
‘Gianni, ti piace davvero tutto questo?’ mi chiede serio. E’ la mia ultima chance. Che cosa posso rispondere? Sono mille le cose che vorrei dire e il mio ultimo frammento di orgoglio grida disperato vendetta. Ma sono grida sorde e lontane, attutite e velate dalla sublime superiorità dei miei cugini, del loro essere e dall’indecente inferiorità del mio. Non le posso ascoltare. Abbassando lo sguardo annuisco:
‘Si padroncino” silenzio.
‘Ma perché?’ continua calmo e io vorrei gridargli di smetterla con le domande.
‘Non te lo so spiegare, padroncino’ so solo che è così” lui mi osserva per alcuni secondi, poi torna a sorridere e scuote la testa divertito:
‘Che frocio sfigato, che sei” constata, brutalmente sincero e dai suoi occhi intravedo l’ombra della stessa aria di altezzosa strafottenza con cui Vincenzo mi guarda sempre.
‘Vieni con me, schiavo.’ l’ha capito il gioco, eccome se l’ha capito, ahimè! Lo seguo come un cane nella stanza accanto, il salotto. Lui va verso il divano e si sfila gli shorts e i boxer, lasciandoli cadere per terra. E’ nudo, adesso e si butta a sedere all’indietro, in maniera platealmente scomposta, esattamente il genere di cose per cui mia zia lo rimprovera di continuo. Le palle e il cazzo moscio gli ballonzolano sconciamente. Scivola in avanti talmente tanto da essere quasi sdraiato. Mi fa cenno di avvicinarmi con una mano e, quando mi ha a tiro, mi guida la faccia sotto lo scroto.
‘Annusa.’ mi dice solo e io, neanche a dirlo, ubbidisco alla sua voce un po’ immatura. Ha le palle davvero grosse, sono un piacere per gli occhi. Il suo scroto è florido e gonfio e puzza di sudore e di sborra rafferma in maniera rivoltante. Dio quant’è maschio. Come faccio a negare che valga dieci, cento, mille volte più di me, che non lo sarò mai?! E’ lapalissiano, cazzo!
La vergogna provata in precedenza a mostrarsi nudo si è dissolta. Sorride mentre mi sente annusare, schiacciando il naso il più possibile sulla sua pelle glabra, tra lo scroto e l’attaccatura delle natiche, così terribilmente pungente e umida. Mi spezza quasi il fiato da quanto è violento eppure lo respiro fino a farmi esplodere i polmoni, come avessi paura che sparisse.
Poi accende la TV e io sparisco dai suoi pensieri. Non ci posso credere. Il mio cuginetto Fabio mi ha messo al posto che, giustamente, ritiene più opportuno e adesso m’ignora completamente. Guarda una replica di un episodio di Dragon Ball, da nerd qual’è, e io sto lì ad annusargli le palle sudate. E’ assurdo! E’ completamente assurdo, cazzo! Quel silenzio prolungato è assordante per me, ho bisogno di contatto umano o impazzisco.
‘Come sono grossi e maestosi i tuoi coglioni, padrone” attacco più che mai riverente, tanto per farmi notare ”e che odore pazzesco che hanno’ ti ringrazio dell’onore che”
‘Sta’ zitto! Annusa e basta! Voglio sentire!’ mi secca come un bimbo viziato e petulante senza neanche guardarmi per una frazione di secondo.
Un cartone animato! Perfino una puntata di un fottuto cartone animato che probabilmente avrà già visto più volte è più importante delle mie parole. Parole di venerazione, peraltro, che dovrebbero fargli piacere. Non so perché ma quello stupido gesto, del tutto incurante da parte sua, mi ha umiliato terribilmente. Un’ora col suo fratellone è quanto gli è servito per prendere il suo ruolo seriamente, per accendere una scintilla quiescente che deve essere sempre stata lì. Come se fosse nato per comandare. Come se ce l’avesse nel sangue.
Passano forse un paio di minuti, poi:
‘Portami una coca.’ continua a non degnarmi di un singolo sguardo, intento a seguire il capolavoro cinematografico che riluce sullo schermo. Gli obbedisco. Vado in cucina e prendo una lattina di coca dal frigo. Sbircio nel corridoio con crescente ansia, per capire come mai Vincenzo non ritorni, che starà tramando? Gliela porto e mi riaccuccio ad annusare senza che lui mi dica niente. Non mi aspettavo certo un grazie, ma almeno che mi guardasse anche solo per un attimo.
Sono invece io a guardarlo, quel visetto efebico che mai avrei pensato potesse divertirsi a fare tutto questo. D’un tratto si volta e i suoi occhi sono su di me, finalmente. Ne comprendo il motivo: da ciò che sento il programma dev’essere andato in pubblicità. Mi sorride mentre trangugia cola fresca con un soddisfatto ‘aaaahhhhh’ dopo ogni sorso.
‘Hai sete?’ mi dice poi, porgendomi la lattina come ad offrirmela. Forse gli faccio pena, penso. Annuisco. Lui mi sorride un po’ perfido, si rimette la lattina alle labbra e butta giù tutto, allegramente, lasciandomi a guardarlo come un ebete. Quando ha finito mi guarda e ridacchia.
‘Hehehe! Ci sei rimasto male? Adesso ti faccio bere, tranquillo! Hehe!’ mi guarda con gli occhiali calati quasi sulla punta del naso mentre giochicchia col pisello moscio. So cosa sta per accadere, era ovvio che prima o poi sarebbe accaduto, specialmente dopo il macabro elenco delle mie mansioni che suo fratello gli ha, così eloquentemente, fatto. Tremo. A lui viene un ghigno un po’ sadico in viso.
‘Padrone, ti prego’ questo non l’ho mai fatto’ è” ma mentre pronuncio le parole so di aver fatto un errore madornale. Il ragazzo mi sorride più di prima, tronfio e gonfio, nell’apprendere la cosa evidentemente spassosa quanto eccitante:
‘Davvero? Che figata, sono il primo! Hehe!’ allunga una mano e la stringe sui mie riccioli, poi me lo infila in bocca e spinge, a premermi la faccia contro i, cespuglietto di peli biondi del suo pube adolescenziale.
‘Fermo così.’ il cuore mi batte forte, è un battito di morte, voglio scappare. Anche il mio respiro è alterato mentre la mia lingua sostiene il suo uccello, adagiato come un re su un umido trono. Mi lascia la testa e incrocia le braccia dietro la sua. Non oso muovermi e il suo odore comincia ad annebbiarmi la ragione. Fabio rilassa piano, piano la vescica e il liquido caldo m’invade la bocca. Non devo pensarci! Non devo pensarci! Mi ripeto mentre ingoio la prima dose. E’ terribilmente amaro, nonché acido. Sento già la gola irritarsi. Un conato di vomito mi viene su al terzo ingoio mentre lui mi guarda fisso con un espressione strafottente e nuovamente nauseata. Poi scuote la testa divertito.
‘Cristo, Gianni! Ti sto pisciando in bocca e tu ingoi tutto ubbidiente. Vincenzo ha ragione, cazzo! Altro che cugini! Io e te non siamo neanche lontanamente della stessa specie!’ mi dice con disprezzo.
Le lacrime mi si formano negli occhi ma devo concentrami troppo per non vomitare mentre lui continua a svuotarsi.
‘Che mi sono perso?’ la voce di Vincenzo è sempre affettuosa nei confronti del fratello più giovane.
‘Hehe! Guarda! Sto abbeverando il cesso! Hahaha!!’ dice Fabio orgogliosamente al suo eroe, facendolo ridere.
‘Hahaha!! Sei una forza, pivellino, bravo!, haha!!’ Vincenzo entra nel mio campo visivo buttandosi a sedere sul divano, accanto al fratello, tronfio più che mai.
‘Hahaha! Guarda quant’è contento, cazzo! Hahaha!!!’ commenta deridendomi, poi si rivolge a me ‘Bevi, bevi, che ti fa bene! hehehe!’ E’ barzotto in mezzo alle gambe e io non posso fare a meno di ammirarlo. Quel viso impudente, i pettorali, i muscoli delle braccia, persino quell’ombra quasi impercettibile di pancetta sul basso ventre è fottutamente arrapante, per non parlare del suo cazzo. Nel mio viaggio mentale non mi sono reso conto di aver ingoiato anche le ultime gocce di urina tra le loro risatine e commenti.
‘Gianni, l’ho capito che ti piace il cazzo ma io ho finito di pisciare, hehehe!!’ il commento di Fabio mi riporta alla realtà. Con lentezza lo lascio andare. Anche lui è barzotto adesso, evidentemente il contatto con la mia bocca l’ha un po’ eccitato.
‘Schiavo, vengono un paio di amici, quindi ora tu scompari.’ Vincenzo mi dice ‘Vattene nel cesso così non ti noteranno’ e se dovessero usarlo tu nasconditi nell’armadio a muro dove stanno gli accappatoi, chiaro?!’ faccio un cenno con la testa. Mi volto ed ubbidisco mentre loro ridacchiano.
L’urina di Fabio mi sciaguatta nello stomaco ma mi forzo di far finta di niente. Non voglio vomitare, significherebbe solo più guai. Mentre cerco di pensare ad altro mi ritiro in quella che, ormai, è diventata la mia stanza.
Passa una mezzora circa e, per la seconda volta quel pomeriggio, mi accorgo di uno strano vociare. Gli ospiti sono accolti calorosamente, sento le loro risa dal corridoio. Non riconosco le voci, però. Dopo qualche minuto distinguo dei passi venire verso il bagno e faccio come mi è stato ordinato. Col cuore a mille m’infilo nel piccolo armadio a muro, con la paura d’essere scoperto. Non tanto per la mia reputazione ma per la punizione che mi sarebbe inflitta se disubbidissi.
La porta del bagno si apre e le voci scure di due uomini riempiono la stanza. Parlano in una lingua che non capisco ma un’idea di chi siano, a questo punto, me la sono fatta. Apro la porta scorrevole di pochi millimetri per vederli. Sono due bestioni dalla pelle nera come l’ebano, avranno si e no l’età di Vincenzo, vent’anni al massimo. Riconosco Akil, l’altro dev’essere Yusuf, l’amico del quale il mio padrone chiedeva poco prima al telefono.
Per quale cazzo di motivo sono qui? Lo so che ha a che fare con me, dev’essere così e la cosa mi terrorizza e mi disgusta. Per quanto il giovane ambulante sembri essere un tipo apposto, ogni volta che entra in negozio tendo a salutarlo da una certa distanza perché puzza sempre ed inesorabilmente di sporco, di senzatetto, di malsano sudiciume. E l’altro chi è? Chi lo conosce? Il panico comincia lentamente ad impadronirsi di me perché realizzo che li ha chiamati proprio quando lui e Fabio discutevano su cosa darmi da mangiare. Il pensiero è di per sé aberrante.
I due parlottano tra sé e ridacchiano, è un susseguirsi di stringhe sonore a me completamente sconosciute e risate. Indossano entrambi magliette e jeans così consunti, logori e luridi da fare schifo.
Ad un tratto Yusuf si sbottona i pantaloni e libera una mostruosità che, moscio, gli arriva a metà coscia. Noto soltanto ora che hanno tutti e due un bicchiere in mano, quello del giovane più vicino a me, Yusuf appunto, pare addirittura un grosso boccale da birra. Di colpo, comincia ad urinarci dentro mentre risponde all’amico.
Il senso di frustrazione che si prova ad ascoltare una conversazione che non si comprende per me diventa panico disperato perché so che quella conversazione mi riguarda tristemente. Parte di me vorrebbe comprendere quali siano i dettagli della situazione, la parte più illusa ed ingenuamente speranzosa che sia tutto un errore, un enorme fraintendimento. Ma non ci vuole un genio per capire che non è affatto così e io mi ritrovo con la bocca aperta. Un senso di nausea mai avuto prima mi invade il cervello mentre il piscio giallo, schiumoso e maschio del giovane stallone nero si riversa nel bicchiere, riempiendolo velocemente. Mi gira la testa. Mi sento svenire’ dal terrore. Di colpo, le bocconate che Fabio mi ha fatto ingoiare poco prima, mi sembrano stranamente invitanti. Come cambiano le prospettive in pochi minuti! Sarei più che disposto ad essere la sua lurida latrina per il resto della vita pur di non avvicinarmi neanche a questi due.
La pisciata da cavallo finisce tra le chiacchiere dei giovani e Akil prende una rivista dalla tasca posteriore dei suoi jeans. Se li cala e si siede sul cesso. E’ un altro mostro, come l’amico. Si mette a sfogliare quello che dev’essere un giornaletto porno perché comincia a toccarsi.
Yusuf posa intanto il boccale sul lavabo. Ha l’aria contenta e soddisfatta mentre si riabbottona i jeans. Un altro scambio di frasi e se ne va alla finestra accendendosi una sigaretta.
Il pene di Akil sta cominciando ad indurirsi e, pian piano, tira indietro la pelle del glande, liberando la cappella. Seguo come un automa quei movimenti, concentrandomi come mai prima, per non vomitare. I miei limiti sono testati di continuo e la mia sopportazione aumenta man mano. Ma questo è davvero troppo. La cappella gonfia e scura è completamente ricoperta di una patina bianchiccia. COMPLETAMENTE! Quanto cazzo è che non si lava, questo?! Non ho mai provato tanto ribrezzo in tutta la mia vita. E’ una sensazione orribile. ORRIBILE!
I minuti passano e lui ha cominciato a masturbarsi più velocemente, adesso, ha le gambe aperte e fa su e giù come fosse nel cesso di casa sua. Yusuf ha finito intanto la sua sigaretta e la spegne sul davanzale della finestra, prima di buttarla fuori. Non ci vuole molto perché Akil si alzi in piedi buttando a terra la rivista e prendendo il suo bicchiere. Grugnisce in maniera animalesca, o perlomeno è così che io lo vedo, e ci sborra dentro copiosamente. Se lo spreme a fondo per raccogliere ogni goccia. Ha un bel viso rilassato, adesso.
Un orgasmo. Quell’impagabile sensazione di liberarsi le palle dallo sperma accumulato, mentre i pensieri ti sfrecciano liberi tra i più sfrenati desideri, quelli più intimi e selvaggi. Una sensazione che tutti gli uomini hanno ben presente. A me sembra un ricordo un po’ sbiadito. Mi rendo conto che sono giorni che non mi masturbo, giorni in cui ho visto altri uomini sborrare e spassarsela sotto i miei occhi, per poi assumere quella consueta aria rilassata. Eppure lo facevo di continuo, era il mio sollazzo quasi quotidiano. Ora mi viene da vomitare al pensiero, perché ho visto il frutto di quel naturale gesto, così maschio e possente, finire della mia bocca più di una volta e so perfettamente di aver appena cominciato. In fondo, il mio inferno non dura da più di tre giorni, che cosa sono tre giorni, nell’arco di una vita? La disperazione mi assale per l’ennesima volta. Sono di nuovo sul punto di piangere, che razza di checca isterica che sono, non riesco proprio a trattenermi.
I due ridacchiano e commentano, mentre si ricompongono. Akil si pulisce la mano sporca di sperma sulla maglietta che indossa. Neanche si lavano le mani prima di uscire dal bagno.
Le ginocchia mi cedono, mi rannicchio in un angolino buio e ricomincio a singhiozzare sommessamente ma senza fermarmi, è più forte di me. Mi fanno male gli occhi da quanto ho pianto soltanto oggi.
Passano i minuti e il vociare continua dal salotto, tra risate divertite e parole confuse che non capisco, perso come sono nel fluente fiume delle mie silenziose lacrime, non voglio capire.
Poi la porta dell’armadio a muro scorre e si apre. Davanti a me c’è il mio padrone, in tutta la sua sublime e nuda baldanza. Mi sorride ed io ho una fitta allo stomaco mentre rimiro le sue aggraziate fattezze.
‘Striscia fuori di lì, schiavo! La tua cena è pronta! Hehehe!!’ mentre ubbidisco arriva anche Fabio a godersi la scena. Fa leva sulle mani e, sorridendo, si siede sul largo piano del lavabo, dondolando le gambe in maniera pigra e scanzonata.
‘Sai, ho fatto venire due chef d’eccezione, solo per te, hahaha!! Sei contento?!’ continua Vincenzo ‘Ho raccontato loro che in giro c’è una troietta che muore dalla voglia di ingozzarsi di sborra e piscio di cazzo nero! In fondo è la verità, no?! Hehe!!’ E’ troppo, non ce la faccio. Scoppio nell’ennesima crisi isterica, perdendo totalmente il controllo. Mi getto ai suoi piedi e lo guardo supplichevole, piangendo senza alcun pudore. Un singhiozzare violento ed irrefrenabile che mi fa parlare a salti.
‘Vincenzo’ hic’ ti supplico’ hic’ non puoi!! hic’ non puoi!! hic’ quei due’ hic’ ti prego’ hic’ sono’ sono’ sporchi e’ hic’ e chissà cos’altro’ hic’ io non’ hic’ io non ce la faccio’ hic’ non voglio che mi attacchino qualcosa’ hic’ ti supplico’ hic” gli sto baciando i piedi, per mostrargli tutta la mia sottomissione, cosa che comincia a venirmi fin troppo naturale ”non puoi mettere a repentaglio’ hic’ la mia salute così’ hic’ ti prego’ hic” pian piano struscio la mia faccia su per le sue gambe forti, aggrappandomi a lui. Le mie lacrime bagnano la sua leggera peluria. Quando arrivo all’altezza dei suoi sontuosi genitali vi immergo la faccia e gli bacio i coglioni disperato ‘non pensi alla’ hic’ alla mia incolumità’ hic’ hic”
Con ogni mia parola il cazzo gli diventa sempre più duro, lo vedo alzarsi pian piano, immenso e sovrano di me. Anche il suo corpo sembra diventare gigantesco davanti ai miei occhi annebbiati dalle lacrime. Il suo petto si gonfia talmente che a stento vedo il suo viso padrone, tronfio, sfacciato, malignamente sorridente e soddisfatto. Adora essere supplicato, lo eccita!
‘Ti prego Vinc’ anzi padrone, scusa, padrone” mi correggo mentre continuo a singhiozzare ”faccio quello che vuoi’ si, si, si, tutto quello che vuoi!’ lo guardo speranzoso e sempre più supplice, tentando di convincerlo ‘Hai’ hai bisogno di cagare? Eh? Metto la mia testa volentieri nel cesso, tra le tue gambe ad annusare il tuo fetore’ vicino al tuo meraviglioso buco’ quanto sei possente quando caghi mio signore!!! Amo il tuo culo e tutto ciò che ne esce!!’
Le tento tutte, come una bestia per evitare il macello. Lui mi guarda col suo ghigno divertito e il cazzo di marmo.
‘Oppure’ si’ oppure il padroncino deve andare in bagno?!’ mi getto a baciare i piedi di Fabio, adesso. Mi rendo conto che sembro un esaltato che ha perduto il lume della ragione, un folle delirante ma lo stesso continuo ‘Ooohhh padroncino, come sarei felice di poterti lavare tutto con la lingua’ t’imploro!!!’ alzo gli occhi e lo guardo distrutto. Fabio mi osserva sempre con quel minimo di disgusto, poi guarda suo fratello, mentre io gli sono ancora attaccato al piede.
‘Facciamo così, schiavo” sento la voce di Vincenzo ma non mi volto ”decide il tuo padroncino, per stavolta. Decidi tu Fabio. Preferisci farti una bella cagata e poi farti leccare il culo da lui oppure preferisci guardarlo mentre s’ingoia la sua bella cenetta?’
Ho paura. Una paura fottuta. Preferisco passare mezzora ad annusare, cazzo anche a leccare la merda del mio cuginetto. Tutto fuorché’
Fabio torna a guardarmi serio e io attacco a baciargli il piede di nuovo:
”Padroncino, ti supplico’ ti supplico” piagnucolo. Il giovane si tira indietro un ciuffo e sospira:
‘Vedi Gianni” attacca ”quando ho visto Vincenzo pisciarti senza pudore in faccia, prima, ho pensato fosse impazzito” il mio battito è accelerato ”ora devo decidere se ascoltare le tue suppliche e salvare quanto resta della dignità di quello che pur sempre è mio cugino” poi alza un sopracciglio con un’espressione poco convinta ”beh, si fa per dire naturalmente, come faccio a considerarti mio cugino, ormai?’ precisa, poi torna serio ‘D’altra parte penso che vederti cenare con sborra e piscio di quei due bestioni luridi e mai visti prima, solo per una mia decisione’ solo perché mi diverto a vedertelo fare’ beh, mi farebbe sentire un dio” scuoto la testa disperato e gli do qualche altro bacio ossequioso, con la flebile speranza di far pendere l’ago della bilancia a mio favore ”senza contare che diventerei un figo e il leader tra miei compagni se glielo raccontassi” continua e io sono sempre più nel panico, non so più che cosa fare, né cosa dire ”che decisione, cazzo” mi guarda per qualche attimo e io cerco di trasmettergli tutta la mia disperazione dai miei occhi rossi e doloranti. Ma più passano i secondi più mi rendo conto che il mio destino è segnato, la mia speranza si dissolve mentre il suo volto serio viene illuminato da un sorrisetto.
‘Fanculo la tua dignità! Buona cena, schiavo!’ Vincenzo ride sguaiatamente e così il piccoletto che mi ha appena condannato a morte. Io resto immobile per un istante poi:
‘NOOOOOOOOOO!!!!!’ grido con tutta l’anima e in uno scatto folle scappo da quel bagno, giù per il corridoio e verso l’ingresso. Ho il cuore di nuovo a mille, il sangue mi pompa frenetico in ogni vena del corpo. Devo fuggire, mi dimentico persino di essere nudo come un verme, purché riesca a fuggire da quella casa, da loro due! Afferro la maniglia della porta d’ingresso e il mio sangue imbollentito da quello scatto di umana preservazione si gela di schianto. E’ chiusa a chiave. Provo, provo e riprovo, forzandola, ma non si apre. Il mio corpo è completamente ricoperto di sudore freddo.
‘Non ci siamo schiavo, non ci siamo proprio” sto per sentirmi male, sento il mio cuore battere come un ossesso, mi pulsa anche la testa. Non ho mai avuto tanta paura in vita mia e non ce la faccio a voltarmi. Vincenzo con tutta tranquillità cammina calmo vero di me, seguito da Fabio che lo imita. Aveva previsto la mia reazione.
‘Ti pentirai di questa offesa ai tuoi padroni, schiavo” mi dice sibilando cattivo. Le mie ginocchia cedono. D’improvviso ho il vuoto dentro, sono completamente senza forze, senza speranze, senza volontà, senza umanità. Scivolo in terra e mi ritrovo rannicchiato sul pavimento a tremare come una foglia. Li vedo accanto a me, in piedi, troneggiano sul mio corpo vinto e soggiogato.
‘Cazzo se te ne pentirai” Vincenzo mi mette un piede sulla faccia e comincia a carezzarmi, in maniera grottesca ”e ti pentirai di essere nato in questa famiglia, hehehe” conclude, adesso con un sorriso sulle labbra.
Sono in trappola, un prigioniero senza alcuna via d’uscita, nelle mani di due fratelli sadici e maiali. I miei cugini. Continuo a tremare e li guardo dal basso, dalla posizione a cui la natura mi ha destinato. Ogni minuto che passo con loro mi convince sempre di più di questo, sono davvero nato per servirli e quello che fanno lo fanno perché è un loro diritto. Perché devo starci male? E’ inutile combattere contro la propria natura, no?!
Mentre questa nuova consapevolezza comincia a pervadermi l’anima martoriata vedo la mano di Vincenzo che si stringe sul mio polso. Privo di qualunque reazione contraria mi alzo e mi faccio tirare in bagno docile e mansueto, senza una parola. Per la prima volta veramente schiavo.
Arrivati in bagno mi lascia andare e io torno a quattro zampe. Sotto lo sguardo vigile del suo apprendista, Vincenzo abbassa la ciambella del cesso, prende il primo bicchiere, quello più piccolo e comincia a versarlo su tutto l’ovale, lanciandomi un’occhiata furba e maligna.
‘Beh? Sai cosa fare no? Sei la donna delle pulizie, quindi pulisci, con la lingua, forza! Hehehe!!’ ridono entrambi, in piedi accanto al cesso. Mi avvicino, tremante. Avvicino il naso a quel lordume e ne percepisco di colpo la potenza maschia del nero e lo rivedo selvaggio e virile che sbroda da quel cazzo disumano. Tiro fuori la lingua ed assaggio. E’ acido’ salato’ terribilmente repellente. Proseguo tra le risatine e sotto il loro sguardo divertito, sotto lo sguardo divertito degli uomini di casa.
‘mmmm’ che buona eh, schiavo?’ mi canzona Vincenzo ‘Ti consiglio di assaporarla bene, visto quanto t’è costata” butta là e io alzo lo sguardo.
‘Oooppsss, non te l’avevo detto? Che sbadato! hehehe!! Vedi non avevo spiccioli, dietro, quindi ho usato quello che avevi nel portafogli per pagare i miei amici. E’ un peccato che avessi solo 200 euro, si sarebbero meritati di più, non sei d’accordo? Hahahaha!!!’ tra tutte le angherie che ho subito finora, questa quasi non mi tange.
Con la bocca impastata li guardo. In particolare Vincenzo. Quant’è possente. Non riesco a smettere di ammirarlo, di ammirare il modo in cui è riuscito a ridurmi in questo patetico stato. Il suo corpo non smette mai d’incantarmi, è di quello che sono schiavo e so che lo sarò per sempre. I suoi peli pubici sono sudati, fa molto caldo e lui è eccitato. Il glande è scoperto e semi turgido, una goccia di pre-eiaculazione fila dall’uretra. Si passa la mano lungo tutta l’asta e se la scrolla via. Quei coglioni, tanto grossi e fertili, hanno bisogno di svuotarsi ancora una volta. La sua mano li massaggia, sono pieni e probabilmente gli dolgono. Vorrei essere una donna, in questo momento. Cosa dev’essere avere il suo sublime cazzo tra le gambe’ dentro di sé’ mmmm’ quanto piacere deve provocare ad una fregna bagnata, mentre le sbatte dentro ogni centimetro, violando le sue labbra vaginali ancora e ancora, con un unico, prepotente imperativo: sborrare.
Ma io non sono una donna e la mia cena non è finita. C’è un ultima cosa che devo fare: devo bere. E’ incredibile ma dopo quella spontanea riflessione, perso nelle dolci onde dei suoi bei muscoli mi è tutto così chiaro. E’ vero, non posso soddisfarlo come una donna ma posso procurargli piacere e conosco un unico modo.
Senza alcuna costrizione mi alzo e prendo il boccale da birra, pieno quasi fino all’orlo della fetida urina di un senegalese pulcioso. Non riesco ad immaginare niente di più sudicio e rivoltante. Mi avvicino a lui in ginocchio. Mi porto il bicchiere vicino alle labbra, all’altezza del suo scettro del comando. Lo guardo e, pieno di adorazione, gli dico:
‘Padrone’ bevo perché tu possa godere e divertirti a guardarmi. Qualunque cosa posso fare per dare piacere alla tua immensa grandezza io la farò, te lo giuro. Con questo mio gesto spontaneo di completa sottomissione alla tua meravigliosa persona, ti chiedo soltanto l’immenso onore di poter annusare di nuovo il tuo odore più intimo. Non riesco a farne a meno. Ti supplico, mio signore, lo so che non lo merito ma ti prego, permettimi di divertirti” Vincenzo non riesce a smettere di ridacchiare e scambiarsi occhiate piene di significato col fratello, mentre io comincio a buttare giù, tutto d’un sorso, quel liquido immondo. Mi guardano. Fabio scuote la testa a metà tra il divertito e l’incredulo:
‘Questo si è fottuto il cervello, cazzo!’ dice il giovane e l’altro continua a ridacchiare. Il suo cazzo è ormai di pietra di fronte alla mia faccia. Finisco la mia bevuta e poso il boccale a terra. Vincenzo ha iniziato a menarselo lentamente.
‘Vai a nanna, fratellino, lasciaci soli. Io devo sborrare e non credo che tu voglia assistere, no?’ Fabio sorride e mi guarda:
‘No, non ci tengo, grazie, non sono frocio, come questo qua.’ sottolinea il disprezzo che ha per me con la sua voce giovane, sulle ultime parole. Risatine ‘Buonanotte Vìnce, a domani!’ dice mentre esce, ignorandomi bellamente.
‘Notte, piccolo!’ gli fa eco Vincenzo che ha cominciato a segarsi più forte.
‘E pensare che qualche giorno fa hai fatto tutte quelle storie solo per farmi un pompino, checca, eh?!’ i miei occhi sono puntati sull’asta che è davanti a me. L’odore che mi arriva è sovrastante e ipnotico, come sempre, non posso liberarmi da quell’incantesimo e in fondo non voglio. La cappella è rossa e bagnata mentre le pelle del prepuzio la scopre e la ricopre ritmicamente.
‘Adesso ti sei bevuto quel mezzo litro di piscio, supplicandomi di usarti per divertirmi! Hai fatto dei bei progressi! haha!!’ che parole sprezzanti, che fare baldanzoso.
‘Oohh mi divertirò con te, non ti preoccupare’ vedrai quante belle cose ti farò fare, hehe!’ continua a segarsi. E’ evidente che l’umiliarmi lo eccita. Io, completamente in trans, annuisco, ammutolito.
‘Hahaha! Non parli più?! Mi sa che il moccioso ha ragione, è bastato così poco per fotterti il cervello! E’ stato quasi troppo facile, hahaha!!’ è sempre più vicino, le vene del suo cazzo sembrano esplodere da quanto sono gonfie.
‘mmm’ faresti di tutto per il mio cazzo, vero cagnetta?! mmmm” è arrivato, lo vedo dal suo volto.
‘Aaaaahhhh! Goditi questo bel regalo, schiavo! Aaaaaaahhhh!!!’ mi ricopre il viso di sperma liquido dall’odore denso e asfissiante. Quando gli schizzi sono finiti, con la cappella me lo spalma sulle guance, lentamente, per alcuni secondi. Il suo sorrisetto è terribilmente eccitante. L’uccello gli si ammoscia e lui si volta e va al cesso. Comincia a scaricarsi la vescica e io resto a guardare immobile, come quella mattina, in cui l’ho visto pisciare nel cesso lurido del magazzino. Quando ha finito se lo sgrolla, poi si gira e mi ghigna. Mi afferra per i capelli e per l’ennesima volta quel giorno, m’infila la testa nel cesso, fino ad immergermi il naso nel piscio.
‘Non ti muovere.’ mi dice e a me non passa neanche per la testa di disubbidire. Mi lascia solo per tre, forse quattro minuti, poi lo sento tornare. Mi prende un polso e me lo stringe con qualcosa di metallico, poi fa lo stesso con l’altro e mi rendo conto che mi ha ammanettato al cesso, sotto il tubo di scarico posteriore.
‘Beh, da bere ce l’hai, quindi non crepi, hehe! Goditi una bella nottata di riposo, te la meriti!’ mi deride allegro, poi la sua voce diventa un sibilo pieno di disprezzo e divertita spocchia ‘E per la storia del mio odore stai tranquillo, il culo me l’annuserai a vita, frocio di ‘sto cazzo! hahaha!!’ detto questo lascia cadere il coperchio del water che sbatte sulle mie spalle e, uscendo, spegne la luce, come giustamente si fa quando si è finito di usare il cesso. Io resto immobile, nella più totale oscurità, col seme del mio padrone che cola dal mio viso e goccia ritmicamente nel suo piscio ancora caldo. La mia umanità se n’è andata per sempre e la mia nuova vita è cominciata. Ho il cazzo di marmo e le palle che mi esplodono, vorrei masturbarmi e sborrare, ma non posso, non m’è concesso. Perché dovrebbe? Quella è una cosa che solo gli uomini possono fare.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…