Aeroporto Internazionale di Los Angeles (LAX) – Hall principale – 14 ottobre 2011 – ore 2:17 p.m.
‘Un caffè lungo, macchiato, per cortesia!’ dopo una chiassosa fila, Francis Connor era finalmente arrivato al bancone di uno Starbucks alquanto affollato. Fu sollevato quando fu servito e poté uscire. Aveva appena avuto un’altra lite al telefono con il padre sempre per lo stesso motivo. Soldi. Il suo vecchio proprio non riusciva a spiegarsi come il ragazzo facesse a spendere tutto quello che guadagnava e ad esser sempre in bolletta. Naturalmente non poteva rivelare alla famiglia lo stile di vita che faceva. La versione ufficiale era che vivere in campus era piuttosto costoso, che spesso andava a cene di lavoro e che il suo stipendio era abbastanza da fame. Tutte stronzate, ovviamente, e il giovane si chiese quanto ancora potesse nascondere la verità. Nessuno avrebbe mai e poi mai dovuto saperlo, per nessuna ragione. Era un segreto, gelosamente nascosto dal gruppo in cui Francis con fatica disumana era riuscito a entrare. Si fa per dire naturalmente: i quattro ragazzi che lo usavano non la vedevano esattamente così. Loro erano il gruppo, lui soltanto un oggetto di cui si sevivano per rendersi la vita meno complicata. Ma per Francis era molto più di quanto avesse mai ottenuto dalla società civile. Un’anima gentile con comportamenti antisociali, lasciata sola per tutta la vita, aveva finalmente trovato dei compagni. No, dei padroni. ‘Fa lo stesso’ si disse Francis per la milionesima volta. Gli unici momenti di temporanea lucidità li aveva quand’era lontano da loro e cominciava a pensare, a rimuginare, ad azzardare l’ipotesi che la vita che aveva fatto negli ultimi tre anni magari non fosse l’unica possibile. Ma come cominciava questa tiritera, gli si formava un vuoto cosmico alla bocca dello stomaco, una fitta lancinante che scompariva solo nel momento in cui li rivedeva e riabbracciava la sua vita da schiavo. Era come vivere in due realtà parallele: il brillante assistente universitario e l’umile zerbino. Scosse la testa e fece un gran respiro per ricacciare indietro questi brutti pensieri, visualizzando i loro bei visi. Lo aiutava a stare meglio.
‘E’ la vita migliore a cui potessi mai aspirare… è la vita migliore a cui potessi mai aspirare… è la vita migliore a cui potessi mai aspirare…’ si ripeté quella frase mille e mille volte, come una cantilena. Era stato Chris a dirgliela ed era, di conseguenza, indiscutibilmente vera.
Camminò un po’ per trovare un posto dove sedersi. Aveva controllato i tabelloni elettronici. Il volo era in perfetto orario, il che voleva dire che, considerando i controlli e il ritiro bagagli, aveva minimo una quarantina di minuti da aspettare.
Trovò una panchina in disparte, dietro a una macchinetta per le bibite, non troppo lontano dagli arrivi. Si era portato un libro e cominciò a leggere mentre sorseggiava il suo caffè.
Era passato forse un quarto d’ora quando, senza volerlo, udì un frammento di conversazione:
‘…e quel canestro da tre punti? E’ il migliore, l’ho detto e lo ripeto. Il migliore!!’
‘Si, si, certo! Aspetta di vederlo giocare nel NBA, poi ne riparliamo, quello si che è basket!’ erano le voci di due ragazzini. Si erano fermati davanti al distributore a scegliere cosa prendere. Erano proprio dietro di lui ma non si erano accorti della sua presenza. Francis sentì le monete tintinnare e il tonfo delle lattine. I ragazzi intanto continuavano a disquisire su chi fosse il miglior playmaker o la migliore guardia tiratrice. Poi uno dei due disse:
‘Tu non prendi niente, Lucy?’ Francis sentì un sospiro, poi:
‘Uhmm… come? cosa? uhmm, no Colin grazie, non ho sete…’ la voce della ragazza era distratta e un po’ triste.
‘Oooohh!!’ disse uno dei due ragazzi con una preoccupazione del tutto fasulla e derisoria che Francis conosceva sin troppo bene ‘guarda Scott, la nostra cagnetta è in astinenza, che si può fare?’ Francis spalancò gli occhi mentre ascoltava le loro risatine. Voleva voltarsi, voleva vederli.
‘Hehehe!!! Beh, per succhiarcelo dovrai aspettare che siamo a casa Lucy…’ proseguì l’altro, tronfio, tra le risate ‘…però se fai la brava, in volo puoi leccarci i piedi, che ne dici, ti va l’idea?’ erano convinti che nessuno li sentisse o che a nessuno importasse, evidentemente.
‘Si…’ disse lei sognate mentre si muovevano passando di fianco a Francis ‘…mi piacerebbe molto!’ I ragazzi sembravano due angioletti, uno biondo e uno moro, anche se le loro risate tradivano una buona dose di malizia e impertinenza. L’attenzione di Francis, tuttavia, fu stranamente attratta da lei. Una morettina minuta ma allo stesso tempo formosa che poteva tranquillamente essere il suo alter ego femminile.
‘…ma come facciamo in aereo, mi… mi vedranno tutti!’ chiese lei a metà tra il preoccupato e l’eccitato.
‘beh, il problema non è mica nostro, cagnetta, sei tu che non puoi più farne a meno, no? Hahaha!!’ le disse il biondino e le loro risate si allontanarono con loro. Non l’avevano visto, ma lui era rimasto basito dal loro passaggio. Comprendeva a pieno le sensazioni contrastanti della ragazza, sensazioni che lo investivano che lo investivano a cascata di continuo e che lo tenevano saldamente incatenato al suo destino. Non si era mai posto il problema. Non si era mai chiesto se da qualche parte ci fosse qualcuno… qualcuno come lui! Qualcuno che condividesse le sue passioni e scoprirlo così, dai discorsi di tre perfetti sconosciuti… il pensiero gli dava un certo tepore nell’animo. Rimase a guardarli con un sorriso ebete, finché li perse tra la folla.
Mezzora dopo.
Francis scorse finalmente i visi di Mark e Alex all’uscita passeggeri. Li salutò con un ampio cenno della mano. I due lo videro e gli sorrisero. Non un sorriso affettuoso e neanche amico, un sorriso di scherno, lo stesso che aveva sempre visto sui loro volti, ogni qualvolta lo guardavano. Lo indicarono a un giovane che era lì con loro, un biondino dall’espressione petulante e li vide ridacchiare. Poi lo salutarono e vennero verso di lui.
‘Ciao schiavo!’ disse Alex a voce piuttosto alta dandogli un malevolo schiaffetto in pieno viso.
‘Ti siamo mancati?’ continuò Mark, mentre gli afferrava i capelli e glieli tirava con forza. Lui sorrise beato al dolore.
‘Si padroni, moltissimo!’ era vero, erano quasi tre settimane che non li vedeva. Studiavano in un college differente anche se sempre a Los Angeles e le visite non erano frequentissime. Gli mancavano i loro odori, i loro insulti, insomma tutto il loro essere. Mark lo lasciò ridendo.
‘Beh! Che maniere sono? Ti sei dimenticato come si salutano i tuoi padroni, checca?’ lo apostrofò Alex con le braccia aperte e un sopracciglio alzato. Francis sbarrò gli occhi ed inghiottì nervosamente. C’era gente ovunque intorno a loro. Non potevano chiedergli questo, non in pubblico, non nella hall principale di uno degli aeroporti più affollati al mondo. E se qualcuno l’avesse riconosciuto? Preso dal panico cominciò a balbettare:
‘Pa… pa…. padroni, vi pre… vi prego, non qui… io…’ gli venne in mente un flash della ragazza che aveva appena visto passare, preoccupata di essere vista ‘…dopo, vi prego, quando siamo…’ ma non finì la frase. Alex fece spallucce e con noncuranza gli disse:
‘La scelta è tua frocetto, o ci saluti come si deve qui davanti a tutti, oppure… beh, saremo costretti a sostituirti, vero Mark?’ il panico invase la sua mente.
‘Ovvio! A che ci serve uno schiavo che non ubbidisce!’ avevano i loro soliti sorrisetti sul viso ma Francis era sicuro che stessero parlando sul serio e lo scenario che gli stavano propinando era il suo peggiore incubo, era perdere tutto ciò che aveva ottenuto negli ultimi tre anni, era peggio che… SI! Era peggio che essere riconosciuti da qualcuno, decise.
‘E poi a dirla tutta sto cominciando a stufarmi della tua faccia di merda!’ infierì Mark ma le ginocchia di Francis si erano già piegate per assumere una posizione molto più consona al suo rango. Baciò le Converse di Alex e le Nike di Mark.
‘Bentornati a casa padroni, mi siete mancati’ disse loro alzando la testa, felice di vederli ridere. Il giovane schiavo non si rese conto delle facce allibite di alcuni dei passanti. Non poteva curarsene. Due dei suoi padroni erano a casa. Era tutto ciò che contava.
University of California – Campus studentesco – Appartamento di Chris Donovan e Jesse Daniels – ore 6:39 p.m.
Cody era un po’ agitato. Aveva rimediato di straforo due cassette di birra flirtando spudoratamente con la cassiera dello spaccio fuori dal campus. Non aveva ancora l’età per bere e sperava di ben impressionare i suoi ospiti con questa piccola bravata. E fin lì nessun problema. Solo che gli ci era voluto più del previsto per trovare l’appartamento, il campus era enorme e ancora non aveva tutta questa domesticità. Era una matricola, ma non voleva fare la figura del coglione attivando in ritardo, così aveva corso di buona lena per recuperare il tempo perduto. Si passò una mano tra i capelli umidi prima di suonare il campanello. Era il primo invito che riceveva da questa nuova gang e, stupidamente, si sentiva come uno scolaretto il primo giorno di scuola.
‘Matricola, sei tu?’ la voce di Chris gli giunse dal citofono.
‘Si… scusate!’ rispose un po’ imbarazzato.
‘Alla buon ora!’ gli disse divertito ‘primo piano’ e chiuse la comunicazione. Cody salì le scale di corsa, dandosi del fesso, ma quando gli aprirono la porta, fu accolto da caldi sorrisi e amichevoli risate.
‘Ce l’hai fatta!’ gli disse Jesse mente gli dava il cinque.
‘Si, scusate ragazzi, ho portato un po’ di birra!’ fischi di approvazione e pacche sulle spalle.
‘Dai entra amico! Che fai sulla porta!’ lo accolsero.
‘Questi sono Alex e Mark!’ gli altri due ragazzi gli sorrisero e lo salutarono alzando la bottiglia che avevano in mano. Ricambiò il saluto. Poi successe una cosa molto strana.
‘Oy! Schiavo!’ urlò Jesse dal nulla e Cody, incuriosito, si voltò per capirci qualcosa. Da una porta chiusa, nel corridoio, emerse un tizio a quattro zampe. Indossava una maglietta attillata, un paio di mutande di lattice nere dal cui retro usciva una coda a punta, un collare da cane e un cappuccio, anch’esso di lattice con i buchi per gli occhi, il naso e la bocca. Sulla fronte c’era scritto: USAMI.
Cody rimase basito. Con le sopracciglia alzate e le labbra semiaperte guardava inebetito la scena. Il tizio arrivò scodinzolando finché Chris non gli disse:
‘Ciao frocetto! Questo è il nostro amico Cody…’ alzò gli occhi e lo sguardo gli si congelò. Sembrava avesse visto un fantasma.
‘PADRON Cody per te, ovviamente!’ aggiunse Jesse. Cody e il tizio mascherato si stavano fissando nella reciproca incredulità. Il bell’atleta però, non capiva lo stupore dell’altro. In fondo non era lui quello a quattro zampe con un cappuccio di lattex in testa. I quattro ragazzi ridevano, togliendo forse un po’ d’imbarazzo alla situazione. Doveva essere uno scherzo, forse era uno che voleva entrare in una confraternita e i suoi ‘fratelli’ lo stavano umiliando un po’ per gioco. Conosceva bene come funzionava, sua sorella maggiore aveva fatto parte delle ‘Delta Gamma’, quando frequentava il Colorado College e gliene aveva raccontate di tutti i colori. Era strano, però. Non sapeva che loro ne fossero membri. Tra l’altro gli sembrava di aver capito che i due appena conosciuti non fossero neanche studenti di quell’università.
Chris alzò la gamba e dette una pedata sul fianco del tipo in ginocchio che smise di fissare Cody:
‘Come cazzo si dice, merda?!’
‘Perdonami padrone!’ fu la pronta risposta ‘E’ un piacere e un onore fare la tua conoscenza, Padron Cody’ disse poi rivolgendosi al biondo. Aveva una voce strana, quasi non fosse la sua, eppure aveva un ché di familiare. Cody non ci si soffermò, però. Anzi, superato lo stupore iniziale, cominciava a trovare la cosa divertente. I quattro ragazzi lo stavano osservando ed era lapalissiano che lo stessero mettendo alla prova, era un test, volevano vedere la sua reazione alla cosa. Immaginava cosa volessero da lui e mentre un sorriso gli si formava sulle labbra decise di fregarsene del perbenismo da smancerie e stare al gioco. Dopo qualche secondo rispose:
‘Piacere mio… schiavo?’ disse l’ultima parola con l’intonazione di una domanda come chiedesse agli altri se era quello il nome da usare. Inutile dire che le risate e gli applausi si sprecarono:
‘Impara in fretta il novellino!’ disse il ragazzo asiatico dal divano.
‘Già! Si vede che è uno dei nostri! Hehe!!’ disse l’altro… Mark gli sembrava si chiamasse, mentre si sedeva sulla schiena dello schiavo, il quale, sorprendentemente, resistette al peso senza muoversi.
‘Beh, avevate dubbi? Jesse ed io siamo molto selettivi nello sceglierci le amicizie! hahaha!!’ Tutti ridevano, anche Cody, gonfio degli elogi ricevuti.
‘Dovresti ringraziare il nostro amico, checca! Con tutta questa birra più tardi ti facciamo bere fino a scoppiare! Hahaha!!’ disse Mark agitandogli davanti al muso le 16 bottiglie che aveva comprato poco prima.
‘Grazie infinite, Padron Cody, sei stato molto, molto gentile, davvero!’ ancora risate. A Cody piaceva quella deferenza e, sempre più divertito, disse:
‘Nessun problema, schiavo, hehe!!!’
‘Hehe! Dai muoviti, portami in cucina, non vorrai farmi camminare?!’ continuò Mark.
‘No padrone, non lo farei mai!’ disse lo schiavo con la voce sotto sforzo. Cody vide i suoi occhi lanciargli un ultimo sguardo preoccupato, che lui sostenne dall’alto, mentre ridacchiava, beffardo. Erano dalla parte opposta di una barricata e quei pochi secondi di conversazione avevano determinato da quale parte Cody stesse.
‘Perché? Perché proprio un mio studente, perché!?!’ il panico attanagliava la mente succube del povero Francis. Capiva solo adesso perché gli avessero fatto indossare quella maschera.
‘Forse vogliono soltanto divertirsi, senza che scopra chi sono… Dio mio, speriamo che sia così!’ cercò di tranquillizzarsi girando e rigirando nella sua mente travagliata una situazione che stava diventando sempre più pericolosa. Tra l’altro stava facendo una fatica bestiale a trasportare Padron Mark, nonostante questo fosse un gioco abbastanza frequente, Francis restava sempre un ragazzo mingherlino, mentre il biondo padrone era 80 chili di perfetta muscolatura. Arrivato in cucina, a metà strada tra il tavolo e il frigo cominciarono a tremargli le braccia e si fermò, incapace di continuare.
‘Cos’è? Sei già stanco?’ disse Mark. Francis non ce la faceva neanche a rispondergli.
‘Hehehe!! Vediamo se posso darti un incentivo, hehe!!’ ancora seduto, alzò una gamba e gli mise il piede nudo davanti alla faccia. Francis era allo stremo delle forze ma la sua perversione ebbe la meglio. L’odore nauseabondo e la pianta annerita gli imposero di allungare il collo per arrivare a leccarlo. Era troppo lontano, però. Mark lo teneva a debita distanza, come la proverbiale carota per il coniglio. Francis fu costretto a fare un passo in avanti e poi un altro e poi un altro ancora tra le risa del suo padrone che trovava la cosa prevedibilmente esilarante.
‘Coraggio, ci sei quasi, leccapiedi! Hahaha!!! Ancora un passo! Dai!’ gli allontanava e gli avvicinava il piede mentre gli speronava il fianco con il ginocchio, in un crudele gioco che, però, funzionava alla perfezione. In pochi secondi avevano raggiunto il frigo. Mark si alzò e Francis crollò a terra, sfinito. Il padrone aprì la porta del frigo e cominciò ad infilarci le birre, togliendole dalla confezione. Francis aveva il suo piede a dieci centimetri dalla faccia e, nonostante la stanchezza, allungò il collo nuovamente e con gioia arrivò al suo premio. Leccava il bordo di quel piede lurido e parte del pavimento. Tentò d’inserire la lingua sotto, per assaporare la pianta ma non gli riuscì. Mark fischiettava tranquillo, come si fosse dimenticato di lui. Dal salotto arrivavano le voci degli altri. Avrebbe voluto chiedere spiegazioni al bel biondo riguardo a Cody O’Malley, ma era chiaro che non fosse appropriato: questo si fa in un rapporto paritario, un lusso che Francis non aveva neanche lontanamente. Ciò che i suoi padroni volevano era legge, non dovevano spiegare proprio niente, men che meno ad un oggetto insignificante come lui. Mark continuava ad armeggiare nel frigo. Non appena finito di sistemare le bevande, prese un paio di bottiglie già fresche, chiuse la porta e, senza guardare in basso, calpestò il corpo di Francis, un piede sul petto e uno sui genitali, gravando su questi, con tutto il suo peso, come schiacciasse un fastidioso insetto. Francis strinse i denti, era dolorosissimo. Mark scese dai suoi testicoli e, con due passi, fu alla porta della cucina. Non udì la sua voce, un po’ più stridula del solito, che lo ringraziava.
‘Dai siediti amico, fa’ come fossi a casa tua!’ Chris e Jesse erano davvero ospitali e anche gli altri due lo trattavano con gentile complicità.
‘Eccoti una birra!’ Mark era tornato dalla cucina e gli stava porgendo una bottiglia bella ghiacciata.
‘Grazie, amico!’ Cody gli sorrise e Mark gli fece un cenno come a dire ‘non c’è di che’, per poi buttarsi a sedere su uno dei divani di pelle, accanto ad Alex. Avevano uno schermo da 60 pollici e un impianto audio da paura. Se la passavano proprio bene, accidenti! Cody era sempre più colpito da quel gruppo di ragazzi a dir poco sui generis. Chiacchieravano del più e del meno mentre aspettavano l’inizio della partita, come se l’avere un tizio che gira per casa a quattro zampe fosse la norma. Possibile che lo fosse davvero, per loro? Era troppo curioso.
‘Hum… ragazzi?’ richiamò la loro attenzione. I quattro si voltarono a guardarlo. Si sentì la bocca secca, con i loro occhi puntati.
‘Vi dispiace spiegarmi…’ sorridendo nervosamente, indicò la cucina. I ragazzi sorrisero.
‘Intendi il frocetto, di là?’ chiese Alex.
‘Si, insomma… chi è?’ risatine.
‘Intendi COS’E’!’ Jesse lo corresse. Cody non poté far a meno di ridere.
‘Hehe! Ok, allora… cos’è?’ accentuò il cambio di pronome, come aveva fatto Jesse.
‘Beh, secondo te?’ gli chiese Chris. Lo stava di nuovo testando ma Cody cominciava a riacquistare la faccia tosta di sempre. Alzò le spalle, divertito e buttò là:
‘Il vostro… schiavo?’
‘Bravo amico, sei sveglio!’ gli disse Mark mentre rideva.
‘Beh, per la verità stasera è anche il tuo, amico, haha!!’ gli disse Jesse. Cody rise, quasi incredulo.
‘Dici sul serio?’
‘Certo amico, sei uno di noi, te l’ho detto!’ disse Mark. Cody fece un’espressione soddisfatta:
‘E come avete fatto a…’ continuò, incuriosito, il ragazzo che stava pian piano assaporando la realtà.
‘Hehehe!! Beh, è una storia lunga!’ ridacchiò Alex. Poi Chris gli disse:
‘Ricordi il discorso che facevamo oggi, sui tipi come il tuo prof di fisica?’ Cody ripensò alla conversazione che avevano avuto ed annuì interessato.
‘Beh, diciamo che quello che vedi è uno di loro che circa tre anni fa si è finalmente reso conto della sua inferiorità e ha deciso di fare qualcosa di sensato con la sua vita, hehehe!!’
‘Servire noi! hahaha!’ concluse Alex. Cody ascoltava con una divertita incredulità negli occhi. Non era un ingenuo, aveva letto di sfigati che si eccitano a servire dei padroni ma per quanto ne sapesse era tutto legato alla sfera del gioco sessuale. Si chiese, un po’ preoccupato se i quattro che aveva di fronte sodomizzassero la checca. Non ce li vedeva vestiti di pelle con i frustini e altre cazzate. La sua espressione dovette cambiare repentinamente perché Chris, come se gli avesse letto nel pensiero, cominciò a ridere:
‘Hahaha!! Rilassati, amico, non ci sono froci in questa stanza, nessuno se lo scopa!! hahaha!!!’ Cody si rilassò e cominciò a ridere, dandosi dello stupido per averci pensato.
‘Hahaha!! Ma allora come lo… usate?’ altre risatine.
‘Beh, perché rovinarti la sorpresa, la vuoi vedere una bella dimostrazione?’ Cody sorrise, sempre più entusiasta.
‘Ci puoi giurare, amico!’
‘Hehehe! Bene! Oy, schiavo!’ chiamò Chris. Il tizio arrivò di gran fretta e gli sia accucciò ai piedi.
‘Dunque, vediamo cosa possiamo farti fare…’ disse Chris divertito ‘Cominciamo con qualcosa di facile, facile. Le vedi le scarpe di Cody?’ la matricola abbassò lo sguardo in automatico. Indossava un paio di Converse nere che aveva già da un paio d’anni. La punta di para, una volta bianca, era sul sudicio andante.
‘Si, padron Chris’ disse lo schiavo evitando accuratamente lo sguardo di Cody.
‘Secondo te come sono?’
‘Molto sporche, padrone.’ disse lo schiavo sinceramente.
‘Hahaha!! Hai ragione checca, sono luride! Ottima risposta! Bravo’ gli disse Chris gentile, carezzandogli la testa col piede ‘Ora leccale, finché non tornano pulite, hehehe!!’ Cody non credeva alle sue orecchie ma quando lo schiavo si chinò in avanti ed obbedì all’ordine, scoppiò in una risata pazzesca.
‘hahaha!!!! Non ci credo cazzo! hahaha!!’ anche gli altri ridevano.
‘hahaha!!!’ Come sono?’ lo punzecchiò Chris.
‘Buonissime padrone!’
‘Haha! E allora ringrazia Cody per la cena, schiavo!’ disse Mark appoggiandogli i piedi sulla schiena, come se fosse un tavolino davanti alla TV.
‘Grazie padron Cody, grazie della cena!’ disse succube lo sfigato. Cody rise.
‘Haha! Quando vuoi, schiavo! Haha!!’ non gli sembrava vero. Dove passava la lingua, lo sporco pian piano se ne andava e quell’idiota s’ingoiava tutto.
‘Vedrai quando arriva alla suola, è la sua parte preferita!’ ridacchiò Alex. Era una situazione assolutamente surreale a cui il bel giovane si stava adattando con grande piacere. Se quella checca voleva leccargli le scarpe, liberissimo di farlo a lui non dispiaceva di certo.
‘Ti starai chiedendo perché lo fa’ disse Chris ad un tratto. Cody alzò gli occhi dallo schiavo e ascoltò l’amico.
‘Beh, potrei dirti perché è nato per questo, e che adora tutto quello che gli facciamo fare e bla bla bla…’ disse con espressione quasi annoiata ‘…tutto vero del resto, ma fondamentalmente lo fa perché gli è stato ordinato.’ Cody sorrise a Chris e tra i due passò uno sguardo d’intesa. Poi Cody, ormai perfettamente a suo agio, disse:
‘Beh, amico, francamente non me ne frega un cazzo se gli piace o no, voglio solo che continui a leccare quella merda! Sono sporche e a me servono pulite!’ disse con un ghigno davvero malefico sul viso. I ragazzi scoppiarono a ridere:
‘Hahaha!! Udite, udite! Bravo novellino!! hahaha!!’ Alex e Mark gli dettero il cinque.
‘Hai sentito, checca?’ disse Jesse ‘il tuo nuovo padroncino vuole un lavoro fatto bene! Non deve rimanere niente, mi raccomando!! Haha!!’ Cody era al settimo cielo. Non si era mai divertito tanto in vita sua. Questi ragazzi erano uno spasso e poi vedere quel… quel frocetto davanti a lui. Che sensazione, non sapeva definirla… era qualcosa di simile a…
‘Lo senti, vero?’ Chris gli disse tra le loro risa quasi gli stesse nuovamente leggendo il pensiero. Cody lo guardò, non del tutto sicuro di cosa si riferisse. Il nuovo amico aveva uno strano sorrisetto sul viso: ‘Il potere, amico! Il potere che ti dà controllare qualcun altro! Averlo al tuo servizio, sapere che puoi fargli fare qualunque cosa vuoi perché il suo unico scopo nella vita è quello di farti divertire!’ Cody sorrise, silente per qualche secondo:
‘Oh, lo sento eccome… ed è il massimo, cazzo!’ i ragazzi annuirono sorridendogli. Poi Jesse gli disse:
‘Andiamo amico, non farlo soffrire, alza i piedi e fagli leccare le suole, non vedi che fame che ha! Hahaha!!’ di nuovo scrosci di risa.
Francis iniziò a leccare le suole delle scarpe di Cody. Ordinaria amministrazione per lui eppure, allo stesso tempo, una novità assoluta. In tre anni i suoi padroni gli avevano fatto fare qualunque tipo di schifezza che lui, all’inizio riluttante, aveva fatto perché godeva ad obbedire loro ed aveva finito, poi, con l’abituarsi a tutto, perfino a trovare piacere nel farle. Ma il tutto non era mai uscito dal gruppo.
‘Perché?’ tornò a chiedersi ‘perché?’
Il suo giovane studente lo fissava con un sorrisetto arrogante. Se solo avesse saputo chi c’era dietro quella maschera. Certo che era bello, accidenti se era bello! Si perse nei suoi occhi verdi, privi di pietà, proprio come quelli dei suoi padroni. Aveva sentito Mark dire che era uno di loro e in effetti… beh, aveva tute le carte in regola. Forse era giusto tutto questo. Sicuramente non gli dispiaceva il fatto in sé. Ma la sua paura che qualcun altro sapesse, che il segreto uscisse da quel cerchio sicuro, lo agghiacciava. E poi uno dei suoi studenti!!
E la sua mente ricominciò con l’ossessionante circolo vizioso.
‘Allora, paparino! Dicci un po’ del vostro viaggetto in Texas!’ i ragazzi risero. Chris osservava Cody. Era così contento della reazione del ragazzo. Aveva un sorriso da un orecchio all’altro e si stava divertendo come non mai ad usare la checca. Chris sapeva che Francis stava soffrendo come non mai. Si stava probabilmente martoriando il cervello, chiedendosi perché gli stavano facendo questo, perché avevano coinvolto qualcuno che poteva sputtanarlo in tutto il campus, mettendo a rischio la sua carriera e la sua vita al di fuori di quell’appartamento. Allo stesso tempo però era sicuro che la sua paura fosse accompagnata da una forte eccitazione. Adorava ogni secondo di quello che stava facendo e questo lo faceva stare ancora peggio, creandogli un senso di colpa devastante. Era uno spasso guardare quella scena sapendo tutto questo.
L’amico Mark si schiarì la voce. Stava per cominciare a raccontare ma Alex lo interruppe:
‘Aspetta, prima mettiamo al corrente il novellino, altrimenti non si gode la storia!’ Cody sorrise.
‘Dunque, devi sapere che il nostro Mark, qui, si è sbattuto quella troietta di mia cugina la sera prima del suo matrimonio…’ risate ‘…e nove mesi dopo… BAM!’ si sbatté la mano sulla coscia ‘…abbiamo un bel marmocchio cinese con gli occhi azzurri e i capelli biondi, hahaha!!!’ Cody rise, poi disse.
‘Congratulazioni! Haha!!’
‘Avreste dovuto vedere la faccia di quel coglione di Eddie, il marito! Hahaha!!’ continuò Mark ‘Un tappetto mulatto che andava in giro per tutta la casa a far vedere il bimbo a tutti e dicendo che la sua bis zia era svedese e bla bla bla!! Hahaha!!!’
‘haha! E dì un po’, gli hai rifatto il pieno?’ chiese Jesse. Mark fece un’espressione quasi offesa:
‘Ovvio amico, per chi mi ha preso! Due volte!’ disse ‘Quella puttana voleva cavarsela con un pompino, ma non li sa fare, cazzo!’ aggiunse poi, tra le risa ammirate degli amici.
‘hahaha!!! Hai proprio ragione, amico!’ disse Alex ‘E sai che gliene ho fatta fare di pratica!’ continuò tra le risate ‘sono tipo sei o sette anni che mi succhia l’uccello e ancora non ha capito un cazzo di come si fa!’ Chris, Jesse e Cody ridevano da morire mentre i due ragazzi continuavano il loro racconto.
‘Si! Se ne sta lì a slinguazzarti la cappella per un’ora…’ disse Mark.
‘Già, come se leccasse un gelato, hahaha!!’
‘Esatto! E quando ingoia fa quella faccia schifata!’ il bel biondo la imitò.
‘E’ vero! E gli va quasi sempre per traverso, haha!!’ risate a non finire. Poi dopo qualche secondo.
‘Ragazzi, non sapete quanto tempo ci ho perso a provare ad addestrarla!’ disse Alex scuotendo la testa nel ricordare ‘Quand’ero ragazzino faceva tutta la ritrosa e cominciava sempre nello stesso modo! No, no, no, non possiamo, siamo cugini, sei poco più di un bambino e bla bla bla e poi naturalmente finiva sempre in ginocchio a farsi scopare la faccia, hahaha!!! Se penso a quanta sborra s’è ingoiata! Hahaha!!’
‘Beh, non fartene una colpa, amico! Sono sicuro che hai fatto del tuo meglio…’ Mark consolò l’amico, che rideva ‘…ma, vedi, quella cagna non ci arriva proprio! Però, in compenso, ha un bella fregna stretta, stretta! Haha!! Mi diverto un casino a spanargliela!’ continuò Mark mimando l’amplesso col bacino, mentre i ragazzi intorno a lui si tenevano la pancia:
‘E comunque, è perfetta per farselo ripulire dopo che ho…. ‘seminato’! Hehehe!!’
Dopo una decina di minuti la partita stava per cominciare e la checca aveva leccato le scarpe di Cody ininterrottamente, sino a farle tornare come nuove.
Chris lo interruppe:
‘Ora basta checca, perché non dici a Cody che cosa muori dalla voglia di fare per lui?’ la voce della checca risuonò sopra il vociare della stadio da basket.
‘Padron Cody, ti supplico, concedimi l’onore di toglierti le scarpe e di appoggiare i tuoi bellissimi piedi virili sulla mia faccia da checca in modo che io possa leccare tutto il tuo sudore e lo sporco, ti prego!!’ risate a non finire.
‘Che razza di sfigato che sei!’ scherzò Cody scuotendo la testa.
‘Sicuro! Perché no! Hahaha!!!’ gli disse poi. Lo schiavo dovette sorridergli ma Alex gli dette una pedata nel culo:
‘Non vorrai leccarglieli con la lingua lurida, checca!’ si voltò verso Alex:
‘No! Certo! Grazie Padron Alex per avermelo ricordato…’ chinandosi a baciare il piede che l’aveva colpito. Poi tornò a guardare Cody ‘…torno subito padrone…’ gli disse premuroso e se ne andò di gran fretta verso il bagno.
‘Hahaha!!! Cos’è va a lavarsi i denti, adesso?’ chiese Cody divertito.
‘Hahahaha!! No amico! Ha il permesso di farlo solo quando esce di qui!’ gli spiegò Jesse.
‘Già, per il resto fa i gargarismi con l’acqua del cesso, è perfetta per lui! Haha!!’ concluse Alex.
University of California – Parco del Campus studentesco – ore 11.46 p.m.
Se Cody aveva creduto che farsi leccare le scarpe fosse il massimo, si era dovuto ricredere nel momento in cui aveva premuto il piede nudo sulla faccia della checca. Era sudato, sporco e… beh, vomitevole, in effetti, eppure quell’idiota mascherato gliel’aveva leccato con gioia per quasi un’ora: sopra, sotto, di lato, in mezzo alle dita, succhiandogli l’alluce e ringraziandolo a profusione per l’onore concessogli. Che spettacolo, cazzo! Si era goduto ogni secondo di quel trattamento. Quello si che era potere, avere qualcuno che ti lecca i piedi, letteralmente. Non riusciva a smettere di pensarci sulla strada di ritorno verso il suo dormitorio. Era stata una serata a dir poco incredibile, non avrebbe mai immaginato che si sarebbe divertito fino a questo punto. Ma c’era di più. Quei quattro ragazzi gli avevano aperto gli occhi su una realtà tutta nuova e su possibilità davvero interessanti. Era curioso di sapere l’identità dello sfigato a quattro zampe, ma soprattutto la sua esistenza provava che al mondo ci fossero altri come lui, pronti a tutto pur di ubbidire, di servire, di farlo divertire e di rendergli la vita molto più facile. Cristo, quel coglione si era fatto pisciare in bocca da cinque ragazzi che non potevano, ovviamente, perdersi minuti preziosi della partita per andare al cesso. Gli aveva veramente pisciato in gola, ancora non riusciva a credere di averlo fatto! Gliel’aveva mostrato Alex. Che spasso che era quel ragazzo! Aveva schioccato le dita e il frocetto era balzato da lui tirandogli fuori l’uccello dagli shorts, infilandoselo in bocca e… Incredibile. Senza che lui muovesse un dito! E quello, tutto contento, aveva bevuto ogni goccia… ogni fottuta goccia, cazzo!
Chris e i suoi amici l’avevano invitato a tornare quando voleva, per usarlo e lui non vedeva l’ora di rimettere piede in quell’appartamento.
Salì le scale del dormitorio con la testa gonfia di pensieri nuovi e aprì la porta della sua camera.
Come prevedibile, dentro ci trovò il suo compagno di stanza che studiava.
‘Stewart’ lo salutò chiudendo la porta.
‘Cody’ fu la risposta laconica. Andavano sufficientemente d’accordo però non si poteva dire che fossero amici. Compagni di stanza, compagni di corso in alcune materie, ma non amici. Non avevano granché in comune.
‘Sei rimasto a studiare tutta la sera?’ gli chiese Cody mentre si toglieva le scarpe.
‘No, sono rientrato da un’oretta e non avevo sonno, quindi…’ scrollò le spalle.
‘Cazzo amico, t’invidio! Devo mettermi sotto anch’io e farmi il culo se voglio prendere un voto decente in quel cazzo di esame!’ Cody indicò il testo di fisica su cui Stewart stava studiando.
‘Connor ti ha preso di mira, huh?!’ a Cody scappò da ridere mentre si spogliava.
‘Grazie! Meno male che qualcun altro se n’è accorto!’ condivisero una breve risata. Poi un silenzio un po’ imbarazzante.
‘Beh, se vuoi… posso aiutarti a studiare…’ Cody si voltò a guardarlo sorpreso dall’inaspettata generosità:
‘Dici sul serio, amico? Non sei obbligato a farlo!’ quella frase fece sorridere Stewart.
‘Beh, solo se hai bisogno, intendo…’ Cody gli sorrise.
‘Vuoi scherzare?! Ho bisogno eccome!’ Stewart abbassò lo sguardo e chiuse il libro.
‘Bene, allora domani, magari, facciamo il punto della situazione, che ne dici?’
‘Fantastico, grazie amico, a buon rendere!’ Cody non riusciva a credere a quel colpo di fortuna. Stewart era il cocco di Connor e se lo stronzo avesse saputo che gli faceva da tutor forse avrebbe smesso di rompergli le palle.
‘Beh, io me ne andrei a letto’ gli disse Stewart.
‘Ok, tra un attimo spengo la luce’ gli rispose Cody.
Dopo aver usato il bagno si stese sul letto, al buio, con la testa di nuovo sulla storia del leccapiedi. Che serata! L’adrenalina che aveva provato ma più che tutto… il potere, come aveva detto Chris… che potere!
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…