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Racconti erotici sull'Incesto

Betty Godiva

By 22 Settembre 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Si erano sforzati per insegnarmi il suo nome ‘Zia Betta’, ma avevo cominciato a dire ‘Tà’ Beta’, e così, poi, &egrave andata avanti, anche se per tutti era Betty, fino al giorno in cui mi condusse a visitare una mostra che, tra gli altri quadri, esponeva una tela dov’era una giovane donna, bellissima, in sella a un cavallo gualdrappato rosso; completamente nuda, rivestita soltanto dei suoi capelli, lunghi, rossicci. Sotto, il cartello indicava: Lady Godiva immaginata da John Collier. Mi fermai ad ammirarla. Era incantevole. Tà’ Beta mi guardava sorridendo.
‘Ti piace Piero?’
Annuii energicamente.
‘Si, tà’ Beta, &egrave bella, ma’ ma tu lo sei molto di più, sei splendida’ e poi’ i tuoi capelli neri sono più lunghi, ti arrivano alle ginocchia, sottili e lucidi come seta’ non c’&egrave paragone. Tà’ Beta, tu sei fantastica, altro che quella.. come si chiama?’
‘Lady Godiva.’
‘Beh! Tu sei Betty Godiva! Da oggi ti chiamerò così’ Godiva &egrave il nome di quella signora?’
‘Si, dall’anglosassone Godgyfu che significa regalo di dio, God-gift.’
‘Anche tu, zia, sei un regalo di Dio.’
La guardavo incantato, lei si chinò e mi baciò la guancia.
Avevo dieci anni, allora, e zia, la sorella di mamma, 26.
L’anno dopo si sposava, io ero in chiesa, commosso.
I suoi capelli erano raccolti in una elegante acconciatura coperta dal velo bianco.
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Gli anni dell’adolescenza, che pur paiono lenti a chi li vive, corrono veloci. Gli eventi si susseguono improvvisi, ma se non ci toccano direttamente non ci rendiamo conto di cosa significhino per chi li sperimenta.
Nascita di Sergio, figlio di Betty e Roberto’ due dopo anni l’improvvisa e tragica scomparsa di Roberto. Partecipai ai funerali, abbracciai stretta zia Betty, vedova a soli 30 anni, le dissi che le ero vicino’ mi sorrise’
Ci vedevamo di quando in quando. La mia definizione, Betty Godiva, le stava a pennello. Era bellissima, i capelli sempre lunghissimi e curatissimi.
Venne alla festa della mia maturità, sembrava più giovane delle mie compagne di scuola che avevano molti anni meno di lei. Un abito scuro, semplice ed elegante. Tutti rimasero incantati nel vederla, con quel suo sorriso sereno, un po’ triste, modi dolci, cordiali, perfino affettuosi.
Nessuno credeva che fosse mia zia, vedova, con un figlio’
Mi dette il suo regalo. Lo aprii subito: un orologio da polso, un cronometro, quello che avevo sempre desiderato ( e lei lo sapeva) e un biglietto: ‘da Betty Godiva’.
Il nostro fu un abbraccio non chiaramente definibile. C’era tutto: affetto, tenerezza, un insieme di ricordi e, da parte mia, una sensazione che intenzionalmente consideravo vaga, confusa. In effetti, quel contatto, quella stretta, il calore del suo corpo, mi turbavano, mi eccitavano. E come!
La convinsi a ballare con me. Dopo, però, con gentilezza, evitò di ballare con altri ragazzi.
Non era molto alta, ma quello che più di ogni altra cosa mi affascinava erano le sue proporzioni, e il fluttuare dei lunghi capelli.
La riaccompagnai a casa. Sotto il portone, mi abbracciò di nuovo. Un bacio sulla guancia, che sfiorò le labbra calde.
‘Grazie, Betty Godiva! Grazie!’
Non riuscii a dire nulla. Appena chiuse l’uscio quasi scappai, di corsa.
La notte non potei a dormire. Mi alzai, andai a prendere il libro di storia dell’arte, lo aprii sulla grande riproduzione della venere di Milo.
Ecco, zia Betty era così, un seno sodo e armonioso come quello, e pure i fianchi erano dolcemente e meravigliosamente proporzionati; forse con le stesse fossette civettuole ai lati delle natiche.
Sì, era una favolosa affascinante fusione tra le due ‘Veneri’, quella di Milo e quella detta Callipigia, proprio per il fantastico ‘fondo schiena’.
Ero talmente eccitato che ben poca cosa fu lo sfogo che mi procurai mentre pensavo a lei, Betty Godiva, avvolta nei suoi lunghissimi capelli serici.

Dalla sera della mia festa di maturità, ci sentimmo più spesso, ci vedemmo ogni tanto. L’avevo invitata ad andare al cine, ma trovò mille scuse per non accettare. Ero riuscito, infine, ad andare insieme a gustare un ottimo gelato, in un locale alla moda, con un gruppo musicale.
Come al solito, la riaccompagnai a casa, facendo un lungo giro con lei che si poggiava al mio braccio, al momento di lasciarci il solito un bacetto, sul viso, il mio tentativo di sfiorarle la bocca. Mi sembrò che quasi l’attendesse, e fu come una lieve carezza che si scambiarono le labbra. Mi guardò con tanta tenerezza, mi carezzò la guancia.
‘Grazie, Piero, sei un tesoro.’
‘Grazie a te, Betty Godiva’ vedi’ sei sempre con me”
E le mostrai l’orologio che avevo al polso, quello che mi aveva regalato lei.

Le telefonai il giorno dopo.
Mi disse che Sergio andava dai nonni paterni, a San Martino di Castrozza, e lei non voleva restare sola nella grande casa, preferiva andare a trascorrere qualche giorno nella villetta di Capo Linaro, a Santa Marinella’. Era un po’ isolata, non lontana dalla Torre Chiaruccia dove Guglielmo Marconi faceva alcuni esperimenti. Anzi, aggiunse, perché non vieni anche tu al mare?
Quell’invito inatteso mi agitò’ le chiesi con chi andava ‘ mi rispose che, come al solito, era sola e questa volta senza neanche il figlio. Una donna del luogo l’avrebbe aiutata nella quotidianità della casa’.
Rimasi qualche istante in silenzio, quando le risposi avevo la voce roca.
‘Grazie, zia’ ma non ti sarò di fastidio?’
Sentii una risata, non so se spontanea’
‘Scioccone, come puoi essermi di incomodo’ allora?’
‘Va bene’. Come facciamo?’
‘Perché non partiamo insieme? Se sei d’accordo potremmo andare con la mia auto. Però’ guidi tu!’
E fu così che andai a Santa Marinella.

Partimmo abbastanza presto, al mattino, e alle 10.00 già eravamo a Capo Linaro, dove ci attendeva Marina, la donna tuttofare, che aveva già allestito tutto e fatto ricambiare aria alla casa. Non c’era molta gente, il clima era discreto. Marina ci disse che poco distante avevano aperto una piccola osteria, a conduzione familiare, ‘Remo-Pescatore’, una specie di baracca, aggiustata alla meglio, a non più di cinquanta metri, che disponeva sempre di ottimo pesce. Se volevamo andarvi, però, era meglio avvisarli.
Betty mi guardò interrogativamente, annuii, e lei pregò Marina di informare Remo che saremmo stati li verso le tredici.
Poco dopo Marina chiese se lei servisse ancora, se dovesse tornare il pomeriggio. Betty le dette una lista di cose da acquistare, specie alimenti, e disse che l’attendeva l’indomani mattina, non tanto tardi, col latte.
C’erano i bagagli da disfare, ognuno andò nella sua camera, una di fronte all’altra. Zia Betty mi chiamò, chiese di aiutarla a mettere la valigia vuota sull’armadio. Era un po’ accesa in volto, bellissima, e aveva raccolto i capelli dietro la nuca, legandoli con un nastro. Erano moltissimi, lunghissimi, nerissimi.
‘Come sistemerai, zia, i capelli, quando farai il bagno?’
In quel momento mi lampeggiò il pensiero che avrei visto Betty Godiva in costume da bagno’ seminuda’ mi sentii attraversare da un brivido, e mi eccitai subito.
‘Li raccoglierò, ben stretti, in una cuffia di gomma per andare in acqua e li terrò riparati dal sole con una specie di turbante bianco, di leggerissima tela-spugna, che mi sono fatta fare dalla modista. Eccolo”
Me lo mostrò.
Io, però, ero ancora preso dallo spettacolo che mi si sarebbe presentato.
Vagando con gli occhi, notai una scatola, sulla toletta: Enthaarungscreme.
‘Cosa &egrave, zia?’
Arrossì un po’.
‘E’ una crema depilatoria tedesca’ sai’ devo cercare di depilare le ascelle e’ anche’ Beh, non &egrave esteticamente bello vedere certi peli”
‘Cosa c’&egrave di male? E’ naturale, come i capelli, le ciglia”
Fece un lungo respiro.
‘Non la ho mai usata, devo leggere attentamente le istruzioni per l’uso, cercando di richiamare alla mente le mie cognizioni di tedesco’ puoi aiutarmi?’
Sbarrai gli occhi.
‘Ad adoperare la crema?’
‘Soprattutto a tradurre.’
‘Ci proverò!’

Tornai nella mia camera con un senso di confusione. Stavano accadendo cose impreviste. Quella coabitazione mi turbava’
Messe a posto le mie cose andai nel soggiorno e accesi la TV.
Dopo poco Betty mi raggiunse, indossava un abito di cotone, a libretto, e aveva lasciato i capelli raccolti.
Andammo all’osteria.
Ottimo pesce, e anche il vinello era buono, ma lo assaggiai appena. I miei occhi erano pieni di lei’ ansiosi di contemplarla sulla spiaggia.
Tornammo a casa.
‘Conti di andare al mare, zia?’
‘Non lo so, per ora mi metterò il libertà e mi riposerò”
Mi carezzò il volto e si ritirò nella sua camera. Accostò la porta, senza chiuderla del tutto. Andai a sdraiarmi sul letto. Presi una rivista, la sfogliai, ma non trovavo pace. Pensavo di aver sbagliato ad accettare l’invito. Era un tormento. Zia Betty mi affascinava, eccitava, infiammava’ In fondo ero un giovane nel pieno delle sue forze, e quella donna era incantevole..
Forse era meglio bere un bicchiere d’acqua fresca. Dischiusi la porta. La lieve corrente d’aria che formò fece aprire l’uscio della camera di Betty, quasi del tutto. Era sul letto, mi voltava le spalle, la corta camiciola lasciava scoperte le gambe, gran parte delle cosce’ si intravedeva una natica’ i capelli sciolti la coprivano appena. Il lenzuolo, bianco, era raccolto ai piedi del letto.
Mi avvicinai prudentemente, presi il lenzuolo lo sollevai delicatamente e mi accingevo a coprirla’ In quel momento aprì gli occhi, mi sorrise’
‘Stavo coprendoti col lenzuolo”
‘Grazie, ma ho caldo, basta la camicia’.’
Si guardò e si accorse della sua nudità’
‘Scusa, Piero”
Cercai di sorridere.
‘Sei bellissima Betty Godiva!’
Allungai la mano per toccarle i capelli. Mi prese la mano, la portò alle sue labbra, la baciò teneramente. Mi venne un’idea.
‘Vuoi che ti aiuti ad adoperare la crema per le ascelle?’
‘Prendi il tubetto, leggiamo come si usa’.’
Presi la scatoletta, andai a sedermi sul letto, accanto a lei. Sentivo il calore del suo corpo.
Nella scatola c’era un tubo e una piccola spatola.
Riuscimmo a capire che bisognava spalmare (bestreichen) 2 mill. di crema, aspettare (harren) 2 minuti e quindi rimuovere (entfernen) con la spatel!
Ci guardammo negli occhi e sorridemmo.
‘Proviamo, zia?’
Alzò le spalle.
‘Proviamo, ma &egrave meglio che mi metta in costume da bagno, tu, intanto, prendi un asciugamano, per favore’ ti avverto io”
Quando mi chiamò era seduta sul letto, in vestaglia. E la vestaglia era aperta, sul costume.
‘Zia, &egrave meglio se togli la vestaglia e ti sdrai, col braccio in alto, sul cuscino’ così”
L’aiutai, le presi il braccio, tiepido, liscio, vellutato, l’alzai, lo posai sul cuscino.
L’ascella era coperta di una fitta peluria nera. Svitai il coperchio del tubetto, feci uscire un po’ della crema biancastra, alquanto untuosa, e la misi sull’ascella, col dito la sparsi meglio’ era delizioso carezzarla. Delizioso, sì, ma temevo che l’effetto di quel contatto non sfuggisse allo sguardo di zia’
‘Ora, Betty Godiva, tira su l’altro braccio”
Ripetei l’operazione.
Trascorso il tempo necessario, presi la spatola e mi accinsi a togliere delicatamente la crema’ veniva via facilmente, portando con sé tutta la peluria, completamente. Lo stesso dall’altra parte.
‘Piero, nel cassetto della toletta c’&egrave un vasetto di un preparato per la pelle, ti dispiace prenderlo e metterlo sotto le ascelle?’
Feci tutto come disse lei, e questa volta applicai quel liquido oleoso col palmo della mano, a lungo, con le dita che sfioravano l’inizio della rotondità del seno.
Il mio sesso era violentemente eccitato. Certo zia lo vedeva, ma teneva gli occhi bassi, semichiusi’
‘Grazie Piero, sei straordinario! Dopo devo vedere di togliere qualcosa per’ perché non esca dal costume”
Mi guardò, e il volto era improvvisamente avvampato.
‘Quando vuoi’ mi sto specializzando”
‘Mah, non so’ comunque &egrave bene che cambi il costume’ questo &egrave bagnato’ grazie per ora’ scusa un momento’ farò presto”
Uscii, lei si alzò, chiuse la porta.
Lo so che non dovevo farlo, ma’ mi chinai e spiai dal buco della serratura.
Incredibile, Betty era di fronte allo specchio dell’armadio’ completamente nuta, le sue meravigliose tette da Venere di Milo, e le sue allettanti natiche tonde, altro che la ‘Callipigia’, erano uno vista indescrivibile’ e quel nero dei lunghi capelli sciolti’ ma guarda’ lo specchio rifletté il suo ventre, il suo pube, l’ancora più nero del foltissimo sfolgorante cespuglio triangolare che nasconde il suo sesso. Lo illumina un raggio di sole che cade proprio lì’ riluce come fosse di seta’. Dovetti correre al bagno per’ liberarmi del forte dolore dei miei testicoli! Ero ancora lì, affannato e inappagato, quando sentii la sua voce che mi diceva che potevo tornare. Bussai timidamente alla sua porta. Mi disse di entrare. Di nuovo in vestaglia, seduta sul letto. Il tubo della tale crema era sul comodino. Mi guardò con uno strano sorriso.
‘Piero, mi sono guardata, devo proprio farlo, ma mi trovo a disagio’ mi vergogno farmi vedere da te in questo modo”
‘Quale modo, zia, &egrave come se fossimo sulla spiaggia”
‘Invece no! Non &egrave normale che un giovane della tua età faccia una cosa del genere’ anche se io’ ormai”
‘Ormai cosa?’
‘Per te sono, certo, una tardona’ come dite? Una anzianotta”
Credetti opportuno non rispondere. Mi guardò ancora.
‘Ho ragione, vero Piero?’
‘Zia, credo che se invece di parlare’ avremmo già finito.’
Fece un profondo sospiro.
‘Come devo mettermi? Forse &egrave meglio con le gambe verso la luce’ seduta sul letto”
‘Seduta’ no’ come faccio’ meglio sdraiata’ come prima’ basta che tu scopra la parte da depilare’.’
Strinse le labbra, seguitò a fissarmi.
‘Eppure, Piero, sento di fare una cosa sbagliata’ dovrei adattarmi alla meglio da sola’ coinvolgere te in una cosa così sgradevole’ Però’ non &egrave facile vedere cosa fare”
Usai un tono tra lo scherzoso e l’autoritario.
‘Forza, Betty Godiva, smettiamola con queste perplessità sofisticate’ da sola non puoi riuscirci’ e se non ti fidi di tuo nipote’.’
Mi accorsi subito che quella frase quella parola era stata male scelta.
‘Che c’entra fidarsi’ e di cosa dovrei avere fiducia?’
Notai un’ombra di dubbio nelle sue parole, come un sospetto’
Mi affrettai ad aggiungere, burlescamente.
‘Fiducia nella mia professionalità di estetista, logicamente”
Scosse il capo, lentamente.
‘No’ no’ ho una gran confusione in testa. Mah, chissà se me ne pentirò’ ‘
Si sdraiò sul letto.
‘Devi aprire la vestaglia, zia Betty, altrimenti”
Mi chinai su lei. Aprì la vestaglia, rimasi senza fiato a vedere quelle meravigliose gambe, ben tornite, lunghe, snelle’ le cosce’ l’azzurro scuro della pattina del costume’ Ero estasiato. Sentivo un profumo acuto, delizioso. Il suo profumo. Dovevo agire decisamente. Guardai zia Betty, era rossa in volto, la fronte increspata, le labbra strette, mi osservava attentamente. Con ostentata disinvoltura presi dolcemente le sue caviglie e le dischiusi le gambe’ pochi peletti sfuggivano dal costume’ Ora dovevo toccarla, spalmare la crema’ Mi tremavano le mani. Cercando di alzare la testa, mi chiese se c’era molta ‘roba’ da togliere. La rassicurai, pochissimo’ dove finiva il costume. La guardai, era rossa in volto’
C’era poco da fare, dovevo scostare l’orlo del costume per mettere la crema. Appena le dita la sfiorarono, l’eccitazione che già mi aveva invaso, divenne penosa, m’era difficile anche respirare. Dovetti dolcemente far uscire qualche nerissimo e riccioluto pelo’ presi la crema, e stavo per spalmarla ‘
‘Zia, &egrave bene mettere qualcosa, non so, un asciugamano, che impedisca alla crema di sporcare il costume, dove posso prenderla?’
‘Per favore, Piero, va nel bagno e prendi due piccoli asciugatoi di tela, i più piccoli.’
Andai, e dopo un istante tornai con quello che mi aveva chiesto.
‘Ora li metto, zia”
‘No, dalli a me, ci penso io”
Li prese ma, logicamente, per infilarli sotto al costume dovette sollevarne gli orli. Magnifica visione del nero cespuglio del pube, e violenta reazione nei miei pantaloni. Tanto per darmi importanza, aggiustai quella specie di salviette, presi la crema, la misi sulle dita e cominciai a spalmarla lungo l’inguine.
Una sensazione paradisiaca, inebriante, non avrei mai smesso quella carezza’ in quel luogo! Quando ebbi terminato, mi asciugai le mani e andai a prendere la piccola spatola sulla toletta. Zia aveva gli occhi chiusi, sempre più rossa in volto.
Per asportare bene la crema e i peli, con una mano sollevai il costume. E fu spontaneo introdurre un po’ un dito che sentì tutta la voluttuosa attrattiva di quella morbidezza serica. Forse era anche l’immaginazione. Sentii zia Betty che irrigidiva i muscoli delle cosce.
Rimossi attentamente quella specie di impasto, asciugai delicatamente col piccolo asciugamano, passai dalla parte opposta, Questa volta fu la mano a sollevare il costume, con risolutezza, infilandosi ben dentro, poggiando il dorso sul riccioluto cespuglio, e mi sembrò percepire la forma della grandi labbra. Premetti alquanto, un lieve gemito sortì dalla labbra di zia’ restai così, turbato e sgomento, mentre con la spatola finivo il lavoro.
Asciugai bene, mi alzai, col fallo che cercava di perforare i pantaloni, presi il vasetto col preparato dermo-protettore, tornai vicino a lei che seguitava a tenere gli occhi chiusi, col volto teso, le labbra strette. Toccai la coscia con le dita piene di quella sostanza, sobbalzò, i muscoli erano duri, contratti. Carezzai dolcemente dove prima era passata la spatola. Insistei a lungo, e ogni tanto entravo sotto il costume’ zia aveva dei piccoli sobbalzi’ io ero sul punto d’inondare le mutandine’ stavo perdendo il controllo della mano’ ora, palesemente, sfioravo il pube, con infinita dolcezza’ e sentivo il tepore di Betty, era una sensazione fantastica, eccitante oltre ogni dire’
Sentii appena la sua voce, roca, affannata’
‘Dall’altra parte’ Piero”
Ancora un po’ di preparato sulla mano, e passai dall’altra parte. Carne liscia, vellutata e, nel costume, un cespuglio che pareva vivere di vita propria, mi sembrava che i ciuffi di peli si muovessero mentre il palmo della mia mano li lisciava’ Zia Betty respirava a fatica. Non sapevo cosa fare.
Senza togliere la mano mi mossi e mi chinai su lei, sul suo volto’ le mie labbra le baciarono gli occhi’ timorose scesero lentamente, sfiorarono la sua bocca’ sentivo la mia mano che aveva letteralmente ghermito le grandi labbra, turgide, calde’ la mia lingua cercò la sua’ la trovò’ non ne potevo più’. Infatti, mentre ci baciavamo entusiasticamente, quello che temevo accadde. Nei miei pantaloni ci fu una indecorosa e incontrollabile invasione, un torrente che sembrava non dover finire mai’ ero quasi caduto su lei’
Zia Betty prese uno dei piccoli asciugamani e me lo porse!!!
Lo presi e scappai nel bagno.
* Ero completamente confuso, non riuscivo a distinguere se quanto era accaduto fosse realtà o fantasia. Feci rapidamente una doccia, cercai di sciacquare tutto alla meglio, andai a stenderlo sui fili fuori della finestra, indossai mutandine e pantaloncini, e tornai nella mia camera. Sedetti sulla poltrona, ancora intontito e di nuovo mi eccitavo ricordando cosa le mie mani avevano potuto cogliere. Incredibile, avevo carezzato zia Betty, in quel modo!
Guardavo attraverso il balcone, verso il mare. Lunghe lente ondate andavano spegnendosi sulla battigia’
La porta era aperta. Comparve Betty Godiva, con i fantastici capelli corvini. Lunghissimi. Portava una diversa vestaglia’ mi chiesi se indossasse ancora il costume da bagno. Mi guardò con profonda, infinita dolcezza, un’espressione luminosa, nel volto impenetrabile.
‘Posso, Piero?’
Sobbalzai, strana quella domanda.
‘Certo!’
Alzò una sedia e venne a sedere di fronte a me. Tese le mani, afferrò le mie e le tenne sollevate.
‘Credo di aver sbagliato tutto, Piero, scusa’!’
Alzai le spalle.
‘Sbagliato cosa?’
‘Forse invitarti a venire qui, con me’ alla tua età hai bisogno di vedere, frequentare, ragazze della tua stessa età’ e certamente ho commesso un errore facendomi aiutare in quella dannata depilazione’ che mai mi fosse venuto in mente di farla’ ma’ scusami, tesoro della zia’ come potevo immaginare’ solo supporre’ come dire’ una certa reazione’ ti conosco da sempre’ mi conosci da sempre’ sono la tua vecchia zia”
Deglutii a fatica, e strinsi le mani che tenevano le mie.
‘Ma cosa dici, zia Betty’ ‘ ma scherzi’? Certo, ti conosco da sempre ed &egrave da sempre che ti guardo con ammirazione che ti contemplo che resto affascinato dalla tua bellezza, dai tuoi capelli’. Da tutto’ scusami tu, piuttosto, mi sento a disagio, vorrei sprofondare sotto terra, ho fatto veramente una figura meschina’ scusami”
Intanto, però, la guardavo, i miei occhi scorrevano sul suo corpo splendido, sentivo ancora quella sensazione paradisiaca sotto le mie dita’ e l’eccitazione cresceva di intensità’ non potevo far nulla per nasconderla’Strinse le mie mani.
‘Sai, Pierino, &egrave bello accorgersi che, malgrado gli anni qualcuno ancora mi giudica così come’ amorevolmente fai tu? Una donna, non più giovanissima &egrave fiera di tale apprezzamento, specie se viene da un giovane prestante e piacente’ come te’ Devo confessarti una cosa, Piero caro’ come le tue dita mi hanno toccata volevo gridarti di smettere, di andar via.. e invece.. invece quel tocco, quella specie di carezze hanno destato qualcosa di cui devo profondamente provare vergogna’ mi sono turbata’ mi piaceva’ e non ho pensato a nulla, solo a godere quei momenti’ non immaginavo che avremmo oltrepassato quello che per me doveva essere un confine invalicabile”
Cercai di sorriderle.
‘Allora, Piero, pace?’
Che domanda strana, come se fossimo stati in guerra.
Si alzò, si chinò su me e mi baciò sulle guance.
Spiai nella sua vestaglia, non indossava il costume, ma il reggiseno e, certo, le mutandine che, però, non s’intravedevano. Presi il suo volto tra le mie mani, lo allontanai un po’ da me, lo fissai intensamente.
‘Sei fantastica, Betty Godiva, fantastica.’
Le sfiorai la bocca con le labbra. Sorrise, ma scosse dolcemente il capo.
Si raddrizzò, si avviò verso la porta. Si fermò un momento, si voltò verso me.
‘Preferisco non recarmi alla spiaggia’ se vuoi puoi andarci tu’ io farei un giro in bici, ce ne dovrebbero essere due al pianterreno’ sono quasi nuove”
‘Vado a vedere se sono in buono stato, zia, anche io gradirei andare in centro a prendere un gelato.’

Trovai le bici perfettamente funzionanti, senza polvere in quanto accuratamente avvolte in teli cerati, ed erano anche ben lubrificate.
Ci avviammo lentamente verso il centro, in fila. Betty dinanzi a me. La visione delle sue natiche, perfettamente disegnate dalla stoffa tesa del vestito, che si muovevano ritmicamente per il pedalare era uno spettacolo affascinante, provocante e si può immaginare cosa metteva in movimento’ in me!
Non c’era molto traffico. Al bar ordinammo due gelati alla frutta, andammo a sedere sulla panchina di fronte al mare, gustandoli in silenzio. Zia lo assaporava lentamente, ed era un tormento vedere la sua lingua lambire ripetutamente il contenuto del cono, golosamente’ Era una tortura, sentivo brividi corrermi lungo la schiena’ Stavamo seduti vicinissimi, le nostre cosce si toccavano, sentivo il suo calore. Volutamente non ci guardavamo, davamo a intendere di essere tutti presi dal gelato’
Mi venne un’idea.
‘Zia Betty, assaggia un po’ quello che ho preso io”
Le porsi il cono. Avvicinò le sue labbra al mio gelato, le schiuse, la sua lingua uscì ad assaporare il rosso fragola. Ebbi la sensazione che non lambisse il gelato, ma me! Intanto, distrattamente, un po’ di gelato dal cono di zia cadde nel suo grembo. Mi affrettai a prendere il fazzoletto dalla tasca e lo passai delicatamente sulla sua gamba’ molto vicino’ moltissimo’ all’inguine’
Mi guardò e sorrise.
‘Non so più nemmeno mangiare il gelato’. Grazie’. &egrave buono quello che hai scelto tu, la prossima volta lo prenderò anche io. Adesso’ sono proprio una sbrodolona’ a casa devo subito lavare il vestito’. Questi capelli, però, così raccolti’ mi danno un fastidio’ ti spiace se torniamo a casa?’
Betty mi chiese di attendere un momento, doveva andare in farmacia. Era proprio li di fronte. Riprendemmo le biciclette, pedalammo piano, per non sudare, riponemmo le biciclette al loro posto, salimmo verso le nostre camere.
Zia andò nel bagno, vicino alla vasca, accostò la porta, ma’ fortunatamente in quella casa c’erano sempre correnti d’aria! Il ponentino che veniva del mare la riaprì. Lei non se ne accorse, tolse il vestito e restò in reggiseno e mutandine. Rosa. Parevano carne’ Restai incantato, sulla soglia. Lei, rapidamente, sciacquò il vestito, specie dove era caduto il gelato, e si avviò al balcone, per sciorinarlo, si voltò’ mi guardò, sorpresa’
‘Cosa fai là, Piero?’
‘Mi chiedevo se potessi esserti utile”
‘Ma sono quasi nuda’ come si &egrave aperta la porta? Ah, il vento’ Grazie, caro, non mi serve nulla’.’
Mi passò accanto per andare nella sua camera. Non resistetti al desiderio di posare lievemente le mie labbra sulla sua spalla.
‘Giorgetto’ non fare il monello’ ‘
‘Scusa zia, ma sei così bella, e i tuoi capelli’poi”
‘E’ per loro che mi chiami Betty Godiva’vero?’
Annuii, allungai le mani, presi i capelli, mi li avvolsi al collo, a mo’ di sciarpa’ li baciai’
‘Non fare in questo modo, Piero’ lasciami andare a vestire come devo!’
‘Per me va benissimo così”
‘No, caro, così non può andare!’
La guardai fisso, ma sgomento. La mia voce era bassa, indecisa.
‘Vuoi che me ne torni a casa? Che vada via?’
Trasalì, mi strinse a sé, con forza, al suo petto caldo, sentivo il suo grembo, sempre coi lunghi capelli intorno al mio collo, tremava’ Io, a quel contatto, stavo impazzendo per l’eccitazione’
‘Cosa dici, Piero’ vuoi lasciarmi?’
I nostri volti erano vicino, molto vicini, posai le mie labbra sulle sue’. Le carezzai la schiena’ e le mani scesero verso il basso’ che natiche!
Solo qualche secondo in specie di bacio, ma l’abbraccio durò ancora. Mi carezzò teneramente il viso’
‘Non lasciare la tua zietta, Piero’, non puoi’ non devi”
‘Ma sto soffrendo il supplizio di Tantalo, zia Betty’ non posso”
‘Non andare via’ ora cerchiamo di ragionare’ con calma”
Dolcemente si sciolse da me, riprese i lunghi capelli, si avviò verso la sua camera’ Si voltò, dicendomi che avremmo cenato quello che aveva preparato Marina. Rientrai nella mia, con evidenti segni di eccitazione, sentivo il bisogno imperioso di’ scaricarmi’ riuscii a malapena a trattenermi’ tornai nel bagno, misi la testa e i polsi sotto l’acqua fredda. La porta di zia Betty era chiusa.
Tornai di nuovo da me, e sedetti sulla poltrona. Aveva detto che dovevamo ragionare, con calma! Ma che c’era da considerare? E a me chi l’avrebbe data la calma, la distensione? Alzai le spalle, respirai profondamente. Il mio sesso mi angosciava, non mi dava pace!
Cenammo quasi in silenzio. Di quando in quando mi guardava sorridendomi.
Poi le venne in mente di giocare a scacchi.
Ero distratto, sbagliavo in continuazione.
Non era tardi quando disse di sentirsi stanca e andava a letto, prima, però, avrebbe preso alcune gocce, per aiutarsi a dormire.
Sicuramente ne avrei avuto bisogno anche io!

L’indomani mattina ero nel tinello. Marina aveva apparecchiato per la colazione.
Zia Betty apparve sulla porta, all’improvviso. Sempre con i lunghissimi capelli che la fasciavano tutta. Aveva una vestaglia blu elettrico, lunga, e non riuscivo a comprendere se l’atteggiamento del volto manifestasse severità o indecisione. Non sorrideva, era seria, enigmatica.
Si avvicinò lentamente, compassata, come se si accingesse a pronunciare un verdetto, a celebrare un rito. Mi guardò, con occhi che non conoscevo, quasi socchiusi.
Si rivolse a Marina, dicendole che una volta rimesse in ordine le camere poteva andare via, era libera fino l’indomani.
Facemmo colazione. Tornò nella sua camera e ne uscì solo dopo che Marina era andata via.
Ero nel soggiorno, in poltrona, leggevo il giornale portato da Marina.
‘Dovremmo parlare, Piero’ vuoi?’
Annuii, non riuscivo ad articolare parola. Le tesi la mano.
La prese e, in silenzio, spingendo indietro i capelli, venne a sedere sulle mie gambe. Ero attonito, smarrito.
Le sue calde, rotonde, sode natiche, poggiavano sulla mia patta, il gonfiore che non riuscivo a controllare si sentì accolto, accettato tra quei glutei che stavano facendomi perdere la cognizione della realtà. Forse sognavo.
Betty spostò indietro i capelli, li fece ricadere sulle mie spalle. Passò un braccio sul mio collo. Mi fissò! Non sapevo dove tenere le mani, la carezzai’
I suoi occhi, ora, erano lucidi’ due grosse lacrime le rigavano le gote. Fu istintivo avvicinarvi le mie labbra, berle. Respirò profondamente.
‘Piero, forse sto per commettere il più grande errore della mia vita, mi sto rendendo ridicola, meschina; ti apparirò insensata, folle, ma’ non andartene’ resta”
Mi strinse freneticamente a sé. Ricambiai l’abbraccio, le baciai le labbra turgide e calde. Le sue restarono serrate, ma vibravano.
Ero sul punto di afferrarla, con frenesia, impeto, strapparle la vestaglia’ ma in quel momento mi venne in mente il vecchio detto latino ‘Festina Lente’ ‘affrettati piano- ! La precipitazione, l’impazienza, avrebbe potuto distruggere tutto. Ovidio, nella sua ars amatoria chiede al tempo di non andare in fretta, nei momenti dell’erotismo, e prega i cavalli della notte di correre lentamente’.
Le sue natiche, però, non stavano ferme, si muovevano piano piano, molto lentamente, e il malloppo che soffriva compresso nei miei pantaloni, chiaramente accolto tra esse, non resisteva al calore e allo stimolo di quel voluttuoso continuo sfiorare’ non ce la facevo più! Tra il mio sesso e la sua carne solo leggeri tessuti che la fantasia aveva fatto svanire, mi sembrava che il fallo fosse direttamente tra i suoi meravigliosi glutei’ sì’ era proprio così.. così’ la strinsi freneticamente, quasi mordicchiando le sue labbra, mentre un interminabile fiotto caldo prorompeva dal glande’
Mi bagnò tutto’ la bagnò tutta’ lo sentì nettamente, strinse le natiche, come a volerlo mungere, strizzare, mi abbracciò stretto, molto stretto’ poi’ delicatamente, alzò il sedere e controllò con la mano cose era accaduto’ Aveva le sue labbra vicino al mio orecchio. La voce era appena un sussurro’
‘Che sciupio’.’
Le sue dita afferrarono l’ancora rigido e impiastricciato responsabile di tale guazzabuglio’
Fu lei a giustificarsi.
‘Non volevo, Giorgetto, non volevo’ scusa’ dovevo immaginarlo’ ma anche io’ scusa’ va a rimetterti in ordine’.’ Si passò ancora la mano sul sedere. ” e anche io’.’ Scosse la testa. ‘Che spreco!’
Quelle parole, quei gesti, furono come una rivelazione, per me. Betty era pienamente consapevole, anzi partecipe, e ciò mi apriva possibilità fino ad allora insperate. Forse ci sono, pensai, e corsi nel bagno.

Quando rientrai nel tinello Betty era sul sofà. Aveva un’altra vestaglia, come la precedente, ma di altro colore.
Mi fece cenno di sedere vicino a lei. Mi prese la mano, la portò sulla sua gamba.
‘Bello di zia’ bello mio’ non dovevo sedermi sulle tue ginocchia’ ma &egrave stato istintivo, impulsivo, farlo. Stavo così bene!’
‘Allora, zia Betty, torna a sederti ancora”
Mi guardò con infinita dolcezza. Scosse lievemente la testa,
‘No, Paolino, no. Sei un giovane esuberante’ lo capisco” Alzò un po’ le spalle. ” e stai facendo sentire giovane anche me”
La interruppi.
‘Ma zia, cosa dici, tu sei giovane, giovanissima’ ho solo qualche anno meno di te’ e tante altre’ tante’ alla tua età non sono neppure fidanzate”
Vidi i tratti del suo volto indurirsi.
”.ed io sono vedova’ con un figlio’.’
Avevo sbagliato, avrei dovuto mordermi la lingua.
Le passai il braccio dietro le spalle, l’attirai a me.
‘Dai, Betty’ devi reagire’ devi vivere’ vivere”
Le sfiorai la guancia con un bacio, si voltò verso me e’ ci baciammo sulla bocca’ era il momento di azzardare’ mentre l’abbracciavo azzardai una lenta e lunga carezza sul suo seno. Era sodo, sodissimo, e percepii il turgore del capezzolo’ Si abbandonò a me, col capo sulla mia spalla. Restammo così, a lungo. Dopo un profondissimo sospiro, tornò lentamente seduta, vicino a me. Non mi guardava.
‘Non so come dirtelo, mi sento a disagio, dovrei vergognarmi nel confessarti certe cose, ma tu mi dai sicurezza, protezione, fiducia’ e io, che ti ho visto nascere, che ti ho cullato quando era piccino, ti ho fatto il bagnetto’ cambiato i pannolini’ ti ho visto crescere, divenire un giovane prestante, bello, attraente fino al punto di aver pensato addirittura’ certe’ cose’ pur essendo sposata’ non posso negare che sentirti vicino, molto vicino, mi entusiasma, mi esalta’ sì’ mi eccita’ mi fa impazzire’ e non &egrave certo estranea, a tutto ciò, la lunghissima, troppo lunga, castità che mi sono’ mi ero’ imposta dopo quanto &egrave accaduto.’
Mi carezzò il volto.
‘Non &egrave vuota retorica, Piero, ma ero piombata nelle tenebre. Vedovanza, lutto, tutto cupo, tetro, come il colore delle gramaglie’ E quando ogni cosa era più nera del nero’ appari tu’ appari’ proprio una apparizione’ come il sole che squarcia le tenebre’ il raggio che spunta tra i nembi scuri’ E il sole dà calore’&egrave vita”
Ancora una carezza, un bacetto sulla gota, poi mi prese il volto tra le mani e mi baciò sulla bocca, ardentemente’ Non indugiai, mentre le nostre lingue, vogliose, si cercavano e si intrecciavano, la mano l’afferrò il seno, bramosamente.
Quando, a fatica, ci staccammo, mi guardò con un dolcissimo sorriso.
‘Forse sbaglio tutto, e me ne pentirò amaramente’ ma”
‘Non sbagli e non ti dovrai pentire di nulla, Betty Godiva”
I suoi lunghi capelli erano tra noi, su noi.
La mano s’infilò sotto la vestaglia, sentì la coscia nuda, salì, decisa’ mutandine di seta’ delicatamente le scostai’ finalmente’. Il palmo sentì la sericità dei suoi lungi riccioli, le dita s’inserirono tra le carnose e sode grandi labbra, colsero l’umido tepore dell’ingresso della vagina, la carnosità vibrante del piccolo clito’ Lei inarcò la schiena’ Bastarono poche carezze perché fosse travolta da un orgasmo incontenibile, interminabile’
La sua voce sembrava una implorazione’
‘Oddio Piero’ oddio’ non riesco’ non riesco’ oooooh’.’
Si abbandonò del tutto, come avesse perduto conoscenza’
Ancora qualche carezza, lunghi baci’. E il mio ‘coso’ stava morendo di desiderio.
Non tornò subito in completo possesso del suo controllo, ci volle alquanto per riprendere a respirare quasi normalmente, la mia mano seguitava a sfiorarle appena il vellutato rorido groviglio tra le gambe ancora leggermente dischiuse.
Aprì gli occhi, mi guardò.
Scosse il capo.
‘Non così, tesoro, non così”
Tentò di alzarsi, non riuscì al primo tentativo. Mi tese le mani, restò in piedi, di fronte a me.
‘E’ una cosa seria, Paolino, tremendamente importante, forse anche rischiosa’ ma’.’
Scosse di nuovo il capo, e la lunga chioma l’avvolse del tutto.
Mi fissava, con le narici frementi’ Mi strinse forte le mani’.
‘Va nella mia camera’ aspettami là’.’
Quasi in fretta si avviò verso il bagno.
Andai nella sua camera, era in penombra. Che dovevo fare? Mi venne un’idea. Se fosse stata quella sbagliata sarei ripartito la sera stessa. Mi denudai completamente, mi misi nel suo letto, col lenzuolo che mi copriva fino alla cintura, le ginocchia leggermente sollevate per nascondere l’erezione.
Non attesi molto. Si affacciò sulla porta, si avvicinò al letto, dalla parte dove ero io, lasciò cadere la vestaglia, rimase vestita solo dei suoi lunghissimi neri capelli!
Ero completamente affascinato. I capelli lasciavano intravedere il rosa del seno cosparso di venuzze azzurre, lo scuro delle areole, il bruno dei capezzoli’ il ventre piatto’ l’ombelico’ il triangolo nero del pube e’
Fu più forte di me, mi levai di scatto, scesi dal letto. Ero nudo anche io e il fallo svettava come un boma impazzito’ mi accostai a lei, abbracciandola stretta’ sentivo sulla pelle i suoi capelli, il suo seno, e il mio sesso era tra me e la sua carne. Pulsava frenetico. Smanioso’
Volevo chiederle se ‘le’ facessi male, mi venne in mente da chiamarlo ‘Tiny’, piccoletto!
Sentii che s’irrigidiva tra le mie braccia’ la baciai sulle labbra, cercai la sua lingua, si avviticchiarono, golose, avide’ le afferrai le natiche per accostarla di più, come volessi così entrare in lei’ mi teneva il volto tra le mani, vibrava, respirava forte, abbassò una mano, ‘lo’ afferrò’ ‘lo’ strinse’
Sciolse le labbra dalle mie. Era roca, affannata’ Scivolai sulle ginocchia, presi a baciarle il seno, a suggere i capezzoli’. Il suo gemito accrebbe. Con la mano m’ero intrufolato tra le gambe’.
Puerilmente, scioccamente, le chiesi se quel ‘Tiny’ le desse fastidio’
Mi sorrise seducentemente.
‘Altro che ‘Tiny, amore’ ma mi piace questo nome’ lo chiamerò sempre così”
E gli diede una energica strizzata.
Mi prese per le mani, mi fece alzare, con tanto di struscio di ‘lui’ lungo il suo corpo.
‘Sdraiati, Piero’ sdraiati’.’
Mi distesi, con quel benedetto obelisco che sembrava addirittura cresciuto. Lentamente, salì sul letto, si mise a cavallo, coi capelli sparsi dappertutto’ Poggiava sulle ginocchia. ‘Lo’ prese, con infinita dolcezza, quasi stesse rispettando un rituale sacro’. Mi guardava fissa negli occhi’ si abbassò lentamente, molto lentamente, e ‘lo’ portò all’ingresso caldo e umido della sua vagina palpitante’ seguitò ad abbassarsi’ era incredibilmente stretta’ ‘lo’ accoglieva con lunghe e frementi contrazioni’ una sensazione sconosciuta’. Fin quanto poté accoglierne’ Posò le sue seducenti sode rotondità sulle mie cosce’ Si fermò, ma il suo ventre ondulava, il grembo ondeggiava’ respirava a fatica e deglutiva in continuazione’.
Era roca la sua voce, bassa’ irriconoscibile’.
‘Per favore, Piero’ non muoverti’. Ti sento’ oh come ti sento’ sto esplodendo per il piacere’. Sto godendo”
Mosse appena il bacino, con movimenti lenti’. aumentarono d’intensità’ sempre di più, aveva le testa rovesciata indietro’ le labbra e gli occhi socchiusi’ si udiva un lungo gemito, profondo’ e d’un tratto sentii che la sua vagina ‘lo’ mungeva furiosamente’. ‘lo’ irrorava con qualcosa di tiepido e viscido’
‘Aspetta tesoro’. aspetta’ non’ non’ aaaaaaaaaaah!’
E dopo una contrattura più forte delle precedenti, si gettò su me, esausta’ con movimento non facile, ma risoluto, energico, riuscì a farlo uscire da lei proprio nel momento in cui le mie seminali, troppo a lungo trattenute, espulsero con violenza una serie di fiotti che si sparsero tra i nostri due corpi, un po’ dovunque’
Betty era su me, respirava forte’.
‘Scusa caro, scusa’. ma’ ma’ vedrai’ troveremo rimedio”
Restammo così a lungo, e la mia erezione non accennava a placarsi.
Betty seguitava ad avere le sue labbra vicino il mio orecchio.
‘Paolino bello’ non potevo fare diversamente’ adesso’ abbi pazienza’ se sapessi come mi &egrave stato penoso ”
Era sdraiata su me, la sentii vibrare’ Passò la mano tra noi, la ritrasse impiastrata.
‘Che sciupio, amore, che spreco.’
Guardò l’orologio che era sul comodino. Fece un lungo sospiro, profondo.
‘Devo andare in bagno’ devo rimettermi in ordine’. Credo che lo debba fare anche tu’ vero?’
Si alzò, così, tutta nuda, uscì. Afferrai le mie poche cose e andai a prendere qualcosa per cambiarmi. Attesi che zia Betty uscisse dalla toilette. Sentii chiudere la porta della sua camera’ corsi nel bagno.

Rimase a lungo senza farsi vedere. Non si sentiva alcun rumore.
Stavo per andare a chiederle se volesse fare una passeggiata in bicicletta. Era più o meno l’ora del giorno precedente. Uscire avrebbe un po’ scaricata la tensione che, almeno per me, era insostenibile.
Cercavo di ricordare parola per parola ciò che aveva detto, di interpretare il significato delle frasi’. Troveremo rimedio..
Alzai le spalle. Non ci capivo niente.
Mi decisi, andai a bussare piano.
‘Zia, vuoi andare in bici?’
‘No, Piero, grazie, desidero restare ancora un po’ sola’ fino alla cena’ va a guardare cosa ci ha lasciato Marina”
Scossi la testa. A me della cena non interessava proprio nulla!
Comunque, andai a spiare nel frigo.
Antipasto di mare, trancia di pesce bollito, macedonia di frutta. E del vinello bianco.
Me ne andai a guardare la TV.
Zia Betty resto fino a quando si fece scuro.
Uscì dalla sua camera, indossando una delle sue solite vestaglie, leggere, vaporose. I capelli erano annodati dietro.
Mi salutò allegra, con un cenno della mano e andò ad apparecchiare la tavola.
Preparò tutto accuratamente.
‘Vuoi venire a cena, Pierino?’
‘Va bene, ma non ho molto appetito’.’
‘Dai, vieni a mangiare’ devi tenerti su!’
Mi guardò in modo strano, quasi canzonatorio”
Feci spallucce, e andai a sedere a tavola.
Ci scambiammo poche parole.
Per lei era come se non fosse accaduto nulla!!!
L’aiutai a sparecchiare.
‘Che ne dici, Piero, di bere un po’ di quel vinello frizzante comodamente seduti sul sofà?’
‘D’accordo.’
‘Va di là’ preparo e porto tutto io”
Andai a sedere sul sofà.
Dopo poco apparve la splendida figura di Betty. Sorridente, con un vassoio sul quale erano due coppe di fresco frizzantino. Lo poggiò sul tavolino, sedette anche lei sul diva, non molto vicina a me. La guardai interrogativamente.
Un disarmante sorriso.
‘Poggia la testa qui’ come facevi da piccino’ ricordi? E quando eri ancora in fasce, io ti cambiavo’ di facevo il bagnetto’ eri un incanto, tesoro’ Oddio, ‘eri’, lo sei tuttora. Vieni!’
Batté la sua mano sulle gambe.
Mi sdraiai sul sofà e adagiai, con un certo impaccio, posai la testa sulle sue gambe’ non sapevo da quale parte voltarla’ scelsi’ verso il grembo’
Percepivo chiaramente il suo calore’ Fu spontaneo baciarla, anche attraverso la stoffa’ sentivo (o immaginavo?) il suo profumo, la cresposità dal suo pube’
Pose il suo braccio sotto il mio collo, mi sollevò lentamente’ ero quasi seduto’ la guancia sul suo seno’ Ora sì, chiaramente, avvertivo il turgore del capezzolo’ duro’ durissimo’ gonfio’ sporgente’ una eccitazione voluttuosa.. non stetti a pensarci’ così’ attraverso il vestito e vertamente il leggero reggiseno, lo afferrai avidamente tra le labbra’ sentii zia Betty sussultare’ stringermi a sé’ poi’ introdusse la mano nel vestito, la mosse rapidamente’ in modo strano’ ma il risultato fu che la vestaglia si aprì e balzò fuori, inattesa, una turgida rosea mammella’ ero in preda a una incontenibile eccitazione’ afferrai avidamente il capezzolo e succhiai bramosamente, golosamente’ la mano di Betty aveva afferrato il seno in modo da favorire la sporgenza del capezzolo’ come quando si allatta un poppante’ E poppavo’. poppavo’ sempre più voracemente’ sentii lei che gemeva’
‘Bimbo mio’ come sei bello’. Non l’ho mai provato prima’. solo allorché ‘ di nascosto’ curiosa di sapere cosa si sentisse al succhiare di un bimbo’ non ti ho attaccato al mio seno’ succhiasti’ stringesti forte il capezzolo’ inquieto’ irritato perché non sentivi colare il latte’ come quando poppavi la tua mamma’. Fu bello anche allora’. Ma adesso’. oddio’ sto morendo dal piacere’ non lo conoscevo’.’
E seguitai, fin quando non la sentii fremere, posseduta da un incredibile orgasmo’ e questo solo a sentirsi ciucciare una tetta!
Si dominò molto lentamente, ma capivo che non era serena, tranquilla.
Mi abbracciò forte.
‘Piero, non immaginavo che potesse accadere’ non avevo mai provato una sensazione simile’.’
La carezzai teneramente.
‘Comprendo, zia, capisco’ da quando non c’&egrave più zio”
Non mi lasciò terminare la frase.
‘No, tesoro’ lui’ lui’ non mi ha mai’. Come dire’ baciata’ così”
La guardai sorpreso, meravigliato, stupito.
Le scosse il capo, sconsolatamente.
”é stato sempre tanto caro’ affettuoso’ premuroso’ ma’ un bacetto sulle labbra’ una carezza su volto’ e’ si passava all’amplesso’. Soddisfacente.. ma nulla di esaltante, impetuoso’ travolgente’ capisci? Diceva che era la massima dimostrazione del rispetto e del riguardo che mi doveva’ che doveva a sua moglie’ perché io ero sua moglie’ non una femmina qualunque”
Seguitavo a carezzarla, a baciarla sul collo, sulle guance’
‘Sei bellissima zia Betty’. meravigliosa’. stupendamente sentimentale’ e piena di vita, ardente, appassionata’ ho notato come sia stato difficile’per te’ e non ti dico cosa abbia significato per me quel brusco distacco’. Improvvisamente, mentre stavo raggiungendo il settimo cielo della voluttà sono stato ricacciato nel tormento di un insopportabile supplizio di Tantalo’.’
Mi strinse forte.
‘Lo so, amore mio’ lo capisco’ ma’ vedrai”
E mi sorrise in modo enigmatico.
Scivolai lentamente sul tappeto, ai suoi piedi’ quella ciucciata di tette mi aveva infiammato’ era incredibile ciò che avevo udito’ inconcepibile quello strano comportamento di zio Roberto’
Ero in ginocchio, di fronte a lei che mi guardava con espressione estatica nel volto. Introdussi con dolcezza le mani sotto le pieghe della vestaglia’ le carezzai le cosce’ tiepide. Vibrarono al mio contatto’ proseguii’lentamente’ incontrai le mutandine’ lisce’ ancora un po” ecco’ avevo raggiunto l’elastico che le serrava alla vita’ lo presi delicatamente e cominciai ad abbassarle’ sentivo che s’era contratta, ma seguitava a guardarmi senza parlare’ giù’ piano piano’ alzò appena il bacino per facilitare le cose’ finalmente, riuscii a sfilarle completamente, anche dai piedi, e le gettai lontano’
Mi fissava come se volesse rendersi conto di cosa stessi facendo’
Alzai ancora l’orlo della vestaglia, le baciai le ginocchia, l’interno delle cosce, mentre le mani, sempre con infinita delicatezza, l’invitavano a dischiudere le gambe. Una lieve resistenza’
‘No’ no’ Piero’ cosa fai’?’
Seguitai’ lentamente cominciò a cedere alla mia amorevole premura’ La lingua le lambiva la carne’ sempre più vicino al folto cespuglio che custodiva lo scrigno degli scrigni, il sancta sanctorum della mia passione’
Sentii le sue mani poggiarsi leggermente sui miei capelli’
Con voce affannosa, debole, mormorava ‘no’no” sempre più fievoli’ proseguii’ la lingua sentì il caldo umido e carnoso delle grandi labbra, s’inserì tra esse, insistente’ udii un lungo gemito, un ooooooh, come di sbalordimento, evento imprevedibile’ ora era il dolce-salato distillato dalle sue piccole labbra, vibranti’ ecco il piccolo clito’ lo ciucciai lievemente’ il suo gemito era incalzante, aveva spostato il bacino in avanti, sull’orlo del sofà, il grembo sussultava’ insistei’ seguitai che con maggior ardore’. la lingua era’ entrata, si muoveva, avanti e indietro, circolarmente’ ogni tanto un balzò più vigoroso ‘ ad un tratto strinse le gambe serrando la mia testa e le mani la premettero forte’
‘Oddio Piero’ sto morendo di piacere’ oddio’.’
E dopo un sussulto, col quale sembrava volermi fare entrare completamente in lei, si abbandonò sul sofà, le braccia allargate, gli occhi socchiusi, il respiro affannoso, con un lungo gemito che le sortiva dalle labbra’
Ero al colmo della eccitazione.
Cercai lentamente di liberarmi dalla sua stretta, alzai la testa. Era splendida con una espressione di beato rapimento sul volto’
Volevo ancora baciarle il seno’
Non sapevo come agire. Forse l’unica cosa era toglierle la vestaglia’ tutto’
Mi lasciò fare con inerte cooperazione’ non fu facile’ ora, così, nuda, era una visione ammaliante’ dovevo liberarmi della prigione insostenibile dei pantaloni.. lo feci in un baleno’ rimasi anche io completamente nudo’
Zia Betty mi guardava, sembrava in trance, magnetizzata’ allungò le mani’ sui miei fianchi’ mi spinse lentamente verso il basso’
Caddi a sedere per terra, le gambe distese, il fallo prepotentemente eretto, come un obelisco di carne’
Si alzò in piedi’ il suo sesso era all’altezza dei miei occhi’ lo vidi abbassarsi piano piano’ lei si mise in ginocchio, una gamba a destra e una a sinistra del mio corpo’ prese delicatamente il glande turgido e bramoso e le tenne fermo, mentre seguitava ad abbassarsi’ lo condusse tra le grandi labbra’ l’ingresso palpitante e umido della vagina’ seguitò’ sentivo che entravo in lei’ era molto stretta’ ma non si fermava’ una inebriante e concupiscente peristalsi mi accoglieva, mi ingurgitava’ tutto’. avvertii che toccavo il fondo’
Mi guardò negli occhi, col le nari frementi, mi abbracciò al collo’ le belle tette coi capezzoli dritti’ e cominciò un lento, voluttuoso andirivieni che andò sempre più incalzando’ le cingevo i fianchi’ strinsi i capezzoli tra le dita’ il ritmo divenne frenetico, impetuoso, mi prese il volto tra le mani, poggiò le labbra sulle mie, le lingue si attorcigliarono, ingorde, e sentii le contrazioni del suo sesso che mi mungevano appassionatamente’ sentivo che il suo orgasmo, irrefrenabile, travolgente, stava sopraggiungendo più intenso che mai’ si stringeva a me’ quasi con furia’ mi chiedevo come avrebbe fatto’ ma la risposta fu il suo avvinghiarsi a me, con una forza che non immaginavo’ godeva impetuosamente’ e il mio controllo era durato anche troppo’ spinsi con voluttà’ e sentii salire e poi prorompere dal mio fallo energici getti di liquido caldo’
‘Ooooooooooh’. Oooooooooh’ Piero’.’
Fu tutto quello che disse.
E mi abbracciò ancora più forte.
Non so quanto tempo restammo così, lei in braccio a me, a cavallo a me’ col fallo sempre in lei che stava già riacquistando vigore.
Un lunghissimo respiro’ mi guardò con un sorriso beato, una espressione soddisfatta, appagata’
‘Tesoro’ &egrave la prima volta che provo una sensazione del genere’ che comprendo cosa realmente significhi ‘ sei meraviglioso’.’
Eravamo ansanti, sudati, sentii che riprendevano le eccitanti contrazioni della sua vagina’ La baciai sugli occhi.
‘Si, Betty Godiva, &egrave stato bellissimo’ ma’?’
Scosse la testa, con aria maliziosa’
”ho comprato le pillole in farmacia’ le ho prese’ e’ se non faranno effetto’ meglio così’.’
La strinsi forte abbraccio.
‘La mia Betty Godiva”
I suoi capelli ci avvolgevano, erano sparsi sui nostri corpi sudati, come a proteggerci da qualsiasi indiscrezione’ glielo dissi.
Sempre col pube ben stretto al mio e col fallo che pulsava smanioso e avido nel suo grembo, mi guardò con occhi sfavillanti, e cominciò di nuovo a muoversi mungendomi con la sua insaziabile vagina.
‘Sarò solo la tua Godiva, amore’ i miei lunghi capelli non mi avvolgeranno mai più insieme a nessun altro”
‘Cosa dici Godiva? Tu sei il dono che dio mi ha fatto, lo dice il tuo nome”
‘Domani taglierò i capelli, corti, e te li donerò, te li offrirò’ come le donne che li dedicavano al loro signore, consacrandosi completamente a lui’ per sempre”
Stavamo, intanto, per giungere di nuovo, e in perfetta simultaneità, al massimo del piacere’ sentivo fuoriuscire da lei la linfa del nostro precedente godimento, che andava rapidamente rinnovandosi’ magnifico’ eccezionale’
Non avremmo smesso mai’ ma la natura ha le sue leggi’
Andammo insieme a fare la doccia’ la asciugai dolcemente, mentre era sdraiata sul letto, mi chinai a baciarla tra le gambe’
Alzai gli occhi, la guardai.
‘E’ la meta del mio pellegrinaggio: Betlemme’!’
Mi fissò sorpresa.
‘Betlemme?’
Annuii.
‘Bayt Lahem’ in arabo vuole dire Casa della carne”
Mi sorrise, commossa.
Mi attraeva la’ destinazione del mio pellegrinaggio’ e’ ripercorsi la strada. Da allora, innumerevoli volte, con particolare’ deferenza!
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